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La scomparsa della sinistra; tutta colpa di Renzi! O no?

Le opinioni di due redattori di Modus sui risultati delle elezioni nazionali.

 

Non abbiamo creduto che potesse cambiare l’Italia! Forse non ci ha creduto neppure lui!

di M.Ludi

A rileggerli stamani i risultati delle elezioni confermano abbastanza fedelmente i sondaggi che avevano pronosticato la vittoria del centro destra, un ottimo risultato del m5s ed una sconfitta del csx; ciò che c’è da aggiungere è che il PD ha perso alcuni punti in più del pronosticato ed il m5s ne ha ottenuti alcuni in più delle più rosee previsioni, ma il risultato non cambia. L’ordine è quello, nessuno ha raggiunto la quota di autonomia per formare un governo e si prospetta la necessità di fare alleanze le quali, al momento, appaiono assai difficili.

Il risultato assai lusinghiero della Lega all’interno della coalizione di cdx suggerisce una possibile convergenza con il m5s nella formazione di un esecutivo nel quale, però, si dovranno da subito confrontare l’assistenzialismo promesso da Di Maio in campagna elettorale, con il partito il quale sulla lotta all’assistenzialismo di Stato ha fatto buona parte della sua crescita politica nei decenni; e non è cosa trascurabile.

Si potrebbe però ipotizzare un’alleanza al solo scopo di fare una nuova legge elettorale per poi andare nuovamente alle elezioni a stretto giro, cosa non facile con i risultati freschi freschi che vedono il Paese spaccato sostanzialmente in due, con al sud il M5s che tracima ed al nord la Lega a soggiogare gli alleati; quale legge elettorale? Ognuno farà i suoi calcoli e proporrà la sua ricetta, ma fare sintesi la vedo dura.

Ogni altra opzione passa per un accordo con il PD, ma solo nel caso in cui Renzi, il quale se ne sta per andare ad occupare un comodo seggio al Senato, decidesse di lasciare la Segreteria del PD, cosa che oggi appare probabile anche se questi scenari erano preventivabili nei giorni scorsi quando Renzi aveva smentito ripetutamente che ciò potesse accadere. Su questo punto, però, occorre attendere che siano ufficializzati i dati dei seggi perché il meccanismo del Rosatellum, che assegna una sorta di premio di maggioranza con i collegi uninominali, potrebbe portare ad ulteriori difficoltà nella definizione di possibili alleanze, almeno sulla carta.

Renzi ha perso e Renzi se ne deve andare perché questa diventa una condizione imprescindibile affinchè queste elezioni non si riducano ad un puro esercizio di democrazia senza portare ad un qualche accettabile esito di governabilità; ha perso Renzi ed ha definitivamente perso anche Berlusconi, e con l’uscita di scena dei possibili autori di una Grosse Koalition in salsa di pomodoro si arriverà fatalmente ad una sorta di redde rationem in entrambi i campi tradizionalmente avversari delle ultime tornate elettorali, ma mentre a Berlusconi verrà comunque concesso l’onore delle armi perché anche stavolta il suo l’ha fatto, per Renzi non ci sarà nessuna pietà; e d’altronde, perché averne visto che lui per primo aveva dichiarato, sin dai suoi esordi, che non avrebbe fatto prigionieri?

Non so se la storia politica di Renzi si stia avviando al tramonto, primo perché è ancora molto giovane e secondo perché, in ogni caso, in Senato per 5 anni resterà seduto; c’è poi una terza ipotesi: ma veramente Renzi ha avuto torto, o ciò che è accaduto è solo frutto di errori commessi da lui uniti alla pervicace volontà di chi lo ha avversato in tutti i modi di portare a fondo la barca pur di non dargli ragione?

La questione non è secondaria e sarà oggetto di numerose riflessioni in futuro perché un dato di fatto del quale prendere atto è che la sinistra politica, ad oggi, praticamente è sparita dal parlamento e continuare a pensare che la colpa sai di Renzi significa, secondo me, non aver capito niente di ciò che è accaduto (altri naturalmente diranno l’esatto contrario).

Come detto i due partiti sugli scudi dopo la giornata di ieri sono il M5S e la Lega; se noi analizziamo come questi partiti hanno costruito la loro fortuna vediamo che, nel tempo, hanno finito per fare da catalizzatori anche di una buona parte di elettorato tradizionalmente facente parte della sinistra. In Italia quando si pensa alla sinistra si ha in mente quasi esclusivamente i dipendenti del pubblico impiego e delle grandi aziende, statali e non, uniti ad una buona fetta di pensionati; come si è arrivati ad escludere buona parte di quella base una volta costituita anche da piccoli artigiani ed imprenditori i quali, specialmente nelle regioni cd. rosse, si sentivano organici a quella parte politica? E che dire di coloro che al sud hanno atteso per decenni che la sinistra offrisse loro un’alternativa al clientelismo ed al malaffare? La sensazione che, ad un certo punto, la sinistra sapesse fare solo gli interessi di chi aveva già diritti e lasciasse andare tutti gli altri, ha iniziato ad erodere quel bacino una volta assai vasto ma, occorre sottolinearlo sempre, mai maggioranza in un paese sostanzialmente di destra.

