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Consip; non c’è fumo senza arrosto

Consip; non c’è fumo senza arrosto

Un vecchio detto popolare spiega che certi indizi (il fumo) non possono che indicare la presenza di qualcosa di concreto (l’arrosto); in termini giornalistici, il sensazionalismo con il quale si lanciano titoli a tutta pagina corrisponde a quel fumo che serve da traccia per arrosti che talvolta si trovano, altre volte no. Sono ormai passati i tempi nei quali si credeva ai giornali, confidando sulla rettitudine morale e professionale dei giornalisti il cui compito, da sempre, dovrebbe essere quello di dare notizie per quelle che realmente sono e non di influenzare l’opinione pubblica secondo la convenienza del momento; cionondimeno il sistema funziona ancora perché non c’è niente di meglio che dare in pasto all’opinione pubblica ciò che essa vuol sentirsi dire, e l’inchiesta Consip è quanto di meglio offre la cronaca giudiziaria in questi giorni.

È per questo che ho atteso qualche giorno, che il fumo si diradasse, per andare a leggere quanto è emerso sino ad ora sulla questione Consip, sul traffico di influenze (reato definito, giustappunto “fumoso”) nel quale sarebbe implicato il padre di Matteo Renzi e sulle accuse mosse a Lotti in merito al ruolo da lui svolto nell’avvisare i responsabili della vicenda dell’indagine in corso. Per farlo ho preso un articolo pubblicato da Marco Lillo su Il Fatto Quotidiano del 03 marzo u.s. nel quale l’autore sviluppa cronologicamente tutta la vicenda indicando presunte responsabilità dei vari attori in gioco, sulla base delle evidenze venute fuori, in modo più o meno trasparente, dalle indagini in corso.

Dell’articolo colpisce l’abbondante uso del grassetto, delle sottolineature (per di più in inchiostro rosso) nelle quali risalta spesso molto nettamente il nome Renzi (padre e/o figlio) e di tutti coloro che in qualche modo a quel nome possono essere accostati; l’articolo è assai dettagliato ed il tono è perentorio ma, alla fine, ciò che rimane di concreto (giacché tutto il resto è un insieme di “si dice”, “pare che”, “i testimoni riferiscono che”, ma nessuna prova inconfutabile) sono due elementi: il primo riguarda la mancata denuncia per calunnia da parte di Lotti a Vannoni (il quale prima non ricorda chi gli avrebbe riferito che il suo ufficio fosse invaso da cimici-spia, per poi affermare di essere sicuro che fosse stato Luca Lotti) ed il secondo è un’affermazione falsa che chiude l’articolo e che così recita: “Resta il fatto che le imprese care a Denis Verdini e agli amici del padre di Tiziano Renzi sono risultate prime in tanti lotti pari a più di metà della torta.”

 

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Dettaglio, grafica editoriale con sottolineature in rosso e i nomi in grassetto
  dell'articolo di M.Lillo apparso su Il Fatto Quotidiano il 3 marzo 2017.

 

La maggior parte delle fonti di stampa, in merito alla questione appalti Consip non riferisce di assegnazioni ad amici o amici degli amici di Renzi, anzi, risulterebbe che il sistema di appalti della Consip sia uno dei più impermeabili alla manipolazione tra quelli precedentemente in uso nella P.A., ma naturalmente, può essere che mi sia sfuggito qualcosa e comunque non ho dubbi che la Magistratura faccia luce su questo aspetto; sul primo invece (la mancata denuncia per diffamazione di Lotti a Vannoni), non so che dire: può darsi che l’abbia fatta e non si sia ancora saputo, ma può anche darsi che aspetti a farla solo al momento in cui la sua posizione possa ritenersi chiarita. Può essere che sia lui ad aver deciso così o che in questo modo sia stato consigliato dal suo avvocato e capisco anche che questo possa essere ritenuto sospetto ma, in ogni caso Lotti ha negato ogni suo coinvolgimento e le modalità con le quali Vannoni ha piroettato tra un “non ricordo” e “ricordo che è stato Lotti” qualche dubbio sulla sua attendibilità potrebbero anche lasciarlo.

