la società

Il caso e la lettera ritrovata

Non so voi, ma io credo nel caso. Alcune sere fa ho visto un bel film “Treno di notte per Lisbona”. E’ incentrato in buona parte sull’incontro casuale che ti può cambiare la vita, la visione del mondo e induce alla ricerca di eventi non noti o dimenticati. Un protagonista del film, che ha trovato un libro in circostanze particolari , ne è molto preso e colpito dalla frase che “il vero regista della vita è il caso”. E’ un film che consiglio vivamente a chi non l’avesse ancora visto.

Nel caso di questa lettera ritrovata, che qui sotto riporto, non posso dire certo che mi abbia “cambiato la vita”, o che mi abbia indotto a riflessioni che prima non facessi, ma mi è servita, a confermarmi in ciò che definisco “ la casualità significativa”.
Cerco di spiegarmi meglio: E’ il caso che ti fa incontrare una persona, uno scritto, ti trascina in un evento, in un luogo anziché in un altro; ma perché questo accade proprio a te?! Ci sarà un significato in tutto ciò, qualcosa che fa parte del “mistero” di questa vita.
Questa lettera è una lettera che parla di emarginazione, di sofferenza ed anche di speranza. Speranza spirituale.
Non so ancora adesso come sia capitata sulla mia scrivania, anni fa, quando lavoravo. La spiegazione più logica è che qualcuno transitato da quelle parti, se la sia lasciata sfuggire di tasca od appoggiata sulla scrivania e poi finita in mezzo ad altri fogli. Ma son sicura che è “arrivata” a me,  non fosse altro che per il tipo di lavoro che svolgevo, potevo capirla e conservarla .

“Ciao M., sei lì, nella cella frigorifera ancora avvolto da un lenzuolo, c’è già un fiore accanto a te, ma vedrai che ti puliranno e forse ti vestiranno perbene, come si può vestire un bel ragazzo ancora giovane … Ho cercato di intravvedere il tuo volto dal vetro per l’ultima volta, non ci sono riuscito.
Io sono un ragazzo come te, una persona, e anche un drogato, so quanto si può soffrire, ora non mi chiedo cosa, perché, quando …
Mi “ferisce” che la tua fragile vita abbia cessato d’esistere su questa terra. Non dovrai più sbatterti, per un’altra dose da consumare probabilmente in qualche angolo di solitudine e di dolore, che forse alleviava anche un po’ di “rabbia”, in un cammino sempre più tortuoso.
Ho chiesto a che ora sei arrivato, e un infermiere ha aggiunto “sa non vorrei essere maligno, ma cosa ci faceva alle quattro del mattino presso … sulla statale, più che un drogato non doveva essere, si vede che era fatto, altrimenti non si faceva investire,”
Sì, M. … se non avevi il problema della droga, ti saresti “gustato” l’arrivo della primavera e tanto altro … sono dalla tua parte, non solo perché ho il tuo problema. Ho fatto una passeggiata, dopo averti lasciato, anche per te. Non lotterai più, non ti arrabbierai, non avrai più freddo, lo so, potevi meritare qualcos’altro, ma per chi ha il nostro problema spesso spunta la morte. E’ così, purtroppo. In questo momento, sarai sicuramente da qualche parte dove c’è luce, pensa che ti eviti l’astinenza, e poi il vero inferno per te era proprio qui. Mi ricordo quanto ti emarginavano, come ti guardavano, ma lì avrai la dignità che meriti, “la pace, amico”, so che mi ascolti. Fa che il tuo spirito possa illuminare chi in questo momento ha un ago in mano. Io l’ho scampata quattro volte, ti confesso che un po’ mi ci vedo in quella cella … ancora una cosa: lì incontrerai ………. e gli altri; cercate di formare una fratellanza spirituale, e mandateci un segnale di speranza per chi soffre ancora.”

Ho tralasciato ogni riferimento che possa far risalire ai protagonisti di questa vicenda, per ovvi motivi. Ma voglio ringraziare l’ignoto autore di questa lettera che ha spiegato così bene cosa vuol dire avere un problema di droga. E il “caso” che mi ha fatto, presumo, da tramite, per diffondere queste parole.

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10 comments

  1. Osita V 11 marzo, 2015 at 11:37

    ci sono stati anni in cui questo problema si è fatto pesante e,solo adesso,ho appreso la storia drammatica di una mia ex alunna ,quando ero insegnante a tempo determinato,appena laureata,e giovane,.Purtroppo è morta per la droga ,in età ancora adolescenziale e mi ha fatto tanta tristezza saperlo ,mi sento che ,se fossi rimasta anche l’anno dopo nella stessa scuola,forse,avrei potuto fare qualcosa per aiutarla

  2. nemo 10 marzo, 2015 at 17:46

    Come si fa a non chinare la testa in, segno di rispetto, davanti a questo esempio di umana consapevolezza del proprio destino ? Eppure, anche se in maniera che qualcuno potrà definire brutale , quello che Genesis scrive è la dura realtà. Non può essere addebitato al caso il primo buco , o la prima pillola o la prima ubriacatura, cosa diversa dalla droga ma altrettanto subdola! La umana comprensione non deve farci dimenticare che non è il caso che ha portato questo ragazzo, e tanti come lui, a scegliere la strada perduta della droga. Valenti professionisti hanno cercato di spiegare le cause di tanta autodistruzione, non potremmo noi, con tutta la buona volontà riuscire a darci una spiegazione. La scena che ci dipinge la lettera pubblicata dalla nostra amica non deve farci dimenticare tutti coloro che a causa della droga e delle sue vittime. Vi sono anche persone che ne risentono le nefaste conseguenze. Mi riferisco alle famiglie, molte volte coinvolte loro malgrado, mi riferisco alle vittime, a causa della necessità giornaliera della dose, mi riferisco, infine a coloro che nella tele di ragno della droga sono caduti! Ma addebitare questo al caso, davvero, mi sembra fuori della realtà.

