attualità

Giudici, le insidie della nuova colpa

di Luigi Ferrarella

Proprio quando è ormai diffusa la consapevolezza di quanto costi ai cittadini la «medicina difensiva» indotta nei medici dal rischio di vedersi trascinare continuamente in giudizio, la nuova legge sulla responsabilità civile dei magistrati rischia di sospingere le toghe ad assumere una mentalità burocratico-impiegatizia e a praticare una «giustizia difensiva» potenzialmente non meno perniciosa per i cittadini.

L’indipendenza del giudice, infatti, prima e più che tutelare il singolo magistrato da ritorsioni e intimidazioni, tutela il cittadino quando la controparte sia dotata di preponderante forza economica o politica: e infatti non è un caso che, pur di preservare l’indipendenza dei propri giudici, nazioni come gli Stati Uniti, Israele o la Gran Bretagna arrivino ad assicurargli una totale immunità rispetto alle decisioni assunte, mentre altri come la Francia ammettano risarcimenti solo in caso di dolo, e altri ancora (come l’Olanda) contemplino casistiche più ampie ma solo a carico dello Stato e mai dei singoli magistrati.

L’iter di modifica della vigente legge Vassalli è partito male, viziato dalla leggenda metropolitana secondo la quale l’Europa chiedeva all’Italia che fosse il singolo giudice a dover rispondere direttamente con il proprio patrimonio: in realtà la Corte di Giustizia dell’Unione Europea per due volte aveva invece richiamato l’Italia a prevedere che lo Stato dovesse risarcire anche gli errori commessi dalla Cassazione con violazioni manifeste del diritto dell’Unione Europea. Sull’onda però di questo strumentale equivoco, il Parlamento ha comunque ritenuto di modificare la legge del 1988.

I magistrati italiani – già «processabili» dalla ordinaria giustizia penale quando si macchiano di delitti, dalla Corte dei conti quando causano danni all’Erario, e dal Csm quando commettono violazioni disciplinari – fino a ieri erano esposti a una azione di responsabilità civile che il cittadino poteva promuovere soltanto contro lo Stato (che poteva poi rivalersi sul magistrato per un terzo del suo stipendio annuo); e soltanto per casi di dolo, colpa grave e denegata giustizia, dai quali erano espressamente escluse l’interpretazione di norme o la valutazione del fatto e delle prove.

La nuova legge mantiene lo schermo dello Stato (alzando la rivalsa a metà dello stipendio), ma tra i casi di colpa grave introduce «il travisamento del fatto o della prove». Questo è un aspetto molto insidioso. Sia perché potrebbe incentivare giudici-burocrati al quieto vivere di scelte interpretative più accomodanti e di decisioni meno rischiose per le proprie tasche, quando in gioco vi siano grossi interessi e forti protagonisti. Sia perché confina/sconfina pericolosamente con ciò che non è consentito dal sistema, e cioè con il sindacare l’attività di interpretazione che, argomentata dal giudice nella motivazione dei provvedimenti impugnabili nei gradi successivi, è il cuore della giurisdizione. Al punto che, per restare entro la Costituzione, si dovrebbe ricondurre la nozione di «travisamento» solo a quello abnorme, accecante, macroscopico, che per essere rilevato non abbia bisogno di alcuna valutazione: così però ricadendo di fatto nella vecchia legge, che già faceva discendere la responsabilità dall’«affermazione» o «negazione» di «un fatto» di cui la rispettiva esistenza o assenza risultasse «incontrastabilmente dagli atti».

E se fino a ieri l’azione di risarcimento era subordinata a un vaglio del Tribunale sulla non manifesta infondatezza, la nuova legge abolisce invece questo filtro di ammissibilità, ritenendolo responsabile del fallimento statistico della legge (7 condanne su 400 ricorsi in 25 anni); ma nello stesso tempo non mette alcuna sanzione a carico di chi risulti aver instaurato azioni di responsabilità palesemente campate per aria, ritorsive, intimidatorie.
Così, però, il pericolo di condizionare il giudice arriverà non tanto dal timore dell’esito, ma già dall’azione in sé, giacché egli – che da qualunque pur balzana denuncia potrà temere conseguenze disciplinari dirette oltre che patrimoniali indirette – dovrà ogni volta ingaggiare (e pagare) un avvocato: in una catena di «processi al processo» precedente, tendenti a ridiscutere all’infinito il verdetto (non più) finale.

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74 comments

  1. Tecette 1 marzo, 2015 at 16:26

    Mi pare si sottovalutino fortissimamente nella discussione tre questioni.

    1) I giudici sono già perseguibili per legge in caso di dolo o di colpa grave, il che esclude la necessità di una nuova legge, per tutti, ma proprio tutti i casi che ho letto nei precedenti commenti;

    2) Manca qualunque sanzione sensata per chi mette in piedi un ricorso palesemente infondato. Rinvio a quanto più volte espresso dalla Gabanelli per quanto attiene alle denunce infondate per diffamazione che i giornalisti in Italia subiscono in continuazione, con richieste di danni per milioni di euro, a carattere chiaramente intimidatorio, e all’assurdità dell’inesistenza di una legge simile a quella inglese, che prevede che se il ricorso si dimostra completamente campato in aria, è il ricorrente a dover pagare anche un multiplo della cifra richiesta all’inquisito. Una clausola di questo tipo lascerebbe in piedi solo i ricorsi con qualche possibilità di successo, come succede in altri paesi del mondo. Invece al momento, se condanni un miliardario sei sicuro di venire denunciato dai suoi avvocati.

    3) Per uno che di mestiere deve INTERPRETARE, cosa diamine è il “travisamento del fatto”? Cioè, non il conoscere male le leggi, ma aver deciso che una certa prova era sufficiente quando poi in appello si è ritenuta insufficiente? Perchè se si aprono le porte a questa possibilità…

    • Gennaro Olivieri 1 marzo, 2015 at 20:17

      Per cercare di rispondere al punto 3 di Tecette:il problema è il travisamento della prova, non del fatto. Rimando ancora agli interessantissimi link postati da Blue più sotto, in cui vengono fatti anche degli illuminanti esempi di problemi di valutazione delle prove, soprattutto riguardo all’uso delle dichiarazioni/confessioni dei pentiti. La Giustizia comincia ad utilizzare i pentiti negli ultimi anni ’70, in relazione a fatti di terrorismo. Inizialmente viene accettata come prova valida dalle Corti la dichiarazione del singolo pentito; il mezzo risulta efficace nell’ambito dei processi a brigatisti. Quando il fenomeno del pentitismo comincia a estendersi anche ai reati associativi di tipo mafioso, appare chiaro che le confessioni di un solo pentito non possono essere sufficienti nei casi di processi complessi, che riguardano una quantità di reati e di imputati: il pentito può ricordare male, può essere insincero nelle sue dichiarazioni, può avere degli scopi da raggiungere, può essere imbeccato ad arte dagli inquirenti, ecc. Allora comincia ad affermarsi in giurisprudenza la tesi delle “dichiarazioni concordanti” di più pentiti, in mancanza delle quali i giudici di Appello e della Cassazione ritenevano che le prove fossero insufficienti. Ancora dopo, quando apparve chiaro che i pentiti, prima o dopo il pentimento, comunicavano tra loro e potevano mettersi d’accordo sulle dichiarazioni da rendere, venne introdotto dalla Cassazione il pricipio del “riscontro oggettivo” delle dichiarazioni: cioè, non bastano confessioni o dichiarazioni anche se di più persone, ma il giudice è tenuto a cercare nei fatti un riscontro della veridicità di quanto dichiarato. Per concludere: nel caso di reati associativi, oggi l’orientamento della Cassazione è che se il giudice non effettua o non valuta. o valuta male il “riscontro oggettivo” delle dichiarazioni, ha giudicato male o addirittura ha “travisato” una prova (la dichairazione o confessione). Ciò è motivo di annullamento della sentenza; assai più difficile è valutare fino a che punto il giudice ha “travisato”, e con quanta buona o male fede, intelligenza, perizia, abbia fatto le sue valutazioni. Quasi impossibile da giudicare in ambito di definizione della responsabilità del giudice, sicuramente sufficiente per intentare una causa di responsabilità.

