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CETA: i testoni valloni

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       I Gilles del Carnevale di Binche ,il più famoso carnevale belga.
                 (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

di Armand De Mestral e Markus Gehring
(Traduzione Redazione Modus)

Armand de Mestral è professore emerito ed ha la cattedra “Jean Monnet” in legge d’integrazione economica internazionale presso la McGill University ed è ricercatore senior presso il Centro Internazionale per la governance dell’innovazione (CIGI). Markus Gehring è vice direttore di diritto economico internazionale del Programma di Ricerca di Diritto Internazionale (ILRP) della CIGI. Vallonia Babilonia

 

La UE avrebbe dovuto dire al Canada anni fa che avrebbe spostato i pali della porta CETA

I canadesi sono rimasti sorpresi nell’apprendere che l’accordo economico e commerciale integrale UE-Canada (CETA) probabilmente non potrà, dopo sette anni di negoziati, essere firmato il 27 ottobre, come previsto, dal primo ministro Justin Trudeau a Bruxelles.                Vallonia Babilonia

La ragione? Il Canada è stato appena informato che essendo un trattato “misto” – che rientra quasi interamente sotto la giurisdizione dell’Unione europea ma che su alcuni punti non specificati ricade anche sotto le singole giurisdizioni nazionali – CETA può essere approvato solo se tutti gli Stati membri dell’UE danno il loro consenso. E, in seguito ad un voto contro l’accordo del Parlamento francofono della Federazione Vallonia-Bruxelles, il governo belga non è in grado di dare il proprio consenso al CETA.               Vallonia Babilonia

Mentre l’opposizione a trattati commerciali come questo non è sorprendente, il fatto che l’Unione europea abbia apparentemente spostato i pali della porta per un trattato internazionale lo è e come. In effetti, l’esigenza dell’unanimità per la firma del CETA sembra essere una pratica del tutto nuova, inaudita fino a poco tempo fa.

 

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Charles Michel, PM Belga, e Paul Magnette, Presidente Regione Vallonia-Bruxelles

 

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  Chrystia Freeland, ministro canadese per il commercio internazionale, e
  Justin Trudeau, PM del Canada (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

Il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), con l’articolo 218, 8 afferma che: “Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata in tutta la procedura.” Si arriva alla maggioranza qualificata quando il 55 per cento degli stati che rappresentano il 65 per cento della loro popolazione vota a favore di un provvedimento.

La maggioranza qualificata è stata introdotta gradualmente nel diritto dell’Unione per ovviare al fatto che un paese possa porre un blocco a decisioni, come fece il leader francese Charles de Gaulle nel 1960. Gli accordi “misti” pongono particolari problemi in quanto, almeno nella fase di ratifica, tutti i paesi devono essere d’accordo. Ma l’unanimità finora non era mai stata richiesta per la firma del trattato.                  Vallonia Babilonia

Infatti, nel caso del recente accordo di Parigi sul cambiamento climatico, l’UE non ha avuto problemi ad allontanarsi anche da questa esigenza ed ha ratificato l’accordo senza che tutti gli altri Stati dell’Unione europea avessero prima ratificato il trattato internazionale. Inoltre, nulla nel progetto decisionale proposto dalla commissione allude a questa nuova esigenza (dell’unanimità).                       Vallonia Babilonia

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2015: la Conferenza COP 21 per l'accordo di Parigi sul cambiamento climatico
                 (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

È probabile che questo cambiamento sia stato influenzato da una decisione della Corte Costituzionale tedesca del 13 ottobre che permette alla Germania di dare il suo consenso al CETA malgrado sfide legali nazionali che suggeriscono che l’accordo metterebbe a repentaglio i diritti democratici dei tedeschi. La corte ha stabilito, tuttavia, che il consenso della Germania sarebbe stato solo su base provvisoria, oggetto al diritto di recedere, discrezionalmente, e che la decisione del Consiglio dell’Unione europea sia unanime.                 Vallonia Babilonia

Tuttavia, la Corte Costituzionale tedesca non è autorizzata a decidere nel merito del diritto comunitario, che è riservato alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) dall’articolo 344 dello stesso trattato.

L’UE si vanta di essere basata sullo stato di diritto, sarebbe però da tener presente che anche se eventuali ostacoli politici sono una parte rilevante nel processo decisionale della politica, questi non dovrebbero essere considerati come ostacoli giuridici. Il rendere più difficile capire il consenso dell’UE di quanto la legge in effetti permetta è irresponsabile e potrebbe avere implicazioni di vasta portata.                   Vallonia Babilonia

È sempre stato chiaro che la ratifica del CETA sarebbe stato un lungo, per non dir tortuoso, processo da parte dell’UE. Ma è deludente che l’Unione europea non abbia informato il Canada delle sue intenzioni di richiedere che i trattati misti fossero approvati all’unanimità circa sette anni fa, prima che fossero avviati negoziati CETA.

