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Ma dov’è la destra, dov’è la sinistra?

Ma dov’è la destra, dov’è la sinistra?

Dopo la fine dell’ennesima campagna elettorale di quest’anno, constatata l’onda lunga inarrestabile con la quale la Lega ha trascinato anche gli alleati di coalizione (ma non di governo) ad insperati successi, ci si interroga sugli scenari futuri che vedono la Lega ed il M5S incontrastati padroni della scena politica italiana e le opposizioni di sinistra relegate in un limbo dal quale si fa fatica a vedere una possibile via di uscita ed un rilancio.

Da molte parti si sente rilanciare la vulgata che vuole l’elettorato scegliere la destra originale rispetto a quella copia che sarebbe rappresentata dal Partito Democratico e francamente non riesco più a comprendere bene ciò di cui si stia ragionando perché è evidente che orami le categorie novecentesche della politica sono andate definitivamente in pensione e di nuove non se ne vedono se non  nel raffazzonato ma vincente dialogo dei partiti populisti con un elettorato trasversale, basato sulla promessa indiscriminata di tutto a tutti infiorettata da alcune comparsate sui temi della sicurezza e dell’immigrazione le quali non hanno avuto alcun effetto pratico se non quello plateale di far credere che d’ora in avanti tutto cambierà.

Nella dialettica del secolo scorso (ma anche di buona parte di quello precedente) destra e sinistra si contraddistinguevano prima di tutto per le categorie di persone alle quali si rivolgevano: la destra ai ceti più abbienti della popolazione e la sinistra a quelli meno abbienti; durante tutta la seconda parte del novecento, poi, la sinistra ha marcato numerose vittorie nel campo dei diritti che si sono tradotte, in termini economici, in un massiccio ricorso al debito pubblico visto che, contemporaneamente si è lasciato che imprenditori e professionisti (ma non solo) potessero a loro volta sfruttare le maglie larghe del fisco italiano per impinguare le proprie finanze.

È stata l’Italia dello sperpero: baby pensioni e pensioni d’oro, doppi lavori al nero nel pubblico e nel privato, vendite immobiliari contrattualizzate al valore di rendita catastale con l’eccedenza transata a nero, edificazioni abusive, mancata richiesta di fatturazioni per ottenere uno sconto, evasione Irpef e evasione Iva. Ma con l’aumento delle uscite non corrispondente a quello delle entrate, il debito pubblico è esploso: ci hanno dato la corda con la quale ci siamo impiccati.

Per molti di noi l’Europa ha rappresentato alla fine un approdo sicuro nel quale riuscire a mettere ordine nelle nostre cose interne, da un lato in virtù di tassi di mercato bassi e dall’altro per la necessità di dover rispettare criteri di bilancio più rigidi e raggiungere una maggiore moralizzazione nella cosa pubblica.

Ma l’ingresso nell’euro ha coinciso con l’entrata in politica da parte di Silvio Berlusconi il quale, ben lontano dagli ideali di liberismo economico da sempre bandiera della destra, ha incarnato tutti i difetti che ci sono appartenuti per decenni, e mentre Alberto Sordi si avviava all’epilogo della sua fortunata vita di attore, il mago di Arcore ha creato un nuovo filone della commedia all’italiana e contrattando con i residui della peggior destra fascista un appoggio concreto alle sue campagne elettorali, ha iniziato quella lenta inesorabile cavalcata del populismo i cui esiti vediamo oggi.

Nel contempo la sinistra ha iniziato a farsi garante del rispetto degli accordi europei cercando il difficile equilibrio tra le istanze degli strati più poveri della popolzione e mantenere un minimo di ordine nei conti pubblici; nei lunghi anni che vanno tra l’inizio del millennio ed il 2011 si è assistito incessantemente ad un’alternanza tra destra e sinistra che ha visto, crescere il rapporto debito/Pil con la prima per poi essere abbassato con la seconda (anche se di poco), sino all’epilogo dello spread a quasi 600 punti, con Berlusconi e la Lega che prima di andarsene, hanno firmato tutti gli accordi capestro, da quelli sui migranti a quelli del pareggio di bilancio, che hanno finito, ancora una volta, ad alimentare la corda con la quale la sinistra si è poi impiccata.

Ma ciò che di più grave è avvenuto, è una stratificazione multipla della popolazione la quale, nelle diverse aree del paese, risponde in maniera, alla fine omogenea, alle diverse sollecitazioni che la nuova destra provoca:

  • Il Nord viaggia a tassi di crescita e di occupazione molto simili al resto di Europa, vi sono larghe fasce dell’imprenditoria le quali di uscire dall’Europa e dall’euro non vogliono proprio sentire parlare ed essi votano Lega insieme a coloro i quali, al contrario, vedono nei paesi di Visegrad la loro speranza, con l’innalzamento di barriere contro l’immigrazione. L’alto tasso di imprenditoria ed il divario esistente tra redditi da lavoro, mediamente maggiori rispetto a quelli da pensioni, la flat tax proposta dall’accordo di Governo tra Lega e M5S rappresenta un importante traguardo da raggiungere.

 

  • Il Centro cresce a tassi che sono in media nazionale ma con una disomogeneità maggiore tra alcune aree e altre; in più è l’area del Paese che sembra invecchiare di più in quanto il benessere economico non è cresciuto di pari passo con l’aumento delle attività produttive e l’invecchiamento della popolazione non è stato adeguatamente controbilanciato da immigrazione. Oltre alla flat tax che può aiutare ma non penso essere determinante, credo che una rivisitazione della Fornero, più di ogni altra cosa, abbia prodotto uno spostamento di elettorato.

