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Siam pronti alla vita

 

Penso che la maggior parte degli Inni Nazionali siano veramente brutti; ridicole marcette buone solo per le parate militari, inneggianti a fasti nazionalistici retaggio di tempi passati. E quello italiano non è da meno.

Con la doverosa esclusione di alcuni che considero veramente belli (quelli dell’ex URSS e quello attuale della Germania, figli entrambi, però, di periodi assai bui) e di altri passabili (USA e UK), non avendo la presunzione di conoscerli tutti, non ne ricordo altri veramente degni di menzione; sia chiaro, da un punto di vista meramente musicale.
Unico regalo di un giovane patriota prematuramente scomparso (alcuni malignamente dicono che, già che c’era, poteva lasciarci prima di comporlo), il nostro Inno Nazionale affonda le sue radici nel Risorgimento e questo è l’unico vero motivo per cui dobbiamo tenercelo: esso ricorda a noi il sacrificio di coloro che hanno combattuto per l’Unità d’Italia.

 

Questo però, oggi, sconta le sovrastrutture critiche di chi vi legge il compimento di un disegno prevalentemente massonico e anticlericale, che stride con l’avversione alla massoneria e, nel contempo, l’adesione alla cristianità professata dall’ultimo dopoguerra. per non dire poi delle forze centrifughe che maledicono quell’unità forzata che oggi impedisce le aspirazioni di chi vorrebbe, al massimo, andare verso uno Stato federale.

Facciamo ulteriore professione di verità: il nazionalismo non è nelle nostre corde. A parte i nostalgici del regime, l’Italia è un Paese che esiste sulla carta, ma molto poco nel comune sentire; eppure non passa occasione in cui, oltre alle critiche all’Inno Nazionale per le motivazioni sopra addotte, se ne aggiungano altre frutto delle opposte tifoserie, sia verso chi non lo canta, che per l’enfasi che alcuni mettono nel cantarlo.

 

Ghiotta occasione l’Expo di Milano per fare l’ennesima verifica di quanto tutto questo sia vero e, per parte mia, l’ennesima occasione per perdere un gesto di bellezza raro da cogliere in simili eventi, spesso troppo intrisi di retorica.
Non ho seguito la cerimonia di apertura e probabilmente non visiterò l’Expo, ma ho visto alcuni telegiornali ed in tutti si è evidenziata l’ennesima polemica figlia di quella geniale stupidità nella quale siamo maestri incontrastati: la presunta storpiatura dell’Inno Nazionale.

Ho preso atto con stupore di questo ulteriore esercizio di “niente fatto tutto”, dopo aver assistito, meravigliato, ad un esecuzione bellissima dell’Inno, fatta in stile “coro di montagna” (che a me rievoca sempre lo sgomento di quei poveri ragazzi mandati a morire nelle trincee, spesso senza neppure sapere perchè), con quella chiusura geniale in cui a decine di bambini è stato fatto dire “siam pronti alla vita” al posto del macabro finale al quale siamo abituati.

 

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16 comments

  1. Genesis 3 maggio, 2015 at 18:11

    Che la frase “…siam pronti alla vita” sia forse un buon auspicio? Cantata, poi, da dei fanciulli…?
    Anche a me è piaciuta molto questa divagazione dal testo uniformato a quella unità d’Italia che ancora non c’è, e forse effettivamente non c’è mai stata…
    Sulla marcetta dell’inno, poi, da ex suonatore di sistro della fanfara tridentina, potrei enfatizzare appunto la ritmica…conformata alle parate militari cui ho assistito, al saluto ai generali, alle adunanze…
    Personalmente m’è sempre piaciuto di più il “Va Pensiero”, ed ho suonato anche quello…in aula di musica col comandante che dava la ritmica della marcetta…è difficile solamente da pensare, lo so, ma effettivamente era così!

    Sono comunque del pensiero che, se critiche ci sono state, vuol dire che la cosa ha colpito…nel bene e (forse) nel male…chi parteggia per la seconda è arrabbiato col mondo!