Resta il fatto che tra mille cose riferite da terzi, tangenti pagate di cui non si trovano riscontri, men che meno i soldi,  i pizzini trovati in una discarica dove le lettere iniziali “T.” e “L.” si vogliono inequivocabilmente far riferire a Tiziano (Renzi) e Lotti (Luca), l’inchiesta, al momento, non offre altri spunti di riflessione, dal momento che, se ci fossero stati, il buon Marco Lillo non avrebbe certo omesso di riferirli.

Eppure leggendo i commenti dei politici avversari di Renzi e di buona parte dei giornalisti, questa inchiesta sarà la pietra tombale sull’esperienza politica di Renzi e del suo “cerchio magico”; sono peraltro gli stessi giornalisti che, in massa, hanno supportato Renzi nella sua ascesa politica vaticinandone la fine, però, già dal momento in cui, chiuso il referendum e cambiata la guida del governo, hanno frettolosamente fatto il cd. salto della quaglia alla ricerca di più rassicuranti sponde politiche adesso rappresentate da Beppe Grillo e la sua squadra di “ragazzi meravigliosi” (cit.).

È fuor di dubbio che Renzi, dopo il Referendum, abbia visto ridotte al lumicino le sue reali chance di essere ancora protagonista della prossima stagione politica, ma ciò che sta accadendo è qualcosa di stupefacente in quanto, se da un lato si abbandona qualsiasi prudenza nel giudicare quelli che, al momento, sono solamente dei teoremi in assenza totale di qualsiasi prova, documentale o meno, dall’altro, specialmente dopo l’avvenuta scissione da parte dell’ala sinistra del PD da sempre contraria a Renzi, è in corso una sorta di mantra nel quale si suole dipingere l’elettorato PD come allo sbando e pronto a liquefarsi lasciando ciò che resta del partito ( i cosiddetti tifosi) a difendere il condottiero come le poche decine di giacche blu ammassate intorno a Custer nella battaglia di Little Big Horn.

 

 

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Dettaglio di Custer's Last Stand (at Little Big Horn)  di Edgar Samuel Paxson,
                         1898. Da WikiCommons.

 

Quello che è evidente è che si è costruita una realtà virtuale (la condanna ed il definitivo tramonto di Renzi, oltre al liquefarsi della forza elettorale dello stesso) prima ancora che i fatti reali la materializzino.

D’altronde, quando D’Alema dichiarò che, lasciando il PD, si sarebbe portato dietro una fetta consistente di elettorato (il 14%, se non ricordo male), non poteva immaginare che dopo tanto rullar di tamburi e scintillar di spade i sondaggisti verificassero ben altro esito; era naturale, quindi, che al normale tentativo di acquisire bonus elettorale da parte delle forze tradizionalmente avversarie del PD nella competizione elettorale, si sommasse anche l’impegno di chi, tra gli altri, non riuscendo neppure stavolta a competere, tenterà di essere efficace nel danneggiare.

Un PD elettoralmente ancora consistente ed un Berlusconi alla ricerca di un rilancio che non pare facile nella coalizione storica, non fanno dormire sonni tranquilli a Grillo e Salvini; nemmeno a tutti coloro i quali sognano una sconfitta di Renzi nel PD per poter scalare nuovamente il partito ed allora è il caso che, senza arrivare ai riti voodoo, si pensi almeno ad una robusta dose di profezie auto avverantesi (nel senso che, gridando “al fuoco, al fuoco” si spera che finalmente l’incendio scoppi – magari con l’aiuto di un fiammifero provvidenziale).

Può darsi che l’inchiesta finisca per provare che le ipotesi accusatorie sono vere e che, di conseguenza, questo faccia crollare il gruppo dirigente e sfaldare l’ elettorato PD, ma se ciò non accadesse sulla questione Consip, c’è da scommettere che si debba solo attendere la prossima occasione la quale, puntualmente, si presenterà perché è assodato che dove c’è fumo …

 

Consip; non c’è fumo senza arrosto

 

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Consip

 

 

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