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Il plebiscito pentito

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‘Ho pensato che il mio fosse un voto di protesta’: le persone che si pentono di aver votato leave.

Nel giugno 2016  votarono di uscire dall’Europa, ora non ne sono così sicuri. Incontriamo gli elettori della Brexit che hanno cambiato idea.

 

 

di Dorian Lynskey
Traduzione Redazione Modus

 

 

La mattina del 23 giugno 2016, Rosamund Shaw non era ancora sicura se voleva che la Gran Bretagna abbandonasse l’Unione Europea. Aveva passato le settimane precedenti in uno stato d’agitazione. Aveva assorbito un fiume di storie negative sull’UE nel Daily Mail, ma non era sicura che fossero affidabili. Si fidava di Boris Johnson, ma detestava Michael Gove. La sua famiglia era divisa. Una figlia, che lavorava all’estero, era convinta delle ragioni del remain, l’altra era adamantina per il leave. Ribaltando le solite dinamiche dell’età, i suoi parenti più giovani si lamentavano dei migranti dall’Europa orientale che gli rubavano il lavoro, mentre sua madre, che aveva vissuto la seconda guerra mondiale, sentiva che l’UE aveva garantito la pace in Europa. Nella cabina elettorale, Shaw finalmente fece la sua scelta: votò leave. “Ad essere sincera, non credevo che sarebbe successo”, dice. “Ho pensato di dare un voto di protesta. L’impatto della mia stupidità! “

Non appena Shaw vide il risultato la mattina seguente, il suo cuore sprofondò. “Ero scioccata”, ricorda. “Anche se ho votato, ho pensato, ‘Oh no! Questo è terribile!’ ” Poi si scatenò l’inferno. I messaggi hanno iniziato a volare. Ci fu un parapiglia su Facebook. “

Rosamund Shaw è uno pseudonimo. Se fosse identificata, dice, potrebbe infiammare l’amara lotta familiare che sta imperversando dallo scorso giugno, e non ha ancora detto alla figlia che era per remain la verità su come ha votato. Nelle settimane successive al referendum si è sentita dispiaciuta nei confronti dei migranti dall’UE. “Sento che devo sorridere e parlare con le persone che mi servono nei pub e nei caffè e dire, ‘Sono davvero contenta che tu sia qui. Non voglio che tu vada.’

Alcuni mesi fa Shaw è stata ricoverata in ospedale dopo un incidente. “Quello è stato il catalizzatore che mi ha portato fortemente a cambiare idea a favore del remain”, dice. “Il novanta per cento delle persone che hanno avuto a che fare con me erano immigrati. Ho pensato, che diavolo stiamo facendo? Questo è sbagliato sotto molti aspetti. Abbiamo aperto il vaso di Pandora e ciò mi affligge oltre misura. “

Come si sente ora rispetto alla sua decisione del 23 giugno? “Mi sento inorridita con me stessa per esser stata così credulona”, dice pesantemente. “Mi vergogno.”

***

Diciassette mesi dopo il referendum, l’elettore pentito del leave è il cane che non ha abbaiato. Da quando il risultato è stato reso ufficiale, quelli per il remain si aspettavano una significativa inversione di tendenza di una fetta notevole di coloro che avevano votato leave, per molte ragioni: gli elettori che votarono leave per protesta, e che non si aspettavano di vincere realmente, quelli che si sentivano fuorviati dalla promessa di 350 mln di sterline a settimana per il Sevizio sanitario nazionale, quelli spaventati dalla sterlina e, più recentemente, i dibattititi vacillanti con Bruxelles. Sicuramente sentivano che abbastanza elettori avrebbero capito l’errore fatto con i loro voti impulsivi o errati, tanti da indebolire il mandato per una Brexit dura. 

