attualità

Il Jobs Act, la Treccani e il blogger Modus

N.d.r.
Il nostro amico e blogger Biagio Capula, il 27 Novembre ha posto questa domanda alla Redazione del sito Treccani.it:

Vi è un motivo plausibile nell’ utilizzo corrente del termine anglosassone “jobs act” ?
Trovo più corretto “riforma del mercato del lavoro”.

Grazie se vorrete dare una risposta.

 

Il nostro Biagio è rimasto piacevolmente sorpreso nel ricevere via mail ieri, 5 Dicembre, la gentile risposta della Treccani al quesito linguistico:

Gentile Utente,

l’unico motivo plausibile sta nella volontà di molti politici d’oggi, Matteo Renzi incluso, di far brillare di più – secondo loro – il proprio eloquio e conferirgli una presunta patina di prestigio, adottando tra le mura di casa parole o locuzioni inglesi. Perché l’inglese è la lingua del mercato internazionale, la lingua della Borsa e della finanza, la lingua delle tecnologie avanzate, la lingua dei manager e delle aziende: o, almeno, di tutte queste cose come vengono vendute e propagandate.
Tra l’altro, in parte nel portale Treccani.it, in parte attraverso vari successivi interventi mirati da parte di attenti analisti del linguaggio in traduzione, si è notato come la formula job’s act sia alquanto impropria, tanto che nella stampa inglese il renziano job’s act, con riferimento alla “riforma del mercato del lavoro” o al “piano occupazionale” che vi sarebbe inserito, viene definito labour-market reform o employment bill.

La ringraziamo per la sua gentile attenzione e le inviamo i nostri più cordiali saluti,
Segreteria Redazione Treccani Online


N.d.r.

Niente di particolarmente inaspettato o sconvolgente nella risposta dei dotti enciclopedici; non è poco diffuso il sospetto che Matteo ci marciasse un po’ con l’uso disinvolto dell’inglese. Quel tanto di inglese maccheronico, che nell’ intento del suo utilizzo, dovrebbe aiutare a far digerire qualche pillola amara, e farci prendere con sportività e fair-play anche la perdita di qualche diritto.
Fa comunque piacere che la Redazione del sito Treccani abbia ritenuto interessante il quesito di Biagio e gli abbia fornito il suo autorevole parere. Da buon blogger Modus, Biagio Capula ci ha passato la corrispondenza avuta con Treccani.it e ha volentieri acconsentito che ne facessimo uso. Anche se Biagio non ha potuto scrivere personalmente queste note di accompagnamento a causa di un doloroso malanno alla mano, ci sembra giusto che questo blog venga pubblicato con la sua firma.

 

Leggi anche : “Jobs Act, parola di Renzi”

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15 comments

  1. DareioS 10 dicembre, 2014 at 20:40

    Ciao Osita il tuo quesito produce surriscaldamento al microprocessore mentale
    Ritengo che non sia possibile una traduzione poiché quella che può essere
    definita una infelice sintesi verbale non ha un senso compiuto né nella nostra
    lingua né nell’originario idioma. Forse facendo una traduzione a senso e non letterale
    l’abusato neologismo potrebbe essere tradotto in “decreto lavoro” ovvero riforma del settore lavoro subordinato.
    La sintesi utilizzata è in linea con l’attuale livello culturale dei politici e lo standard della comunicazione politica
    Le parole usate sono dettate da fini utilitaristici, poiché nella comunicazione per esempio a mezzo sms la sintesi consente di risparmiare sul costo del messaggio.
    Forse questa è l’unica vera spending revue dell’attuale governo.
    Usiamo l’Italiano una lingua bellissima, complessa, articolata, piena di tantissimi vocaboli dalle infinite sfumature come le pieghe dell’animo umano.
    L’inglese è per involuti, per persone che non comunicano e che al massimo confezionano slogans.
    Senza arrivare agli eccessi dunque possiamo dire tranquillamente Courmayeur e non Cuormaggiore, garage anziché autorimessa, garconniere al posto di giovanottiera.
    Ciao Osita un caro saluto

  2. Kokab 6 dicembre, 2014 at 16:15

    in tempi di paurosa semplificazione gli slogan, che spesso sono in inglese e si sforzano di riassumere concetti più vasti, servono ad abbassare il livello del ragionamento all’altezza della famosa casalinga di voghera, che vale quanto il presidente della corte costituzionale o il governatore della banca d’italia, e molto spesso anche a mistificare le cose.
    non so se a questo punto sia ancora colpa di qualcuno, ma è indubbiamente un segno dei tempi, che sono i tempi in cui la politica fornisce, con ogni evidenza, la peggior prova di sè.
    probabilmente è anche il segno della generazione che ha preceduto il tempo di renzi.

