Sono mesi e mesi che leggo e mi informo sulle possibili conseguenze di un evento che, da stamani è diventato reale e devo dire con grande sincerità che, non solo io non ho la più pallida idea di quello che realmente può succedere, ma persino i commentatori e studiosi più autorevoli fanno grande fatica a mostrarsi sicuri sul formulare ipotesi.          Bye bye

Tempesta valutaria, tensioni politiche e sociali nei Paesi europei, impennata del valore dei beni rifugio, rafforzamento del dollaro; nell’immediato questi sembrano gli esiti più probabili di un voto inatteso che riporta il Regno Unito a consolidare il suo splendido isolamento (se mai la sua adesione all’Europa si sia nei fatti verificata).

 

BLG 240616-02

 

Parte sicuramente in molti paesi dell’UE la corsa all’emulazione sotto la spinta dei numerosi movimenti populisti e nazionalisti i quali, da sempre, sbandierano il crollo dell’Europa (e dell’euro prima di tutto) come la panacea di tutti i mali; e qui dobbiamo dire che molto, sugli esiti di questo fermento, conterà, non tanto la fuoriuscita del Regno Unito, quanto le conseguenze che in quel Paese si avranno in seguito a questo evento. Anche qualora si decidesse di indire in altri Paesi analoghi referendum, passeranno mesi durante i quali si avrà modo di verificare che, forse, la decisione della maggioranza degli inglesi, questa gran figata non è stata.

Certo è che, in ogni caso, per l’Europa questa non è una bella notizia e conseguenze ve ne saranno, soprattutto perché i primi imputati ad essere processati, saranno coloro che, sino ad ora, hanno condotto le danze dirigendo le politiche comunitarie verso conseguenze economiche, nei fatti, deludenti, e politico-sociali (a questo punto lo si può affermare) fallimentari.             Bye bye

È noto che la Germania sia stato il Paese che, più di ogni altro, ha tratto beneficio dall’austerità imposta a tutta la UE ma se la soluzione dei problemi della Comunità dovesse passare per una modifica sostanziale di questa impostazione, è probabile che gli stessi tedeschi, forti di un’economia solida, potrebbero vedere di buon occhio il ritorno ad una moneta nazionale; chi ha la barca più solida, meno teme il mare in tempesta.            Bye bye

Per quanto riguarda la Francia, l’Italia e la Spagna è sicuro che questa sarà l’occasione per i vari movimenti “separatisti” di riscuotere un consenso aggiuntivo fatto di risentimento o peggio, di una voglia di correre allo sfascio totale che sempre affascina chi, non avendo niente da perdere, può accettare tranquillamente la soluzione del “tanto peggio, tanto meglio”. Si tratta di Paesi importanti, tra i primi firmatari dei trattati e, comunque, Paesi che rappresentano una parte rilevante, sia territorialmente che economicamente, dell’Unione.     Bye bye

C’è da rilevare che, inaspettatamente, Grillo, quando ancora non si aveva la minima percezione di quale potesse essere l’esito del referendum, aveva fatto marcia indietro rispetto all’asse che sembrava consolidato con Farage, dichiarando che il Movimento non si sarebbe attivato per aiutare le forze centrifughe che si agitano in Italia. Non si capisce bene se perché vittima di sondaggi che, una volta di più si sono dimostrati sbagliati (sia pur in un cd. “intervallo di confidenza” piuttosto ristretto) o se perché folgorato sulla via di Damasco, questa posizione ha sorpreso un po’ tutti; si vedrà adesso quali saranno le prossime mosse e dato che l’apparato decisionale del Movimento è assai snello, non è detto che si possa assistere ad ulteriori “salti della quaglia”.         Bye bye

Per quanto riguarda gli altri paesi cd. Minori, è evidente che, a causa di una consolidata percezione di solidità economica (Paesi Scandinavi) o di una forte presenza di movimenti nazionalistici (Paesi ex blocco sovietico, Ungheria in testa), da subito, saranno alimentate forti tensioni tendenti a indirizzare le varie opinioni pubbliche verso una presa di distanza da un’impalcatura comunitaria che sta mostrando tutte le sue fragilità.