  2. Tecette 1 marzo, 2015 at 16:26

    Mi pare si sottovalutino fortissimamente nella discussione tre questioni.

    1) I giudici sono già perseguibili per legge in caso di dolo o di colpa grave, il che esclude la necessità di una nuova legge, per tutti, ma proprio tutti i casi che ho letto nei precedenti commenti;

    2) Manca qualunque sanzione sensata per chi mette in piedi un ricorso palesemente infondato. Rinvio a quanto più volte espresso dalla Gabanelli per quanto attiene alle denunce infondate per diffamazione che i giornalisti in Italia subiscono in continuazione, con richieste di danni per milioni di euro, a carattere chiaramente intimidatorio, e all’assurdità dell’inesistenza di una legge simile a quella inglese, che prevede che se il ricorso si dimostra completamente campato in aria, è il ricorrente a dover pagare anche un multiplo della cifra richiesta all’inquisito. Una clausola di questo tipo lascerebbe in piedi solo i ricorsi con qualche possibilità di successo, come succede in altri paesi del mondo. Invece al momento, se condanni un miliardario sei sicuro di venire denunciato dai suoi avvocati.

    3) Per uno che di mestiere deve INTERPRETARE, cosa diamine è il “travisamento del fatto”? Cioè, non il conoscere male le leggi, ma aver deciso che una certa prova era sufficiente quando poi in appello si è ritenuta insufficiente? Perchè se si aprono le porte a questa possibilità…

    • Gennaro Olivieri 1 marzo, 2015 at 20:17

      Per cercare di rispondere al punto 3 di Tecette:il problema è il travisamento della prova, non del fatto. Rimando ancora agli interessantissimi link postati da Blue più sotto, in cui vengono fatti anche degli illuminanti esempi di problemi di valutazione delle prove, soprattutto riguardo all’uso delle dichiarazioni/confessioni dei pentiti. La Giustizia comincia ad utilizzare i pentiti negli ultimi anni ’70, in relazione a fatti di terrorismo. Inizialmente viene accettata come prova valida dalle Corti la dichiarazione del singolo pentito; il mezzo risulta efficace nell’ambito dei processi a brigatisti. Quando il fenomeno del pentitismo comincia a estendersi anche ai reati associativi di tipo mafioso, appare chiaro che le confessioni di un solo pentito non possono essere sufficienti nei casi di processi complessi, che riguardano una quantità di reati e di imputati: il pentito può ricordare male, può essere insincero nelle sue dichiarazioni, può avere degli scopi da raggiungere, può essere imbeccato ad arte dagli inquirenti, ecc. Allora comincia ad affermarsi in giurisprudenza la tesi delle “dichiarazioni concordanti” di più pentiti, in mancanza delle quali i giudici di Appello e della Cassazione ritenevano che le prove fossero insufficienti. Ancora dopo, quando apparve chiaro che i pentiti, prima o dopo il pentimento, comunicavano tra loro e potevano mettersi d’accordo sulle dichiarazioni da rendere, venne introdotto dalla Cassazione il pricipio del “riscontro oggettivo” delle dichiarazioni: cioè, non bastano confessioni o dichiarazioni anche se di più persone, ma il giudice è tenuto a cercare nei fatti un riscontro della veridicità di quanto dichiarato. Per concludere: nel caso di reati associativi, oggi l’orientamento della Cassazione è che se il giudice non effettua o non valuta. o valuta male il “riscontro oggettivo” delle dichiarazioni, ha giudicato male o addirittura ha “travisato” una prova (la dichairazione o confessione). Ciò è motivo di annullamento della sentenza; assai più difficile è valutare fino a che punto il giudice ha “travisato”, e con quanta buona o male fede, intelligenza, perizia, abbia fatto le sue valutazioni. Quasi impossibile da giudicare in ambito di definizione della responsabilità del giudice, sicuramente sufficiente per intentare una causa di responsabilità.

  3. Franz 1 marzo, 2015 at 16:11

    Matteo Renzi doveva ricomporre in qualche modo il rapporto con Berlusconi incrinatosi dopo l’elezione di Mattarella al Quirinale, un po’ come quei mariti che, dopo aver tradito la moglie, cercano di farsi perdonare regalandole un gioiello.

  4. Franz 1 marzo, 2015 at 16:11

    Matteo Renzi doveva ricomporre in qualche modo il rapporto con Berlusconi incrinatosi dopo l’elezione di Mattarella al Quirinale, un po’ come quei mariti che, dopo aver tradito la moglie, cercano di farsi perdonare regalandole un gioiello.

  5. DareioS 1 marzo, 2015 at 13:24

    Sarà una giustizia per ricchi in grado di dichiarare guerra ai magistrati con spiegamento di forza e di risorse economiche, per tutti gli altri il servizio giustizia peggiorerà. Non vi era proprio urgenza un ulteriore regalo al pregiudicato in dolce espiazione.

  6. DareioS 1 marzo, 2015 at 13:24

    Sarà una giustizia per ricchi in grado di dichiarare guerra ai magistrati con spiegamento di forza e di risorse economiche, per tutti gli altri il servizio giustizia peggiorerà. Non vi era proprio urgenza un ulteriore regalo al pregiudicato in dolce espiazione.

  7. DareioS 27 febbraio, 2015 at 11:43

    400 ricorsi in 25 anni da la misura della non indifferibilità ed urgenza della modifica legislativa.
    I rischi denunciati nello scritto sono tutt’altro che irreali. L’indipendenza, l’autonomia del magistrato sono come è facile comprendere presidi a garanzia dei cittadini prima ancora che della “casta giudicante”. Una legge di cui non vi era alcuna necessità, dato l’impatto minimale in ambito “sociale”. Legge punitiva per le toghe ultima coda di veleno del pregiudicato in fase di espiazione della blanda pena inflittale. Probabilmente i primi ad essere colpiti saranno i giudici onorari che in gran numero e senza protezione di casta amministrano quotidianamente la giustizia diffusa. La legge di che trattasi altro non è se non uno dei molti indecenti tributi richiesti al governo Renzi dal pregiudicato e dai suoi sodali.

  8. DareioS 27 febbraio, 2015 at 11:43

    400 ricorsi in 25 anni da la misura della non indifferibilità ed urgenza della modifica legislativa.
    I rischi denunciati nello scritto sono tutt’altro che irreali. L’indipendenza, l’autonomia del magistrato sono come è facile comprendere presidi a garanzia dei cittadini prima ancora che della “casta giudicante”. Una legge di cui non vi era alcuna necessità, dato l’impatto minimale in ambito “sociale”. Legge punitiva per le toghe ultima coda di veleno del pregiudicato in fase di espiazione della blanda pena inflittale. Probabilmente i primi ad essere colpiti saranno i giudici onorari che in gran numero e senza protezione di casta amministrano quotidianamente la giustizia diffusa. La legge di che trattasi altro non è se non uno dei molti indecenti tributi richiesti al governo Renzi dal pregiudicato e dai suoi sodali.