  2. Luistella 3 maggio, 2015 at 15:35

    L’Inno di Mameli, dice anche una frase che raramente ho sentito cantare, forse mai: “noi siamo da secoli calpesti e derisi, perchè non siam popolo, perchè siam divisi …”Perciò ritengo che le polemiche che sono uscite a seguito della diversa interpretazione dell’inno, siano frutto di questa verità. Dobbiamo, anzi molti (non mi ritengo facente parte di questa categoria), trovano sempre un motivo divisivo di discussione; non si sanno prendere le cose così come sono, senza vederne un’iterpretazione che possa creare schieramenti da una parte o dall’altra. Personalmente, ritengo che sia andato bene cantato così come è stato interpretato, e mi è piaciuta la frase finale “Siam pronti alla vita”, cantata dai bambini.
    Ritengo che molti di coloro che hanno gridato allo scandalo (almeno così ho capito, visto che mi rifiuto di seguire la polemica) non si sono altrettanto indignati quando una certa parte, schierata con chi sappiamo, cantava” abbiamo un sogno nel cuore: bruciare il tricolore…”
    A parte questi discorsi, sarò una povera ingenua, ma mi commuovo ancora, almeno un pò , quando sento cantare l’inno di Mameli.

  3. Gennaro Olivieri 3 maggio, 2015 at 06:18

    Bel tema semiserio domenicale. Lo sappiamo, ci è toccato un inno così così, non è certo una gran pagina di musica e probabilmente nemmeno di poesia. Niente a che vedere col tono marziale e trascinante della Marsigliese o con la grandezza dell’inno russo. Non ci piove che musicalmente i più fortunati e pure un po’ stronzi sono i tedeschi; un po’ stronzi perchè i tedeschi hanno rapinato quel pezzo magnifico agli austriaci, dopo che questi ultimi lo abbandonarono in seguito alla dissoluzione dell’Impero nel 1918. Deutschland uber alles una cippa, l’inno fu scritto alla fine del ‘700 non dal primo che passava, ma da Franz Josef Haydn in una delle giornate in cui era toccato da Dio, ed è tradizionalmente quanto erroneamente eseguito in maniera troppo solenne e marziale, stile invasione della Polonia, quando la sua reale natura è malinconica e struggente. Ascoltare per credere il secondo movimento del Kaiserquartett di Haydn, il cui tempo non a caso è “adagio cantabile”.
    Tedeschi a parte, non c’è dubbio che le polemicucce riguardo alla modifica del testo del nostro inno nazionale, così come eseguito l’altro giorno all’inaugurazione dell’Expo, hanno assunto anche un carattere obliquamente politico. Alcuni hanno voluto stabilire un parallelo fra la trovata del direttore del coro di bimbe (o di non so chi altro) e l’ansia di rinnovamento politico che anima il nostro Presidente del Consiglio. Parallelo che lascia il tempo che trova, ma volendo appunto giocare un po’, mi pare che quello che accomuna le due situazioni sia il fatto che i cambiamenti a un corpus unitario non si fanno a pezzetti, non si fanno “a sentimento” e non si fanno secondo l’estro e il gusto di chi, di volta in volta, si trova ad avere la bacchetta in mano. Che significa cambiare solo una parola pretendendo di mandare un messaggio di speranza agli italiani? Cambiando, per giunta, l’unica frase comprensibile a tutti del testo di Mameli? (vorrei vedere l’italiano medio di oggi cosa capisce di elmi di Scipio e di vittorie che dovrebbero essere schiave di Roma). Si vuole cambiare l’inno? Lo si faccia in maniera compiuta e organica, non una parola qua e una là sostituite ad libitum, perchè alla fine, come in campi più importanti, la costruzione non sta più in piedi. Personalmente, sarei per non toccare nulla: spero di non attirarmi la critica di essere conservatore e troppo affezionato a vecchie ditte…

    • Kokab 3 maggio, 2015 at 11:09

      in effetti, che l’italiano medio colleghi l’elmo di scipio all’impenitente sciupafemmine allievo di annibale sepolto fra il mare e il lago patria mi sembra fortemente improbabile…

