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Il tocco d’oro, un Re Mida al contrario

 

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Il Segretario del maggior partito italiano non ha passato la sera nella sede di Via del Nazareno ad attendere e a valutare i risultati della tornata amministrativa di ieri, coerentemente con l’atteggiamento di distacco, o meglio di ostentato disinteresse che egli ha tenuto nelle ultime settimane per un appuntamento elettorale vissuto come di importanza ridotta e di portata esclusivamente locale. In linea con il sentimento di calma olimpica che supponiamo si debba effondere anche su dirigenti e militanti del partito, i rarefatti commenti del leader sui social: poteva andare meglio, non è una debacle, risultati a macchia di leopardo, “abbiamo vinto 67 a 59“.

Agli amici che ci leggono è invece evidente che il passaggio elettorale dell’11-25 giugno si è risolto nella peggiore sconfitta elettorale mai subita dalla sinistra in elezioni amministrative, almeno negli ultimi 50 anni: sconfitta ancora più bruciante se si pensa all’importanza storica e simbolica di alcune città tradizionalmente, anzi perennemente “rosse”, come Genova, La Spezia, Pistoia, e addirittura Sesto San Giovanni, da ieri perse. Ma ancora una volta, la classe dirigente del (sedicente) più grande partito della sinistra italiana, a partire dal suo capo, rifiuta di confrontarsi con la realtà e di assumersi la responsabilità della sconfitta, proprio come avvenne in occasione della sconfitta a Roma e Torino, e, in maniera ancora più surreale e imbarazzante, dopo la catastrofica batosta subita il 4 dicembre, quando gli italiani rifiutarono la monumentale, colossale riforma costituzionale che il nuovo Faraone aveva costruito, ovviamente a imperitura memoria sua e della sua favorita.

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Strettamente connesso alla sconfitta della sinistra appare il fenomeno dell’astensione, che ha assunto dimensioni preoccupanti. E che il nesso esista, è confermato dal fatto che proprio dove è maggiore l’astensione, più grave è la sconfitta. In Lombardia solo il 44,5 % dei cittadini ieri si è recato al voto, ed è la Regione dove la debacle delle liste di centro-sinistra è stata totale: si è perso praticamente ovunque, e in tutti i grandi comuni, anche se qualcuno ha trovato il tempo di congratularsi con le mosche bianche vittoriose a Cernusco sul Naviglio e Melegnano. Ma nel resto d’Italia la situazione non è migliore: clamoroso e assai indicativo il caso di Trapani, in cui gli elettori, piuttosto che votare l’unico candidato rimasto in lizza (indovinate di quale partito?) hanno preferito astenersi per il 75%, mandando così invalida la consultazione.

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Non si possono nemmeno trarre indicazioni sul tipo di alleanze (o di coalizioni) che siano più fruttiferi di altre, nonostante gli esempi parziali che vengono citati dai fautori di questa o di quella alleanza. Il PD (citiamolo, infine) ha perso sonoramente e inopinatamente sia con coalizioni di sinistra-sinistra, che di centro-sinistra, che di centro-centro-sinistra. Di contro, esso ha conseguito le pochissime vittorie con coalizioni di sinistra-sinistra (Padova), di centro-sinistra, di indipendenti-sinistra. È tanto più difficile estrarre un insegnamento sugli apparentamenti futuri, nel momento in cui tutte le altre forze sembrano fuggire il PD come la peste. E fuggendolo, anche i residuati del passato tornano a nuova e vincente vita: soprattutto nel Nord, i berlusconiani hanno sbaragliato il PD confermando la loro naturale alleanza con la Lega, e questa vittoria appare immediatamente un macigno sulle possibilità che dalle prossime elezioni politiche possa uscire un governo PD – Forza Italia.

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L’enorme patrimonio di consensi che il PD vantava tre anni fa, che si espresse nell’ormai proverbiale 40 % di voti ottenuti alle Europee del 2014, è stato giustamente rivendicato come una vittoria personale da parte del segretario del PD. Purtroppo, non c’è mai stata una corrispondente ammissione di responsabilità quando sono venuti i momenti delle sconfitte, né la volontà di analizzare i motivi di esse. Anche le dimissioni da Capo del Governo dopo la sconfitta nel referendum costituzionale, non sono state l’inizio di un periodo di riflessione doverosa, ma una breve sceneggiata di un mese, dopo la quale egli si è ripresentato con la chiara intenzione di tornare il dominus assoluto della politica italiana e di perseguire rivincite e vendette personali. Purtroppo, il ragazzo prodigio degli inizi ha dimostrato di non sapere dominare il suo egocentrismo e oggi è un personaggio molto più divisivo che aggregante. Si è trasformato in una sorta di Re Mida al contrario: tutto quello che tocca oggi sembra trasformarsi in polvere, che continua a sembrare oro solo ai suoi fedelissimi. L’elettorato di sinistra preferisce astenersi, e attende nuove figure più preparate, più inclusive e più miti.

 

 

 

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Toteninsel

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