  9. nemo 27 febbraio, 2015 at 09:58

    L’argomento, vedo , ci affascina. Interessante e, tutto sommato, importante che vi sia tanta attenzione per un argomento che ,a prima vista, potrebbe riguardare solo gli addetti ai lavori. Premetto che a suo tempo mi espressi negativamente al quesito referendario , che ci sottoponeva una domanda secca ed obbligava una risposta secca, un si o un no ad un quesito simile lo trovai inaccettabile e demogogico. Oggi dopo la parentesi della legge Vassalli ci si trova davanti ad un identica domanda, si o no? Si se consideriamo il tremendo potere , dato loro dalla legge, dei magistrati, no se consideriamo la possibiltà che la paura di un processo per danno, qualunque sia, possa domani incidere sulla carriera e sulle finanze. Essere o non essere, recita Amleto ! Di certo, in alcune occasioni ne abbiamo avuto la prova, di certo un controllo a posteriori sull’operato di alcuni di loro si è reso, ed è, necessario. L’esempio che fate, il giudice Carnevale, è più che chiaro, accludiamo nella casistica l’esempio della disavventura occorsa al povero Enzo Tortora, ma è anche vero che la possibiltà di un procedimento “farlocco” teso solo a deleggittimare il magistrato che ti ha condannato è dietro l’angolo , sopratutto se hai la forza economica per affrontarlo. Allora come se ne esce? Non credo di avere di poter proporre una soluzione, vi ricordo un processo avvenuto nella antica Roma , processi di cui abbiamo gli atti, nel quale l’accusato, difeso da Cicerone, si difendeva dall’accusa di aver ucciso il proprio padre per acquisire anzitempo l’eredità. Il grande retore dimostrò l’infondatezza delle accuse e, anzi, indicò con tanto di testimoni, il vero colpevole. L’accusa cadde il colpevole fu arrestato e condannato, ma il pubblico ministero di quei tempi avrebbe dovuto pagare di persona, e non una sanzione la pecuniaria, il fatto di aver portato un innocente alla sbarra. Voglio dire, se non crei una contromisura per neutralizzare la una possibiltà di una , possibile, ingiusta accusa credo ci sia un vulnus. Fermo restando il fatto che solo gli abbienti possono chiedere giustizia !

  10. nemo 27 febbraio, 2015 at 09:58

    L’argomento, vedo , ci affascina. Interessante e, tutto sommato, importante che vi sia tanta attenzione per un argomento che ,a prima vista, potrebbe riguardare solo gli addetti ai lavori. Premetto che a suo tempo mi espressi negativamente al quesito referendario , che ci sottoponeva una domanda secca ed obbligava una risposta secca, un si o un no ad un quesito simile lo trovai inaccettabile e demogogico. Oggi dopo la parentesi della legge Vassalli ci si trova davanti ad un identica domanda, si o no? Si se consideriamo il tremendo potere , dato loro dalla legge, dei magistrati, no se consideriamo la possibiltà che la paura di un processo per danno, qualunque sia, possa domani incidere sulla carriera e sulle finanze. Essere o non essere, recita Amleto ! Di certo, in alcune occasioni ne abbiamo avuto la prova, di certo un controllo a posteriori sull’operato di alcuni di loro si è reso, ed è, necessario. L’esempio che fate, il giudice Carnevale, è più che chiaro, accludiamo nella casistica l’esempio della disavventura occorsa al povero Enzo Tortora, ma è anche vero che la possibiltà di un procedimento “farlocco” teso solo a deleggittimare il magistrato che ti ha condannato è dietro l’angolo , sopratutto se hai la forza economica per affrontarlo. Allora come se ne esce? Non credo di avere di poter proporre una soluzione, vi ricordo un processo avvenuto nella antica Roma , processi di cui abbiamo gli atti, nel quale l’accusato, difeso da Cicerone, si difendeva dall’accusa di aver ucciso il proprio padre per acquisire anzitempo l’eredità. Il grande retore dimostrò l’infondatezza delle accuse e, anzi, indicò con tanto di testimoni, il vero colpevole. L’accusa cadde il colpevole fu arrestato e condannato, ma il pubblico ministero di quei tempi avrebbe dovuto pagare di persona, e non una sanzione la pecuniaria, il fatto di aver portato un innocente alla sbarra. Voglio dire, se non crei una contromisura per neutralizzare la una possibiltà di una , possibile, ingiusta accusa credo ci sia un vulnus. Fermo restando il fatto che solo gli abbienti possono chiedere giustizia !

  11. Kokab 27 febbraio, 2015 at 09:50

    a puro titolo informativo:
    in francia, germania, portogallo, belgio e olanda sulla responsabilità dei giudici vige un ordinamento simile a quello previsto dalla legge vassalli, oggi superata, con alcune differenze più o meno significative.
    in francia il cittadino può rivalersi sullo stato, che, se condannato, può a sua volta rivalersi sul giudice in caso di “mancanza intenzionale particolarmente grave”; situazione simile in Belgio e Portogallo, con lo Stato che può rivalersi sul giudice solo in caso di dolo intenzionale; in olanda la responsabilità è unicamente dello Stato che non può rivalersi sul giudice.
    in spagna invece stato e giudice possono essere chiamati in solido a rispondere civilmente dei danni causati, ma solo dopo che un tribunale apposito abbia stabilito che vi sia stato dolo o colpa grave. in germania la responsabilità civile è unicamente dello stato.
    in inghilterra, e in tutti i paesi di “common law”, è invece stabilita l’immunità giudiziaria: i magistrati non devono rispondere di nessun atto sottoscritto nell’esercizio delle proprie funzioni.
    tutti superati oggi da noi sulla strada della civiltà giuridica?

  12. Kokab 27 febbraio, 2015 at 09:50

    a puro titolo informativo:
    in francia, germania, portogallo, belgio e olanda sulla responsabilità dei giudici vige un ordinamento simile a quello previsto dalla legge vassalli, oggi superata, con alcune differenze più o meno significative.
    in francia il cittadino può rivalersi sullo stato, che, se condannato, può a sua volta rivalersi sul giudice in caso di “mancanza intenzionale particolarmente grave”; situazione simile in Belgio e Portogallo, con lo Stato che può rivalersi sul giudice solo in caso di dolo intenzionale; in olanda la responsabilità è unicamente dello Stato che non può rivalersi sul giudice.
    in spagna invece stato e giudice possono essere chiamati in solido a rispondere civilmente dei danni causati, ma solo dopo che un tribunale apposito abbia stabilito che vi sia stato dolo o colpa grave. in germania la responsabilità civile è unicamente dello stato.
    in inghilterra, e in tutti i paesi di “common law”, è invece stabilita l’immunità giudiziaria: i magistrati non devono rispondere di nessun atto sottoscritto nell’esercizio delle proprie funzioni.
    tutti superati oggi da noi sulla strada della civiltà giuridica?

  13. Genesis 27 febbraio, 2015 at 06:52

    Gennaro, rispondo qui per motivi di spazio…
    Ho premesso di non conoscere il significato di “colpa grave” se non quello puramente letterale…ma alla fine è ciò che posso concepire.
    Tieni conto che da tutti i miei discorsi si capisce che sarei ben più pesante su questa situazione, proprio perché anche la “svista involontaria e innocente, fors’anche puerile” potrebbe causare danni materiali, ma soprattutto umani di enorme grandezza. Cosa, la mia pesantezza, che adotterei in qualsiasi campo lavorativo…
    I giudici hanno un’enorme responsabilita, sicuramente la più alta di tutti e, di certo, devono essere di un’imparzialità assoluta. Per poter essere così, esistono già leggi che li obbligano al rigore, al fare in modo che non vi siano colpe gravi, come l’ottima Jane ci ha spiegato sotto, ma non definiscono la pena individuale pecuniaria. Ora sì, e, ripeto, spero che questa nuova legge sia la testa di ponte che porterà, a tempi debiti, ad un riassetto completo del nostro impianto giudiziario, lungo, farraginoso, impastato di leggi antiche e tanto cavilloso giusto per far giocare i nostri avvocati a “chi è il più bravo” e non alla dimostrazione completa della colpevolezza di qualcuno…ma questa è altra storia.