    • Franz 3 maggio, 2015 at 12:04

      Caro Gennaro, consentimi una breve integrazione al tuo pur esaustivo intervento.
      L’inno tedesco, il cui vero titolo é: “Das Lied der Deutschen” (Il canto dei tedeschi) venne composto nel 1846 da August Heinrich Hoffmann von Fallersleben. Venne cioé scritto negli stessi anni in cui Mameli scrisse “Il canto degli Italiani” . Anche la situazione geopolitica era molto simile essendo la Germania divisa in una miriade di staterelli.
      Solo la terza strofa di quest’ode, intitolata ” Einigkeit und Recht und Freiheit” cioé “Unità, giustizia e libertà”) viene utilizzata come inno.
      Una curiositá: nel questionario che i cittadini non-tedeschi dovevano compilare al momento della richiesta di cittadinanza era compresa anche la domanda su chi fosse l’autore dell inno. Per dimostrare l’assurditá di tale quesito, ho fatto la stessa domanda ad una ventina di miei conoscenti tedeschi, persone di una certa cultura: solo uno ha saputo rispondere!
      In quanto al valore poetico- letterario del testo di Mameli, non lo considero inferiore alle odi del Manzoni.

      • Kokab 3 maggio, 2015 at 12:26

        che l’inno non sia qualitativamente inferiore a marzo 1821, che io ho fatto studiare a memoria, per cattiveria e per punizione, ad alcuni studenti nel brevissimo periodo nel quale ho fatto l’insegnante, non dimostra affatto la qualità letteraria dell’inno stesso …

      • Gennaro Olivieri 3 maggio, 2015 at 13:03

        Rilancio con un’altra curiosità, non certo per duellare in erudizione, ma perchè trovo perversamente interessanti questi strani incroci della Storia. Sul versante musicale: l’inno imperiale tedesco (prima della Repubblica di Weimar) aveva la stessa melodia di “God save the Queen”. Lo stesso pezzo, di autore ignoto, era anche l’inno svizzero fino ai primi anni ’60.

        • Franz 3 maggio, 2015 at 13:55

          Del resto, i regnanti inglesi erano di origine tedesca e l’ultimo imperatore, Guglielmo II, era nipote diretto, figlio della figlia, della regina Vittoria…
          Che bello intrattenersi con simili amenitá prima della partita…! 😀

  4. Kokab 3 maggio, 2015 at 01:24

    se posso esprimermi con franchezza, e spero di si, direi che:
    1) come dice m. ludi, gli inni nazionali fanno mediamente schifo, e quello italiano è uno dei peggiori (veramente ludi non dice esattamente così, perchè usa un linguaggio più urbano, ma mi sembra che il concetto sia questo).
    2) se gli inni nazionali sono ridicole marcette buone per le parate militari, poi mi riesce difficile attribuire loro un valore e un significato emozionale, e difatti il brivido lungo la schiena che mi provoca l’inno di mameli deriva esclusivamente da sensazioni di carattere estetico; naturalmente mai avrei voluto accorciare la già breve vita dell’autore, ma in ogni caso l’avrei preferita priva di talenti o aspirazioni musicali.
    3) il disegno massonico/anticlericale nel risorgimento c’era di sicuro, anche se si può discutere della sua misura; personalmente mi dolgo del fatto che non abbia avuto pieno successo, ma so di non essere rappresentativo.
    4) che sia venuto fuori uno scandalo, mezzo o intero non so, da questa simpatica sciocchezza, è una cosa che mi lascia del tutto costernato.
    5) infine, proprio perchè non sono nazionalista, e ho un’idea molto laica del concetto di nazione, che è invece cosa estremamente seria, penso che il giorno in cui ci spoglieremo della retorica e delle sue brutture, comprese quelle estetiche, sarà sempre troppo tardi; e non mi si dica che l’aveva già detto bossi, perchè nel suo caso l’estetica e il buon gusto, oltre che impossibili, erano gli ultimi dei problemi.

    • Gennaro Olivieri 3 maggio, 2015 at 06:34

      Solo per precisare pedantemente che l’autore della melodia del Canto degli Italiani non fu Goffredo Mameli, che vergò invece l’aulico testo, ma il patriota (ehm, forse per altri motivi) Michele Novaro, che effettivamente ebbe vita non lunga e morì in miseria. Praticamente gli hai portato una sfiga retroattiva.

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