 

  • Il sud arranca da decenni e sembra quasi che ormai da tempo si sia abbandonata l’idea che un riallineamento al resto del Paese sia possibile; i giovani che hanno professionalità, idee e buona volontà spesso emigrano come ormai da molti decenni fanno i loro progenitori, e quelli che restano vedono nel reddito di cittadinanza un salvagente accettabile in ogni caso.

 

  • Dappertutto il raggiungimento della pace fiscale con l’ennesimo condono della montagna di debiti vantati verso Equitalia, crea quel sottile legame che mette d’accordo tutti.

Man mano che si scende lungo il paese il problema dell’immigrazione resta al centro dell’attenzione anche se già nel 2017 gli sbarchi si sono drasticamente ridotti e, com’è ampiamente noto ormai, l’Italia non è tra i Paesi con il maggior numero di immigrati d’Europa, anche se uno di quelli che, per problemi di bassa natalità, ne avrebbe più bisogno.

Dove sono finiti gli elettorati tradizionali della destra e della sinistra? Ci sono ancora ma sono variamente suddivisi tra i nuovi schieramenti di maggioranza ed opposizione, con le fasce media e medio alta della popolazione forse più rappresentate nel Partito Democratico e quella più indigente ormai disponibile a votare chiunque offra una speranza in più di farcela, sia pure illusoria, la quale massicciamente si è rivolta verso i partiti populisti.

Una distinzione più netta potremmo farla tra europeisti e non europeisti, ma anche qui vediamo come all’interno della sinistra vi sia una nutrita schiera di antieuropeisti mentre in Forza Italia la maggioranza sia a favore dell’Europa. Insomma, non è facile trovare delle definizioni idonee a descrivere ciò che sta accadendo se non constatare che in mezzo a questa ondata populista hanno banchettato lautamente fascisti, razzisti, omofobi insieme ai negazionisti di tutto, non solo dell’olocausto; sono coloro che auspicano il ritorno alla patria nazionale, all’affermazione di un’italianità con la quale tutti gli altri dovrebbero fare i conti, perché per loro un ventennio di disastri totali non è bastato.

 

 

 

 

In questa confusione informe di ideali, paure, sogni, rabbia e delusione, non sarà facile per il nuovo governo andare oltre gli slogan e se è vero che al Partito Democratico è stato rinfacciato di aver fatto poco più che aver varato alcune norme di valore prevalentemente etico, penso sarà difficile che l’azione di Conte e della sua compagine possa realizzarsi oltre ad un notevole dispiegamento di forze su temi quali la lotta all’immigrazione, la legittima difesa e la sicurezza in generale (con tutte le statistiche che mostrano come da un decennio ci sia stato un sostanziale ridimensionamento di tutti i crimini).

Di contro l’opposizione a sinistra sembra non avere più un ruolo in quanto non c’è più un elettorato disposto ad ascoltare chi propone la ricerca di una strada difficile ed impervia che deve compenetrare in modo attento la difesa dei più deboli con la ricerca di una stabilità economica di cui non si vuole più sentire parlare, perché è una strada lunga da percorrere ed i cui risultati sono visibili con il tempo.

Anziché la pazienza di percorrere un cammino difficile, si vuole tutto e subito, spesso in modo contraddittorio; si parla continuamente della necessità di creare nuovi posti di lavoro ma nel contempo si pensa di colpire coloro i quali questi posti di lavoro dovrebbero crearli, con il risultato che i capitali non investono in Italia ma vanno altrove.

In questo apparente marasma, le elezioni amministrative hanno sostanzialmente sancito un fatto che secondo me è l’unico aspetto positivo della fase politica che stiamo attraversando ma che, anche, è difficilmente riproducibile a livello nazionale: la spinta dell’entusiasmo da parte della Lega è sicuramente un fattore che è risultato decisivo, ma altrettanto penso abbiano fatto la scelta dei candidati, i soliti tatticismi che sono venuti a noia ed anche una gran voglia di sradicamento di certi sub strati sociali che nei comuni tradizionalmente fanno da contorno alle amministrazioni pubbliche laddove non si è avuto ricambio amministrativo per molti anni. In alcune città si è scardinato un modo immutabile di amministrare che si ritorcerà contro chi, da ora in avanti, non lo farà in modo serio e produttivo e questo, varrà per tutti; quanto poi diventi sostanziale scegliere un candidato, proporre un programma serio ed essere onesto con gli elettori, è ormai evidente. Altrettanto evidente è il fatto che se a livello nazionale non si riuscirà a sciogliere i numerosi nodi normativi (tra tutti il patto di stabilità) che vincolano enormemente l’azione di governo delle città, la differenza tra le varie amministrazioni che passano, si sostanzierà nei volti dei consulenti a cui queste elargiranno parcelle e poco altro perché per amministrare servono soldi e se questi non ci sono, o peggio non li si possono utilizzare, puoi essere il più bravo del mondo ma non riuscirai a fare niente più di quanto abbia fatto chi ti ha preceduto.

L’unica via di uscita da questo ginepraio, pare essere il metodo Tsipras: dopo aver promesso una sorta di rivoluzione nei rapporti con l’Europa, alla fine ha chinato il capo ed ha fatto ciò che gli è stato detto di fare; per la Grecia sono state lacrime e sangue e probabilmente Tsipras lo pagherà alle prossime elezioni, ma la strada è segnata e se non vuoi che ti dichiarino guerra, i debiti vanno pagati. Anche Salvini ben presto scoprirà che fare lo smargiasso paga elettoralmente nel breve periodo, ma nel lungo poi ci sarà chi gli batterà una mano sulla spalla e gli dirà di calmarsi; forse finirà, come Varoufakis….stavo per dire, a scrivere libri; vabbè un tocco di ironia ogni tanto ci vuole.

 

 

 

 

 

 

 

 

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La redazione

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