In realtà, le cifre sono rimaste testardamente statiche. Ad aprile, uno studio elettorale britannico ha intervistato circa 28.000 elettori, ed ha rilevato che l’11% degli elettori per leave ha espresso rammarico, ma altrettanto il 7% degli elettori per remain. Mentre l’opposizione alla Brexit si sta irrigidendo tra coloro che vogliono il  remain – secondo YouGov, il numero di quelli che credono che il risultato del referendum debba essere onorato è crollato dal 51% al 28% tra giugno e ottobre – lo spostamento dal leave al remain è lento. A ottobre, la percentuale di elettori che riteneva che la Gran Bretagna avesse fatto la scelta sbagliata ha raggiunto un nuovo valore massimo del 47% contro il 42% (il resto non ne era sicuro). Ma ciò non è ancora abbastanza per cambiare il calcolo politico. Comunque venga formulata la domanda, il livello di rimpianto rimane coerente con quello che si misurò dopo le elezioni del 2015. Le persone di cui vi raccontiamo in questo articolo sono una minoranza.

“Non è che nessuno stia cambiando le proprie idee”, spiega Joe Twyman, co-fondatore di YouGov. “Pochissimi lo fanno, e quando lo fanno, si annullano a vicenda, quindi il cambio del livello aggregato è molto piccolo.”

Per gli esperti del comportamento elettorale o delle scienze cognitive tuttavia ciò non sorprende. Gli umani istintivamente non amano cambiare idea. Ammettere di aver sbagliato, specialmente quando la decisione originale ha enormi ramificazioni, è un’esperienza dolorosa e destabilizzante a cui il cervello tende a resistere. La ricerca su questo tipo di diniego ci ha dato concetti come la dissonanza cognitiva e il pregiudizio di conferma.

“Quando hai una opinione forte su qualcosa, rifiuterai informazioni contrarie alla tua idea, rifiuterai la fonte delle informazioni e razionalizzerai quelle informazioni“, dice Jane Green, docente di scienze politiche presso l’Università di Manchester e co-direttrice del British Election Study. “Selezioniamo informazioni coerenti con le nostre opinioni, perché è più confortevole e riaffermante.” Non solo, in realtà, è proprio fisicamente piacevole. Alcuni recenti studi di pregiudizio (bias) di conferma indicano che consumare informazioni che supportano le nostre credenze produce effettivamente uno slancio dopaminergico.

 

Nel caso del referendum, ci sono altri fattori che rendono ancora più difficile per le persone cambiare idea. Per prima cosa, la decisione fatta nella cabina elettorale la si sente irrevocabile. Qualcuno che si è pentito, ad esempio, di aver votato per i  LiberalDemocratici nel 2010 potrebbe scegliere un altro partito nel 2015, ma qualcuno che si sente in colpa per aver votato per leave non ha (ancora) una seconda possibilità. Questo rende la vita difficile per i sondaggisti. Mentre possono chiedere agli elettori come voterebbero se ci fossero elezioni generali domani, una domanda su un ipotetico secondo referendum è controversa. Gli oppositori della Brexit, tra cui Nick Clegg e Alastair Campbell, hanno sostenuto che un altro referendum sui termini dell’accordo sarebbe legittimo, ma molti elettori lo vedono come un tentativo subdolo di ripensamento.

Poi c’è il tribalismo, che è intenso. Il referendum ha formalizzato un profondo divario culturale. “Sappiamo che l’identificazione con il partito è in declino”, dice Green. “Potrebbe essere il caso che leave o remain siano identità più importanti.” In molti casi, il voto manifestava convinzioni che erano radicate da decenni. “La campagna contava, ma rivelava divisioni con radici profonde”, aggiunge. “Quando le persone hanno una visione per lungo tempo, è più difficile cambiare a breve termine.”

