le muse

Frida e Diego, il loro amore, le loro case, i video

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“Ho avuto due gravi incidenti nella mia vita. Il primo fu quando un tram mi mise al tappeto, l’altro fu Diego”.

 

Frida e Diego si videro per la prima volta nel 1922 sotto i ponteggi della Scuola Nazionale preparatoria dove lui stava dipingendo un murales. Lei era una ragazzina minuta e ribelle. Si sposarono sette anni dopo, lei aveva 22 anni, 43 anni lui. Fu il primo di due matrimoni, divorziarono infatti nel 1939 a causa del tradimento di Diego con la sorella di Frida, Cristina. Si risposarono nel 1940 a San Francisco.

Tutta la loro storia coniugale è inframmezzata da continui tradimenti e colpi di scena. Diego era un tombeur de femme e il matrimonio era destinato a non essere facile. Sapo-rana (rospo rana) era il nomignolo affibbiato a Diego da Frida, mentre lui la chiamava la Chiquita (bambina). Un amore destinato ad entrare nella leggenda come nella leggenda entrano le loro opere, narrazione della loro personalissima vicenda.
Si tratta di due stili molto lontani, Frida si rifugia in una sorta di “realismo magico” per sconfiggere il dolore e la solitudine che sopportava dopo un terribile incidente. Diego Rivera, “bambin prodigio”, studia in Europa: sono prima gli spagnoli ad entusiasmarlo (Goya, Velasquez, El Greco), succesivamente i francesi (Cezanne, Signac, Seurat) durante il soggiorno parigino.

Tra il 1913 e il 1914 si avvicina al cubismo. Dissimile anche il numero di opere prodotte da entrambi: appena 140 dipinti per lei, per lo più di piccolo formato; per lui uno sterminato catalogo di oltre mille tele a olio e migliaia di metri quadrati di murales.

Rivera aveva già alle spalle tre matrimoni e tre figli quando incontrò e sposò Frida. Per tutta la vita ebbero entrambi decine di amanti, anche in comune (come ad esempio la fotografa Tina Modotti), ma non furono mai capaci di lasciarsi. Nel 1930, Diego Rivera arrivò a San Francisco per la prima volta con la sua giovane sposa. Dipinse al San Francisco Stock Exchange e cominciò poi a dipingere un altro murale al Detroit Institute of Arts. Verso la fine del 1931 il MoMA di New York gli dedica una grande mostra personale. Le opere di Frida nel frattempo diventavano così incredibilmente indipendenti, così enigmaticamente belle che i visitatori, che andavano a trovare Diego Rivera, ne rimanevano affascinati. André Breton, il primo ad organizzare una mostra delle sue opere a Parigi, descrisse la sorpresa nel trovare, a casa di Diego, questi dipinti della moglie, e pieno di ammirazione dichiarò: “L’arte di Frida Kahlo è un nastro attorno a una bomba“.

Frida Kahlo morì nel 1954, all’età di 47 anni, poche settimane dopo aver partecipato – su una sedia a rotelle per l’amputazione di una gamba – a una manifestazione politica accanto a Diego Rivera. Dopo la sua morte il pittore scrisse: «il 13 luglio 1954 è stato il giorno più tragico della mia vita: avevo perso per sempre la mia amata Frida. Ho capito troppo tardi che la parte più bella della mia vita era il mio amore per lei». Diego Rivera morì nel 1957, tre anni dopo Frida, all’età di 61 anni. Poco tempo prima aveva chiesto che le sue ceneri venissero mescolate con quelle di lei, ma venne sepolto nella Rotonda degli uomini illustri, nel cimitero monumentale di Città del Messico.

 

 

 

Il surrealismo, per cominciare, è molto importante come matrice dell’opera di Frida. E’ un surrealismo che naturalmente è tropicale, e in quanto tale, molto violento, esplicito, volutamente non sofisticato, che a volte giunge a citare la naïveté delle immagini e in altre volutamente sfiora il kitsch. I colori intensi e violenti, la sintesi, spesso volutamente infantile, delle sue figure, vanno in direzione della ripresa di una pittura delle origini, non inquinata dagli elementi di sopraffazione della presunta civiltà. Non vi è dubbio che il mito formatosi attorno alla figura e all’opera di Frida Kahlo (1907-1954) abbia ormai assunto una dimensione globale; icona indiscussa della cultura messicana novecentesca, venerata anticipatrice del movimento femminista, marchio di culto del merchandising universale, seducente soggetto del cinema hollywoodiano, Frida Kahlo si offre alla cultura contemporanea attraverso un inestricabile legame arte-vita tra i più affascinanti nella storia del XX secolo. Eppure i suoi dipinti non sono soltanto lo specchio della sua vicenda biografica, segnata a fuoco dalle ingiurie fisiche e psichiche subite nel terribile incidente su un autobus in cui fu coinvolta all’età di 17 anni. L’incidente le provocò lesioni gravissime che intaccarono la spina dorsale.

