la società

Uno Stato di (in)diritto

Ho letto che Parigi rinuncia al suo albero di Natale. A garanzia di sicurezza. Allora, passando sotto quello bellissimo che ogni anno viene donato alla mia città, mi sento grata. E libera.

 

Lo abbiamo imparato sui manuali. Siamo in uno Stato di diritto. Ci son voluti milioni di morti durante il nazi fascismo per arrivarci. Alla democrazia, alla libertà, ai valori di solidarietà. Il filmato qui incluso è un calcio ai nostri valori, che irrompe mentre siamo immersi in città infiocchettate.

Ci racconta ciò che da anni sappiamo già. E ce lo rimanda plasticamente. Mentre noi ci sentiamo al sicuro cosa è della sicurezza delle persone che avendo sbagliato stanno pagando in carcere?

Orlando annuncia ispezioni. E allora ho fatto un sogno: l’ispezione dei detenuti al Ministero di Grazia e Giustizia, una class action. Vincerebbero di sicuro. Da anni siamo sanzionati dalla UE per le carenze strutturali del nostro sistema penitenziario. A nulla son valse, le risposte son indulti e amnistie che non rendono giustizia a nessuno, servono solo a rimandare la prossima sanzione. Lo Stato non curandosi del reintegro del condannato non si cura di noi. Dismette la sua funzione principe. Che è la garanzia della sicurezza e della convivenza civile. Abbandonando il detenuto, l’immigrato clandestino, il minore in carcere per furto, l’assassino di donne, abbandona noi tutti. Perché ce li riconsegna tali e quali. O peggiorati.

E gioca pericolosamente e subdolamente sulla parte buia di tutti i suoi cittadini, quella che ruberebbe, ucciderebbe, violenterebbe.

 

 

 

 

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qui il link al video originale di Repubblica

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8 comments

  1. Luistella 6 dicembre, 2015 at 14:31

    Le carceri, come istituzioni addette al restringimento della libertà personale, dovrebbero essere istituzioni in cui vengono rispettati i criteri di civiltà e permettere ai detenuti un’esistenza decorosa per il periodo di detenzione. Pertanto ben vengano le ispezioni del ministero per verificare le situazioni.
    Vi sono comunque istituzioni carcerarie che svolgono programmi di recupero per i detenuti, anche in Italia. Basterebbe verificarne i progetti ed adeguare le strutture.
    Al di là di questo, penso che esistono responsabilità personali che sono appanaggio di certe persone che vivono in carcere. Il detenuto violento , spesso quello che deve scontare una pena più lunga, che usa violenze sui compagni più deboli, il secondino che lascia fare , si gira dall’altra parte ed è debole con i forti e viceversa, hanno le loro responsabilità, indipendentemente dalle condizioni di vita all’interno del carcere. E’ il sistema “dell’istituzione totale”, come lo erano un tempo i manicomi.
    E’ ben vero che lo Stato deve proteggersi e non essere “vendicativo”. Pertanto deve garantire un minimo di decenza e di abitabilità ,nelle istituzioni carcerarie. Ma nel contempo, bisogna considerare che viviamo epoche in cui non esiste più o quasi più, il senso dell'”espiazione”. Esistono poi priorità legislative di cui si deve occupare lo Stato, che ,come dice Remo, fanno parte della politica .Poi, sinceramente, e parlo per me,non mi sto molto a preoccupare di come vivono in carcere , persone che hanno commesso certi delitti di mafia, o, per es. i coniugi di Erba o l’assassino del piccolo Tommy.

    • Tigra 6 dicembre, 2015 at 17:11

      Non voglio neppure porre questioni etiche sul minimo di decenza che dovrebbe essere assicurato nelle carceri, la cui misura mi appare problematica, vorrei solo ricordare che spesso in carcere, oltre agli autori di delitti efferati, finiscono pure gli innocenti.
      Detto questo, dobbiamo decidere se vale o no il principio della riabilitazione, anche per gli autori dei peggiori delitti, e se non vale bisogna assumersi le responsabilità conseguenti.

    • Gennaro Olivieri 6 dicembre, 2015 at 19:50

      Hai detto una cosa importante, Luistella: non esiste il senso dell’espiazione. Ma dobbiamo riflettere sul perchè non esiste più. Ormai, e da tempo, tutti i giuristi sono concordi che uno Stato democratico non può essere uno Stato etico: cioè non può pretendere di essere la realizzazione concreta di una fede o di un ideale superiore a quelli che sono i normali valori e i normali difetti di una società moderna. Lo Stato non ha più il diritto di “vendicarsi” di una presunta offesa subita da chi ha commesso un reato: la società contiene in sè tali problemi, tali guasti e tali errori, che non può fingere che il male risieda solo in chi ha violato la Legge. Siamo società malate e corrotte, perchè l’uomo è corrotto in sè. Nel campo del diritto penale e dell’esecuzione penale, allo Stato resta solo un modo per dimostrare di essere superiore ai difetti dei singoli, che è quello di comportarsi con giustizia, con fermezza ma allo stesso tempo con lungimiranza e clemenza. Clemenza nel senso di impegnarsi a non infliggere sofferenze non necessarie. Invece il carcere in Italia è solo uno strumento per infliggere violenza cieca e gratuita, il che va molto al di là della normale afflittività che è insita nella privazione della libertà.
      Hai detto, oserei dire confessato, anche un’altra cosa importante e grave: che non ti preoccupa minimamente la sorte in carcere di un certo tipo di delinquenti. E’ proprio questo il motivo per cui, alla fine, non importa quasi a nessuno della situazione delle carceri: ognuno ha il suo tipo di delinquente che reputa particolarmente odioso. C’è chi detesta gli stupratori, chi gli spacciatori, chi i rapinatori, chi particolarmente quello che gli ha rubato l’autoradio, chi particolarmente quello che gli ha svaligiato la casa e chi semplicemente odia gli immigrati, che sono parte consistente dei detenuti. Poco importa a te, poco importa a me, poco importa a lui, ed ecco come si produce l’inferno in terra.

