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Consip: la burocrazia e il potere

La burocrazia e il potere

Le pagine della cronaca ci ripropongono l’ennesima narrazione del presunto scandalo CONSIP, a proposito del quale viene da dire che non è solo difficile entrare nel merito di un’indagine penale, ma che sarebbe auspicabile non farlo proprio. C’è il rischio di accodarsi alla dilagante abitudine, una volta propria solo di una certa stampa giustizialista, di voler celebrare processi nelle piazze (ora mediatiche) sulla base di indiscrezioni, rivelazioni parziali di segreti istruttori, racconti fantasiosi di personaggi improbabili.

La verità processuale solitamente ci consegna storie diverse da quelle narrate dalla cronaca, ma da sempre il giustizialismo è un arma della cattiva politica che, nel medio lungo periodo, si ritorce nei confronti di chi la usa.
                              La burocrazia e il potere
Ma se al giustizialismo non c’è rimedio forse qualcosa si potrebbe fare sul piano delle regole. In questo senso può aiutare la riflessione il libro di Francesco Giavazzi e Giorgio Barbieri “I signori del tempo perso” (Longanesi)  il cui contenuto è stato ben descritto da Panebianco sul Corriere della Sera : “Il libro mostra, ricorrendo anche a molti esempi, che cosa succede quando, come è accaduto nel nostro Paese, il potere reale si sia spostato dalla politica alla burocrazia.” .
Appunto quando il potere reale passa dalla politica alla burocrazia!

Per uscire da questa situazione Giavazzi e Barbieri indicano tre possibili rimedi, di cui l’ultimo, secondo Panebianco, è l’unico percorribile (mah..): “La terza possibilità è che si ritorni alla situazione di almeno trenta anni fa, quando la politica era più forte dell’amministrazione e, almeno entro certi limiti, la teneva in pugno. Sfortunatamente, né l’amministrazione né le magistrature hanno interesse a permettere un nuovo rafforzamento della politica: dal loro punto di vista, una politica debole e sottomessa come oggi è quanto di meglio ci possa essere”.

Conclude Panebianco: “È per questo che quando compare all’orizzonte un qualche uomo politico che minacci di restituire il primato alla politica, la burocrazia, amministrativa e giudiziaria, si compatta e lo combatte senza quartiere. Riuscendo persino a convincere una disinformata opinione pubblica che la difesa della onnipotenza (e dell’inefficienza) burocratica coincida con la difesa della democrazia.”

Che ci sia una qualche coincidenza con quanto stiamo vivendo in questi giorni?

Non si tratta sicuramente di una congiura ma viene da chiedersi se si sia consolidata un’oligarchia formatasi in pochi ambiti formativi, università e centri di specializzazione, nei quali sale in cattedra una cerchia ristretta di docenti universitari/dirigenti/magistrati, docenti che sono poi gli stessi che scrivono i manuali su cui studiano i futuri tecnocrati ed i cui autori, direttamente o tramite i propri allievi, selezionano, poi, nei concorsi pubblici alti dirigenti e magistrati.

Non che tutto ciò costituisca un’anomalia né debba scandalizzare, le élite del sapere tecnico-economico-giuridico ci sono sempre state e sempre ci saranno in tutte le società. Ma in Italia, in questo momento più che mai pare manchi un contrappeso tra i diversi poteri. Contrappeso che è poi il cuore della democrazia, come insegnava Montesquieu. Sembra si sia passati dal troppo della politica al troppo poco…

Sintomatico in questo senso il ragionamento fatto da Sabino Cassese sul Corriere della Sera di domenica: propone che il vertice della CONSIP non venga più nominato dalla politica ma selezionato con un concorso pubblico. Non si riferisce alla dirigenza ma ai vertici della società pubblica. Ma così non si alimenta un sistema autoreferenziale privo di reali controlli e responsabilità? E cosa avviene se la macchina burocratica non va nella direzione che la rappresentanza politica democraticamente eletta vuole imprimergli?

 

 

La burocrazia e il potere

 

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