Ammettere che ora credi di aver avuto torto richiede onestà e coraggio inusuali; per ammetterlo pubblicamente ce ne vuole ancora di più. Ho contattato decine di elettori che avevano espresso rammarico nei forum pubblici. Molti non hanno risposto. Alcuni accettarono di parlare, ma poi la loro loquacità si raffreddò all’ultimo momento. Alcuni, timorosi di alimentare tensioni con parenti e colleghi, o di attrarre abusi da parte dei Brexiteers, accettarono d’essere interrogati ma solo in modo anonimo. Altri non rischierebbero nemmeno quello. “Ho troppe questioni familiari e aziendali correlate da affrontare intorno a questo argomento”, mi ha detto uno. “Ogni indiscrezione mi danneggerebbe.”

In politica, come in molte altre sfere, tendiamo a valorizzare la certezza e stigmatizzare l’ambivalenza. Un politico che si attacca alle sue posizioni (anche se è rigido, incivile e dogmatico) andrà meglio di uno che vacilla (anche se è onesto, di mentalità aperta e giustamente prudente). “Questo è il motivo per cui gli elettori indecisi ci fanno impazzire”, scrive Kathryn Schulz in L’errore: avventure nel margine dell’errore. “Pensano seriamente a qualcosa a cui la maggior parte di noi non sente di dover pensare più di tanto. Quel che questi elettori rappresentano, tuttavia, sono possibilità che il resto di noi spesso esclude: la capacità di sperimentare incertezza su convinzioni anche estremamente importanti – la capacità di riflettere, fino al momento in cui il dado viene lanciato, se forse stiamo per sbagliare.”  E, in alcuni casi, la possibilità di ammettere, dopo il fatto, che hanno puntato sulla scelta sbagliata.

 

Mark Olive è un militare di trent’anni che vive nel sud dell’Inghilterra. Prima che il referendum fosse annunciato, non aveva mai pensato molto all’UE, quindi si è impegnato a leggere quante più informazioni possibili da tutte le parti. “Avevo solo un sentimento negativo nei confronti dell’UE, come se non servisse agli interessi del nostro paese”, dice. La ragione principale per cui era indeciso fino al giorno del referendum era il tenore della campagna del leave. “Quando ho visto Nigel Farage e il suo poster Breaking Point, ho pensato che in realtà non mi piacciono le persone che vogliono lasciare l’UE.”

 

 

Nondimeno, andò per il leave. “Sono andato a dormire pensando che non saremmo andati via e al mattino ero scioccato. Ricordo che quando andai al bar in piazza, mi sentii subito molto male. Ci sono europei che ci lavorano e mi è venuto in mente che non ci avevo pensato nemmeno durante la campagna. Tutti questi problemi iniziarono a venir a galla. Non avevo pensato a metà di loro. “

Molti che hanno rimpianti riferiscono di aver provato uno scossone emotivo viscerale quando hanno ascoltato il risultato. “Dal momento in cui ho visto i risultati rivelati dal vivo in televisione quella sera, e sapere che il mio voto per il leave aveva avuto un ruolo, non ho provato gioia”, dice JC, un ex-lavoratore dell’NHS di Manchester di 49 anni. “Mi venne ansia ed ebbi paura di ciò che sarebbe accaduto al nostro paese. Poi venne fuori che il leave fece marcia indietro sull’annuncio pubblicitario relativo al NHS e su quei 350 milioni di sterline. Sapevo che avevamo creduto a delle grandi cazzate .”

 

 

 

Le persone hanno maggiori probabilità di cambiare idea quando gli vengono presentate nuove informazioni, rispetto a quando gli viene chiesto di valutare nuovamente ciò che già sapevano. Per i rammaricati, spesso non è che i fatti chiave non fossero disponibili al momento della decisione; era piuttosto la complessità della questione che li aveva fatti trascurare, che la campagna per il leave li rappresentava in modo distorto, o il campo del remain non li rendeva sufficientemente impossibili da ignorare. Mentre la maggior parte degli elettori, dopo aver compiuto il proprio dovere democratico, ha proseguito, i pentiti hanno continuato a valutare le prove.

