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Andrea Bocelli, terraplanista del no-covid

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Salvini, Sgarbi e gli untori del XXI secolo

 

Il “Requiem” di Giuseppe Verdi, recitato al Teatro Mariinsky nel 2001 con l’Orchestra e il Coro Khirov di San Pietroburgo, diretto da Valery Gergiev e interpretato assieme a Renèe Fleming e Olga Borodina, è generalmente ritenuto come il migliore finora eseguito da Andrea Bocelli. Questa pur grande interpretazione è stata senz’altro eclissata dal ‘Requiem’ recitato dall’artista al Senato il 27 luglio del 2020, con l’accompagnamento dell’orchestra del maestro Vittorio Sgarbi e la partecipazione straordinaria del cantastorie Matteo Salvini.

Andrea Bocelli ha approfittato dell’occasione per rivolgere un appello, nonostante fosse piena estate, per “riaprire le scuole e riprendere i libri”. A quest’atto di amore per la cultura, lo stesso Bocelli ha aggiunto: “Io ho chiamato Renzi, Salvini, Berlusconi per fare un fronte trasversale di buon senso”. Insomma riunire, anche se trasversalmente, il meglio che c’è in Italia, che più di traverso di così si muore. Peccato che non abbia potuto chiamare Andreotti, aimè nato troppo presto, a cui requiem e preghiere sarebbero serviti eccome. Dei tre si è presentato solo Salvini. Avesse chiesto in giro, gli avrebbero sicuramente consigliato Romano Prodi, il quale ora che si avvicina l’elezione alla presidenza della repubblica, è il meglio messo in trasversale. Al prode ex oppositore di Berlusconi la mascherina, oltre al proteggerlo dall’epidemia, in questi tempi fa certamente comodo.

 

 

Il fatto più curioso è che, ad eccezione di Bocelli, al convegno di Sgarbi erano andati proprio tutti quelli in cerca di pubblicità, mentre l’unico che alla fine se l’è fatta è proprio l’artista, uno a cui questo tipo di pubblicità non gioverà proprio. La pubblicità a qualunque costo è invece certamente importante per il maestro Sgarbi. In questi tempi dei social media, con tutti che hanno la possibilità di ingiuriare e mandarsi allegramente al diavolo senza bisogno della TV, l’irrefrenabile critico si è trovato a corto di invenzioni pubblicitarie. Mai, però, sottovalutare questo prominente esponente della cultura alternativa, chiamata anche controcultura. Insomma, per dirla chiaramente, anticultura.

Per Sgarbi, Salvini e compagni (detto senza offesa, nel senso di sodali) con chi cercare di prendersela ora? Col governo, con gli extracomunitari, con i meridionali, con i neri, con gli zingari, con gli spacciatori di droga? Roba fritta e rifritta, che non fa più presa, e dove, al massimo, quelli che ti prendono sul serio ti rispondono che sono anni che queste cose le sentono al bar sotto casa.  Non funziona neanche più andare in giro dicendo che la terra è piatta. Bella scoperta. È scritto a chiare lettere sulla bibbia e, tra l’altro, non si è mai vista gente che cammina con la testa in giù, né in Italia né tantomeno in Australia. Come fare, quindi, quando per il povero Sgarbi non funzionano neanche più libri e pubblicazioni di vario genere, con tutti quegli invidiosi in giro che ti trovano pure le virgole copiate? Trovare cose nuove è praticamente quasi impossibile. Allora, piuttosto che continuare a copiare gente nostrana rischiando guai e salassi pecuniari, perché non ricorrere all’aiuto di Trump, il leader della nostra grande nazione alleata, capo supremo del negazionismo mondiale e esponente di spicco della nuova cultura analfabetista? Riaffermare con costui che questo Coronavirus è una macchinazione della vecchia cultura liberale non è un mettersi in coda, ma riaffermare piuttosto i veri valori dell’occidente, oggi ancor di più minacciati dai comunisti mangiabambini.

