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Perfida Albione

Helmuth Karl Bernhard von Moltke è stato un generale prussiano che ha evoluto e rese valide per decenni, le teorie di Von Clauseviz in tema di strategia militare. La bravura di von Moltke stava nell’attenzione maniacale dei particolari e nella previsione più attenta di tutti gli scenari di guerra possibile che avrebbe dovuto affrontare.

Questo suo talento rese le truppe prussiane a lungo molto difficili da affrontare in quanto erano sempre laddove dovevano essere nel momento esatto in cui si rendeva necessaria la loro presenza; dinamicità, elasticità, adattabilità alle situazioni nuove: tutto era previsto e pianificato, dall’approvvigionamento delle vettovaglie, a quello delle munizioni, sino all’utilizzo più efficiente di ciascun soldato.

A fronte di grandi Strateghi come von Moltke, la storia ci consegna anche molti grandi tattici, persone talvolta incapaci di portare a termine intere campagne militari, ma spesso molto abili nello stravolgere gli esiti scontati di battaglie combattute ad armi impari.

 

Senza scomodare l’epopea classica e la falange obliqua di Epaminonda, molti sono i nomi di valenti condottieri, di terra o di mare (da Nelson a Trafalgar, sino a Rommel a El Alamein che perse solo quando il “grande” stratega generale inglese Montgomery – detto 15 contro 1 – riuscì a ristabilire un adeguato differenziale a suo favore, delle forze in campo).
L’avvento dell’era nucleare e l’utilizzo di nuove tecnologie sconosciute nel 19° secolo, ha reso tutto diverso e quelle che erano le vecchie teorie militari sono divenute, nell’epoca moderna, strategie di marketing, spesso applicate alla politica da moderni comandanti i quali, come von Moltke, studiano a fondo ogni più piccolo particolare del comportamento umano al fine di condurre in porto battaglie che si combattono ormai unicamente a colpi di voti e quote di mercato.

 

Ho detto “strategie” e mi accorgo solo adesso di quanto si abusi, oggi, di questa parola la quale presuppone una visione di lungo periodo che sembra non appartenere ormai da anni, ne al mondo dell’economia ne a quello della politica; di fatto abbiamo solo tattici, figure piene di astuzia, capaci di velocità di pensiero e azione nel superare un ostacolo in attesa di quello successivo, ma non sempre consapevoli di una meta, o meglio, capaci di ipotizzarne una.

Per una volta, indulgere sulle dolenti note di politica nazionale, non mi appassionerà, almeno non quanto vedere ciò che è accaduto nella “perfida Albione” (come, si dice abbia definito l’Inghilterra il teologo francese Jaques Benigne Bossuet nel 17° secolo, a causa della  disinvoltura e dell’assenza di scrupoli della politica dei suoi regnanti): David Cameron, grande vincitore in barba a tutti i sondaggi, non appena usciti i risultati, ha cavalcato l’onda del malcontento xenofobo inglese confermando un Referendum sulla permanenza in Europa che, in tutto il Regno Unito, molti vedono come estremamente pericoloso per il mantenimento del tenore di vita raggiunto in quel paese.

Sono già da mesi in circolazione studi sul costo economico che sarebbe pagato con la rottura del patto e in nessun caso questo potrebbe essere compensato dai vantaggi sul tema del blocco dell’immigrazione (nel senso che, sicuramente, arriverebbero molti meno immigrati di adesso).

 

Anche se non con risultato schiacciante, molti si azzardano a dire che il Regno Unito non rinuncerà mai (almeno non ora) ai punti di PIL che derivano dall’interscambio con i paesi europei; Cameron lo sa, ma strizza l’occhio ai suoi leghisti (UKIP) d’oltremanica, mentre già minaccia l’Europa di voler ricontrattare l’impegno britannico nell’accoglienza dei profughi e nei costi della struttura organizzativa comunitaria; ecco, se si vuole avere un’idea plastica di cosa significhi non avere una strategia, ma ricorrere solo a tattiche estemporanee, questo ne è un esempio; o meglio, forse una strategia ce l’ha, ma non riguarda l’Europa.

A Capo Trafalgar, Horatio Nelson, nel sancire la superiorità militare britannica sul continente, non potè godere della sua grande vittoria in quanto un cecchino lo uccise sparando da una nave francese; forse sarà per questo che Cameron si accontenterà di vincere, ma non di stra-vincere.