Olive si è fatto un serio esame di coscienza. Ha fatto le sue ricerche, eppure sente ancora di non aver compreso molti importanti fattori. L’esperienza lo ha reso più cinico nei confronti dei politici (da allora è passato dai conservatori al Labour) e dei media. “Penso molto a come i media hanno modellato le mie opinioni”, dice. “Avrei votato diversamente se l’avessi approcciato in un altro modo? Mi sono decisamente risentito per la maniera in cui sono state fatte alcune campagne. Penso che noi come nazione siamo stati deliberatamente fuorviati.”

 

Graeme Berry, una badante di 48 anni di Livingston, in Scozia, è arrivata al campo del leave attraverso il ceppo di sinistra dell’euroscetticismo noto come Lexit, persuasa che l’UE fosse “una dittatura di grandi imprese che impediva l’attuazione del vero socialismo”. “Ho avuto dei dubbi dalla mattina in cui è stato dichiarato il risultato”, dice. “I più entusiasti che han votato leave sembrano essere nella destra. Ho pensato: ma cosa ho fatto?” Prima del referendum, Berry aveva inviato un’email all’UE chiedendo chiarimenti sulle regole di alcune questioni. La risposta, sufficientemente approfondita da demolire gli argomenti a cui aveva creduto, arrivò con qualche giorno di ritardo, e dopo il voto. “Sento che, rispetto al referendum scozzese, non è stato dato abbastanza tempo alla gente comune per imparare tutti i fatti. Ad essere onesti, non sapevo neanche lontanamente il necessario per prendere una decisione così monumentale .”

Alcuni elettori del leave fecero una inversione ad U mesi dopo, sulla base di sviluppi e rivelazioni successive. John Chalmers, 60 anni, gestisce una pensione nel Lincolnshire settentrionale, una regione che ha votato con un margine di 2: 1. Sebbene fosse consapevole del rischio economico, fu influenzato dai suoi amici e vicini di casa, dal rapido afflusso di migranti provenienti dall’Europa dell’est al Lincolnshire, e dalla promessa di più soldi per il servizio sanitario nazionale. Ora è un remainer convinto. “Penso che ora conosciamo molto più di quanto sapessimo durante la campagna”, dice. “Cosa fare con questa nuova informazione? Ci adeguiamo diciamo no, scusate, la decisione è stata presa? Penso che dovremmo agire su questo.”

Paul Hartley, un ingegnere meccanico di 37 anni di Lancaster, si descrive di centro-sinistra e istintivamente pro-UE, ma è stato convinto all’ultimo minuto da suo padre, che ha sostenuto la sovranità e il riprendersi i poteri dei processi decisionali. “Questo ha avuto effetto su di me”, dice Hartley. “Ho passato settimane a convincere la mia partner a votare per remain, solo per passare gli ultimi giorni a convincerla di votare per andarsene!” (Non l’ha fatto). Si sentì dispiaciuto non appena vide come i vincitori stavano incorniciando il risultato. “Ogni volta che sento un politico parlare dell’immigrazione e della volontà della gente, non è quello che ho votato. Il voto per leave è stato completamente dirottato dall’estrema destra. Pensavo che il buon senso avrebbe prevalso, ma questo non è accaduto “. Per quanto riguarda la tesi sulla sovranità di suo padre: “È un po’ una falsa pista. Abbiamo sempre avuto il potere di prendere decisioni in ogni caso.” Tuttavia, è ottimista riguardo al suo errore. “Sono abbastanza a mio agio nel commettere errori e nel cambiare idea. Penso che sia importante. Vorrei aver votato nell’altra direzione, ma non ci perdo troppo sonno .”