La sua arte si fonde con la storia e lo spirito del mondo a lei contemporaneo, riflettendo le trasformazioni sociali e culturali che portarono alla Rivoluzione messicana e che ad essa seguirono.
Fu proprio lo spirito rivoluzionario che portò alla rivalutazione del passato indigeno e delle tradizioni folkloriche, intesi come insopprimibili codici identitari generatori di un’inedita fusione tra l’espressione del sé e il linguaggio, l’immaginario, i colori e i simboli della cultura popolare messicana. Allo stesso tempo Frida è un’espressione dell’avanguardia artistica e dell’esuberanza culturale del suo tempo e lo studio della sua opera permette di intersecare le traiettorie di tutti i principali movimenti culturali internazionali che attraversarono il Messico del suo tempo: dal Pauperismo rivoluzionario all’Estridentismo, dal Surrealismo a quello che decenni più tardi avrebbe preso il nome di Realismo magico. Nel filmato la vedremo con il marito, il grande pittore muralista Rivera.

 

 

 

CASA ALTAVISTA

La prima casa di Frida e Diego: Altavista, architetto Juan O’Gorman

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Narrare con l’architettura. La forma dell’amore

Juan O’Gorman, progettista della casa-studio di Diego Rivera e Frida Kahlo a San Angel a Città del Messico, disse, a proposito della sua opera, che “la casa fece molto scalpore perché mai fino ad allora si era vista in Messico una costruzione la cui forma derivasse totalmente dalla funzione”.
La piena adesione ai principi dell’architettura funzionalista – la forma segue la funzione – furono più volte dichiarati pubblicamente dall’architetto messicano che, in maniera ancora più esplicita, affermò che “l’architettura risponde alle necessità del momento con la tecnologia adeguata e la massima economia”. Naturale impostazione “razionalista” per un architetto formatosi negli anni venti – anni in cui fu pubblicato in Messico “Vers une Architecture” di Le Corbusier – impostazione che, secondo Diego Rivera, era segno di una chiara vena artistica, e che lo convinse a commissionargli la casa studio per lui e Frida in quanto “una cosa realizzata strettamente su criteri funzionali è anche un’opera d’arte”.
Eppure oggi, dopo che il tempo e le vite di vari personaggi hanno scritto la trama affascinante e complessa di uno dei periodi più importanti della recente storia messicana, è possibile affermare che l’architettura costruita da O’Gorman è andata oltre le sue stesse premesse, che il progetto cioè non si è limitato ad essere solo “forma della funzione”, espressione diretta delle nuove tecnologie e della loro corretta applicazione, e che il manufatto è diventato esso stesso forma del contenuto, segno estremo di sintesi tra significato e significante.

 

La casa di Diego e Frida infatti non è la semplice rappresentazione della funzione domestica e artistica dei due, ma è altresì il racconto, la materializzazione delle loro vite, della loro unione, del loro amore. Esito che travalica le intenzioni dichiarate dell’architetto ma non estraneo alla sensibilità e alla profondità con cui egli seppe rispondere, a soli 26 anni e con l’esperienza di una sola architettura realizzata, alle richieste di due dei più grandi artisti del suo paese.
O’Gorman ha la consapevolezza del suo compito sin dall’inizio, non a caso definisce pubblicamente Rivera colui che “sapeva insegnare ai Messicani cosa fosse il Messico”. Malgrado ciò, per realizzare la sua dimora, non immagina qualcosa di “tradizionale o vernacolare” bensì declina, estremizzandoli, i principi dell’architettura razionale, andando oltre le soluzioni tecnologiche adottate da Le Corbusier per casa Ozenfant dieci anni prima – casa per un artista che è il naturale riferimento per il giovane architetto messicano – e introducendo in maniera originale, quanto rivoluzionaria, elementi propri di quella cultura autoctona, di quella coscienza popolare di cui il grande pittore era interprete.

La casa realizzata in un lotto all’angolo tra calle de Palmas e avenida Altavista, progettata nel 1931 e terminata nell’anno successivo, in realtà sono due case-studio tra loro unite: una più grande e possente destinata a Diego, di 21 anni più grande di Frida e dalla corporatura massiccia e imponente, e l’altra più piccola, si direbbe quasi minuta e fragile, come era la natura di Frida, unita alla prima solo da un ponte alla quota del solaio di copertura, percorso evidentemente più simbolico che funzionale. Lo studio di Diego, a doppia altezza, è aperto solo verso nord, dove la luce è quella giusta per l’atelier del pittore, attraverso un’enorme parete vetrata inclinata che prospetta sul retro del lotto, lontano dalla strada e dalla confusione; lo spazio di lavoro di Frida invece è aperto su tre lati, la luce può entrare a qualsiasi ora del giorno, dallo studio si può guardare verso l’esterno e modulare la privacy e l’intensità luminosa attraverso tende disposte lungo tutto il perimetro. Le differenze tra le due parti della casa sono evidenti, finanche le scale, pur entro linguaggi e soluzioni stilistiche proprie del Movimento Moderno, sono ispirate una alla solidità e l’altra alla leggerezza, quasi all’inconsistenza materica e alla imprevedibilità del percorso. Così come le vite dei due protagonisti, una diretta, volitiva, senza deviazioni e l’altra spezzata costantemente dal dolore, dagli incidenti, dalle malattie.