La posizione degli Stati Uniti sulla vicenda è ormai nota; erano e rimangono favorevoli ad un Europa Unita, meglio ancora se essa (come io non auspico) aderirà al trattato di libero scambio noto con l’acronimo TTIP. I motivi di questa scelta (validi a condizione che Trump non trionfi alle prossime elezioni presidenziali) sono strettamente legati al fatto che, l’indebolimento dell’Europa porterà ad un rafforzamento, in campo internazionale del ruolo della Russia la quale non aspetta altro se non il momento di ricreare, su di se, un forte potere catalizzatore e riacquisire il ruolo di super-potenza mondiale che forse non ha mai perso ma che gli altri paesi, ancora, non le riconoscono; e l’unico ambito nel quale possono attivarsi è quello europeo. L’uscita del Regno Unito dall’Europa avrà come diretta conseguenza un forte indebolimento della Nato e questo a Putin non può che fare enorme piacere, specialmente adesso che le tensioni con la Turchia sullo scacchiere medio-orientale stanno rasentando il calor bianco.

La Brexit non credo avrà alcuna ripercussione sui paesi asiatici, Cina in testa, dal momento che ormai da molti anni, per sviluppo economico e demografico, quell’area è saldamente indifferente a vicende come questa, fermo restando il fatto che l’indebolimento europeo, non può che rappresentare un ulteriore rafforzamento dei Paesi del sol levante.

 

BLG 240616-06

 

In ultimo il Regno Unito. Hanno deciso così, e che se ne vadano per la loro strada; ma le evidenti contraddizioni di quel Paese, più di ogni altra considerazione si possa fare, mostrano quanto la scelta sia stata emotivamente molto forte, ma ben poco ragionata. La fuoriuscita dalla Comunità Europea, come detto, porterà a tensioni valutarie che avranno, come epicentro, una discreta svalutazione della Sterlina rispetto alle altre valute. Come sanno ormai anche coloro che hanno vaghe cognizioni di economia, una moneta debole facilita le esportazioni in quanto rende più competitivi i prezzi dei beni prodotti in quel Paese. Questo è quanto, per esempio viene sostenuto dalla Lega in Italia e se ne capisce bene la ratio (anche se non tenere conto dell’aggravio dei costi per le importazioni è, come minimo, demenziale; ma soprassediamo su questo aspetto) in quanto il nostro Paese ha una struttura manifatturiera molto importante anche se in grande sofferenza. Il fatto è che la Tatcher, a suo tempo, iniziò un processo di deindustrializzazione e finanziarizzazione del Paese, proseguito poi dai suoi successori, anche di parti politiche avverse, che rendono il Regno Unito, il meno adatto a poter beneficiare di questo aspetto. Di contro vi saranno probabilmente robusti ridimensionamenti occupazionali all’interno della City perché, a questo punto, non si comprende perché Londra dovrebbe mantenere la sua centralità nei mercati finanziari e questo si ripercuoterà negativamente sulla città.    Bye bye

Ecco, se un’ipotesi si può formulare è quella che, nell’immediato, il Regno Unito si appresta ad attraversare uno dei suoi più importanti momenti di difficoltà in una situazione di isolamento totale e senza avere più a disposizione le risorse derivanti dai Paesi d’oltremare come è avvenuto nei secoli passati. La ridotta volontà di accoglienza potrebbe, inoltre, impoverire quel flusso massiccio di cervelli e forza lavoro che ha notevolmente alimentato la crescita economica nell’isola. Con questo nessuno può affermare che nel popolo d’oltremanica non risiedano la capacità e la forza di volontà per risolvere l’arduo problema, ma ci vorrà tempo e quel tempo che lavorerà a sfavore dei sudditi di Sua Maestà, potrebbe lavorare a favore del resto dell’Unione giacchè anche Salvini, d’ora in avanti, starà attentamente a guardare dalla finestra per verificare se le sue bizzarre idee hanno un qualche fondamento di verità. Alla fine resta il grande rammarico che una brava persona, Jo Cox, sia morta per niente.         Bye bye

 

BLG 240616-01

 