È stato un processo lento ma inesorabile che ha portato nel tempo alla necessità di una svolta che non poteva essere più basata sul ricorso alle esauste casse dello Stato, come accaduto in passato e come, ben presto lo scoprirà anche Di Maio, oggi non è più possibile fare; le scelte possibili erano solamente due: arroccarsi in una difesa strenua dei bilanci a deficit con le conseguenze che la Grecia insegna, oppure portare l’Italia a rompere alcuni dei tabù che, da sempre hanno impedito al nostro sistema produttivo di diventare competitivo con quelli dei paesi confinanti in Europa.

Renzi ha scelto la seconda strada ma, a dispetto del suo coraggio (da molti definito arroganza), è stato timoroso nel farlo e questo è stato il suo più grande errore: doveva evitare manovre elettorali e fare riforme più incisive (come quella sulla giustizia) e sull’abbattimento degli oneri a carico di aziende ed imprese per dare impulso alla crescita. Doveva sostanzialmente mettere in campo ricette che potessero rompere in alto il livello di crescita ed indicare, inequivocabilmente la strada da seguire: con una crescita superiore al 2% ed una riduzione drastica della disoccupazione, probabilmente la risposta sarebbe stata diversa.

Un altro errore è stato commesso indubbiamente con il referendum dove è mancato il coraggio di una effettiva semplificazione: con l’abolizione del Senato si sarebbero dissipate buona parte delle discussioni tediose sorte intorno alla complessità della riforma; va però aggiunto, ed occorrerebbe non dimenticarselo mai, che alcuni che la riforma l’hanno votata in parlamento, hanno poi fatto campagna per affossarla al referendum.

Si sottolinea spesso che Renzi ha fatto politiche di destra e lo si fa, ovviamente, guardando al passato e senza minimamente tenere conto del fatto che il mondo del lavoro sta cambiando e cambierà sempre più velocemente; la difesa strenua di alcuni diritti ritenuti imprescindibili, porterà allo svuotamento totale di quei diritti nell’arco di pochi anni, Renzi o non Renzi mentre anticipare i tempi e rilanciare prima l’economia era l’unica carta da giocare, solo che non la si è voluta giocare con tutto il coraggio necessario.

Non aver dato segnali tangibili, forti, di un’effettiva volontà di cambiamento, l’aver mantenuto in squadra persone compromesse, non aver cercato di attuare politiche coraggiose nel mezzogiorno, ma non assistenzialistiche (come la necessaria introduzione delle gabbie salariali, con buona pace di una contrattazione nazionale che tutela solo chi il lavoro ce l’ha), ha minato dalle basi l’azione riformatrice, l’ultima alla quale una buona fetta di popolazione era stata disposta a credere, prima di abbandonarsi al “tanto peggio, tanto meglio” e credere a chi promette la luna che così, almeno per un po’ di tempo, si alimenta la speranza di potercela fare.

Renzi è stato l’ultimo treno che abbiamo avuto da poter prendere per riuscire a farcela con le nostre gambe: ha sbagliato lui a non crederci fino in fondo. Adesso il treno ce lo prepareranno probabilmente altri, perchè se vorremo restare in Europa e nell’Euro, con le ricette di Salvini e Di Maio, non arriviamo a sera. Altro discorso è se vorremo uscirne e seguire le mire di Trump e Putin, ognuno a suo modo convinto che sia un bene (prima di tutto per loro) che l’Europa si disgreghi, cosa che credo non avverrà perché esiste un nucleo forte di Paesi che ancora ci crede ed ha la forza economica per continuare a sostenere quel sogno nel quale abbiamo in molti creduto e che almeno per noi italiani adesso sembra più lontano.

 

M.Ludi

 

Renzi è nudo in mezzo alla scena

di Kokab

 

Renzi è nudo e sta solo in mezzo alla scena, mentre si spengono le luci di uno spettacolo in cui si racconta di una straordinaria occasione sprecata.  La legislatura governata coi voti di Bersani si è conclusa con una sconfitta rovinosa, e indipendentemente dalla conta dei seggi e delle maggioranze impossibili, almeno secondo natura, un Pd sotto il 20%, che guarda dal basso il Movimento 5 Stelle posizionato ben oltre il 30, come la somma di Lega, Forza Italia e destra estrema in rigoroso ordine d’arrivo, può solo scusarsi col paese, con la sinistra, e con sé stesso. E toccherebbe al segretario farlo.

