Colpo di teatro

La caratteristica principale della politica attuale, non solo in Italia, è l’essere passati da UNA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA A UNA DEMOCRAZIA RECITATIVA.

Certo, i rappresentanti eletti dal popolo hanno sempre usato un po’ di retorica e di rappresentazione, ma – a differenza da ora – il tutto era giocato sul piano simbolico e su filoni di pensiero e ideologie.
Mai era stata così forte la personalizzazione, se si escludono i movimenti totalitari.
Ora, che tutti ci cibiamo di immagini e di chiacchiere ridotte all’osso (ma ripetute allo sfinimento), e il controllo dei mezzi di informazione avviene in modo sfacciato, la capacità di lettura dei messaggi resta circoscritta a piccole nicchie di “opinione pubblica”.

Le trasformazioni televisive si concentrano sulla vacuità, la volgarità e soprattutto il sadismo .
Si può dire, usando le parole di Colin Crouch in Postdemocrazia”, un libro del 2000, che «lo spettacolo elettorale è saldamente controllato da gruppi rivali di esperti di tecniche di persuasione, e si esercita su un ristretto numero di questioni selezionate da questi gruppi […] A parte lo spettacolo della lotta elettorale, la politica viene decisa “in privato” dall’interazione tra i governi eletti e le élite che rappresentano quasi esclusivamente interessi economici».

E così, proprio quando la politica si trova al suo minimo storico nella sua capacità di prefigurare un futuro, nasce e si sviluppa la figura del politico che recita.
L’“attore politico”, a diretto contatto con i suoi spettatori (i supporter, la “gente”), senza alcuna intermediazione, recita… recita.
Nasce così il “populismo”, ma oltre a quello dei movimenti, c’è quello (più pericoloso) dei governi.
E la recita continua.
Ma chiunque si intende un po’ di teatro sa che non bisogna “recitare”, ma “interpretare”.
Non occorre essere critici professionisti per accorgersi che gli attori sono nudi… E anche un po’ ridicoli.

Colpo di teatro

BLG 300516-04

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11 comments

  1. Kokab 2 giugno, 2016 at 22:47

    detto in altri termini, sono venuti meno il simbolismo, il pensiero e l’ideologia, il che è convincente perchè il populismo fatica a vivere assieme ad una diffusa capacità di pensiero strutturato, che anche di simboli e idee si nutre.
    però, fra gli effetti distorti del populismo c’è anche quello di alimentare e accrescere il tasso di banalità, di semplificazione e di ignoranza diffusa che lo rende possibile, trasformando il suo presupposto nel suo stesso fine: il politico è ridicolo e nudo, ma mentre recita questa nudità viene percepita sempre di meno, perchè assieme a lui si spogliano del pensiero anche gli spettatori, e lo superano in ridiolo.
    alla fine i veri spettatori della nudità restano in pochi, quelli che danno le carte e quelli, percentualmente molto pochi, che hanno la consapevolezza necessaria per non accettare la banalità di parole senza pensiero.