  14. Genesis 27 febbraio, 2015 at 06:52

    Gennaro, rispondo qui per motivi di spazio…
    Ho premesso di non conoscere il significato di “colpa grave” se non quello puramente letterale…ma alla fine è ciò che posso concepire.
    Tieni conto che da tutti i miei discorsi si capisce che sarei ben più pesante su questa situazione, proprio perché anche la “svista involontaria e innocente, fors’anche puerile” potrebbe causare danni materiali, ma soprattutto umani di enorme grandezza. Cosa, la mia pesantezza, che adotterei in qualsiasi campo lavorativo…
    I giudici hanno un’enorme responsabilita, sicuramente la più alta di tutti e, di certo, devono essere di un’imparzialità assoluta. Per poter essere così, esistono già leggi che li obbligano al rigore, al fare in modo che non vi siano colpe gravi, come l’ottima Jane ci ha spiegato sotto, ma non definiscono la pena individuale pecuniaria. Ora sì, e, ripeto, spero che questa nuova legge sia la testa di ponte che porterà, a tempi debiti, ad un riassetto completo del nostro impianto giudiziario, lungo, farraginoso, impastato di leggi antiche e tanto cavilloso giusto per far giocare i nostri avvocati a “chi è il più bravo” e non alla dimostrazione completa della colpevolezza di qualcuno…ma questa è altra storia.

  15. Blue 26 febbraio, 2015 at 21:07

    Ho espresso un parere, da non giurista, pacatamente, senza pretendere che le mie convinzioni avessero validità assoluta. Pensavo di contribuire al thread proponendo una lettura, probabilmente semplificando, personale del tema in oggetto. Le reazioni Leggo mi spingono ad astenermi da ogni altro commento.
    Per coloro che avessero voglia di leggere anche altre visioni, riporto alcuni link in cui “professionisti forensi”, magistrati e studiosi – la definizione non è mia, ovviamente, ma è contenuta nelle pagine sottostanti – analizzano la questione.
    Finisco qui. Non mi spingo oltre.

    http://www.errorigiudiziari.com/luciano-violante-legge-responsabilita-civile-magistrati/
    http://www.errorigiudiziari.com/prefazione-di-roberto-martinelli/
    http://www.errorigiudiziari.com/lerrore-giudiziario-materia-desame-di-r-borruso/
    http://www.errorigiudiziari.com/colpa-dei-processi-indiziari-di-f-imposimato/

  16. Blue 26 febbraio, 2015 at 21:07

    Ho espresso un parere, da non giurista, pacatamente, senza pretendere che le mie convinzioni avessero validità assoluta. Pensavo di contribuire al thread proponendo una lettura, probabilmente semplificando, personale del tema in oggetto. Le reazioni Leggo mi spingono ad astenermi da ogni altro commento.
    Per coloro che avessero voglia di leggere anche altre visioni, riporto alcuni link in cui “professionisti forensi”, magistrati e studiosi – la definizione non è mia, ovviamente, ma è contenuta nelle pagine sottostanti – analizzano la questione.
    Finisco qui. Non mi spingo oltre.

    http://www.errorigiudiziari.com/luciano-violante-legge-responsabilita-civile-magistrati/
    http://www.errorigiudiziari.com/prefazione-di-roberto-martinelli/
    http://www.errorigiudiziari.com/lerrore-giudiziario-materia-desame-di-r-borruso/
    http://www.errorigiudiziari.com/colpa-dei-processi-indiziari-di-f-imposimato/

  17. Jane 26 febbraio, 2015 at 18:22

    usciamo da questa sgradevole e fuorviante impasse: i magistrati NON sono professionisti )é la prima volta che leggo insistere su questa categoria sintattica per connotarli, ero rimasta a comunisti) alla stregua di un architetto e nemmeno di un medico di struttura pubblica. Sono uno dei 3 poteri dello Stato democratico, il disequilibrio tra i quali porta storture allo stesso stato di diritto

    • Genesis 26 febbraio, 2015 at 18:33

      Non c’è dubbio, Jane, hai perfettissimamente ragione… L’unica cosa che a me, però, sovviene allorquando si parli di magistrati, giudici ed affini è una semplicissima famosa frasetta: “La Legge è uguale per Tutti”…
      …per cui, se ve ne fosse motivo, chiunque dovrebbe essere perseguibile e pagare per la propria pena. Non mi piace che in uno stato come il nostro (e in tutto il mondo) vi sia qualcuno che risultasse “meno perseguibile di altri”…(non centra in questo contesto, ma ci infilo anche il Capo dello Stato)

      • Kokab 26 febbraio, 2015 at 19:04

        la legge è certamente uguale per tutti, ma qui non stiamo parlando di reati penali, e nemmeno di dolo, sui quali non c’è discussione, stiamo parlando del concetto di “colpa grave”, che è forse possibile stabilire, ma non senza margini di incertezza.
        l’indipendenza della magistratura è un bene che merita tutela al di sopra di ogni altra considerazione, perché garantisce la separazione dei poteri e l’esistenza stessa dello stato di diritto; volendo estremizzare, è un bene superiore alla stessa democrazia, perché la precede e la fonda.
        credo che valga la pena che lo stato paghi per le eventuali sciocchezze dei suoi magistrati, come del resto succede nella maggioranza dei paesi civili, piuttosto che rischiare di mettere in discussione questo patrimonio di civiltà giuridica, senza il quale, per intenderci, la fedina penale di silvio Berlusconi sarebbe probabilmente immacolata, candida e splendente.

        • Genesis 26 febbraio, 2015 at 20:32

          Vedi Kobab, io penso che si debba essere sempre, e ribadisco, sempre responsabili di ciò che si fa. Non conosco i termini di “colpa grave” e quindi rimango al significato letterale. Una svista, anche se non voluta, sempre svista è! Nel mio lavoro una svista può corrispondere al minimo all’inquinamento ambientale, al massimo alla strage. Per questo io e la mia azienda siamo assicurati (chiaramente a pagamento).
          Una svista di un giudice (ribadisco, non voluta!…come potrebbe essere la mia…!) potrebbe portare alla reclusione di una persona innocente, allo sputtanamento mediatico e/o altre pene che spesso determinano la vita di qualcuno.
          Non capisco quale sia la differenza tra le due cose, se non che uno dei due non dovrebbe pagare per i suoi errori, perché paga la comunità…ma quello non sono io…

          • Kokab 26 febbraio, 2015 at 21:16

            perdona la banalità genesis, ma per quanti danni tu possa fare, non li farai mai in nome del popolo italiano; non è una piccola differenza.

        • Genesis 26 febbraio, 2015 at 21:45

          Appunto…è ancora peggio che si facciano errori in nome d’altri…soprattutto di un popolo.
          In qualsiasi campo lavorativo (perché fare il giudice è comunque un lavoro…) l’obbiettivo finale è quello di fare bene: bisogna però sempre incentivare l’attenzione, al contrario c’è più probabilità di compiere errori…

          • Gennaro Olivieri 26 febbraio, 2015 at 23:16

            solo per la precisione, la responsabilità del giudice non riguarda “sviste” o “disattenzioni”, ma ipotesi gravi di comportamenti intenzionali e valutazioni consapevolmente scorrette, quale, per usare un’espressione spesso usata in questi giorni , il “travisamento delle prove”, cioè non prendere in considerazione prove valide, valutarle intenzionalmente in maniera scorretta. Parliamo cioè di una volontà di alterare il normale corso del processo e di una intenzione dolosa, oppure di un ragionamento o di un agire talmente scriteriato e sconsiderato da parte del giudice, che senza arrivate al comportamento doloso, risulta però considerabile come “colpa grave”: cose assai difficili da dimostrare, ma che oggi diventano motivo per intentare comunque una causa per responsabilità, senza che prima ci sia la valutazione di un tribunale riguardo la fondatezza di queste gravissime accuse.

