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Giochi di potere

Nel commentare questa tornata elettorale per le Amministrative credo che un dato prevalga sopra ogni altro: è la prima volta che il Presidente del Consiglio in concomitanza con lo spoglio delle schede, gioca tutta la sera alla PlayStation con il Presidente del Partito, poi va a dormire e la mattina sale su di un aereo per recarsi all’estero; il tutto senza proferire parola alcuna.

 

È vero che, da un punto di vista dei risultati, la partita è finita pari e patta (di fatto nelle Regioni interessate dalle elezioni il centro sinistra ed il centro destra, mantengono il numero di Governatori che avevavno prima delle elezioni), ma, nel mezzo, di cose da dire ce ne sono.

Intanto c’è da dire che la lodevole decisione (sulla carta) di concentrare in un unico election day le amministrative (regionali e comunali), per poi scegliere la domenica nel bel mezzo di un ponte festivo, a questi chiari di luna, non sembra essere proprio la migliore possibile; ed i risultati dell’incremento nell’astensione sono lì a dimostrarlo.
Ci sarebbe poi da aggiungere che, salvo nelle rispettive roccaforti (Veneto per la Lega e Toscana per il PD), la scelta di coalizzarsi è risultata vincente e quella di dividersi perdente; non so quanto alla verifica delle politiche un’aggregazione tra Lega (centrifuga) e Fratelli d’Italia (centripeti), possa reggere su tutto il territorio nazionale, ma è indubbio che Marini in Umbria e Toti in Liguria forse non avrebbero vinto se in quelle Regioni non si fosse ricostituita un’aggregazione (rispettivamente di Csx e di Cdx).

 

Restano i casi Campania e Puglia dove hanno prevalso, per il PD, due tra i candidati forti di queste elezioni: De Luca e Emiliano. Se per Emiliano può essere che alla lunga le cozze pelose abbiano fornito l’energia necessaria a mantenere idee e buona amministrazione nella sua Regione, per De Luca il discorso si fa complesso perchè, mentre tutti fanno finta di niente (lui per primo), già sappiamo che Renzi, se non vuole a sua volta divenire oggetto della Legge Severino per abuso d’ufficio, dovrà decretarne la decadenza.

Qui la cosa si fa intricata in quanto le strade possibili sembrano essere due: De Luca non fa a tempo ad entrare nella sede della Regione Campania che gli notificano per la strada il decredo di decadenza dall’incarico, gira i tacchi e se ne torna a casa; in questo caso la Regione viene commissariata in attesa che vengano indette nuove elezioni.

Una seconda ipotesi riguarda la possibilità che Renzi lasci a De Luca il tempo di insediare la giunta ed un Vice Presidente il quale, in seguito a suo decadimento, potrebbe sostituirlo in attesa, sempre di nuove elezioni, ma stavolta con un pò più di tempo a disposizione, rispetto al commissariamento e con il PD, in ogni caso, saldamente al comando della Giunta Regionale.

In entrambi i casi la strada è (ed era) segnata, la qual cosa avvalora il fatto che forse, tutta la querelle sugli impresentabili abbia finito più per danneggiare il PD al Nord che non nella Regione (la Campania) dove si sono concentrati quasi tutti i casi che lo riguardavano. E anche questo è un dato che dovrebbe indurre ad una qualche riflessione in un Partito che puntando, se non ad una rottamazione della vecchia classe dirigente, almeno ed un rinnovamento della stessa, ha urgente bisogno di facce nuove, specialmente al sud.
Già perchè un ulteriore dato su cui riflettere è che il PD ha tenuto laddove si sono presentati i cosiddetti dinosauri e non certo dove le “Lady like” renziane avevano promesso sfraceli (i quali, infatti, non ci sono stati); quello della crescita di una nuova classe dirigente in un partito dell'”one man show”, sarà uno dei motivi di possibile crisi, laddove non fossero presi seri provvedimenti.

 

Berlusconi nel suo lunghissimo regno si era impegnato nella non semplice impresa di trasformare alcune ballerine d’avanspettacolo in politiche navigate e, con alterne vicende (Carfagna su tutte), qualcosa ne ha ottenuto; a Renzi l’operazione sembra non essere riuscita in modo adeguato e la cosa non depone a suo favore perchè un vero leader si distingue anche nella capacità di scegliere le persone che gli stanno intorno.

 

Due annotazioni finali per il Movimento 5 Stelle e per la sinistra.

Grillo sta imparando, dopo innumerevoli sbagli, a lasciare un pò più di campo libero ai suoi giovani rampanti e qualche risultato sta venendo fuori; scontato l’isolamento dal resto del quadro politico, la corsa solitaria dei pentastellati prosegue, ma appare essere più efficace a livello locale dove presentare facce pulite e non contaminate richiama l’attenzione dei più stomacati dalla politica e non v’è dubbio che se non ci fossero loro, la percentuale dei votanti sarebbe assai più bassa. Resta da vedere quanto consenso possano ancora guadagnare a livello nazionale dove permangono dubbi sulla loro effettiva capacità di assumersi la responsabilità di un Paese ma, è facile ipotizzare che in caso di fallimento di Renzi, avrebbero le porte spianate.

