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L’Italia è un paese ad intelligenza limitata

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L’Italia è un paese ad intelligenza limitata. A me sembra una  affermazione scontata e banale, quasi superflua direi, ma mi rendo conto che in questo malinconico tramonto della seconda repubblica c’è ben poca consapevolezza di una così tragica condizione. Non c’è perché il fenomeno è ormai troppo profondo, e riguarda la maggioranza dei cittadini, variamente diluiti nei quattro principali schieramenti in campo, in una misura mai vista prima per ciascuno di essi. Della campagna elettorale appena iniziata abbiamo già scritto, e sotto il profilo squisitamente politico avrei ben poco da aggiungere; in attesa del suo esito mi pare invece interessante una riflessione di carattere più culturale, sociologica, e forse anche antropologica, della frana che sta per travolgerci.

 

Non è un mistero per nessuno che il 4 marzo almeno il 90% dei voti si ripartirà fra i tre schieramenti maggiori, che sembra si contendano la medaglia di miglior perdente piuttosto che un possibile successo pieno, con la sinistra di Liberi e Uguali a prendersi la parte residua del consenso, o forse solo le sue briciole. Anche sorvolando sulle fantasiose proposte politiche che secondo i vari partiti dovrebbero far rinascere il paese (siamo ormai arrivati a parlare di razza bianca, di case chiuse, di recuperare 50 miliardi all’evasione fiscale e di abolire ogni tassa invisa all’elettore contribuente ), si rimane sconcertati nel guardare i leader che stanno chiedendo il voto.

 

Silvio Berlusconi oltre che mummificato è ineleggibile, e a dispetto del fatto che ha dissestato il bilancio dello Stato per quasi vent’anni, oltre che portato l’Italia nell’anticamera del default, oggi sembra una sorta di salvatore della patria contro la montante onda grillina, e magari a urne chiuse lo sarà davvero, soprattutto se il PD non otterrà quel buon risultato che oggi pare decisamente improbabile.

 

Matteo Salvini è un rozzo miracolato della politica che non è riuscito in tre lustri a finire uno straccio di corso di laurea, e che senza lavorare seriamente un solo giorno in tutta la sua vita si è trovato  fare il capo di un partito che può contendere a Forza Italia la leadership del centro destra grazie al suo talento nell’insultare in modo sguaiato i meridionali e i migranti. La cosa più benevola che si può dire di lui è che gli dovrebbe essere revocata la cittadinanza, perché le sue idee sono indecenti e la sua esistenza è onestamente incompatibile con il buon senso, con il buon gusto, e con la cultura del nostro paese.

 

Luigi di Maio, Giggino, per gli amici, è un analfabeta funzionale che non sa neppure in quale parte della terra sono ubicati i paesi di cui parla, che fa quotidianamente strame della lingua italiana come se non fosse una di quelle più importanti del mondo, e che si impicca in tutti i congiuntivi che il destino perfidamente pone nei suoi discorsi. Vero che è tutelato da Grillo, che non è uno stupido, ma Grillo sta solo cercando di dimostrare che lui è il maschio alfa del caravanserraglio, forse perché qualcuno una volta ne ha dubitato, e del paese non gli importa un accidente.

 

So che suona male, capisco che solo il pensiero è imbarazzante, ma nella compagnia di giro della destra italiana, perché tutta questa è destra schietta, illiberale, populista e forcaiola, i grillini anche più degli altri, Berlusconi è di gran lunga la persona migliore, e temo che sia anche meglio della stragrande maggioranza dei nani e delle ballerine che infarciranno le tre principali liste di quei 2/3 del paese che storicamente vota a destra.

 

Renzi è Renzi, narciso, arrogante, supponente, e divisivo come neppure Berlusconi è mai riuscito ad essere. Come Berlusconi, forse anche meglio, è un animale da campagna elettorale, e probabilmente poco altro; penso che possa forse riuscire a contenere le perdite a cui il PD sembra destinato, ma dubito che riesca a gratificare le sue personali ambizioni. Oggi che è all’angolo mi pare persino inelegante parlarne male, ma credo che abbia sbagliato troppe cose, e questi errori non gli vengono perdonati né dalla destra, né dalla sinistra. Persino oltre, ben oltre, ai suoi non piccoli demeriti.

 

Pietro Grasso ha messo la sua faccia rassicurante sulla sinistra del centro sinistra, ma la partenza non è stata delle migliori, sia perché l’autorevolezza politica, che è diversa da quella istituzionale, è ancora da acquisire, sia perché la prima proposta che ha fatto al gioco di chi le spara più grosse poteva essere evitata, sia perché le facce di D’Alema e di Bersani, impopolari quanto e più di Renzi, si stagliano troppo nitidamente dietro la sua. Può migliorare, ma resta il fatto che mentre dietro a Renzi c’è una corte di fedeli pretoriani che non valgono nulla senza di lui, dietro a Grasso ci sono tutti i perdenti della storia recente della sinistra, che ad oggi valgono ancora molto più di lui, e non è una bella situazione.