  18. Jane 26 febbraio, 2015 at 18:22

    usciamo da questa sgradevole e fuorviante impasse: i magistrati NON sono professionisti )é la prima volta che leggo insistere su questa categoria sintattica per connotarli, ero rimasta a comunisti) alla stregua di un architetto e nemmeno di un medico di struttura pubblica. Sono uno dei 3 poteri dello Stato democratico, il disequilibrio tra i quali porta storture allo stesso stato di diritto

    • Genesis 26 febbraio, 2015 at 18:33

      Non c’è dubbio, Jane, hai perfettissimamente ragione… L’unica cosa che a me, però, sovviene allorquando si parli di magistrati, giudici ed affini è una semplicissima famosa frasetta: “La Legge è uguale per Tutti”…
      …per cui, se ve ne fosse motivo, chiunque dovrebbe essere perseguibile e pagare per la propria pena. Non mi piace che in uno stato come il nostro (e in tutto il mondo) vi sia qualcuno che risultasse “meno perseguibile di altri”…(non centra in questo contesto, ma ci infilo anche il Capo dello Stato)

      • Kokab 26 febbraio, 2015 at 19:04

        la legge è certamente uguale per tutti, ma qui non stiamo parlando di reati penali, e nemmeno di dolo, sui quali non c’è discussione, stiamo parlando del concetto di “colpa grave”, che è forse possibile stabilire, ma non senza margini di incertezza.
        l’indipendenza della magistratura è un bene che merita tutela al di sopra di ogni altra considerazione, perché garantisce la separazione dei poteri e l’esistenza stessa dello stato di diritto; volendo estremizzare, è un bene superiore alla stessa democrazia, perché la precede e la fonda.
        credo che valga la pena che lo stato paghi per le eventuali sciocchezze dei suoi magistrati, come del resto succede nella maggioranza dei paesi civili, piuttosto che rischiare di mettere in discussione questo patrimonio di civiltà giuridica, senza il quale, per intenderci, la fedina penale di silvio Berlusconi sarebbe probabilmente immacolata, candida e splendente.

        • Genesis 26 febbraio, 2015 at 20:32

          Vedi Kobab, io penso che si debba essere sempre, e ribadisco, sempre responsabili di ciò che si fa. Non conosco i termini di “colpa grave” e quindi rimango al significato letterale. Una svista, anche se non voluta, sempre svista è! Nel mio lavoro una svista può corrispondere al minimo all’inquinamento ambientale, al massimo alla strage. Per questo io e la mia azienda siamo assicurati (chiaramente a pagamento).
          Una svista di un giudice (ribadisco, non voluta!…come potrebbe essere la mia…!) potrebbe portare alla reclusione di una persona innocente, allo sputtanamento mediatico e/o altre pene che spesso determinano la vita di qualcuno.
          Non capisco quale sia la differenza tra le due cose, se non che uno dei due non dovrebbe pagare per i suoi errori, perché paga la comunità…ma quello non sono io…

          • Kokab 26 febbraio, 2015 at 21:16

            perdona la banalità genesis, ma per quanti danni tu possa fare, non li farai mai in nome del popolo italiano; non è una piccola differenza.

        • Genesis 26 febbraio, 2015 at 21:45

          Appunto…è ancora peggio che si facciano errori in nome d’altri…soprattutto di un popolo.
          In qualsiasi campo lavorativo (perché fare il giudice è comunque un lavoro…) l’obbiettivo finale è quello di fare bene: bisogna però sempre incentivare l’attenzione, al contrario c’è più probabilità di compiere errori…

          • Gennaro Olivieri 26 febbraio, 2015 at 23:16

            solo per la precisione, la responsabilità del giudice non riguarda “sviste” o “disattenzioni”, ma ipotesi gravi di comportamenti intenzionali e valutazioni consapevolmente scorrette, quale, per usare un’espressione spesso usata in questi giorni , il “travisamento delle prove”, cioè non prendere in considerazione prove valide, valutarle intenzionalmente in maniera scorretta. Parliamo cioè di una volontà di alterare il normale corso del processo e di una intenzione dolosa, oppure di un ragionamento o di un agire talmente scriteriato e sconsiderato da parte del giudice, che senza arrivate al comportamento doloso, risulta però considerabile come “colpa grave”: cose assai difficili da dimostrare, ma che oggi diventano motivo per intentare comunque una causa per responsabilità, senza che prima ci sia la valutazione di un tribunale riguardo la fondatezza di queste gravissime accuse.

  19. Gennaro Olivieri 26 febbraio, 2015 at 18:00

    L’avvocato Raffaele Della Valle, già difensore di Enzo Tortora (quindi uno che conosce bene l’accanimento di una giustizia malevola) è molto critico nei confronti della nuova Legge:

    «L’Italia è un po’ un pendolo in tema di giustizia, si eccede sempre. Mi preoccupa che chiunque possa andare a chiedere giustizia senza un filtro. Prima il filtro era eccessivo, le maglie erano troppo strette, ma non vorrei che senza filtro si creassero situazioni abnormi. Per evitarle bisognava per lo meno prevedere come contrappeso una forte penalizzazione per la lite temeraria (quei casi in cui si avviano cause per futili motivi impegnando le strutture della giustizia senza una buona ragione, ndr). Anche perché gli avvocati molto spesso eccedono nelle presunte tutele, tanto più che la crisi dell’avvocatura molto spesso comporta degli atteggiamenti arrembanti. Si fanno denunce pur di accontentare il cliente. A volte gli strumenti giuridici servono come ammortizzatori sociali per avvocati che sono troppi, 250mila.Così come l’estensione di ammettere le parti civili, le più disparate nei processi, servono per dare lavoro agli avvocati, parliamoci chiaro». 

    Nell’intervista rilasciata a La Stampa, Della Valle fa considerazioni interessanti sull’etica e sulle motivazioni professionali di giudici e avvocati. Anche un vecchio principe del foro riconosce che le nobili professioni forensi sono cadute in basso!

    http://www.lastampa.it/2015/02/26/italia/cronache/responsabilit-dei-giudici-il-problema-lo-strapotere-di-media-e-pm-Nynoe0OXGu93lCfAn9z63J/pagina.html

  20. Gennaro Olivieri 26 febbraio, 2015 at 18:00

    L’avvocato Raffaele Della Valle, già difensore di Enzo Tortora (quindi uno che conosce bene l’accanimento di una giustizia malevola) è molto critico nei confronti della nuova Legge:

    «L’Italia è un po’ un pendolo in tema di giustizia, si eccede sempre. Mi preoccupa che chiunque possa andare a chiedere giustizia senza un filtro. Prima il filtro era eccessivo, le maglie erano troppo strette, ma non vorrei che senza filtro si creassero situazioni abnormi. Per evitarle bisognava per lo meno prevedere come contrappeso una forte penalizzazione per la lite temeraria (quei casi in cui si avviano cause per futili motivi impegnando le strutture della giustizia senza una buona ragione, ndr). Anche perché gli avvocati molto spesso eccedono nelle presunte tutele, tanto più che la crisi dell’avvocatura molto spesso comporta degli atteggiamenti arrembanti. Si fanno denunce pur di accontentare il cliente. A volte gli strumenti giuridici servono come ammortizzatori sociali per avvocati che sono troppi, 250mila.Così come l’estensione di ammettere le parti civili, le più disparate nei processi, servono per dare lavoro agli avvocati, parliamoci chiaro». 