Ho scritto sinistra in minuscolo, non per disprezzo, ma solo per la constatazione che, al momento, non si intravede la costituzione di un’aggregazione che si ponga in alternativa al PD come punto di riferimento di una parte dell’elettorato che, al momento, sembra più affascinata dall’astensionismo che dal voto. Temo che il caso ligure sia frutto del momento e del luogo; lo strappo di Cofferati ha consentito una affermazione numerica che non mi pare di vedere, in simili proporzioni, in altre zone d’Italia ove sigle e siglette, frantumano il consenso di una parte dell’elettorato facendo perdere di vista l’orizzonte di una possibile affermazione, sia pur come alternativa in un’aggregazione al PD.
Oscillare tra Syriza e Podemos non aiuta a dare un’identità propria, se non si ha il coraggio di abbandonare vecchi livori che, ancor oggi, determinano la parcellizzazione in più partitini e movimenti; con la nuova legge elettorale, faranno grande fatica ad avere rappresentanza in Parlamento.

 

Aldilà della passione per il Pro Evolution Soccer, voglio pensare che Renzi, tutte queste cose le abbia ben chiare e, in attesa di mettere mano seriamente ad una riorganizzazione di un Partito del quale non sembra essere la persona più indicata a fare il Segretario, dovrà in tutti i modi cercare di dare una forte accelerazione all’azione di Governo, non tanto nel senso della velocità di esecuzione, quanto in quella di ottenimento di risultati che ad essa siano ascrivibili, e non solo alle fatiche notturne di Draghi nelle stanze delle rotative, a stampare denaro.

Concludo con un accenno al fatto che non sempre la fantasia supera la realtà; quando Antonio Albanese ha ideato il personaggio di Cetto La Qualunque, non avrebbe mai pensato che qualcuno sarebbe riuscito in maniera così impressionante ad emularlo; non ci credete?

 

 

 

SET 150601-05a

 

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16 comments

  1. riesenfelder 1 giugno, 2015 at 21:26

    Mi sono rivisto proprio ora De Luca.
    Avrà anche strappato la Regione a Caldoro ma non riesco a vederlacome una vittoria.
    Faccio copia-incolla che ho trovato su Wiki riguardo alla gente che lo ha sostenuto. Cosa devo farci. Io con ‘sta gente mica mi ci trovo!
    ……”.L’anno seguente è uno degli ispiratori della lista Campania in rete che sostiene Vincenzo De Luca candidato del Partito Democratico alle Elezioni Regionali in Campania a discapito di Stefano Caldoro perché “in Forza Italia non c’è democrazia”. Lo seguono il consigliere regionale Carlo Aveta eletto con la Destra di Storace, l’ex sindaco di Melito Antonio Amente (forzista fino a gennaio), l’ex consigliere comunale di Napoli Diego Venanzoni (ex An, ex Udeur, ex Fi e ex Pd), il coordinatore campano di Scelta Civica Giovanni Palladino e l’ex europarlamentare Udc Erminia Mazzoni.”

    • Tigra 1 giugno, 2015 at 21:51

      Io credo che neppure De Luca ci si ritrovi volentieri, ma nelle regioni meridionali la struttura del potereha delle opacità che noi forse neppure comprendiamo; a me sembra che i partiti siano solo dei tram sui quali i politici salgono, e De Luca fa della realpolitik uno stile di vita.
      Tutto molto andreottiano.

  2. Franz 1 giugno, 2015 at 21:23

    Il mio non é un discorso di convenienza, ma di opportunitá. Il PD non puó continuare cosí. E non credo che nessuna delle due fazioni abbia intenzione di capitolare. Quindi, qual’é la soluzione? Due partiti, che abbiano un occhio di riguardo anche per gli astenuti e questi ultimi potrebbero forse riconoscersi piú facilmente in una delle due ‘nuove’ formazioni.

  3. Franz 1 giugno, 2015 at 20:44

    M.Ludi ti rispondo con un nuovo commento, essendo impossibile fare altro.
    Non vedo altra soluzione. Il pd NON puó continuare a presentarsi agli elettori cosí diviso al suo interno ed in continuo conflitto anche sulle cose fondamentali. Mi si conceda la banalitá: é come in un matrimonio, a volte é meglio voltar pagina e magari cercare di reimpostare il rapporto su altre basi e, se é il caso, perché no, con altri partner. Troppo livore, troppa rabbia si é accumulata ma, in futuro, ci si puó ancora confrontare, da posizioni diverse, per il bene dei bambini, pardon, del Paese. 😀