  2. Genesis 31 maggio, 2016 at 22:58

    Riprendo qui il thread cominciato dal mio sfogo contro la politica nostrana.
    Ho posto alcune domande cui due di noi (e ripeto “noi”) hanno tentato di dare risposta, sfociando nel passato (che non richiedevo assolutamente) e nel presente senza indicare, in quest’ultimo, nomi o personaggi.
    Provo con la lucidità di una serata piovosa a darmi risposta.
    Cos’è la professione politica: ha ragione chi indica che questo tipo di lavoro sia colui che ha svolto, svolge e svolgerà il mestiere del politico…come ha ragione chi indica la valenza del personaggio nella sua capacità intellettuale più o meno buona…ma ancora non si dà definizione del termine che è, molto semplicemente, l’arte di amministrare o governare le società (non le imprese) e deriva dal termine polis, cioè città. La mia definizione, quindi, prende spunto da questo: la politica è chi amministra uno stato, un governo, una città…chi fa quel mestiere, quindi, è, e deve essere, un buon amministratore. Con questo dilungato discorso mi rispondo ad alcune domande.
    Come viene assistita. Chi assiste alla politica è la politica stessa, ergo il politico di turno promulga leggi assistenziali anche per se medesimo.
    A che contratto aderisce. Questo è forse il punto più dolente, perché il politico professionista aderisce ad un contratto con un partito politico che, idealmente, contratta con la cittadinanza che vota quel partito. Non si vota, quindi una persona, bensì una lista di persone che proviene dalle mani degli amministratori di quel partito. Per assurdo, se in Italia ci fosse una persona (oppure un gruppo) che ha le migliori capacità amministrative, politiche e sociali, se non aderisce ad un partito, o ad uno schieramento, può lietamente rimanermene nell’ombra.
    Quali i diritti ed i doveri. In linea di principio un politico di professione dovrebbe avere più doveri che diritti…sono decenni che ancora non riesco a capire quali siano effettivamente i doveri e se, soprattutto, la politica li svolge.
    Chi è l’amministratore della politica. Il capo dello stato che, però, è un politico anch’egli…tra fratelli non ci si mangia! Forse gli ultimi capi di stato di grande carisma sono stati quelli che hanno combattuto, armi alla mano, per la libertà dal nazifascismo…no, non i filosofi…quelli che si incazzarono con la politica degli scranni…
    A chi devono rendere conto? Questa domanda è così spettacolare che mi sono dato la mano da solo. Teoricamente dovrebbero rispondere al popolo, ma se così fosse il popolo avrebbe scorticato nelle piazze più politici che merendine.
    Torno all’inizio di questo mio, quel “due di noi”…è qui che per me si dovrebbe basare il mestiere del politico, quel “noi” spesso preso al plurale maiestatis. Ricordo che mio nonno diceva che una testa pensa bene, ma due pensano meglio. Se le due teste la pensano diversamente non si arriverà mai ad un buon prodotto, ma se la pensano allo stesso modo sono capocciate e quindi bernoccoli. Una testa deve essere la continuazione dell’altra. Quindi, con questa metafora, mio nonno Aspreno, figlio di contadini della bassa del rovigotto, indicava che per fare qualcosa di buono bisogna essere insieme, lavorare insieme cercando la cosa migliore.
    Questo dovrebbe essere per Genesis il politico ideale, cioè colui che, con una esperienza fatta in tanti campi lavorativi, partendo magari dal bassissimo, ad un certo punto della sua vita si mette a completa disposizione della comunità, prodigandosi al 120% per qualsiasi cosa possa accadere. Quanti ce ne sono di questi nella politica attuale, oggetto delle mie domande? Se, come credo, ce ne sono tanti, perché gli viene tolta la visibilità da quelli, loro colleghi, che rimangono saldati a quelle poltrone che molto bene ha descritto Gennaro dimenticandosi involontariamente delle commissioni, dei gabinetti pieni di gettoni di presenza che arricchirebbero giornalmente gran parte dei pensionati a reddito minimo…

    Chiedo scusa per la lungaggine e, salutandovi, rispondo a Tigra.
    Teoricamente non dovrei rispondere, perché quanto scrivo in questi thread altro non è che la definizione che viene data alla parola populismo, cioè le quattro chiacchiere da bar che vorrebbero alla gogna chiunque sia scritto sul giornale. Credo che la mia integrità intellettuale mi imponga di mantenere la “mia” definizione di questa parola…che poi è quella descritta su tutti i dizionari e dalla storia.

    • Tigra 1 giugno, 2016 at 23:10

      Non so se questo è il commento più lungo che ho letto su Modus, ma se non lo è ci va molto vicino.
      Prendo lo spunto per qualche considerazione volante, che certamente non ha il taglio esaustivo che hai dato al tuo intervento.

      Cos’è la professione politica. E’ certamente amministrazione, ma se fosse solo questo basterebbe nominare qualche ministro e qualche prefetto in più per governare la cosa pubblica; non basta, la politica è anche ideale, visione del mondo e capacità di scegliere, privilegiando alcuni interessi al posto di altri: politica è decidere se abbattere o no il muro di Berlino, se invadere o no l’Irak, se accogliere o no i migranti, se tassare il lavoro o la rendita, e per queste cose non servono gli amministratori, sarebbe come equiparare Gorbaciov o Khol a Gabriele Albertini.

      Come viene assistita. L’unico modo conosciuto per assistere la politica in modo trasparente passa per la separazione dei poteri, per il loro bilanciamento, per i loro controlli incrociati senza che nessuno di questi li possa sovrastare tutti, ed infine per la capacità sanzionatoria della pubblica opinione; in una parola la garanzia viene dal limite del potere, senza il quale c’è solo la sua patologia.