Nessuno può ragionevolmente dire, a questo punto se in futuro ci sarà ancora un Europa Unita o meno; laddove le costituzioni lo consentiranno è probabile che vengano indetti altri referendum e che l’esito sia strettamente connesso all’emotività del momento più che ad una reale valutazione del rapporto costi/benefici che una simile scelta comporta. La mia personale opinione, contrariamente a quella dei fautori della democrazia a tutti i costi, è che certe materie debbano essere tolte dalla libera disponibilità delle scelte individuali perché tali scelte vanno maturate seriamente e su dati oggettivi dei quali spesso le persone ignorano l’esistenza o fanno fatica a comprenderne il senso; studi effettuati sull’argomento indicano che in molti paesi (Italia in primis) l’analfabetismo funzionale, cioè l’incapacità di una persona di interpretare correttamente un testo scritto e, quindi, di poter scegliere liberamente le fonti dalle quali ricevere informazioni ed elaborarle, è assai elevato (da noi rasenta il 50% della popolazione maggiorenne). Per questo motivo materie complesse e dalle conseguenze gravi (come è stato per le politiche energetiche) non dovrebbero essere sottoposte alle mutevoli percezioni emotive. Lo si è visto recentemente con il referendum sulle cd “trivelle” nel quale è parso evidente che, indipendentemente dall’esito, pochi abbiano ben compreso la reale portata della scelta da fare, e il voto sia stato fortemente influenzato da fattori esterni. Dubito che anche i cittadini britannici abbiano ben compreso ciò che stavano facendo ma chi avrà avuto torto e chi ragione, lo scopriremo non in tempi brevi giacchè il processo di uscita del Regno Unito dall’Europa che comincia oggi, terminerà non prima di un paio di anni e solo allora potremo tirare le somme.

Karl W. Deutsch (sociologo e politologo cecoslovacco) aveva patito a lungo gli esiti nefasti del nazismo e delle sue origini; questo suo sentimento riassunse in una sua opera del 1969 (Il nazionalismo e le sue alternative) nella quale acidamente descrisse una nazione come  “un gruppo di persone unite da una visione sbagliata del passato e da un odio dei loro vicini“.

 

Bye bye

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14 comments

  1. Berto Al 2 luglio, 2016 at 16:28

    Tutto condivisibile; poi però la borsa inglese perde meno delle altre e la svalutazione della sterlina riempirà gli alberghi ed i centri commerciali di sua maestà: non sarà che hanno avuto ragione?

  2. Kokab 28 giugno, 2016 at 16:43

    nello psicodramma collettivo scatenato dalla brexit, evidentemente figlia di padre ignoto, gli aspetti più surreali vengono proprio dal partito conservatore britannico, che cerca di prendere tutto il tempo possibile e sottolinea ogni 3 x 2 che l’inghilterra non volterà le spalle all’ue perché, dice per esempio cameron, «questi paesi sono vicini, amici, alleati, partner» ed è necessario «mantenere delle relazioni più strette possibili», in termini di «commercio, cooperazione e sicurezza», perché «è una cosa buona per noi e per loro».
    tradotto in italiano significa, più o meno, vogliamo i vantaggi, ma non vogliamo gli svantaggi dell’unione, cosa che, oltre ad essere eticamente inammissibile, cozza col fatto che c’è un altro interesse forte in europa, più forte di quello degli inglesi, che è l’interesse dei tedeschi, in questo caso coincidente con quello degli stati di immediata seconda fila, francia, italia e spagna essenzialmente, ma non solo.
    personalmente credo che abbia un qualche fondamento la tesi secondo la quale il referendum è scappato di mano al cliente londinese dello stesso barbiere di trump, che voleva perdere di poco e sloggiare cameron per prenderne il posto, e ora non sa cosa fare.
    certamente il buon boris, nome strampalato per un conservatore, si guarda bene dal pretendere una immediata applicazione della procedura prevista dall’art. 50 del trattato, ma se devo essere onesto, e un po’ mi costa, devo dire che per una volta sono d’accordo con junker, e la volontà del popolo britannico va rispettata, così impara.
    potremmo fare così, gli facciamo fare un giro fuori dall’unione, per vedere l’effetto che fa, magari la cosa ci viene anche utile per ridurre i tedeschi a più miti consigli, e se l’unione sopravvive, cosa affatto scontata, e stranamente non per colpa degli inglesi, fra una generazione li facciamo rientrare, non prima che ci garantiscano di aver tolto almeno l’elettorato passivo a soggetti come farange, e inserito in costituzione il divieto di sottoporre certe materie a referendum.
    ah, già, non hanno costituzione; non importa, una soluzione giuridica in qualche modo si troverà.