      • Kokab 6 dicembre, 2015 at 22:27

        difficile dirlo meglio di così, e se anche aggiungo qualcosa immagino, e spero, di non dire nulla di diverso.
        io credo che la vendetta faccia compiutamente parte della natura umana, ed è non solo un sentimento comprensibile, ma anche del tutto condivisibile: tutti noi desideriamo istintivamente restituire il male che ci viene fatto, o quello che ci pare intollerabile; questo però non ci deve autorizzare ad attribuire natura umana allo stato, o a trasferirgli meccanicamente le nostre pulsioni, buone o cattive che siano, perchè in questo caso verrebbe meno la sua principale funzione, che è, alla fine, quella di migliorarci migliorando la nostra vita, riconoscendoci diritti e tutele, e ponendoci dei limiti.
        trasformare la vendetta in giustizia è stato uno dei grandi capolavori dello stato di diritto, ed è quindi uno dei fondamenti della civiltà occidentale, non dovremmo consentire, da questa condizione, un regresso nella ferinità.
        ma forse sta succedendo.

      • Luistella 8 dicembre, 2015 at 15:21

        Trovo che in linea teorica hai ragione. ma mi permetto una chiarificazione su quanto ho sostenuto prima. Chiaro che devono essere rispettate le regole di civiltà all’interno delle strutture carcerarie. E mi pare di averlo ribadito. Quando parlavo di senso dell’espiazione, non mi riferivo ad uno stato morale. Ma a quel sentimento ,del tutto personale ,che chi ha commesso crimini così gravi, come quelli citati, che si penta o meno ( se si pente meglio per lui), dovrebbe sentire per “riscattarsi” da quella colpa grave. Qui non si tratta di parlare di crimini che possono essere più o meno odiosi. Di fatto parlo di crimini che sono talmente efferati, da essere contrari alla natura stessa umana. Chi ha ucciso il piccolo Tommaso, dopo averlo rapito di casa, chi ha torturato , ucciso, fatto a pezzi Lea Garofalo, chi ha segregato il bambino Di Matteo, strozzato con un fil di ferro e sciolto nell’acido , non può pretendere altro che un trattamento carcerario umanamente accettabile . Che se la veda con la sua coscienza se mai ce l’ha o avesse avuta o che gli è venuta nel corso degli anni. Poi spetterà alla giustizia se accettare ricorsi, valutare eventuali riduzioni di pena , pentimenti ‘e via dicendo.
        E voglio essere un pò provocatoria, anche se vado al di là di quanto è stato lo spirito del blog. Con le premesse di cui sopra (garanzia di un minimo di trattamento umano), per le persone che ho citato nell’esempio, quanti di voi, si sentirebbero di occuparsi più di tanto, della loro sorte ?! Considerando che , e parlo soprattutto per i reati mafiosi,spesso hanno avuto fior di avvocati che li hanno difesi, hanno usufruito di anni di latitanza, le loro famiglie sono protette da una rete di garanti, e il più delle volte non si sono minimamente pentiti (vedasi Riina).
        Per me è scontato che non ci debbano essere strutture carcerarie , in cui le celle invece di avere tre detenuti ne hanno 10, quando magari ci sono altre strutture costruite e abbandonate, che ci siano servizi igienici da paura, che non vi siano siano progetti di recupero. Non dovremmo avere bisogno che ci penalizzi l UE.

  2. Remo Inzetta 5 dicembre, 2015 at 23:04

    Lo stato non si è curato dei carcerati, che non si recuperano, non si è curato dei giovani, che non avranno la pensione, a causa dei debiti dei vecchi, non si è curato di quelli che perdono il lavoro, che faticano a ritrovarlo.
    La parte più buia dei cittadini è già venuta fuori, dobbiamo decidere da dove cominciare per contenerla, e dobbiamo essere onesti, non credo che siano le carceri.
    La politica si fa con le idee, ma anche con le priorità.

  3. Gennaro Olivieri 5 dicembre, 2015 at 18:18

    Tra tutte le funzioni esercitate dal nostro Stato, il sistema penitenziario è quello che meglio dimostra che non siamo un paese civile. Non c’è precetto costituzionale più disatteso e vilipeso di quello dell’art. 27 c. 3: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Credo che si debba prendere atto definitivamente dell’inadeguatezza di ogni settore dell’amministrazione penitenziaria, a cominciare dagli edifici per finire con la preparazione del personale addetto alla custodia, e rinunciare per sempre all’esecuzione in carcere delle pene detentive, ad eccezione dei casi più gravi di reati contro la persona. Si ricorra sempre a pene alternative al carcere e si chiudano una volta per tutte questi lager. E finchè non si riesce ad assicurare un’esecuzione corretta delle pene alternative per tutti i condannati, a differenza di Elisa credo che sarebbe assai più umano e dignitoso un massiccio ricorso periodico ad amnistia e indulto.

    • Por Quemada 5 dicembre, 2015 at 21:35

      Ma certo, facciamo condoni, svuotiamo le carceri e mettiamo a piede libero i delinquenti, con la scusa che non riusciamo a recuperarli, come se fosse facile, o come se gli altri ci riuscissero.
      Faccio notare che nei più grandi paesi del mondo esiste ancora la pena di morte, che è peggio di una galera poco “educativa”, con tutti i problemi che abbiamo occuparci dei delinquenti, che appunto sono delinquenti, non mi sembra la priorità principale, ma un lusso che non ci possiamo permettere.

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