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Macron rischia grosso

Macron rischia grosso

 

 

Emmanuel Macron considera scontato il voto degli elettori francesi. Ora rischia di essere sconfitto. In teoria Macron dovrebbe travolgere Marine Le Pen. Ma raccoglie poco entusiasmo da parte dell’elettorato.

 

di Olivier Tonneau
(Traduzione Redazione Modus)

 

Recentemente ho pranzato in un bar parigino con un giornalista che aveva passato tutta la campagna presidenziale francese a denigrare il candidato di sinistra Jean-Luc Mélenchon, e a scrivere trionfalmente dei meriti del centrista Emmanuel Macron nelle colonne di un rispettato (anche se in declino) settimanale di centro-sinistra .

Gli ho chiesto se vi fosse stato uno sforzo deliberato tra gli intellettuali e i politici principali per facilitare un ballottaggio tra Macron e la candidata d’estrema destra Marine Le Pen nel secondo turno delle elezioni presidenziali. “Ma, certo”, rise lui. “Ci stiamo dietro dall’incirca un anno”. Considerando quanto fosse stata evidente la strategia, non posso affermare di aver rivelato chissà qual segreto. È comunque bello sapere che non ero stato paranoico.

Abbiamo finito il nostro pranzo, con il giornalista che commentava ogni donna che passava con il caratteristico vecchio stile sessista della classe dirigente francese, mentre riflettevo sulla sorprendente incoscienza della strategia. Può sembrare una buona idea: mettere Macron contro la leader del Front National era il modo più sicuro per assicurare la vittoria del primo. Eppure la tattica potrebbe avere un ritorno di fiamma, con conseguenze terrificanti.

L’ascesa di Macron è caratteristica dell’epoca degli spin doctors (dottori della comunicazione politica): illustra sia il loro potere che i loro limiti. È veramente sorprendente che l’uomo che ha ispirato (come segretario personale) e poi attuato (come ministro delle finanze) le politiche del presidente François Hollande potesse essere marchiato come qualcosa di radicalmente nuovo.

Per raggiungere questo obiettivo, gli spin doctors hanno costruito il personaggio in modi precedentemente sconosciuti nella vita politica francese. Macron era nuovo perché era giovane e bello, e perché non era mai stato eletto prima. È apparso ripetutamente sulle prime pagine di Paris Match con la moglie, il cui nome è cantato dai suoi sostenitori alle sue manifestazioni. Nelle settimane finali della campagna, Macron è stato così attento a non esporre la vera natura del suo programma (che è poco più dell’impopolare liberalismo-austerità attuato da Hollande) che i suoi discorsi degenerano in esercizi vuoti, in cliché e tautologia.

 

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La strategia ha funzionato, fino ad una settimana fa: si è qualificato per il secondo turno. Tuttavia i suoi limiti sono ancora evidenti.

La primavera scorsa la Francia ha visto grandi proteste nazionali contro le leggi sul lavoro che Macron aveva in gran parte progettato. L’opposizione era non solo ai loro contenuti, ma anche al modo in cui sono state fatte passare: il governo ha escluso il voto parlamentare. Durante queste manifestazioni la polizia ha utilizzato elevati livelli di violenza, ma Macron non ha mai pronunciato una parola per calmare la situazione. Ha inoltre annunciato che il governo sarebbe ricorso al decreto se necessario, e oggi è facile prevedere che le tensioni sociali aumenteranno entro l’autunno. A coloro che lo avrebbero contrastato, pare che Macron abbia risposto che, una volta eletto, non esiterà ad implementare il programma per cui sarà stato eletto.

Teoricamente Macron dovrebbe sconfiggere con ampio margine la Le Pen. Il problema è che il significato di tale risultato non sarebbe poi così chiaro: quanti voterebbero per lui e quanti invece contro di lei? Poiché è impossibile rispondere a questa domanda, sarà impossibile per Macron assumere una linea dura contro le proteste sociali dichiarando che le elezioni convalideranno il suo programma.

Dei quattro candidati al primo turno, Macron aveva i votanti meno “convinti”. Secondo un sondaggio, meno della metà di coloro che lo hanno votato lo ha fatto credendo che il suo programma avrebbe cambiato la loro vita in meglio. Per questo avrà bisogno di ottenere la convalida nel conteggio del secondo turno, e quindi non può fare quello che Jacques Chirac fece quando affrontò Jean-Marie Le Pen nella corsa del 2002: Chirac dichiarò immediatamente che non avrebbe interpretato i voti a suo favore come espressioni di un sostegno.

 

Macron ha fatto il contrario: ha dichiarato con coraggio che avrebbe voluto solo voti basati su un impegno genuino. Così facendo, ha corso un gran rischio: ha sfidato le persone che gli si oppongono (e son molti) ad astenersi. Una non esigua porzione degli elettori sembra pronta a vedere se il suo è un bluff. La situazione è diventata così allarmante che una vittoria della Le Pen sta diventando sempre più plausibile ogni giorno che passa.

I giornalisti ora si stanno dando da fare per il salvataggio, disperatamente ammonendo i francesi: devono impedire a Le Pen di ottenere il potere. Ma i richiami potrebbero cadere nel vuoto. Non è difficile capire perché. Poche settimane prima delle elezioni è accaduto qualcosa di importante che è in gran parte passato inosservato: un sondaggio di opinione ha mostrato che la principale preoccupazione del popolo non era né la disoccupazione, né l’immigrazione, ma la riforma delle istituzioni statali e l’attuazione di una radicale sesta repubblica. C’è un diffuso e profondo risentimento verso uno stato che percepiscono come oppressivo, corrotto e violento.

Mélenchon ha raggiunto il suo impressionante risultato nel primo turno perché aveva fatto la campagna sulla promessa di una radicale riforma dello stato. Così è riuscito a riportare alla politica persone che si erano astenute per anni, ed anche a recuperare gli elettori della Le Pen (riducendo il suo vantaggio  dai sette punti percentuali del 2012 a meno di due punti di quest’anno). Questi elettori non sono interessati a comparare i pregi di un governo della Le Pen o di un Macron; la loro rabbia è diretta allo “stato profondo” (polizia, giustizia, amministrazione). Sono ancora meno inclini a votare Macron, perché sanno – lo sanno tutti – che il secondo turno è stato deliberatamente messo in scena in questi termini. Sentono di essere stati abbindolati, e per molti di loro l’astensione sembra un atto dignitoso.

Macron ha solo pochi giorni per prendere atto della loro rabbia e adottare l’unica strategia che possa assicurargli la vittoria contro la Le Pen: mostrare umiltà e ridurre la durezza del suo programma. L’unico problema potrebbe essere la sua scarsa consapevolezza della gravità della situazione. C’è un certo fascino tipo “Les Liaisons Dangereuses” in quel microcosmo di giornalisti, intellettuali e politici che modellano (o pensano di modellare) il destino politico della Francia. Secondo il mio compagno di pranzo, Macron ha una fiducia infinita nel proprio carisma ed è beatamente inconsapevole della minaccia.

Gli ho dunque chiesto, perché correre il rischio di concedere ad un individuo come la Le Pen una possibilità di arrivare al potere. Non ho ricevuto risposta – un’altra donna aveva nel frattempo colto la sua attenzione. La Francia, senza dubbio, è in buone mani.

 

 

 

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