    • nemo 29 giugno, 2016 at 07:47

      Già Kokab, una bella passeggiata dovrebbe essere salutare, se non altro perchè sbattendo la porta manda, finalmente,al diavolo quall’accordo che la signora di ferro fece firmare. Il giochino era evidente, con un si all’Europa Cameron avrebbe avuto buon gioco per forzare un nuovo accordo. forte del fatto che l’elettorato si dichiarava favorevole, ora il re è nudo senza quel consenso non può negoziare niente , neppure la carta igienica!

  3. Genesis 27 giugno, 2016 at 06:53

    Quali scenari sviluppa il voto britannico…? Ognuno di noi ne immagina più d’uno, a lungo o breve termine. Il populismo becero si profitterà della situazione di stallo dovuta ad una crisi sociale che colpisce le pance delle persone? La democrazia dovrà subire un’arresto per far pulizia dei movimenti che accalappiano coloro che, idealmente, potrebbero aiutarli nell’intento di governare al posto della vecchia politica fatta di poltronai saldati ai loro scranni? Esistono ancora dei rappresentanti con carisma?
    Io immagino due scenari; spero che a brave termine si arrivi al secondo…
    1. Effetto domino: vista la GB, ora tocca a Francia, Spagna ecc con conseguente crisi economica che, di gran lunga, sovrasterà l’ultima per potenza. L’effetto a lungo termine risulterà la rivolta di diverse frange popolari, capitanate dal dittatorucolo di turno;
    2. Bruxelles capirà che l’Europa, concepita in base alle richieste di un solo stato membro, dovrà cambiare politica per far sì di non cascare come un soufflé stanco. Non può la Germania continuare a dettare legge da più di un secolo. Prima era con gli eserciti armati d’armi, ora con la frenesia economica di uno stato che, benché perdente in due guerre mondiali, si è ritrovato a comandare comunque visti gli interessi degli altri (Francia, Inghilterra e USA in primis), considerando gli altri Stati della comunità, burattini al proprio comando. Basta guardare a cosa è successo in Grecia, ed alle urla politiche di quello stato ormai in mano a non greci…

  4. Remo Inzetta 26 giugno, 2016 at 10:50

    L’uscita della Gran Bretagna è certamente un fatto negativo, del quale molti inglesi si pentiranno, se non hanno già iniziato a farlo.
    Il crollo delle borse e della sterlina saranno stati un brutto risveglio anche per molti sostenitori del leave, come il fatto che che l’Unione si stia muovendo per accellerare la loro uscita, senza fare sconti, mentre Scozia e Irlanda minacciano di andare per un’altra strada.
    Spero che questa sia l’occasione per costruire un’Europa un po’ più piccola e coesa, con meno egoismi e più attenzione allo sviluppo, come da tempo sostiene il nostro governo.