    • Gennaro Olivieri 1 giugno, 2015 at 21:16

      Cicciu, però non capisco quale soluzione proponi. La famosa scissione dovrebbe chiarire la situazione e giovare al futuro della sinistra? Io ne sono tutt’altro che sicuro. C’è un dato molto significativo nei risultati della Liguria. Pastorino ha ottenuto circa 3 punti in più di voti come presidente, rispetto ai voti delle liste che o sostenevano. Situazione contraria per la Paita, cui personalmente mancano circa 3 punti di voti di lista. Significa che circa il 15% degli elettori PD, anzichè astenersi come molti hanno fatto, si è preso la briga di dare il voto disgiunto: voto di lista al PD ma senza voto al candidato ufficiale. Mi sembra un segnale forte, che indica sia dissenso e malessere che la volontà di restare nel PD e dare battaglia su punti fondamentali.

    • Tigra 1 giugno, 2015 at 21:47

      Mi sembra che in Italia ci sia lo spazio per una operazione del genere, sopratutto da quando è caduto il muro di Berlino ed è venuto meno lo spazio per un partito di ispirazione comunista.
      Due partiti socialdemocratici, uno un po’ più di destra e l’altro un po’ più di sinistra non sarebbero neppure compresi dagli elettori.

  4. Kokab 1 giugno, 2015 at 18:54

    due considerazioni al volo, al netto del fatto che renzi, sia pure non brillantemente, ha comunque vinto.
    1) la destra è diroccata e divisa, ma non è affatto la minoranza di questo paese, e darla per morta a me sembra un pericolosissimo errore, sopratutto se le contrapponi dei personaggi improbabili come ladylike, che magari possono reggere nella fase montante della marea, ma nel riflusso e nella guerra di posizione rischiano il ridicolo, e difatti oggi si sprecano le battute sulle cerette e sui tagli di capelli; suggerirei di ricordare, come tutti sanno, che in politica il ridicolo uccide.
    2) lo spazio per lo sfondamento a destra mi pare ormai finito, e prendersela con la sinistra del partito se ti fotte dopo che le hai messo le dita negli occhi, e l’hai ridicolizzata per un anno di fila, a me pare un atteggiamento sciocco e infantile; renzi deve decidere: se vuole un partito neocentrista può continuare come ha fatto fino ad oggi, ma non si può lamentare degli inevitabili effetti collaterali, che si traducano o meno in un nuovo partito, se vuole il voto della sinistra non lo può pretendere per vincere sulle sue posizioni, ma deve concedere una mediazione onorevle sul piano politico, ovviamente mettendo nel conto di perdere qualcosa a destra.
    tutte e due le cose assieme mi sembrano una pretesa eccessiva, e le elezioni europee oggi mi appaiono molto lontane.
    infine un corollario: iniziare ad essere sfiorato dell’ombra del dubbio, e smetterla di discutere solo con la corte dei miracoli che gli da sempre ragione mi sembrano due buoni consigli.

    • Franz 1 giugno, 2015 at 19:28

      Penso che il PD, cosí come lo abbiamo conosciuto finora, sia ormai giunto ad un punto di non ritorno. La sua Sarajevo é stata l’ultima, per me surreale, polemica sulla cosiddetta ‘lista degli impresentabili’ e l’attacco alla commissione antimafia. Sí, alla commissione, non solo al suo presidente, a meno che non si considerino idioti o dei burattini tutti gli altri 49 membri. Il 9,5% ottenuto da Pastorino in Liguria e il 28% della Paita, uniti al mostruoso astensionismo che colpisce anche le regioni rosse e al fatto che la destra é tutt’altro che morta, dovrebbero far capire anche ai piú intransigenti renziani che l’Italicum non é stato, forse, una genialata e che si dovrebbero iniziare fin da ora trattative con le forze politiche piú vicine perb una futura alleanza elettorale. Sono certo che la destra si presenterá compatta.

  5. Gennaro Olivieri 1 giugno, 2015 at 17:41

    Una delle lezioni dei queste Regionali di cui Renzi dovrebbe fare tesoro è che le primarie non sono un buon metodo di scelta dei candidati, se sono organizzate in modo da far vincere il più fedele al capo piuttosto che la persona più apprezzata e stimata. Alle elezioni per il Sindaco di Venezia, che viene da una situazione amministrativa tristissima, con catastrofe giudiziaria per l’ex sindaco Pd e commissariamento del Comune, sta ottenendo un risultato eccellente e ben oltre le aspettative Felice Casson, che a questo punto rischia di vincere nettamente anche il ballottaggio. E siamo nel capoluogo della stessa regione che ha punito severamente la pessima candidata Pd a Governatrice.

    • Franz 1 giugno, 2015 at 19:06

      Renzi non puó rinunciare alle primarie cosí come le ha pretese. Con primarie aperte solo agli iscritti (al PD o ai partiti di un’eventuale coalizione) quasi sicuramente perderebbe e con lui tutti i suoi candidati.

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