 

Come era largamente prevedibile, il popolo italiano si è sbagliato, tanto per cambiare. Come se non fossero sempre gli stessi, e anzi non fossero addirittura peggiorati, ha riempito le urne di quei partiti che avevano causato il disastro del 2011, con  l’intervento dell’Unione Europea che ha portato Mario Monti a Palazzo Chigi, alla guida del Governo più apprezzato all’estero e più disprezzato in Italia che ci sia mai stato.  Non contento ha consegnato il titolo di primo partito e di vincitore morale delle elezioni al Movimento 5 Stelle, che anche sorvolando sulla risibile qualità politica della sua classe dirigente, ha già dato ampia prova della sua totale incapacità e inadeguatezza nel governo di Roma e Torino, oltre che di svariati comuni di minore importanza. Naturalmente il popolo è sovrano e decide quel che vuole, anche a vanvera, ma si fatica veramente a comprendere quale fiducia dovrebbero ispirare questi partiti, al di la della rabbia sociale che riescono a catalizzare, e che in buona parte hanno contribuito a costruire.

 

Al tempo stesso, pur con diversi errori e qualche svarione, in una situazione difficilissima, i governi del PD hanno ottenuto alcuni apprezzabili risultati, che sarebbero stati diversamente valutati  in un paese nel quale il senso civico e l’idea del bene comune avessero un qualche valore, ma evidentemente nulla contano dove il populismo governa la pancia degli elettori, e il governo diventa sempre il parafulmine di tutte le disgrazie, comprese quelle determinate dai cittadini che sarebbe meglio perdere che trovare, o dalle congiunture economiche internazionali, le cui dinamiche non sono di sicuro alla portata dall’Italia. Io personalmente ritengo che sul piano della politica economica alcune scelte fossero eccessivamente liberiste, oltre che sbagliate, perchè come in tutto l’occidente non si sono poste il problema della distribuzione del reddito eccessivamente sperequata, e alcune riforme mi sono apparse  del tutto inadeguate, ma questo può essere un semplice dettaglio. Quel che va capito è che in questo risultato rovinoso il destino non c’entra nulla, e per quanto la mia disistima nei confronti del popolo italiano sia difficilmente contenibile, i 40 punti di  distacco dalla destra sono da ascrivere integralmente alla responsabilità del PD e del suo segretario, che io credo non capisca nulla di politica, cosa sorprendente per un ex democristiano.

 

Torniamo un attimo alle elezioni europee, e al loro clamoroso risultato. Non ho mai capito, e l’ho anche scritto, perché il famoso 41% dovesse scatenare il delirio di onnipotenza e di autosufficienza che ne è seguito, atteso che la parte residua dell’elettorato era destra schietta, forcaiola e populista, senza alcun connotato liberale. Da li è partita la scommessa di  Renzi di fare terra bruciata a sinistra, di fare la guerra al sindacato, di mettere a tacere in modo arrogante qualunque forma di dissenso interno, e di puntare sulla conquista dell’elettorato centrista, come se questo non avesse già un padrone a cui essere fedele.  Il risultato è stato inevitabile e progressivamente annunciato: man mano che il PD si spostava politicamente a destra, giusto o sbagliato che fosse questo scivolamento, perdeva pezzi di classe dirigente e di elettori, senza recuperarne nessuno al centro. E’ un fatto, non una opinione.

 

Pensiamoci un attimo, il PD dell’esordio renziano alla segreteria era ancora un partito unito, con la sua anima socialdemocratica ben dentro la stanza dei bottoni, e ha ottenuto, in percentuale, il suo miglior risultato di sempre; c’è una logica antica in questo, agli elettori non piacciono le divisioni, e da sempre le puniscono nell’urna, non era difficile da capire. Era indispensabile lo scalpo simbolico del sindacato sull’art. 18, o il Job act al posto della diminuzione strutturale del costo del lavoro? Che senso ha avuto far la guerra a quella parte fondamentale dell’elettorato per trovarsi poi in braghe di tela? A me pare una stupidaggine spaziale, la sinistra italiana di origine comunista è sempre stata una di quelle più ragionevoli e moderate che si siano viste in Europa, ci ha garantito l’ingresso nell’euro, i migliori governi della seconda repubblica, non che ci volesse molto a dire il vero, e ha addirittura sostenuto il governo Monti, suicidandosi politicamente alle elezioni del 2013, che cosa temeva Renzi, i cavalli dei cosacchi in Piazza S. Pietro? Posso capire la rottamazione di una classe dirigente sconfitta, ma la rottamazione delle idee e delle identità è una cosa ben diversa, e dopo non puoi chiedere il voto a quelli che vedono la propria visione del mondo scaricata nella pattumiera della storia, perché non te lo danno, tanto meno per la tua bella faccia. Si chiama mediazione degli interessi, in politica esiste, è fondamentale,  ma Renzi  ha creduto che bastasse la maggioranza nel partito e ha pensato di no.

