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La lunga vacanza dei costituzionalisti italiani

La lunga vacanza dei costituzionalisti italiani

Mentre in Catalogna è andato in scena l’ennesimo e forse il più importante braccio di ferro tra il movimento irredentista di quella regione ed il Governo centrale di Madrid, i commenti in rete si sono divisi tra chi chiede rispetto per l’autodeterminazione dei popoli e chi, al contrario, crede che il divieto di simili consultazioni sancito dalla Costituzione Spagnola e ribadito dalla Suprema Corte a giustificazione dell’intervento dell’esercito e della Guardia Civil, non possa che rappresentare la pietra tombale di istanze le quali sembrano poter trovare sbocco solo in una vera e propria rivoluzione e non certo in un processo civile di affrancamento dallo Stato spagnolo.

La vicenda ha dato modo a storici e politici delle varie fazioni (e non solo all’interno della Spagna), di confrontarsi a colpi di riferimenti più o meno datati, spesso nell’unica speranza di confortare convinzioni personali spendibili anche in altri Stati. Ciò che mi pare latitare completamente è l’autorevole parere di coloro i quali avrebbero dovuto rappresentare da noi la massima autorità in materia.

Tengo a precisare che qui non stiamo a parlare di faccende interne alla Spagna sulle quali la Corte Costituzionale spagnola si è espressa in maniera netta negando ogni legittimità al referendum catalano, ma si allarga il discorso ai principi poiché laddove si affronta il discorso su ciò che le nostre democrazie moderne dovrebbero o non dovrebbero essere, il piano di discussione non può più essere ristretto ai singoli stati e se si affrontano principi di diritto naturale, probabilmente essi (i costituzionalisti) avrebbero dovuto essere molto più presenti nell’agone nel quale si discute di questo, anziché dematerializzarsi totalmente, per di più inspiegabilmente ignorati dalla stampa sempre così pronta a chiedere il loro autorevole parere nei mesi passati.

 

 

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   Ugo De Siervo, Lorenza Carlassare, Valerio Onida, Gustavo Zagrebelsky

 

Per curiosità sono andato a fare una piccola, maliziosa ricerca; ho preso l’elenco dei 56 costituzionalisti per il NO che avevano a suo tempo firmato il famoso manifesto nel quale stroncavano la riforma costituzionale bocciata con il recente referendum in Italia, e tra essi ho estratto i nomi di 4 di loro che ricordo essere stati tra i più presenti sui media quando la polemica aveva raggiunto il calor bianco. Le conclusioni che devo trarre alla fine della mia personale indagine sono disarmanti: Ugo De Siervo e Lorenza Carlassare non sembrano aver rilasciato dichiarazioni di un certo rilievo dopo il referendum del 4 dicembre, Valerio Onida è sparito dopo una breve apparizione su Repubblica di questa estate durante la quale aveva espresso il suo sempre autorevole parere sull’abolizione dei vitalizi per i parlamentari, mentre l’onnipresente Gustavo Zagrebelsky si è completamente dileguato dopo aver lanciato i suoi strali sulla formazione del Governo Gentiloni all’indomani dell’ottenimento della fiducia, evidente strascico di onnipotenza dopo la travolgente vittoria del No sulla quale lui, più di tutti gli altri, si era speso con passione e dedizione.

Come spesso mi premuro di ricordare, sono solo un dilettante che si impegna al di fuori di strutture organizzate ed esprime opinioni ricorrendo ai mezzi che la rete rende disponibili a tutti, quindi non posso escludere in assoluto di aver omesso qualche importante intervento di autorevoli costituzionalisti italiani su di un tema così delicato come quello dell’autodeterminazione dei popoli nel pieno di una crisi come quella catalana che rischia di far definitivamente deflagrare uno degli Stati più importanti dell’Unione Europea, specialmente se si considera che questa avviene alla vigilia di una simile (vabbè, questa viene fatta in Italia; vabbè è la Lega che l’organizza) consultazione nel nostro Paese, ma mi permetto di rilevare che la questione non mi pare assolutamente secondaria ed i problemi che pone, anche solamente per voce di semplici cittadini, più o meno acculturati, sono di rilevanza tale da imporre una presenza della stampa, non solo dando voce agli interessi contrapposti, ma anche chiedendo nuovamente il parere di coloro che così chiaramente si sono espressi a difesa delle costituzioni nazionali persino ricorrendo ad equilibrismi lessicali ed a metafore catastrofiche, tali da far apparire il loro attuale silenzio curiosamente strano.           La lunga vacanza dei costituzionalisti italiani

