le storie

Il popolo delle renne

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Esistono ancora angoli sperduti nel mondo dove sopravvivono popoli fuori dal tempo immersi nelle loro tradizioni secolari. L’unico motivo realistico perchè ciò sia ancora reso possibile è dovuto al fatto che nessuno ha trovato ancora il modo di sfruttare economicamente quei luoghi che il poeta greco Pindaro, nel 518 a.C. chiamò “Hyperborea” (posto da sogno)
In un angolo incontaminato della Mongolia, ai confini con Russia e Kazakistan, nella regione dei monti Altai, i Dukha mantengono la loro povera economia fatta di pastorizia e nomadismo, cibandosi del poco di cui hanno bisogno ricorrendo all’uccisione degli animali solo quando non possono fare altrimenti.
La prima esigenza dei Dukha (ma dovrebbe essere anche la nostra) è quella di vivere in armonia con la natura confidando su di un’allenza consolidata nei secoli: quella con le renne. Questi animali vengono addomesticati e fanno parte integrante della vità delle tribù fornendo latte e forza lavoro giacchè alla loro carne si ricorre solo quando sono ormai vecchie e non se ne può fare a meno per scarsità di cibo.
La vita dei Dukha è fortemente connessa a quelle delle renne tant’è che, con la diminuzione del loro numero, anche la popolazione Dukha si è ridotta a poco più di 500 membri dislocati su di un territorio immenso, in parte dediti al nomadismo, altri stabilizzatisi in piccole comunità che vivono seguendo il ritmo del giorno e della notte e l’alternarsi delle stagioni.

Una delle attività svolte dai Dukha è la caccia con l’ausilio delle aquile; in questo modo reperiscono la selvaggina necessaria ad integrare la loro povera dieta; ma la loro vita è messa seriamente in pericolo.

 

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Foto di Hamid Sardar-Afkami

 

Mongolia: caccia vietata ai pastori di renne nel nome della conservazione

23/12/2015
I pastori nomadi di renne della tribù Dukha della Mongolia settentrionale faticano a nutrire le loro famiglie dopo che – nel nome della ‘conservazione’ – gli è stato proibito di cacciare. La loro terra è infatti stata dichiarata area protetta nel 2013: oggi se vengono sorpresi a cacciare devono pagare multe che non si possono permettere o essere incarcerati per lungo tempo. Gli sono imposte anche restrizioni sui luoghi in cui migrare, e devono ottenere un permesso per accamparsi in luoghi più lontani.
I Dukha – che contano circa 500 membri — sono anche conosciuti come Tsaatan. Molti di loro si sono sedentarizzati, ma circa 200 sono cacciatori-raccoglitori nomadi. Migrano insieme alle loro renne e vivono nella taiga in tende di tela che chiamano alaci. I Dukha usano le renne per spostarsi e per il latte. Uccidono i loro animali solo quando sono vecchi, o in momenti difficili. Per nutrirsi dipendono dalla caccia di animali selvatici come cervi, alci e cinghiali, e dalla raccolta di patate selvatiche e bacche.
I Dukha cacciano in modo sostenibile da generazioni seguendo le proprie regole rigide, che stabiliscono non solo il numero di animali da uccidere ma anche dove e quando farlo. Queste regole servono a garantire che non vi siano eccessi e che venga cacciato solo quanto necessario. La caccia non è solo un mezzo per nutrirsi, ma è parte integrante della loro vita.
Dopo aver cacciato, i Dukha praticano rituali sciamananici per mostrare la loro gratitudine e chiedere perdono alla spirito dell’animale. “Diciamo: ‘molte grazie Madre Terra, per averci dato con la tua ricchezza gli animali. Spero che tutti questi animali tornino a te anche più numerosi di oggi.’” Spiega un anziano cacciatore Dukha. “E, prima di mangiare, offriamo parte di questa carne al fuoco, alla natura e agli spiriti.”
I Dukha si chiedono perché gli esterni impongano loro queste restrizioni nel nome della conservazione, poichè sono già così attenti al modo in cui cacciano e proteggono la loro terra. In tutto il mondo, vi sono prove che dimostrano che i popoli indigeni sanno prendersi cura del loro ambiente più di chiunque altro. Sono i migliori conservazionisti e custodi del mondo naturale.
“Questa è la nostra casa. Abbiamo vissuto qui per generazioni. Facciamo in modo di prenderci cura della nostra casa” ha dichiarato un anziano Dukha. “Come possono gli esterni venire a dirci di proteggerla con multe ed elenchi di regole, quando noi lo facciamo da secoli?”

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