 

Nel frattempo, David Towne (non è il suo vero nome) ha letteralmente perso il sonno per la sua decisione. Trentenne “conservatore moderato” che lavora a Londra per una non-profit, descrive la sua colpa come una sorta di crisi psicologica. Pur essendo un euroscettico di vecchia data che preferiva un accordo in stile associazione di libero scambio europeo, rimase di larghe vedute, ma non gli piacque la campagna remain. “Sono tornato alla mia sensazione di pancia, perché c’erano un sacco di cazzate e sbavature”, dice. “Non penso che i fautori del remain che conoscevo stessero cercando di convertire qualcuno alla loro causa. Era solo: vi etichettiamo tutti come Ukip-pers e razzisti. Questa caricatura di chi vuole il leave come un arrabbiato e che odia gli immigrati non mi sembra affatto vera. Era “scioccato e in preda al panico” dal risultato. “Nessuno a Londra ne era felice, e improvvisamente mi resi conto che avevo votato contro gli interessi della mia città.” Era un periodo buio. “Mi stavo assumendo troppe responsabilità. In retrospettiva, ho capito che era sproporzionato e gli altri sono molto più responsabili. Sono solo un puntino nell’elettorato.  Ma mi sono sentito totalmente fottuto. Sentivo d’aver fatto qualcosa che avrebbe danneggiato il mio paese, che adoro.”

 

La gravità della decisione di passare dal leave al remain significa che i pentiti tendono a prendere una linea dura sulla Brexit. Quando ho presentato loro vari scenari, alcuni hanno scelto un secondo referendum, ma altri volevano che il processo fosse fermato. “Se potessi agitare una bacchetta magica,” dice Olive, “non vorrei che ce ne andassimo affatto, perché onestamente non penso che farebbe bene a nessuno.” Towne è d’accordo: “Mi piacerebbe che fosse tutto annullato. È stato orribile, da mettersi la testa tra le mani, a guardare la mancanza di prospettiva e la ridicola polemiche culturali di Theresa May. “

 

La maggior parte delle persone con cui ho parlato sentiva che tenere un referendum per decidere la politica, piuttosto che valutare l’opinione pubblica, era stata a priori una decisione disastrosa. “Avrebbero dovuto misurare i sentimenti in modo che potessero tornare indietro e negoziare”, dice Chalmers. “Una società non funziona in questo modo. Avresti bisogno di un quorum per prendere una decisione del genere. “

Hartley è stato turbato dall’impennata del comportamento aggressivo nei confronti delle persone di Lancaster che non sono bianche e britanniche, compresi alcuni amici dalla Lituania. “È quasi come se ora fosse OK essere razzisti. Le persone non hanno paura di mostrare quei sentimenti. Anche se per qualche motivo non andiamo via, mi preoccupo per l’impatto sul paese “. “Per me, il leave dall’UE ha causato un’enorme nuvola di tristezza e ansia”, afferma JC. “I Tories hanno messo questo pasticcio nelle mani del pubblico britannico, e per questo non li perdonerò mai .”

 

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Chiunque segua il dibattito su Brexit attraverso le notizie, Facebook o Twitter, potrebbe essere perdonato per aver pensato che entrambe le parti sono infiammate da una retta passione. Ma Rosamund Shaw ha incontrato compiacimento e distacco tra i suoi amici votanti alle elezioni. “Non ne parlano”, dice. “Hanno questo atteggiamento tipo Pollyanna: andrà tutto bene. Non riesco a decidere se stanno facendo gli struzzi o se ci credono.” Olive ha anche incontrato una certa riluttanza a discutere della Brexit. “Un sacco di persone che hanno votato leave sono molto nonchalant. Non ci pensano più di tanto. Ho la sensazione che la gente si sia convinta e voglia essere lasciate stare per passare ad altro .”

Per la maggior parte dei britannici, la Brexit è una guerra fasulla che tocca a malapena le loro vite. “Da un punto di vista personale, le cose non sono cambiate, quindi non c’è motivo per loro di cambiare idea”, dice Twyman di YouGov. “È come il Vietnam durante gli anni di Kennedy. È questa cosa che guardi in TV ma pensi che non ti riguardi, e non ti influenzerà fino a quando tuo figlio non riceverà i documenti di leva. Ho fatto questo lavoro per 17 anni e non sono mai sorpreso dalla mancanza di attenzione che la maggior parte della gente rivolge alla politica. Sappiamo che molte persone hanno votato per il leave dall’UE in modo che non avrebbero dovuto discutere di nuovo la Brexit, ben sapendo che non dovremmo fare altro che quello .”