I testoni valloni

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“Senza l’ok al Ceta, l’Unione europea non ha futuro”

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Parte di una intervista ad Alessia Mosca (Pd)

L’europarlamentare teme il contraccolpo del veto vallone all’accordo di libero scambio con il Canada: “La politica commerciale è compentenza di Bruxelles, c’è un problema di forma democratica che blocca tutti i Paesi membri dell’Unione”

di Giuliano Balestrieri per Repubblica

 

La Vallonia non cede, arroccata sulle proprie posizioni ribadisce il proprio “no” al Ceta, il trattato di libero scambio tra Ue e Canada. Un accordo che nei piani dei negoziatori europei dovrebbe garantire una crescita del Pil di 12 miliardi di euro. Ma, soprattutto, un trattato in discussione da oltre sette anni e che adesso rischia di naufragare sulle tensioni politiche che paralizzano la regione del Belgio. Peggio, rischia di aprire un nuovo fronte di crisi – potenzialmente irreversibile – per l’Unione europea: la politica commerciale, infatti è di compentenza esclusiva di Bruxelles. “È incredibile che lo 0,6% della popolazione europea possa bloccare un’intesa approvata da tutta Europa, mettendo a rischio il futuro dell’intera Unione” dice Alessa Mosca, eurodeputata Pd, membro della commissione commercio internazionale che poi aggiunge: “C’è un problema di forma democratica se un piccolo parlamento impedisce al Parlamento europeo di esprimere le proprie posizioni”.

 

Molti sostengono che il Ceta sia il grimaldello per il Ttip, il trattato di libero scambio tra Ue e Usa.

Sono due trattati non paragonabili, sono troppe le differenze. Fosse solo che con gli Stati Uniti negoziamo da tre anni e con il Canada da oltre sette. E poi nel tempo il Ceta è stato ampiamente modificato. Il Parlamento europeo è riuscito a intervenire anche dopo il primo via libera grazie anche alle aperture del governo Trudeau, in particolare sulla protezione degli investimenti internazionale con la creazione di un corte internazionale composta da giudici (la stessa che gli Usa rifiutano di inserire nel Ttip, ndr). Quello che sta succedendo dovrebbe spingere l’Europa a ripensare come si chiudono i trattati.

 

Vorrebbe che i Parlamenti nazionali fossero esclusi dal processo?

Al contrario, vorrei fossero più coinvolti. Questa tendenza a rinazionalizzare la politica commerciale, che pure è competenza esclusiva della Ue, è preoccupante. Ma vorrei che i parlamenti nazionali avessero un ruolo maggiore, soprattutto nell’estensione dei trattati. Non è possibile che siano chiamati solo a ratificare testi che neppure conoscono. Il problema, comunque, non è solo belga: anche i parlamenti regionali tedeschi potrebbero intervenire, ma per fortuna non è successo. Il rischio però esiste sempre. E’ assurdo che adesso in Vallonia si giochi sul futuro dell’Europa per una battaglia interna al partito socialista.

 

Se una regione del Belgio blocca la politica commerciale europa, l’Unione rischia la fine?

Entriamo in una terra di nessuno. Io spero che prevalga la ragione, ma è difficile fare previsioni su quello che potrebbe accadere. I rischi però sono evidenti. La politica commerciale è competenza esclusiva dell’Unione europea: i trattati impediscono agli stati membri di fare accordi da soli: lo stallo vallone rischia di bloccare tutti i paesi europei. E mentre il mondo avanza, l’Europa si ferma. Mi preoccupa anche che qualcuno metta in dubbio che gli accordi europei possano entrare in vigore prossivoriamente, dopo l’ok del Parlamento Ue, in attesa che venga ratificato da tutti. Il caso della Corea del Sud è chiaro: avessimo aspettato le ratifiche di tutti, avremmo perso 5 anni di benefici.

Molti degli ultimi accordi però sono misti. E questo crea potenziali conflitti tra l’Ue e gli Stati membri.

Tutti gli accordi di ultima generazione sono misti e non solo commerciali. È assurdo però che si possa fare un’intesa di questo tipo con la Corea del Sud e non con il Canada, uno dei Paesi con la più alta qualità della vita. A maggior ragione perché sono convinta che sia un buon accordo, grazie proprio al lavoro fatto dall’Europarlamento abbiamo ottenuto elementi fondamentali come la protezione delle indicazioni geografiche. Il settore agricolo apprezza l’intesa, anche perché si tratta del quarto mercato per l’export. E poi non c’è alcun rischio di privatizzazioni dei servizi pubblici.

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