  5. Tigra 25 giugno, 2016 at 20:52

    Storicamente il populismo ha bisogno di due ingredienti, di una situazione economica e sociale sufficientemente cattiva da minare le sicurezze dei cittadini sul presente e sul futuro per un lasso di tempo abbastanza lungo, e di classi politiche incapaci di contenere i guitti da strada che spacciano per soluzioni delle scelte che normalmente si rivelano delle tragedie, che siano imbianchini austriaci, miliardari americani, razzisti italiani o fascisti sparsi di varia nazionalità, che in un modo normale verrebbero coperti di catrame e di piume dopo le prime 30 parole.
    Oggi che la crisi è drammatica, le classi dirigenti sembrano mediamente meno adeguate del passato; certo, può dipendere dal fatto che la complessità del mondo e dei suoi problemi ha reso obsoleti i tradizionali strumenti della politica, ma credo che ciò alla fine derivi dalle diffuse ed enormi concentrazioni di denaro e di potere che ormai sfuggono a qualunque controllo da parte della politica, nazionale e internazionale.
    Il liberismo spinto in un mondo che non ha confini uccide in primo luogo la politica, ed è naturale che i politici di questo tempo siano alla fine scadenti, rottamati, rottamandi o meno: che cosa pensate che farebbe oggi Winston Churchill se fosse chiuso in una stanza con David Cameron e Boris Johnson? Carne i porco, I suppose.
    Alla fine per porre un freno a questa deriva ci vorranno, se mai basteranno, dei politici all’altezza di Ronald Reagan e Margaret Thatcher, ma di segno opposto: onestamente non ne vedo in giro.

  6. Jair 25 giugno, 2016 at 12:37

    La parte conclusiva di questo blog è la più problematica, infatti in tutta Europa e nello stesso Regno Unito che ha scelto la Brexit oggi si dibatte se la “troppa democrazia” sia un problema. In realtà, quello che non si vuole vedere è che tutti i sistemi costituzionali/elettorali della vecchia Europa hanno in sè dall’origine l’antidoto alla scarsa preparazione culturale e alla poca informazione dell’elletorato. Questo antidoto è la rappresentanza. La fascia di persone eletta democraticamente dal corpo elettorale ha appunto il compito di decidere con competenza, discernendo con giudizio le diverse istanze che sorgono dal popolo. Putroppo questa classe politica indispensabile è proprio quella che, non solo in Italia, si è voluta rottamare, non per innovare ma per uno scopo ben meno nobile, quello di sostitire la democrazia con la tecnocrazia. Il potere legislativo è quello che nasce dalla rappresentanza, e questo si è voluto abbattere, per lasciare totale libertà a esecutivi composti solo da tecnocrati che rispondono a poteri non costituiti e spacciano per avvedute e imparziali le loro scelte.

    • M.Ludi 25 giugno, 2016 at 16:14

      Permettimi di precisare ( a scanso di facili equivoci); stiamo parlando di Regno Unito ove la rottamazione è solo una lontana eco di oltremanica che scuote blandamente una manciata di foglie, ma anche dove si è avuto un formidabile e per certi versi irripetibile concentrato di errori, o peggio, di malafede, proprio da parte di quei rappresentanti che avrebbero dovuto sovrintendere al corretto svolgimento (non solo formale) del Referendum: con i conservatori spaccati in due (metà a favore e metà contro la Brexit) ed i laburisti a far finta di niente (della serie: vediamo che succede), Nigel Farage ha avuto campo libero per spandere con fantasia le sue bizzarre opinioni e promesse (salvo poi rimangiarsele il giorno dopo a risultati consolidati – ops! Mi sono sbagliato!). In questo contesto non molto edificante per una democrazia così consolidata come il Regno Unito (che da tutto questo ne esce malamente ridotto), che cosa mai avrebbe potuto scegliere quella parte di elettorato risultata vincente ma inesorabilmente bollata come del tutto incosciente?

