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Le sottilissime astuzie di Bertoldo-Di Maio

 

 

Di Maio è un incapace; le sue carenze cognitive e raziocinanti sono tali e tante da non indurre all’ottimismo sulle reali possibilità di miglioramento. Ma come molte persone di quel tipo Di Maio è anche furbo, forse più della media, ed ha capito che, dato il suo scarso armamentario in dotazione, può fare leva solo sulla sua migliore qualità, la furbizia appunto, per emergere. E’ un po’ lo stesso ragionamento che ha fatto anche Grillo, il quale è peraltro dotato di intelligenza e capacità oratoria, in quanto ha saputo comprendere prima di altri che è possibile  riunire quell’indistinto gregge di pecore belanti composto dagli analfabeti funzionali e farne forza d’urto per acquisire potere.

La logica dei politici incapaci ma furbi è la seguente: “non cerco di sollevarmi dal mio basso livello, ma faccio in modo da farmi riconoscere nel ruolo di paladino di quelli come me”; non si comprende altrimenti perché, dato il lauto stipendio che puntualmente riceve, non abbia almeno cercato di risolvere il suo annoso problema con i congiuntivi con l’aiuto di un buon professore di italiano delle medie inferiori: a lui non interessa il fatto di essere quotidianamente additato come la quint’essenza dell’ignoranza, perché anche la sua “ggggente” non ha un buon rapporto con i congiuntivi, e se imparasse a padroneggiarli (cosa peraltro non facile per uno come lui), perderebbe consenso, diventerebbe uno della casta, un nemico. Lo stesso ragionamento vale per ogni altro campo dello scibile umano oltre alla lingua italiana: matematica, medicina e scienza in generale, pari son. Per un analfabeta funzionale chi sa cose che lui non riesce a capire è un nemico perché, specialmente in politica, con il suo sapere vuole soggiogarlo, pretendere di decidere per lui, e anche se ha scarse capacità di comprensione questo atteggiamento lo vive come menomazione della libertà democratica e come usurpazione di un potere che la costituzione gli attribuisce.

Ecco che anche il concetto di rappresentanza senza vincolo di mandato insospettisce: “e io dovrei votare uno che poi decide per me sia pur su cose delle quali non capisco niente? Mai e poi mai!”. Ecco che il rappresentante politico deve diventare solo un portavoce, sia dei vertici del movimento, sia degli elettori, i quali, di volta in volta, dovranno essere chiamati a decidere come far quadrare il bilancio dello Stato, oppure come posizionare il proprio Paese nello scacchiere internazionale in una situazione nella quale anche i cd. esperti hanno una qualche difficoltà; il tutto attraverso un metodo (il blog di Grillo) che appare più una macchina per fare soldi rispetto a quel modello di democrazia partecipata che Grillo e Casaleggio (senior prima e junior adesso) ci vogliono spacciare.

Di Maio è persona furba, ma anche incapace, al punto tale di scordarsi ogni tanto di esserlo, ed ecco che, anziché accontentarsi di giocare al meglio il jolly che ha pescato dal mazzo della vita, riuscendo in pochi mesi a salire velocemente la scala sociale ed economica del paese, e ad elevarsi dal livello di mediocrità nel quale aveva galleggiato per anni, forse perchè condizionato dai suoi plaudenti e fedeli ammiratori comincia a credersi persona dotata di qualità che purtroppo non ha, compiendo così l’errore fatale di esprimere giudizi su fatti di cui farebbe meglio a tacere, in attesa che altri, eterodirigendolo, possano consigliarlo; la casistica è vasta, ma l’ultima perla sul ruolo che Maduro potrebbe assumere nello scenario mediterraneo merita un minuto di silenzio in memoria del buon senso (altro grande assente), quel sesto senso di cui evidentemente è privo, che consiglia a molti di tacere su questioni che non comprendono.