 

 

Quale miglior veicolo per l’anticultura che il tenore di Lajatico, senza ombra di dubbio l’italiano più conosciuto e più famoso al mondo, apprezzato e rispettato per le sue doti, sia artistiche che umane. Tutti ricordano la risonanza mondiale del concerto di pasqua di quest’anno, visto in mondovisione da milioni di persone, un testamento di fede e speranza, proveniente da quella che a quel tempo era la nazione principalmente vittima della peste nera del XXI secolo. Un flagello che, come quello dei secoli passati, miete vittime in un mondo che non trova cure e il cui unico rimedio conosciuto è, come allora, il ridurre al minimo i contatti. Tempi oscuri, quelli che furono, dove oltre a non trovare cure, non si trovavano neanche leader politici che tranquillizzassero la gente, esortandola ad ignorare gli allarmismi delle Fake News del tempo, che esortavano la gente a rispettare distanze di sicurezza.

Erano tempi brutti quelli, non a caso chiamati secoli bui quando, dovendosi ancora basare su testi medici greco-romani o al massimo arabi, tutti erano costretti a fidarsi della semplice osservazione diretta. E, dato che stando appiccicati ad un appestato o a un lebbroso ci si ammalava e spesso si moriva, tutti se ne stavano alla larga l’un dall’altro. A quei tempi, come fu e sempre sarà, il mondo era pieno di Salvini e di Sgarbi che andavano dicendo tutto il contrario dei medici, tipo che lavarsi faceva venire la polmonite. Andavano inoltre dicendo, tenendosi naturalmente ben lontani, che la peste era flagello mandato da dio e che evitare il contatto con gli altri era inutile, sia per il corpo che per l’anima. Il medioevo però era quello che era, con la gente che quando si incazzava raramente ricorreva alla querela o al contradditorio. In quei periodi oscuri i poveri Sgarbi e Salvini d’allora venivano invariabilmente dichiarati eretici o untori e come tali giustiziati sommariamente.

Quanto di più vero l’affermare che ora non siamo più nel medioevo. Oggi gli untori non solo non vengono linciati, ma se ne stanno tranquillamente seduti nel parlamento e ti sorridono dalle copertine dei CD più richiesti. In questi nostri tempi moderni abbiamo addirittura due untori a capo di due dei più grandi e popolosi (almeno fino ad ora) paesi del mondo, gli USA e il Brasile. Paesi pieni di gente che li ha votati e che ora non si capacita del perché tanta sfortuna si sia abbattuta in paesi così timorati di dio e così ligi alla legge e all’ordine.

 

Discorso di Mussolini durante un raduno ginnico-sportivo dell'Opera Nazionale Balilla (ONB), 1929

Veramente questo nostro mondo è oggi tutto sottosopra. Meno di cent’anni fa i rappresentanti della controcultura del tempo si facevano strada nell’opinione pubblica con lo slogan “Ordine e Disciplina”, mentre ora si sono ridotti ad invocare a squarciagola “Disordine e Indisciplina’. Mussolini si rivolterà sicuramente nella tomba, con seguaci i quali, aimè, oggigiorno non si brigano neanche più di leggere i suoi discorsi. Oramai il motto “Credere, Obbedire e Combattere” è considerato passatista, fuori moda, con Mussolini che si sgolerebbe invano. Oggi di credere (ai testi scientifici) non se ne parla, di obbedire (ai medici) neanche, e di combattere (per la salute pubblica) men che meno, prendendosela invece con quei malcapitati che lavorano negli ospedali. Una massa compatta, quella dei dottori, di sopraffattori e integralisti che non si fanno ritegno di affermare assurdità quali la necessità di usare la mascherina. Al gruppo nostrano di sanfedisti anti anti-coronavirus, si è infine aggiunto il divo per eccellenza, il quale senza alcun indugio ha finalmente passato il Rubicone, col preciso e ferreo intento di non credere, non obbedire e, naturalmente, non combattere.

Bocelli tra i negazionisti del Covid: “Umiliato dal divieto di uscire, ho disobbedito”.  Così il titolo di ‘Today’, del 27 Luglio, 2020. Questo dell’umiliazione, mi dispiace dirlo per Bocelli, non è un tema nuovo, anzi, è  piuttosto logoro, sbandierato cent’anni fa sia da D’Annunzio che da Mussolini a proposito della cosiddetta ‘vittoria mutilata’ imposta dalla Società delle Nazioni. La quale, con la scusa della teoria del presidente Wilson sull’autoderminazione dei popoli, lasciò all’Italia troppi pochi stranieri tra i suoi nuovi confini. Ora alla vecchia Società delle Nazioni si è sostituita l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che impone a tutta l’umanità l’umiliazione di andarsene in giro mascherati come a carnevale. L’OMS oramai esercita un vero e proprio regime dittatoriale e, per questo, è avverso al gran Donald, leader di un’America oggi svergognata da allarmisti che insistono a voler far fare test virologici e a tenere a bella mostra statistiche quotidiane di morti e malati.