      • Jair 25 giugno, 2016 at 17:54

        D’accordo su quasi tutto, ma mi riferivo alla discussione che si sta allargando sempre di più (trattata anche qui su Modus qualche settimana fa in modo provocatorio, ma che ora sta diventando seria) sul ritenere il corpo elettorale inadatto a esprimersi su questioni complesse. La scelta tra restare o uscire dalla UE è un tema che per la sua importanza, dove consentito dalle leggi (da noi non lo sarebbe) e dove richiesto, a mio parere merita di essere sottoposto al giudizio popolare diretto. Che tutti i politici inglesi, per calcolo o per stupidaggine, abbiano agito male e abbiano condotto una campagna scriteriata che ha ingenerato confusione è difficilmente contestabile, ma da qui a sostenere che ai cittadini vada sottratto il diritto di esprimersi, c’è un limite netto, che secondo me in questi giorni è stato superato da molti (non sto dicendo di te).
        In tutto il problema della Brexit c’è, da sempre, molto di non detto ufficialmente (se non dai populisti), molte paure con cui la classe politica ha dovuto in qualche modo fare i conti. Ad esempio, una situazione britannica assolutamente peculiare è l’avere questa testa sproporzionata (Londra), che con i proventi della sua attività finanziaria può permettersi di pagare sussidi a tutto il resto della nazione, in cui di lavoro ce n’è meno che da noi. La paura di perdere o di vedersi diminuito il sussidio di disoccupazione davanti all’immigrazione o a diktat della UE, è stato senza dubbio il motivo fondamentale che ha spinto certe fasce della popolazione a votare “Leave”; ed è lo stesso motivo che ha prodotto il fatto che, in sostanza, nessun partito fosse chiaramente e compattamente a favore del “Remain”. Ma questo non può essere sufficiente per non avere rispetto della volontà popolare che si è espressa giovedì.

        • M.Ludi 26 giugno, 2016 at 12:43

          La democrazia è il massimo esercizio della libertà di esprimere le proprie idee ma si ha libertà solamente quando si è potuto ben comprendere le varie posizioni e si è, quindi scelto quella che più risponde al nostro modo di vedere le cose.
          In questo senso il suffragio universale dovrebbe comporsi, in una democrazia vera, di due componenti: il libero esercizio di voto e la disponibilità di fonti informativa oggettive. Laddove una delle due viene a mancare, accade ciò che stiamo verificando in UK dove molti si stanno rendendo conto, a posteriori, di aver commesso un colossale errore per totale ignoranza. Non vedo in questo esercizio del suffragio universale la sublimazione della Democrazia, ma solamente il suo aspetto più deleterio. E’ per questo che, secondo me, è l’elezione dei nostri rappresentanti l’unico modo per attuare la democrazia, esercitando poi un effettivo controllo e verifica se effettivamente fanno ciò che, durante la propaganda elettorale hanno promesso.

          • Kokab 26 giugno, 2016 at 15:59

            in termini generali mi sembra che il discorso sia ineccepibile, e che dalla brexit l’idea di democrazia diretta esca con le ossa rotte come in pochi altri casi altrettanto, ma oggi le cose mi sembrano persino più complicate di così.
            fermo restando il fatto che gli inglesi hanno votato con la pancia e non con la testa, al punto di avere fatto saltare il patto fra le generazioni e la loro stessa unità nazionale, bisognerà pur dire che il populismo che percorre l’europa, da farange a salvini, passando per marine le pen e le numerose albe dorate che infestano il continete, è anche figlio di quella stessa europa a trazione tedesca che non vedeva l’ora di arrivare alla grexit, e si è trovata a dover sostituire la consonante iniziale con la b, con estremo sconcerto del falco schäuble, che non si spiega il motivo.
            su questa europa non mancavano affatto le informazioni oggettive, ce n’erano anche troppe, è l’europa ad essere sbagliata, non nell’idea ovviamente, ma nella sua declinazione: se questa cosa non si capisce in fretta, e se i tedeschi non capiscono che gli imperi si costruiscono anche col denaro, e non solo con le armi, l’europa sarà travolta e finirà in meno di una generazione.

  7. Tigra 24 giugno, 2016 at 20:41

    Dai dati che pervengono sull’analisi del voto sembra si sia verificata una specie di tempesta perfetta.
    Il referendum è stato indetto da Cameron per ragioni di bassa macelleria (salvare/consolidare la sua leadership) e snobbato da Corbyn, che non aveva voglia di tutelare l’europa dei banchieri; il risultato è che per la brexit hanno votato i vecchi, gli analfabeti e i contadini; per restare nell’Unione, dalla quale per inciso avevano più vantaggi di tutti gli alti 27 membri messi assieme, hanno votato i giovani, quelli laureati e le grandi città.
    Difficile pensare ad un più micidiale connubio di ignoranza e populismo applicate alla democrazia diretta, su una materia dalla quale dovrebbe essere esclusa per principio.
    Se mai il suffragio universale può mostrare i suoi limiti, non mi viene in mente un esempio migliore.

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