  3. Genesis 6 dicembre, 2014 at 12:26

    Se posso…
    Divido la risposta di Treccani.it in due parti. La prima non scevra da manipolazioni di schieramento politico. Che si parli di Renzi, o chiunque altro, avrei scritto il medesimo commento.
    La seconda, quella vera, quella che ha senso letterale.

    È chiaro che i termini utilizzati in politica sono calcolati al millesimo di frequenza sonora…fors’anche decisi per fare in modo che la gente non capisca…ma facciamoci caso: tra noi, comuni mortali, ci auguriamo buon fine settimana o buon week end? Andiamo a mangiarci un hamburger oppure una polpetta schiacciata? Esempi se ne possono fare a bizzeffe…

    • scan 8 dicembre, 2014 at 19:50

      caro genesis, se ti auguro buon weekend o ti invito a mangiare un cheesburger (bleah!) tu capisci a cosa mi riferisco. se a un lavoratore gli dicono che stanno per fare un job, o jobs, o job’s act che mazza pensi che capisca il tapino di che cosa gli potrà capitare? non confondiamo termini inglesi, o di altre lingue, che hanno una sicura corrispondenza in italiano e di uso, ormai, comune con invenzioni linguistiche cervellotiche atte, al momento, a mascherare la mancanza di proposte politiche ragionevolmente attuabili

      • Genesis 9 dicembre, 2014 at 06:43

        Stiamo indicando la medesima cosa, Scan…l’ho scritto!
        Io non penso meramente al Jobs act…che alla persona normale viene affiancato al Sister Act, piuttosto che al lavoro…ma a cose decisamente più pericolose come al Mobbing, Stalking eccetera. Termini che, se non spiegati semplicemente, rimangono nel limbo degli inglesismi che ci sono nella patria delle lingue neo-latine, non ottenendo quel “merito” che obbligano.
        Qui siamo finiti. Per farci belli, utilizziamo termini che nemmeno sappiamo da dove vengono. Io, per mantenermi fuori dalle mode, piuttosto che usare termini inglesi, nella parlata comune, utilizzo parole ladine oppure nonese…che a volte sono più incisive.
        …ma ognuno è libero di fare ciò che vuole…
        Aufviedersehen…

  4. Biagio Capula 6 dicembre, 2014 at 12:01

    La nota che la Redazione di Modus accompagna
    la risposta della Treccani.it, mi onora più di quanto io meriti, ciò detto entrando nel merito della questione, ritengo più che giusto iniziare a
    spulciare, per usare un eufemismo, quanto non va negli atti del nostro
    Premier, avvalendosi di autorevoli pareri anche al di fuori della nostra
    cerchia, fermo restando che detta cerchia, ha in seno tutte le capacità
    per esprimere qualunque giudizio in piena autonomia.

    • Osita V 8 dicembre, 2014 at 18:56

      adesso c’è la consuetudine,specialmente nei giovani,di usare espressioni in inglese per indicare molte cose e molti atti e,se a noi non sta bene,facciamocene una ragione e non andiamo a considerarla una colpa da aggiungere a chissà quante altre colpe ,come se fosse un demerito caratteristico di questo o di quello. Mala tempora currunt,ma non certo per queste cretinate

        • Osita V 10 dicembre, 2014 at 19:12

          siamo in un’epoca in cui il ch si scrive k, per si rende con x ,cmq per dire “comunque” ,il tutto per rendere più veloce la scrittura ,non si capisce poi quanto tempo si risparmia nello scrivere in questo modo un sms

          • Tecette 10 dicembre, 2014 at 21:33

            Osita, il problema è che quello non è Inglese. Tanto che, come ci spiega la Treccani, gli inglesi hanno dovuto tradurre il termine “Job’s Act”… in Inglese! 😀

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