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Individualmente, i pentiti sono impotenti. In numero sufficiente, tuttavia, potrebbero essere estremamente influenti. Anche quando il 64% degli elettori dell’ultimo sondaggio di YouGov ritiene che i negoziati stiano andando male, i Brexiteers possono abbattere le critiche invocando “la volontà della gente”. Ma cosa succede al loro mandato e alla validità percepita di un secondo referendum, se la volontà della gente si sposta in modo deciso e i parlamentari cominciano a temere per i loro seggi?

“I media del mainstream sono indirizzati verso il leave”, dice Berry. “Non c’è riconoscimento del fatto che le persone cambino idea. Sono stato molto attivo sui social media per diffondere la verità sull’UE e su ciò che perderemo. Sono stato accettato dalla parte che vuol il remain. Ho anche fatto amicizia sulla sponda di chi vuole il leave, con quelli disposti ad ascoltare. Molti hanno anche cambiato la loro opinione.”

“Mi dà fastidio che i politici del remain e le figure pubbliche non parlino con i pentiti”, dice Towne. “Se vuoi fermare o diluire questa cosa, devi fare appello a noi. I miei amici e la mia famiglia che hanno votato leave a questo punto possono vedere che è una merda, e tutti desideriamo di non averlo votato. Sto parlando di dozzine di persone. Penso che ci siano molti rammaricati timidi che non si fanno vedere nei sondaggi. Penso che se i sondaggi cominceranno a cambiare, allora lentamente ma sicuramente il discorso cambierà.”

Green dice che sarebbe necessario un evento sismico e significativo per spostare l’ago. Cita la brutta uscita della Gran Bretagna dal meccanismo dei tassi di cambio (ERM) nel 1992, che ha danneggiato la reputazione dei conservatori per la competenza economica. “Le persone cambiano idea quando qualcosa li scuote dalla loro resistenza”, dice. “Eventi simbolici che sono talmente importanti dal punto di vista politico che devi per forza adeguare la tua opinione. Penso che con la Brexit le cose andranno molto male. Qualcosa che non puoi razionalizzare.”

Twyman si aspetta di vedere un movimento serio solo quando un accordo finale verrà presentato al pubblico. “Il 70% delle persone ritiene che in teoria dovremmo lasciare l’UE”, dice, citando un recente sondaggio in cui solo il 32% voleva attivamente contrastare la Brexit. “Ma cosa succede se si tratta di 10 gruppi del 7% o 20 gruppi del 3,5%, ogni gruppo con le proprie esigenze particolari? E se l’accordo che verrà concluso si rivolge a uno solo di quei gruppi? C’è un enorme potenziale di cambiamento.”

Finché ciò non accade, una scelta binaria leave/ remain non rifletterà i cambiamenti più sottili che esistono sotto la superficie. “Penso che le persone possano vedere che non sta andando bene, ma è abbastanza per far dire loro che avrebbero votato in una direzione diversa?” Dice Green. “Non penso che lo sia ancora. Le persone sono più propense a dire “non so” che a cambiare posizione. Questo è l’atteggiamento di molte persone che hanno riserve.”

Lungi dall’essere una zona morta di apatia, la categoria dei “non so” – che va dal 10% al 15% nei sondaggi – può quindi contenere alcuni degli elettori più ponderati e auto-interrogativi della Gran Bretagna. Chalmers propone di pensare in modo diverso al cambiare le nostre opinioni e vedere il rimpianto come una virtù, piuttosto che un vizio.

“Non credo che abbia a che fare con l’essere debole”, dice vivacemente. “Puoi scusarti, raccogliere i pezzi e renderti più forte. Se hai commesso un errore, comprendilo, annullalo e vai avanti. Non tutti possono farlo. “

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• Alcuni nomi sono stati cambiati.

 

dal Guardian

 

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