 

Bimbi nell'Opera Nazionale Balilla (ONB). Cliccare immagine per migliore risoluzione.

Al convegno dei VIP dell’anticultura, Salvini e Sgarbi, insieme a Bocelli e agli altri invitati, hanno finalmente dato un senso alle parole d’incitamento dell’inno di Mameli, del cui testo aimè troppo spesso ci scordiamo: “Stringiamoci a coorte, Siam pronti alla morte. L’Italia chiamò”. Chi sono oggi gli arditi pronti a stringersi e a morire ammucchiati, inneggiando alla patria? Ben pochi. Pochi ma buoni comunque e, finché perlomeno non si beccheranno il virus e continueranno a campare, la loro campagna acquisterà nuovi adepti, tra i quali ora c’è il grande, l’immenso Andrea Bocelli. È questa una campagna fatta da un’eletta minoranza creata per scardinare credenze e mitologie che, esaltando cultura e scienza, dallo sventurato illuminismo ad oggi ha privato la gente di diritti fondamentali quali la scelta di come vivere e, specialmente, di come morire. Le milizie antivirus riportano finalmente l’Italia verso il suo luminoso destino, accompagnate dalla potente lirica di Andrea Bocelli. Dalla disubbidienza civile si passa così ora alla disubbidienza incivile e dall’obiezione di coscienza, tema caro alle sinistre e ai radicali della fine del secolo scorso, all’obiezione incosciente.

 

 

Il grande artista si è sentito particolarmente offeso dalla diffusione di Fake News false e tendenziose, create apposta per ingannare la brava gente: “Io conosco un sacco di gente, ma non ho mai conosciuto nessuno che fosse andato in terapia intensiva, quindi perché questa gravità?” Già, perché? Il motivo, per chi non lo sapesse, ce lo dice l’artista stesso. Per ingannare, cioè per mandare al confino gente come si fece con i più biechi antifascisti del ventennio: “C’è stato un momento in cui mi sono sentito umiliato e offeso per la privazione della libertà di uscire di casa senza aver commesso un crimine.” Come quindi dar torto al meschino quando dichiara: “Devo confessare pubblicamente di aver disobbedito a questo divieto che non mi sembrava giusto e salutare“. Non giusto perché questa dei morti è evidentemente una fandonia e non salutare perché l’aria aperta fa bene e per evitare malanni da ammucchiate basta una bella bevuta di varecchina, specie se fatta in casa e invecchiata.

Salvini, ospite d’onore insieme a Bocelli al convegno dei No-Covid, ha solennemente dichiarato: “Non ho la mascherina e non la metto“. Contrariamente a Bocelli, molti sanno che Salvini, il cui intelletto è da troppi sottovalutato, i dottori li ascolta e anche attentamente. Quelli gli hanno chiaramente spiegato che la mascherina serve a proteggere gli altri, non se stessi. Quindi, se la mascherina la mette o no, a lui personalmente non fa differenza alcuna. Ma attenti, oltre ad avere buone cognizioni auditive, il leader supremo della nostra controcultura, fatta in casa con i migliori ingredienti della campagna d’una volta, è anche buon intenditore di lingue straniere e conosce bene il detto: “accà niscuno è fesso”. Guai per i giornalisti ad avvicinarglisi senza mascherina. Questi sono quei tipi di Sgarbi che a lui non piacciono.

 

 

Mussolini suona il violino a Villa Torlonia

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Il “Requiem” di Giuseppe Verdi, recitato al Teatro Mariinsky nel 2001 con l’Orchestra e il Coro Khirov di San Pietroburgo, diretto da Valery Gergiev e interpretato da Andrea Bocelli, Renèe Fleming e Olga Borodina.

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