Non meno divertente sembra la posizione assunta dal nostro nel commentare a Radio RTL l’esito delle elezioni francesi dopo che tutto il movimento si è impegnato in difficili equilibrismi per orientare le vele al nuovo vento che soffia dalla Francia, Ma il meglio di sé lo ha indubbiamente fornito quando, sempre alla stessa radio, ha voluto lanciare un messaggio che…. “a buon intenditor, poche parole”.
Meno male che il cronista si è affrettato a puntualizzare il fatto che il Quirinale non è probabilmente alla sua portata perché, altrimenti, avremmo potuto veramente preoccuparci.

Messa così sembra che la colpa sia tutta di Di Maio (ma avrei potuto scrivere Di Battista, Taverna, Fico, Toninelli e chi più ne ha più ne metta) e non è ovviamente vero: la colpa è dei politici che ci hanno amministrato almeno negli ultimi 25-30 anni,  dilapidando integralmente la fiducia degli elettori, specialmente di quelli che non appartengono alla categoria degli analfabeti funzionali, cioè delle persone normali, mediamente intelligenti, mediamente acculturate, mediamente disponibili ad ascoltare ed a cercare di fare sintesi di ciò che viene loro detto, per poi scegliere e decidere, senza farsi abbindolare da chi urla di più, da chi offende di più, da chi la spara più grossa e, in ultimo, da coloro che esprimono opinioni senza alcuna competenza. Ecco, questa parte del Paese ha sempre pensato che il noto sia meglio dell’ignoto e che, alla fine, ciò che non si è completamente distrutto senza avere una minima idea realistica su che cosa costruire dopo, si possa in qualche modo riparare; e purtroppo avviene che in questa parte di Paese che rimane maggioritaria, ci sia un numero sempre crescente di persone disilluse dal passato ma anche contrarie al nuovo che avanza, che finisce per essere tiepida di fronte alla prospettiva di esprimersi con il cervello anziché correre dietro al fegato ingrossato. Così le elezioni diventano metereopatiche, e l’affluenza al voto di questa fascia di elettori, finisce col dipendere del grado di insolazione che può offrire una gita fuori porta, giusto per cambiare aria e pensare ad altro.

Alla fine delle varie tornate elettorali, chi ha vinto è solito dire che “finalmente la gente ha capito”; la verità è che in molti casi la gente ha capito ben poco, se non che, almeno in quel giorno, è stata protagonista di qualcosa uscendo dal totale grigiore della quotidianità; e sarà stata questa l’unica vittoria che avranno avuto perché, da quel giorno in poi continueranno a contare quanto il due di coppe, e quelli furbi come Di Maio avranno qualche anno di tempo ancora, prima che si scopra il bluff e si comprenda che se hai un jet da far volare, ci puoi mettere un pilota improvvisato solo se il tuo intento è quello di avere un Mohamed Atta che deve andare a schiantarsi contro un grattacielo..

Per effetto della nuova situazione creatasi, la partecipazione al voto sta progressivamente evidenziando una emarginazione dell’elettorato tradizionalmente attivo a favore di quello tradizionalmente astensionista e qualunquista; si tratta di un fenomeno ormai non più nuovo ma non inspiegabile: quando il grasso cola ed il denaro si diffonde nei mille rivoli dell’inefficienza, tutto (o quasi) funziona alla perfezione, ma quando il sistema va in crisi e l’assistenzialismo crolla, l’unica forza che muove chi sino ad allora si era accontentato di ciò che passava il convento, è quella di un desiderio di vendetta contro tutto e tutti, cavalcata naturalmente dai furbi come Di Maio.

Qualche ragionamento in più dovrebbe farlo chi ha da perdere (non necessariamente tantissimo), e chi ha fatto dell’impegno in famiglia, nel lavoro e nella società il tratto distintivo della sua quotidianità; ma dovranno farlo anche tutti quei politici che, avendo raccolto i resti di quell’ampio consenso di cui hanno beneficiato in passato i partiti tradizionali, devono adesso chiedersi seriamente sino a quando resisterà la pazienza di quegli elettori che insistono ad andare a votare, anche in una bella giornata di sole, prima di essere sopraffatti dal pessimismo e di lasciare campo aperto agli emuli del goffo personaggio creato da Giulio Cesare Croce alla fine del XVI° Secolo.

Le sottilissime astuzie di Bertoldo-Di Maio

 

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Di Maio

 

 

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