 

Ma perché gli italiani votano per questi uomini senza idee e per questi partiti senza visione? Perché lo fanno con entusiasmo, ciascuno per la propria parte, sicuri di essere nel giusto, certi del torto dell’avversario, e totalmente inconsapevoli della cialtroneria in mezzo alla quale si siedono compiaciuti? Perché non ci sono offerte politiche migliori che possano puntare al successo? Possibile che siano tutti ciechi e sordi? Possibile che siano così drammaticamente e brutalmente ignoranti? Così imperdonabilmente stupidi? A me più che possibile pare certo, e non mi sembra neppure tanto strano.

 

Il paese è da decenni inviperito contro i partiti, e ai partiti, in particolare a quelli degli altri, attribuisce ogni responsabilità della crisi economica e sociale che stiamo vivendo; è tale e tanto il furore contro la casta, peraltro giustificato da fatti incontrovertibili e sedimentati nella nostra storia, che ormai tutti vivono nell’illusione di non avere alcuna responsabilità, come se non fossero i cittadini quelli che alimentano il consenso di una classe politica che non è capace di proporre una seria visione del mondo, e se non fossero sempre loro a bersi come acqua fresca tutte le scemenze che oggi come ieri vengono raccontate per fare uscire il paese dalla crisi. E se invece fossero proprio i cittadini di questo paese, mediamente e storicamente fra i più ignoranti d’Europa, a produrre una classe politica tanto impresentabile e incapace?

 

Da tempo, almeno dall’inizio di questo decennio, sentiamo invocare sempre più spesso, e sempre da più parti, l’Europa dei popoli, ma i popoli, contrapposti agli stati, hanno mai dato grandi prove di sé stessi? In generale dico, e non in specifiche occasioni. Come hanno reagito i popoli europei in questo decennio alla crisi, con rigore e saggezza o in modo sguaiato e violento? Glissiamo pure sulla risposta. Noi parliamo sempre più spesso del populismo, siamo immersi nel populismo, il populismo caratterizza tutta la politica europea, la nostra in particolare, ma il populismo, per esistere, richiede un popolo ignorante, se no non sarebbe. E allora? Colpa di Berlusconi, di Grillo, di Salvini, di Renzi, di Bersani e D’alema? Solo colpa loro?

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So bene che sto banalizzando, capisco che le semplificazioni sono scorciatoie seminate di trappole, ma personalmente non ho mai avuto alcuna stima del popolo, dell’idea stessa di popolo, se non quando si sta arricchendo, o quando si trova senza alternative, col culo per terra e sulle spine che pungono. Negli altri casi penso che il popolo, soprattutto se non ha il senso dello Stato, soprattutto se è il popolo italiano, reagisca cercando di lasciare il cerino dei costi da pagare in mano a qualcun altro; ed è proprio ciò che si è fatto in tutti questi anni, almeno dalla crisi del primo governo Prodi in poi, cittadini e governi assieme come un sol uomo. Per questo credo che il popolo italiano sia sostanzialmente un popolo stupido, confortato in questa convinzione dai dati sulla scolarità che confermano un’ignoranza media troppo diffusa per essere sopportabile in termini sociali ed economici: questa ignoranza definisce esattamente la pendenza della china che dobbiamo risalire per tornare ad essere un paese che ha qualcosa di più di un importante passato.

 

Noi oggi siamo una nazione drammaticamente impoverita, con un debito pubblico imbarazzante, con un sistema industriale semidistrutto, con una burocrazia da repubblica bananiera, con un mercato del lavoro asfittico, e con disuguaglianze sociali inaccettabili, ma a dispetto di ciò non siamo un paese tecnicamente povero, non abbiamo tutti il culo per terra, manca ancora un po’ per essere veramente in quella condizione, e quindi giochiamo ancora col cerino. Sperando che non arrivi mai alla santabarbara e incuranti del fatto che in politica mai non esiste.

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Certo, nella legislatura appena conclusa il centro sinistra ha dato una pessima prova di sé, e il PD in particolare ha commesso troppi errori incomprensibili oltre che imperdonabili, come certificano le sconfitte degli ultimi due anni, ma c’è qualcosa di beffardo e di angoscioso nell’idea che gli altri possono solo far peggio, perché hanno sempre fatto peggio, perché sono un branco di scappati di casa e non sanno fare la o col bicchiere, perché rappresentano l’Italia più incattivita, rancorosa e ignorante, e perché per non smentirsi propongono solamente stupidaggini anche oggi.

 

Fra meno di due mesi vedremo le cose in modo più chiaro, avremo i numeri della saggezza del popolo italiano, ma se come è possibile il rosatellum riuscirà a determinare l’ingovernabilità per la quale è stato probabilmente pensato, forse non saremo più solo un paese ad intelligenza limitata, saremo anche un paese a sovranità limitata. Non è detto che per l’Italia sia una cattiva cosa, visto quel che passa il convento…

 

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Elezioni: larghe intese in spazi terribilmente stretti.
Elezioni: scontro di debolezze!

 

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