      A che contratto aderisce. Dipende dal tempo e dal luogo, ma di sicuro il contratto col partito è la peggiore delle soluzioni possibili, perchè è troppo sbilanciata a favore delle organizzazioni, e a discapito della qualità delle persone; credo che dipenda, fra l’altro, dal mix micidiale di politica scadente e antipolitica dilagante che caratterizza questi anni bui, e dal circolo vizioso, dove l’uno alimenta l’altro, che fra questi due estremi si è innestato.

  3. Genesis 30 maggio, 2016 at 20:52

    Sinceramente penso che i politici nostrani, ma ormai tutti, siano addirittura troppo vestiti. Vestiti di quelle vesti che li portano a dire “lei non sa chi sono io”, maschere che nascondono i veri esseri che le portano. Sono ottimi attori che spesso lasciano la scia come le lumache dietro al potente (o ai potentati) di turno. Politici di professione che spesso nemmeno conoscono gli iter che sono tenuti a seguire, spesso non sanno nemmeno di cosa stanno trattando o, peggio, nemmeno conoscono i loro elettori o le zone da cui provengono. Si pavoneggiano di fronte alle telecamere utilizzando una terminologia molto vicina alla supercazzola, giusto per rendere la vita ancora più difficile a chi vorrebbe capire…
    Sono stato populista nel mio commento?…spero si sia capito!

    • Tigra 31 maggio, 2016 at 12:12

      Non intendo rifare discussioni già ampiamente esaurite, come quella sul populismo, ma mi piacerebbe sapere dove collochi la differenza fra il politico troppo vestito e il potente di turno dietro cui striscia, e cioè se sono animali della stessa famiglia, o di famiglie diverse.
      Mi verrebbe anche da dire che questi personaggi, nudi o vestiti che siano, oggi non sono politici di professione, magari lo fossero, perchè saprebbero quello che stanno facendo, ma sono piuttosto dei figuranti che recitano il loro ruolo in commedia, indifferenti alla propria irrilevanza.

      • Genesis 31 maggio, 2016 at 13:12

        Teoricamente non dovrei rispondere…
        Sono due esseri sostanzialmente diversi. Uno contribuisce al proprio tornaconto, l’altro contribuisce al proprio e solo a quello dell’altro.
        Quello che mi piacerebbe sapere è la definizione decisa di quale sia effettivamente la “professione politica”, cosa produce, come viene assistita, a che tipo di contratto aderisce, quali sono i suoi doveri e quali i diritti, come risponde del suo operato, chi ne è l’amministratore, chi investe quei personaggi dei poteri…non però nei princìpi, ma in ciò che effettivamente abbiamo.