    • Genesis 11 marzo, 2015 at 06:44

      Caro Nemo, hai colto esattamente ciò che intendo: brutale sì, strafottente forse, quasi ignobile…però realtà! L’ho visto nella mia famiglia, in famiglie di amici, in famiglie di conoscenti. Ho aiutato, ho spinto, ho pregato, quasi nell’umiliazione di me stesso, per far si che qualcuno se la cavasse.
      Sono più che convinto che i Valori insegnati dalla famiglia ti portino a conoscere, ma evitare le problematiche descritte da Luistella. Valori che poi ti portano anche a dare una mano alle persone che, purtroppo, cascano in quel girone bastardo…ma, alla fine, tutto è volontario: il testo indica nel “caso”, spesso, la successione di eventi che ti portano a drogarti, a bere, a picchiare, ad odiare gli altri o te stesso…secondo me non può essere. Non è nemmeno il caso che ti porta a trovare la via per uscire da quel vicolo cieco.
      Tutto è Volontà.

    • Luistella 11 marzo, 2015 at 19:40

      Il mio scritto non voleva in alcun modo parlare della causalità legata al fenomeno della droga; difatti nella discesa agli inferi legata al mondo della droga, per l’interessato e i suoi familiari, esistono fattori vari, dalla volonta, dalla educazione ricevuta, dall’ambiente, tutto meno che la casualità. il mio voleva essere uno spunto per dire che nella vita accadono cose, fatti,incontri, ritrovamenti che avvengono casualmente, non si sa perchè. Che ti spingono a cambiare opinioni, a volte stili di vita, a svolgere delle ricerche, a sentirti più vicino a persone di cui prima forse ignoravamo l’esistenza. Il ritrovamento di questa lettera, così dura nella sua realtà, per me ha avuto questo significato che forse non sono riuscita a spiegare come volevo.

  3. Blue 8 marzo, 2015 at 00:18

    Cara Luistella, ho letto solo ora questo tuo bellissimo racconto.
    Ognuno di noi, in misura più o meno intensa, ha vissuto esperienze dolorose dovute alla “sottile linea rossa”. Quella sottile linea che segna il confine del non ritorno. Quando proprio il Caso sembra lasciarti la scelta se proseguire verso il baratro (qui rappresentato dalla droga, ma potremmo allargare il tema ed includervi tutte le derive…) o reagire lucidamente alla follia della autodistruzione, salvandoti.
    Ma il Caso non conosce pietà, non discerne le umane debolezze, le nostre fragilità. Solo la nostra umanità può, in qualche modo, essere di aiuto per coloro che quella sottile linea attraversano. In qualche modo ma, spesso, mai abbastanza.

    • Luistella 10 marzo, 2015 at 11:11

      Caro Blue, il racconto della lettera ritrovata, si riferiva , nelle mie intenzioni,a parlare della casualità; quella che ci fa fare un incontro, ritrovare un libro, una lettera, un luogo che avevamo dimenticato, per uno scopo a volte ignoto, almeno così considerato da coloro che credono ci sia una motivazione negli accadimenti. In questo ritrovamento, nella sua casualità, ho voluto “vedere ” lo scopo di poter descrivere l’esperienza dolorosa di chi ha superato la “linea rossa” del mondo della droga, che ne è rimasto vittima o che sembra riuscire ad averla superata e la vede con cognizione di causa. Questo appunto per poter favorire, mediante la conoscenza degli stati d’animo , lo sviluppo della “nostra umanità” per aiutare coloro che attraversano la linea rossa, come tu giustamente dici. Forse , nel mio piccolo, il “caso”, spesso così crudele, che agisce random, mi ha dato qui la possibilità di parlare di eventi in cui la “compassione” (così come la intendono i monaci buddisti, di riuscire a capire ciò che l’altro prova) è importante per la nostra umanità.

  4. Genesis 4 marzo, 2015 at 12:30

    Da “pseudomatematico” quale mi definisco, penso che il Caso, ognuno di noi, spesso, se lo costruisce da se. Non è di certo il caso che ha portato questi ragazzi verso una fine schifosa dovuta all’ebbrezza di una siringa, una bottiglia, una pasticca o altro….e non sarà mail il caso a portare queste persone verso una “guarigione” dal loro male, auto inferto.
    Non è dalla casualità che le nostre famiglie si disfano ogni giorno, ma solamente dalla volontarietà di certi atteggiamenti, modi di essere o altro.

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