    Nell’intervista rilasciata a La Stampa, Della Valle fa considerazioni interessanti sull’etica e sulle motivazioni professionali di giudici e avvocati. Anche un vecchio principe del foro riconosce che le nobili professioni forensi sono cadute in basso!

    http://www.lastampa.it/2015/02/26/italia/cronache/responsabilit-dei-giudici-il-problema-lo-strapotere-di-media-e-pm-Nynoe0OXGu93lCfAn9z63J/pagina.html

  21. M.Ludi 26 febbraio, 2015 at 16:32

    Da qualche parte ho letto che in molti ospedali è incrementato il numero dei parti cesarei a danno di quelli naturali, cosa che limiterebbe, nel momento del parto (ma non successivamente sulla salute della donna che partorisce) la possibilità che qualcosa vada storto ed il nascituro ne subisca le conseguenze. A latere, qualche commento a tale notizia riportava anche il fatto non trascurabile che un parto naturale ha un costo per la collettività ben inferiore a quello di un parto cesareo il quale, di fatto, è un intervento chirurgico.
    Trascurando del tutto il secondo aspetto e focalizzandomi sul primo, rilevo che il crescente ricorso in sede giudiziale a seguito di presunti danni subiti, porta fatalmente alla scelta migliore, non per il cittadino, ma per il medico che fatto un rapido calcolo probabilistico, può finire per fare la scelta più adeguata a metterlo al riparo da futuri guai giudiziari.
    Stessa analisi la si può fare in tutti i settori nei quali si articola il rapporto tra il pubblico ed il privato e l’unica constatazione oggettiva fattibile è che negli ultimi anni è cresciuto enormemente il numero degli avvocati con naturale riduzione dei loro ricavi pro-capite. Ciò ha portato al lievitare della litigiosità quotidiana, in una situazione, per di più, di disagio crescente in larghe parti della popolazione.
    Tutto questo preambolo, per chiudere con la convinzione che mettere mano a questioni come queste è cosa assai delicata che presupporrebbe, a monte, l’efficentamento della macchina organizzativa (della sanità nell’esempio precedente, della giustizia in quello che origina il thread), non disgiunto dalla creazione di organismi di controllo veri, non corporativi, a loro volta giudici super pares, cosa che in Italia mi sembra difficile da ipotizzare.
    Non ho nascosto in precedenza il mio prudente (e non incondizionato) sostegno al Governo attuale e non per cieca fede ma per constatazione che tutte le alternative a me sembrano peggiori; sulla giustizia avrei auspicato, finalmente, qualche provvedimento che mi consentisse, laddove fossi oggetto di attenzioni di parte inquirente, di poter contare su un iter rapido ed equo e non mi pare che tutto questo lo si ottenga inducendo i giudici, anche quelli più ligi ed attenti al rispetto delle regole, a cercare di farsi meno male possibile.

  22. M.Ludi 26 febbraio, 2015 at 16:32

    Da qualche parte ho letto che in molti ospedali è incrementato il numero dei parti cesarei a danno di quelli naturali, cosa che limiterebbe, nel momento del parto (ma non successivamente sulla salute della donna che partorisce) la possibilità che qualcosa vada storto ed il nascituro ne subisca le conseguenze. A latere, qualche commento a tale notizia riportava anche il fatto non trascurabile che un parto naturale ha un costo per la collettività ben inferiore a quello di un parto cesareo il quale, di fatto, è un intervento chirurgico.
    Trascurando del tutto il secondo aspetto e focalizzandomi sul primo, rilevo che il crescente ricorso in sede giudiziale a seguito di presunti danni subiti, porta fatalmente alla scelta migliore, non per il cittadino, ma per il medico che fatto un rapido calcolo probabilistico, può finire per fare la scelta più adeguata a metterlo al riparo da futuri guai giudiziari.
    Stessa analisi la si può fare in tutti i settori nei quali si articola il rapporto tra il pubblico ed il privato e l’unica constatazione oggettiva fattibile è che negli ultimi anni è cresciuto enormemente il numero degli avvocati con naturale riduzione dei loro ricavi pro-capite. Ciò ha portato al lievitare della litigiosità quotidiana, in una situazione, per di più, di disagio crescente in larghe parti della popolazione.
    Tutto questo preambolo, per chiudere con la convinzione che mettere mano a questioni come queste è cosa assai delicata che presupporrebbe, a monte, l’efficentamento della macchina organizzativa (della sanità nell’esempio precedente, della giustizia in quello che origina il thread), non disgiunto dalla creazione di organismi di controllo veri, non corporativi, a loro volta giudici super pares, cosa che in Italia mi sembra difficile da ipotizzare.
    Non ho nascosto in precedenza il mio prudente (e non incondizionato) sostegno al Governo attuale e non per cieca fede ma per constatazione che tutte le alternative a me sembrano peggiori; sulla giustizia avrei auspicato, finalmente, qualche provvedimento che mi consentisse, laddove fossi oggetto di attenzioni di parte inquirente, di poter contare su un iter rapido ed equo e non mi pare che tutto questo lo si ottenga inducendo i giudici, anche quelli più ligi ed attenti al rispetto delle regole, a cercare di farsi meno male possibile.

  23. Blue 26 febbraio, 2015 at 14:32

    Cari Kokab e Gennaro, rispondo qui a tutti e due.
    Il ritenere il magistrato al “di sopra di ogni sospetto” è prassi consolidata ai nostri giorni, solo da parte di alcuni che hanno il cuore impregnato di valori democratici. Per gli altri non c’è speranza. E, in linea di principio, per fortuna dico io. E su questo siamo in totale accordo. Vero, Gennaro che le professioni altre si configurano in un rapporto di cliente-prestatore d’opera. Non altrettanto vero nel caso in cui si tratti di insegnanti, medici ospedalieri, ingegneri/architetti etc. dipendenti di enti pubblici che decidono nell’ambito delle competenze specifiche del loro ruolo. In cui si commettono errori che sovente ledono legittimi interessi di parte. Più in generale, il funzionario pubblico, non rispondendo del suo operato in modo diretto, resta confinato in una sorta di “legittima protezione” che, secondo me, non è accettabile. Il magistrato, pur riconoscendogli il ruolo altissimo di operare nell’interesse supremo della Giustizia, rappresentando gli interessi del popolo che lo ha delegato a tale funzione, nondimeno non è esente (sicuramente pochi di loro, ma basta per giustificare una dovuta precauzione, che non è sinonimo di intimidazione) da interessi di parte. Quando tali interessi prevalgono sulla correttezza dell’applicazione della Legge, solo allora lo Stato, proprio in nome del popolo che lo dovrebbe esigere, ha l’obbligo morale di intervenire.
    Corrado Carnevale ne è stato l’esempio emblematico. E non stiamo parlando (solo) di detenzioni comminate ad innocenti, di sedie elettriche che hanno “giustiziato” vittime di clamorosi errori giudiziari, di sentenze che hanno mandato assolti organi dello Stato coinvolti in efferatezze e soprusi inammissibili in una società civile (non mi soffermo su dettagli che sicuramente conoscete; e l’elenco potrebbe continuare giustificando da solo provvedimenti che sanzionino tali comportamenti) né, per altro verso, degli inqualificabili attacchi, “pro domo sua”, di B. alla magistratura “rossa” (sic!). Stiamo parlando di “appartenenze” di alcuna parte della magistratura di cui essa avrebbe dovuto in passato – e dovrebbe, nel presente – essere chiamata a rispondere di fronte al proprio “cliente”: la Giustizia che tali soggetti hanno il compito di amministrare in nome e per conto del popolo italiano.
    Il “travisamento delle prove” può essere oggettivamente (collegialmente) definito. E se il supremo garante della giustizia ci incappa, è giusto che ne faccia ammenda. Allo stesso modo dell’architetto responsabile della pianificazione territoriale che decide della destinazione dei suoli in modo non esattamente “neutro”.