        • Gennaro Olivieri 31 maggio, 2016 at 19:37

          Hai fatto una bella domanda, a cui vale la pena di rispondere tanto per dare un’idea della grandezza di questa casta (e uso non a caso questo termine, perchè nell’elenco che segue c’è la vera casta che urlatori e rottamatori non andranno mai a toccare).
          Una volta c’era la categoria dei politici di professione, cioè dei funzionari stipendiati direttamente dai partiti per fare attività politica. Dopo il terremoto seguito alle vicende di Tangentopoli, questa categoria, una volta numerosa, si è andata progressivamente riducendo, fino a essere praticamente azzerata al giorno d’oggi. Il che non vuol dire che non ci sia più una vasta schiera di personaggi dalle professionalità non ben definite, che però vivono di attività o di cariche legate alla politica. Se escludiamo coloro che ricoprono cariche elettive (deputati, senatori, consiglieri regionali e provinciali, sindaci), i cui stipendi dovrebbero andare a compensazione (e che compensazione!) del tempo e dell’impegno sottratti alla attività professionali “di provenienza”, oggi abbiamo un numero incalcolabile di persone stipendiate con denaro pubblico perchè siedono (su indicazione dei partiti, ovviamente) nei consigli d’amministrazione di:
          – Società a partecipazione pubblica (Poste, ferrovie, società in svariati campi strategici dell’economia, dall’industria alla finanza all’agroalimentare, ecc. ecc.);
          – Banche, fondazioni bancarie e imprese assicuratrici;
          – Aziende sanitarie locali, ospedali, case di riposo, enti assistenziali;
          – Aziende comunali o sovracomunali per la gestione di: elettricità, gas, acqua, rifiuti. Solo queste sono migliaia, con decine di migliaia di posti lautamente retribuiti nei cda;
          – Strade, Autostrade, aeroporti, porti, (e connesse autorità portuali, ecc.);
          – Parchi e riserve faunistiche;
          – Enti di gestione o Consorzi di province o comuni dalle più svariate finalità, dalle bonifiche all’amministrazione di lasciti ereditari, alle più disparate attività agricole, o di caccia, pesca e pastorizia;
          – Teatri, musei e fondazioni culturali.
          L’elenco è già lungo, ma sono sicuro di essermi dimenticato qualche settore.
          Oltre a questi posti in cui sono le istituzioni a nominare amministratori, quindi ad assegnare posti di lavoro, bisogna aggiungere un’altra categoria di attività, di imprese e di impieghi lavorativi che sono assolutamente di natura privata, ma non sarebbero nati senza l’apporto fondamentale della politica. Gran parte dei settori: energia, acqua, comunicazione, pubblicità, marketing, una pletora di studi di ingegneri, architetti, geometri sono nati e continuano a nascere perchè i loro proprietari e/o dirigenti hanno un trascorso politico di qualche rilevanza. Solo a titolo di esempio, moltissime nuove società nel campo dell’energia (sì, quelle che riempiono radio e tv dei loro spot pubblicitari) appartengono a personaggi che hanno avuto un ruolo importante (per meriti assai più politici che tecnici) in società pubbliche, e che si sono avvalsi dei contatti avuti grazie ai loro precedenti incarichi per avviare imprese che hanno avuto un rapido successo e sono presto diventate imponenti.
          Come si vede, la “professione politica” è difficile da definire, da delimitare e controllare, e riesce tranquillamente a prosperare ridendosene di quelli che raccontano di voler sconfiggere la casta…

        • Tigra 31 maggio, 2016 at 19:49

          Non ho capito perchè teoricamente non dovresti rispondere, ma io rispondo volentieri alla tua domanda, o almeno ci provo.
          Il professionista della politica è quello che la fa per mestiere in un arco sufficientemente lungo della vita, con maggiore o minor talento, e con maggiore o minore onestà.
          Napolitano è un professionista, come lo è Renzi, come lo sono stati , Craxi, Berlinguer e Andreotti, solo per restare ad alcuni esempi del nostro paese.
          Molto meno lo sono personaggi come Ciampi e Amato, o come ad esempio Grillo e Berlusconi, che in politica sono entrati con motivazioni diverse, ma mantenendo ruoli ed interessi in altri ambiti.
          In ogni caso i grandi politici della storia sono stati quasi tutti dei professionisti, e la lista sarebbe lunghissima; per fortuna esiste, anche se ce la siamo dimenticata, una versione nobile della politica.
          La differenza fra il buon politico e quello cattivo credo sia fatta dallo spessore intellettuale e dallo spirito di servizio, entrambi indispensabili, ma difficilmente rintracciabili in una sola persona, mentre il soggetto a cui devono rendere conto è alla fine la pubblica opinione.
          Da ultimo, attribuire alla politica meccanismi di funzionamento di tipo aziendale, se per caso questo intendevi, non mi pare una buona idea…

  4. Remo Inzetta 30 maggio, 2016 at 17:14

    Non so se siamo veramente nella postdemocrazia, perchè non so cosa significhi questo termine, visto che esiste ancora il voto, io non sono un sociologo e neppure un politologo.
    Tuttavia se gli uomini non vogliono più fare direttamente politica, non vogliono dedicare il loro tempo ai partiti, ma vogliono solo periodicamente delegare qualcuno ad occuparsene, è necessario che chi si assume l’onore e l’onere di essere classe dirigente sia in grado di recitare in quello spettacolo, perchè un interprete di destra sarà sempre diverso da un interprete di sinistra, e spero che quello di sinistra sia migliore.
    Alla fine se sono nudi gli attori, forse sono nudi anche gli spettatori, e saranno ridicoli anche loro.
    Io non mi lamenterei troppo di come siamo messi, perchè potrebbe anche essere peggio.

    • Jair 30 maggio, 2016 at 18:18

      caro Remo, a me sembra che oggi venga chiesto agli attori di recitare, e agli spettatori di ascoltare, un copione nuovo, tanto mal scritto da essere incomprensibile, e questo per il solo motivo che Shakespeare e Pirandello sono… vecchi.

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