Credo non sfugga a nessuno la quantità e la mole di problemi che l’autodeterminazione dei popoli, proposta senza se e senza ma, pone ad economie nazionali sovrastrutturate e già difficili da governare senza l’aggravante della definizione di complicate divisioni in termini di patrimonio dello Stato e di debito pubblico e trovo che il momento sia assai più pericoloso per la democrazia di quanto lo sia stato il referendum del dicembre 2016, ma pare che la cosa non interessi più di tanto evidenziando, a mio parere, la totale cattiva fede rappresentata in quei momenti che fa il paio con la totale mala fede attuale nel nascondersi perché allora come adesso, il parere da esperti, nel darlo allora e non darlo adesso, è solo funzionale alle parti politiche delle quali, con tutta evidenza, questi esimi costituzionali sono rappresentanti.           La lunga vacanza dei costituzionalisti italiani

In assenza totale di autorevoli esponenti del mondo accademico sul tema, non è facile districarsi nei meandri di una questione che non è risolvibile facendo direttamente riferimento a norme chiarificatrici, ma che può essere dipanata solo tenendo conto di ciò che è rilevabile da più fonti; alla fine ho potuto trarre le seguenti conclusioni:

 

  1. La stragrande maggioranza delle costituzioni democratiche nazionali ha previsto in uno dei suoi primi articoli la totale indissolubilità degli Stati (art. 2 della Costituzione Spagnola e 5 di quella italiana). Per quanto è a mia conoscenza, solo il Canada prevede la possibilità di scissioni di parti del territorio (cfr. punto 3).
  2. l’art. 10 della Costituzione italiana dichiara che ”L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”; tra queste, quella del principio di autodeterminazione dei popoli (citato all’art. 1 della Carta delle Nazioni Unite) sembra la più idonea ad essere utilizzata nella trattazione.
  3. In ambito internazionale si è molto dibattuto al fine di definire i criteri in base ai quali il principio di autodeterminazione dei popoli possa essere ritenuto valido per risolvere le crisi nazionali e pare sentimento comune che tale norma possa essere invocata solamente laddove si verifichino le seguenti condizioni: “popoli soggetti a dominio militare straniero, e gruppi sociali cui le autorità nazionali rifiutino un effettivo diritto allo sviluppo politico, economico, sociale e culturale” (sentenza 385/96 – Corte Suprema del Canada).

 

All’atto pratico la posizione degli organismi sovra-nazionali sul tema ha finito spesso per rispondere più agli equilibri geo-politici interni che non alle valutazioni oggettive sui singoli fatti e vediamo anche oggi come sulla questione catalana, la difficoltà dell’Europa ad assumere una posizione unitaria sulle questioni di carattere internazionale, unita al momento difficile attraversato da quella che era considerata la leadership più solida, cioè quella tedesca, hanno comportato un’assenza dell’Unione sul tema, che ha forse impedito quella mediazione idonea ad evitare ciò che è accaduto domenica in Catalogna.

Concludo dicendo che se non pare possibile che l’entità catalana possa contare sul supporto della comunità internazionale per la pressochè totale assenza dei requisiti necessari al riconoscimento (soprattutto in considerazione del fatto che un possibile indebolimento della Spagna non pare auspicabile), del tutto favorevole dovrebbe essere la posizione nei confronti delle aspirazioni curde in quanto non si può certo negare che quel popolo in perenne diaspora sul crinale di quattro confini, pesantemente oppresso e represso dai governi dei paesi di appartenenza, avrebbe tutte le caratteristiche per poter pretendere un riconoscimento autonomo ma la comunità internazionale, proprio in quel caso, ha iniziato a prendere posizione avversa proprio per bocca di uno dei suoi più autorevoli rappresentanti: Donald Trump e gli Stati Uniti d’America.

Tra poche settimane avremo anche in Italia occasione di misurarci sul tema, ed anche se non pare di dover porre eccessivamente l’accento sull’iniziativa leghista in Veneto e Lombardia, una qualche autorevole posizione da parte degli esperti, l’avremmo gradita, molto.

 

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Costituzionalisti

 

 

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