 

L’altra questione, squisitamente politica, è stata quella del referendum. Il risultato delle riforme era così sghembo e strampalato, che alla fine bisognava votare si solo perché l’alternativa sarebbe stata peggio, ed è una ben risibile motivazione. E poi, peggio per chi? Per Renzi? Era così difficile fare poche riforme semplici e chiare, riforme che nessuno avrebbe potuto decentemente respingere, iniziare a cambiare un pezzo dell’architettura costituzionale, e ascriversi il successo? Era necessario far riscrivere metà della costituzione da Maria Elena Boschi,  in modo spesso incoerente, e farsi impallinare al referendum con 20 punti di distacco? Nessuno ha spiegato a Renzi che sconfitta chiama sconfitta? E poi, dopo il rovinoso risultato del referendum, decidere di rimanere a capo del PD, nonostante la clamorosa impopolarità in due terzi abbondanti del paese, che razza di scelta è stata? Spirito di servizio? Mancavano i segnali? Fatico a comprenderlo. Era così difficile pensare di mantenere unito il PD, da subito, preservandone anche l’anima socialdemocratica, evitare di andarsi a cercare tutte le sconfitte possibili, e monetizzare almeno alcuni dei risultati del governo? Quando mai ricapita una occasione del genere, per iniziare a cambiare il paese e incrinare la sua radicata maggioranza di destra? Non c’era mai stata una occasione come questa, e nulla ammazza di più delle sconfitte e delle speranze deluse: fatico ad immaginarne un’altra.

 

Ad urne appena chiuse possiamo registrare che il rosatellum ha funzionato perfettamente, e a dispetto del chiaro risultato politico, la vittoria imbarazzante delle due destre, la sconfitta disastrosa del PD e l’irrilevanza elettorale di chi sta alla sua sinistra,  il paese è del tutto ingovernabile. Pensare a possibili coalizioni sarà probabilmente inevitabile, anche se si fatica a comprendere da chi potranno essere composte e per fare cosa.  In attesa delle reazioni degli immancabili mercati finanziari al risultato delle elezioni o alle eventuali scelte strampalate di un ipotetico governo che ci dovessero dirottare decisamente verso la Grecia, in un paese normale il protagonista di un simile disastro se ne va a casa, e coloro che prendono il testimone si fanno un serio brainstorming sul perchè e il percome degli ultimi cinque anni. A partire dal fatto che loro stessi sono stati complici dell’uomo solo al comando, e ne hanno condiviso le scelte, a partire da quelle sbagliate. A riprova del fatto che questo rigore morale non abita a casa nostra, la prima reazione di Renzi all’esito del voto è stata quella di annunciare delle future dimissioni che gli dovranno però consentire di presidiare la fase delle consultazioni e di  candidarsi alle prossime primarie per la carica di segretario.

 

Dovrà essere questo brainstorming il tempo della politica, il momento per capire quale visione del mondo e quale ruolo deve avere la sinistra oggi in Italia, quali idee promuovere, quali programmi sostenere e quali interessi rappresentare nell’opera di mediazione che la politica opera nel corpo della società. Sarà anche il momento in cui decidere quale opposizione fare, e come relazionarsi ai partiti che hanno vinto queste elezioni dall’esito indecifrabile. Naturalmente non siamo un paese normale, e non ho grandi aspettative, ma conviene ripeterlo il risultato della folle cavalcata di Renzi e del renzismo mentre cala malinconicamente il sipario sul paese di Salvini e Di Maio: PD rovinosamente sconfitto, come forse solo nel ’48 era capitato al Partito comunista, a dispetto di un governo pur non disprezzabile nelle contingenze date; sinistra divisa e ridotta alla pura testimonianza, o forse all’estinzione; due destre imbarazzanti, rozze, populiste, forcaiole, razziste e incapaci che sfiorano il 70%; paese del tutto ingovernabile. Che piaccia o no questo è il lascito del renzismo, ed è disastroso. Lo è per il paese, che finisce comunque nelle mani dei peggiori governanti sperimentati in Italia, e non era facile, e lo è per la sinistra, che si è fatta divorare delle destre più brutte, che potranno solo fare peggio di lei. Chi la deve guidare la traversata del deserto, lo stesso condottiero della sconfitta più bruciante, per la sinistra e per il paese?

Kokab

 

 

nudo

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