    • Jane 26 febbraio, 2015 at 15:42

      Intervengo poiché questo commento a me pare a tratti inquietante..scrivi:” Più in generale, il funzionario pubblico, non rispondendo del suo operato in modo diretto, resta confinato in una sorta di “legittima protezione” . E’ falso.
      Tutti i funzionari pubblici rispondono direttamente del loro operato nei casi in cui ne rispondono i privati nella relazione con il resto del mondo e cioé a norma e in analogia con l’art 2043 sul danno ingiusto ovvero se causano danno per colpa grave (di per sé o negli effetti) o dolo ne rispondono davanti alla legge: il cittadino (aziende, privati, altri enti..) pretermesso può agire nei TAR, con il ricorso gerarchico nella stessa amministrazione, chiedendo atti di correzione in autotutela, etc). Se condannato il funzionario pubblico incorre nelle azioni di rivalsa nel caso di Stato soccombente e in azioni disciplinari (fino al licenziamento che nei fatti avviene)
      Quindi il nostro sistema di diritto privato e amministrativo ha tutti gli strumenti per autotutelarsi anche rispetto agli errori giudiziari valendo la norma sulla responsabilità civile solo ed sclusivamente ad evitarci una multa UE per mancato recepimento di direttiva e alla solita combine che viene dal patto del Nazareno
      Renzi é un maestro nel tirar fuori conigli da cappelli consunti e maleodoroanti di pensiero conservatore
      E credo, leggendo, che il suo gioco del “dai addosso al lavoratore” soprattutto se pubblico stia dando i suoi frutti. Il segreto é non caderci nei tranelli che di tranelli si tratta. Invece di riorganizzare il sistema della giustizia civile (che ci vede agli ultimi posti del mondo) e di dare migliori strumenti alle procure per riorganizzarsi (sono ancora strutture piuttosto burocratiche) si pensa a come punire eventualmente il Guariniello di turno che vuole che sia fatta giustizia sulle morti per Eternit. Pensiamo a quelli della Thyssen: quanto potere e soldi hanno per paventare ricorsi da responsabilità civile contro la procura di Torino? Perché in tal caso un qualsiasi magistrato dovrebbe spendersi per ottenere giustizia se rischia di tasca sua?

    • Luistella 26 febbraio, 2015 at 17:25

      Caro Blu, questa è una legge che vista così, alla luce di tutte i problemi che riguardano il sistema giuridico italiano, verrebbe da dire era proprio necessaria? Non c’è il rischio di intasare di più il sistema e lasciare i magistrati in balia dei capricci più o meno legali di tanti disonesti? Ma, forse non è così. E al di là di alcuni casi che conosciamo e ai quali ai fatto cenno, esiste per me, che poco ci capisco di diritto giuridico, un esempio per me calzante della possibilità di ricorrere per il “travisamento di prove”: quello del processo su danilo Restivo, l’assassino di Elisa Claps. Esiste voce più o meno ufficiale che il magistrato che condusse il processo fosse in relazione con i familiari di Danilo Restivo il cui padre rivestiva una carica importante . Se fosse esistita la possibilità di ricorrere per “travisamento di prove”i familiari di Elisa avrebbero potuto ricorrervi. Una commissione composta da altri giudici, avrebbe potuto permettere che fosse chiarita la faccenda, sia e soprattutto per i parenti della vittima che hanno percorso un vero e proprio calvario, per il magistrato stesso che avrebbe potuto chiarire la sua posizioni, nel caso in cui fossero state solo illazioni. E soprattutto IL Restivo, non sarebbe uscito indenne dal primo processo ( mi pare sia stato solo riconosciuto colpevole per un piccolo reato), poter andare a far danni in giro per l’Italia e soprattutto in Inghilterra. Su un punto disssento dalle tue argomentazioni: nel pubblico impiego prima ancora che possa essere accertata un reato che induca a penale, esiste la possibilità che il dipendente sia sottoposto alla commissione di disciplina che può decidere la riduzione dello stipendio, la sospensione dal servizio, ecc …

  24. Blue 26 febbraio, 2015 at 14:32

    Cari Kokab e Gennaro, rispondo qui a tutti e due.
    Il ritenere il magistrato al “di sopra di ogni sospetto” è prassi consolidata ai nostri giorni, solo da parte di alcuni che hanno il cuore impregnato di valori democratici. Per gli altri non c’è speranza. E, in linea di principio, per fortuna dico io. E su questo siamo in totale accordo. Vero, Gennaro che le professioni altre si configurano in un rapporto di cliente-prestatore d’opera. Non altrettanto vero nel caso in cui si tratti di insegnanti, medici ospedalieri, ingegneri/architetti etc. dipendenti di enti pubblici che decidono nell’ambito delle competenze specifiche del loro ruolo. In cui si commettono errori che sovente ledono legittimi interessi di parte. Più in generale, il funzionario pubblico, non rispondendo del suo operato in modo diretto, resta confinato in una sorta di “legittima protezione” che, secondo me, non è accettabile. Il magistrato, pur riconoscendogli il ruolo altissimo di operare nell’interesse supremo della Giustizia, rappresentando gli interessi del popolo che lo ha delegato a tale funzione, nondimeno non è esente (sicuramente pochi di loro, ma basta per giustificare una dovuta precauzione, che non è sinonimo di intimidazione) da interessi di parte. Quando tali interessi prevalgono sulla correttezza dell’applicazione della Legge, solo allora lo Stato, proprio in nome del popolo che lo dovrebbe esigere, ha l’obbligo morale di intervenire.
    Corrado Carnevale ne è stato l’esempio emblematico. E non stiamo parlando (solo) di detenzioni comminate ad innocenti, di sedie elettriche che hanno “giustiziato” vittime di clamorosi errori giudiziari, di sentenze che hanno mandato assolti organi dello Stato coinvolti in efferatezze e soprusi inammissibili in una società civile (non mi soffermo su dettagli che sicuramente conoscete; e l’elenco potrebbe continuare giustificando da solo provvedimenti che sanzionino tali comportamenti) né, per altro verso, degli inqualificabili attacchi, “pro domo sua”, di B. alla magistratura “rossa” (sic!). Stiamo parlando di “appartenenze” di alcuna parte della magistratura di cui essa avrebbe dovuto in passato – e dovrebbe, nel presente – essere chiamata a rispondere di fronte al proprio “cliente”: la Giustizia che tali soggetti hanno il compito di amministrare in nome e per conto del popolo italiano.
    Il “travisamento delle prove” può essere oggettivamente (collegialmente) definito. E se il supremo garante della giustizia ci incappa, è giusto che ne faccia ammenda. Allo stesso modo dell’architetto responsabile della pianificazione territoriale che decide della destinazione dei suoli in modo non esattamente “neutro”.

    • Jane 26 febbraio, 2015 at 15:42

      Intervengo poiché questo commento a me pare a tratti inquietante..scrivi:” Più in generale, il funzionario pubblico, non rispondendo del suo operato in modo diretto, resta confinato in una sorta di “legittima protezione” . E’ falso.
      Tutti i funzionari pubblici rispondono direttamente del loro operato nei casi in cui ne rispondono i privati nella relazione con il resto del mondo e cioé a norma e in analogia con l’art 2043 sul danno ingiusto ovvero se causano danno per colpa grave (di per sé o negli effetti) o dolo ne rispondono davanti alla legge: il cittadino (aziende, privati, altri enti..) pretermesso può agire nei TAR, con il ricorso gerarchico nella stessa amministrazione, chiedendo atti di correzione in autotutela, etc). Se condannato il funzionario pubblico incorre nelle azioni di rivalsa nel caso di Stato soccombente e in azioni disciplinari (fino al licenziamento che nei fatti avviene)
      Quindi il nostro sistema di diritto privato e amministrativo ha tutti gli strumenti per autotutelarsi anche rispetto agli errori giudiziari valendo la norma sulla responsabilità civile solo ed sclusivamente ad evitarci una multa UE per mancato recepimento di direttiva e alla solita combine che viene dal patto del Nazareno
      Renzi é un maestro nel tirar fuori conigli da cappelli consunti e maleodoroanti di pensiero conservatore
      E credo, leggendo, che il suo gioco del “dai addosso al lavoratore” soprattutto se pubblico stia dando i suoi frutti. Il segreto é non caderci nei tranelli che di tranelli si tratta. Invece di riorganizzare il sistema della giustizia civile (che ci vede agli ultimi posti del mondo) e di dare migliori strumenti alle procure per riorganizzarsi (sono ancora strutture piuttosto burocratiche) si pensa a come punire eventualmente il Guariniello di turno che vuole che sia fatta giustizia sulle morti per Eternit. Pensiamo a quelli della Thyssen: quanto potere e soldi hanno per paventare ricorsi da responsabilità civile contro la procura di Torino? Perché in tal caso un qualsiasi magistrato dovrebbe spendersi per ottenere giustizia se rischia di tasca sua?