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Il ponte è la sottolineatura poetica di due vite che per essere unite devono essere separate, indipendenti, il ponte non è un collegamento diretto, è un percorso articolato frutto di una scelta lunga e ponderata: bisogna salire attraverso scale esterne fino al terrazzo, passare da un corpo all’altro esposti al sole o alle intemperie e giungere finalmente, riscendendo lentamente, negli spazi del quotidiano dell’altro. Per il resto il linguaggio purista e le forme stereometriche ed austere ben si predispongono ad accogliere le opere della coppia, ricche di colori e figure reali e mitiche, gli oggetti della tradizione e i ricordi dei loro viaggi, al punto che l’architetto, a differenza del linguaggio dello “stile internazionale”, rinuncia al bianco come colore predominante e utilizza, per le due dimore, il rosso e il blu, colori propri della tradizione vernacolare messicana. Non solo, a fronte di soluzioni tecniche essenziali al limite del “brutalismo” – impianti elettrici e idraulici a vista, cisterne e grondaie esterne – O’Gorman perimetra il lotto con una recinzione in cactus ottenendo un contrasto evidente tra la casa, intesa come “macchina da abitare”, e lo spazio urbano da cui si separa attraverso una “natura locale” addomesticata e riutilizzata.

La casa è anche scena della dolorosa separazione tra i due artisti. Frida viene a conoscenza di una relazione tra sua sorella e Diego e abbandona per sempre San Angel. E’ il 1934, solo nel 1940, dopo aver ottenuto il divorzio, i due si sposano nuovamente e dal 1941, anno della morte del padre di Frida, la coppia va a vivere nella casa natale di Frida, la casa Azul a Coyoacán.

 

 

 

 

CASA AZUL

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La Casa Azul di Frida Kahlo, a Città del Messico. Si dice che questo colore sia stato scelto dall’artista perché aveva una funzione magica contro gli spiriti maligni, secondo le culture pre-colombiane e in quella parte di superstizione sopravvissuta nel folklore a noi contemporaneo. Frida aveva attinto spesso alle immagini provenienti dal passato, per realizzare la sua arte popolare.

 

La seconda casa di Frida e Diego: Casa Azul

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Quando Frida torna a Coyoacán con l’intenzione di stabilirsi definitivamente, Diego, di nuovo suo marito, attua delle modifiche all’impianto originale con l’intenzione, ancora una volta, di dare forma sia alle esigenze pratiche di una vita di coppia rispettosa delle necessità personali di autonomia, che di esprimere, attraverso la casa, i loro interessi comuni, le passioni per l’arte, l’archeologia e la cultura tradizionale. La casa viene decorata con elementi appartenenti alla cultura popolare, dotata di nuovi spazi per lo studio di Frida e per una camera da letto autonoma, realizzati con strutture in pietra vulcanica del Pedregal lasciata a vista. Il giardino inoltre fu arricchito di una fontana e di una piccola piramide a gradoni per l’esposizione di idoli precolombiani e un locale per conservare i reperti archeologici.

 

Due case quindi, entrambe espressione di legami affettivi e di scelte di vita più che di esigenze pratiche. In entrambe il linguaggio non è “stile” ma è il mezzo per raccontare una storia, la narrazione della vita di due artisti, la burrascosa avventura di un amore speso sullo sfondo di cambiamenti epocali, tra personaggi e artisti che hanno scritto la Storia – Trotsky, Breton, Gershwin, Eisenstein – tra opere che ancora oggi raccontano di impegno sociale, passione politica, fede nell’arte.

 

Frida muore tra le mura colorate della sua casa paterna il 1954, tre anni dopo Diego Rivera, prima di morire, dona Casa Azul alla nazione messicana che la trasforma nel museo permanente di Frida Kahlo.

 

 

 

 

 

Fonti:

Il giardino di Frida Kahlo

Narrare l’architettura con la forma di Paolo Giardinello

Frida e Diego, una storia d’amore

Frida Kahlo, entramo nella sua casa blu anti pettro spettro, il video

Il filmato originale d’epoca in cui Frida Kahlo dipinge e ama Rivera

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1 comment

  1. dinamite bla 9 novembre, 2015 at 22:11

    Viste, esplorate, come con tutto quanto riguarda la citta de Mexico… L’impressione che ne ho avuta è che siano un po’ troppo museo, mentre l’opera de Rivera vive molto di più nei luoghi in e per cui era stata concepita… Nei luoghi pubblici dove ha la stessa funzione dei cicli di affreschi di giotto nelle chiese prerinascimentali: didattica. Frida è più adorata che capita, sia in Europa, dove è una moda, che nello stesso Mexico dove è un’icona

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