 

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4 comments

  1. Kokab 16 maggio, 2015 at 01:39

    caro ludi, come resistere ad un assist tanto invitante?
    nel 1805 la superiorità militare britannica sul continente era ancora da stabilire, mentre quella sul mare era già stata stabilita, sempre da nelson, almeno altre tre volte, a partire dal 1797, e in una sola occasione, la prima, in condizione di netta inferiorità numerica.
    non credo che nelson fosse uno stratega, sir john jervis, che gli doveva i titoli di conte di st. vincent e di primo lord dell’ammiragliato, lo aveva definito un “natural born predator”, a conferma del fatto che ormai non si inventa più nulla; era un rivoluzionario nell’arte della guerra e un reazionario a 25 carati in politica, ma era sopratutto un uomo che faceva quello che voleva, avendo costruito la sua carriera sull’indisciplina militare e la sua immagine sulla violazione delle più radicate convenzioni sociali: se non fosse per l’imperdonabile episodio di napoli, lo si sarebbe potuto definire una simpatica canaglia.
    cameron, che non è un rivoluzionario ma un semplice conservatore, e non ha nessuna possibilità di sembrare bill clinton, ha invece una strategia piuttosto chiara, che poi è quella che tu alla fine indichi, anche se io ne suggerirei una lettura leggermente diversa: non è che non ci sia l’europa nel futuro dell’inghilterra, non c’è l’europa che molti di noi immaginano, quella dotata di forte personalità politica e di una chiara dose di sovranità, capace di garantie un futuro a quella cosa non sempre ben definita che chiamiamo occidente, della quale gli inglesi si ritengono, non senza qualche fondata ragione, i veri depositari.
    cameron e la maggioranza degli inglesi hanno semplicemente in testa, e la perseguono con decisione, una prospettiva diversa dalla nostra, una prospettiva nella quale l’europa non è un fine ma un mezzo, e ciò li rende alla fine, oltre che antipatici, pure un po’ “leghisti”: quando verranno a negoziare “condizioni più favorevoli”, io un giretto fuori dall’europa glie lo farei anche fare, così, per vedere l’effetto che fa.

    • nemo 8 giugno, 2015 at 09:42

      Si un bel giretto potrebbe fargli bene, ricordargli, per esempio, che l’impero non c’è più, ricordagli, per esempio che questa Europa dalla fine della seconda guerra mondiale non ha più conflitti ,questo è già di per se un grande risultato, non dimentichiamo che loro nel bene e nel male sono stati i protagonisti di molte delle battaglie che furono combattute. Oggi ha davanti a se lo spettro della frantumazione, vedi pressioni nazionalistiche degli scozzesi, e dall’altro la , vecchia, idea dell’isolazionismo tanto caro ai britannici. Si un giretto potrebbe anche fargli bene , ma non solo a lui ,anche a coloro che, ancora, tergiversano, sul completamento della federazione Europea

  2. Franz 15 maggio, 2015 at 19:50

    M.Ludi, sono d’accordo con te: Cameron é un grande tattico. Sa benissimo che non gli conviene uscire dall’ UE.
    In caso contrario avrebbe infatti chiesto che possano votare sull’uscita della GB TUTTI gli europei: otterrebbe una vittoria plebiscitaria!
    Mi chiedo: ” Perché gli altri Paesi europei non analizzano i costi e i benefici della presenza della GB nell’Unione?”.
    Se fra i parametri necessari se ne dovesse utilizzare uno non facilmente quantificabile economicamente come il desiderio di realizzare un’Europa VERAMENTE unita, che non discuta solo del prezzo dei pomodori e delle melanzane, sono certo che verrebbe immediatamente decisa l’espulsione dei britannici, con sommo gaudio di entrambe le parti.

  3. Tigra 15 maggio, 2015 at 15:55

    Condivido l’idea che i tatticismi esasperati siano diventati il modus operandi della politica, non solamente in Inghilterra; vi pongo una domanda: non dipenderà dal fatto che la fine delle ideolgie da un lato, e la nascita dei partiti “leggeri” dall’altro, unitamente alla diffusione di leaders carismatici e spesso populisti, ha reso meno importante la visione del futuro, e quindi la strategia?
    Personalmente credo che ormai conti solo vincere, e che conti pochissimo il motivo per il quale ci si confronta.

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