    • Luistella 26 febbraio, 2015 at 17:25

      Caro Blu, questa è una legge che vista così, alla luce di tutte i problemi che riguardano il sistema giuridico italiano, verrebbe da dire era proprio necessaria? Non c’è il rischio di intasare di più il sistema e lasciare i magistrati in balia dei capricci più o meno legali di tanti disonesti? Ma, forse non è così. E al di là di alcuni casi che conosciamo e ai quali ai fatto cenno, esiste per me, che poco ci capisco di diritto giuridico, un esempio per me calzante della possibilità di ricorrere per il “travisamento di prove”: quello del processo su danilo Restivo, l’assassino di Elisa Claps. Esiste voce più o meno ufficiale che il magistrato che condusse il processo fosse in relazione con i familiari di Danilo Restivo il cui padre rivestiva una carica importante . Se fosse esistita la possibilità di ricorrere per “travisamento di prove”i familiari di Elisa avrebbero potuto ricorrervi. Una commissione composta da altri giudici, avrebbe potuto permettere che fosse chiarita la faccenda, sia e soprattutto per i parenti della vittima che hanno percorso un vero e proprio calvario, per il magistrato stesso che avrebbe potuto chiarire la sua posizioni, nel caso in cui fossero state solo illazioni. E soprattutto IL Restivo, non sarebbe uscito indenne dal primo processo ( mi pare sia stato solo riconosciuto colpevole per un piccolo reato), poter andare a far danni in giro per l’Italia e soprattutto in Inghilterra. Su un punto disssento dalle tue argomentazioni: nel pubblico impiego prima ancora che possa essere accertata un reato che induca a penale, esiste la possibilità che il dipendente sia sottoposto alla commissione di disciplina che può decidere la riduzione dello stipendio, la sospensione dal servizio, ecc …

  25. Blue 26 febbraio, 2015 at 09:42

    Non sono un giurista e quindi le mie considerazioni peccheranno di mancanza di dottrina.
    I giudici sono dei professionisti chiamati ad esercitare le loro conoscenze nell’ambito giurisdizionale.
    Come tutti i professionisti esiste la possibilità di errore nell’esercizio delle proprie competenze.
    Chi di noi appartiene a queste categorie (medici, ingegneri, avvocati etc, ma anche insegnanti, dipendenti pubblici e privati) sa che, nel caso si commettano errori di una certa gravità si è chiamati a risponderne.
    Al di là di qualunque ipotesi di “condizionamento” esterno. Spesso “la casta” professionale protegge l’errore del professionista che ha sbagliato o, quantomeno, ne mitiga il grado di responsabilità anche in subordine all’importanza che il soggetto ha nella sua carriera consolidato. Tale prassi è da rigettare nel modo più netto. Il tema del “chi giudica chi?” è sempre stata una scusa accomodante per sottrarre il responsabile di negligenze o, peggio, di inadempienze e gravi errori oggettivamente rilevabili, da un giudizio di colpa. Coloro che sono vittime di tali errori (la storia della giustizia in Italia e non solo ne è costellata) hanno tutto il diritto di chiedere un giusto risarcimento, a seguito di un adeguato dibattimento nelle sedi di competenza.

    • Gennaro Olivieri 26 febbraio, 2015 at 10:15

      Tutto condivisibile, caro Blue, ma nei casi da te citati abbiamo di fronte un professionista e un cliente, che di solito si affida con fiducia al professionista e spesso lo retribuisce lautamente. Nel caso del giudice, egli non è al servizio dell’imputato o della parte di una causa civile; al contrario, il giudice nel nostro Paese è considerato molto spesso un avversario da combattere con ogni mezzo per salvarsi la pelle. Dal momento che esisteva già una legge sulla responsabilità del cattivo giudice, ora togliere la possibilità a un tribunale di valutare la fondatezza delle critiche mosse al giudice, apre la strada a un uso intimidatorio delle cause per responsabilità, che potranno sempre essere minacciate come arma preventiva contro il giudice che sembra poco ben disposto nei nostri confronti.

    • Kokab 26 febbraio, 2015 at 12:56

      caro blue, i giudici sono certamente dei professionisti, come lo sono molti altri nelle diverse professioni che hai indicato, ma nessuno di questi incarna un potere dello stato, e questo fa una grande differenza; il magistrato esercita la sua funzione in nome del popolo italiano, ed è il popolo italino che dovrebbe rispondere di fronte ai singoli cittadini dell’operato del magistrato, salvo che per i casi di dolo e colpa grave.
      chi e come si giudica in cosa si sostanzia il “travisamento dei fatti e delle prove”, oggi inserito fra le colpe gravi? e non ci può essere un travisamento dei fatti e delle prove in questo giudizio?
      sia chiaro, i magistrati hanno gli stessi difetti di tutti gli italiani, e ce ne sarà sicuramente un congruo numero che non esercita correttamente la sua professione, ma la tutela che questi immeritatamente ricevono salvaguarda la funzione che esercitato: spiace che sia così, ma il contrario sarà molto peggio.

  26. Blue 26 febbraio, 2015 at 09:42

    Non sono un giurista e quindi le mie considerazioni peccheranno di mancanza di dottrina.
    I giudici sono dei professionisti chiamati ad esercitare le loro conoscenze nell’ambito giurisdizionale.
    Come tutti i professionisti esiste la possibilità di errore nell’esercizio delle proprie competenze.
    Chi di noi appartiene a queste categorie (medici, ingegneri, avvocati etc, ma anche insegnanti, dipendenti pubblici e privati) sa che, nel caso si commettano errori di una certa gravità si è chiamati a risponderne.
    Al di là di qualunque ipotesi di “condizionamento” esterno. Spesso “la casta” professionale protegge l’errore del professionista che ha sbagliato o, quantomeno, ne mitiga il grado di responsabilità anche in subordine all’importanza che il soggetto ha nella sua carriera consolidato. Tale prassi è da rigettare nel modo più netto. Il tema del “chi giudica chi?” è sempre stata una scusa accomodante per sottrarre il responsabile di negligenze o, peggio, di inadempienze e gravi errori oggettivamente rilevabili, da un giudizio di colpa. Coloro che sono vittime di tali errori (la storia della giustizia in Italia e non solo ne è costellata) hanno tutto il diritto di chiedere un giusto risarcimento, a seguito di un adeguato dibattimento nelle sedi di competenza.

    • Gennaro Olivieri 26 febbraio, 2015 at 10:15

      Tutto condivisibile, caro Blue, ma nei casi da te citati abbiamo di fronte un professionista e un cliente, che di solito si affida con fiducia al professionista e spesso lo retribuisce lautamente. Nel caso del giudice, egli non è al servizio dell’imputato o della parte di una causa civile; al contrario, il giudice nel nostro Paese è considerato molto spesso un avversario da combattere con ogni mezzo per salvarsi la pelle. Dal momento che esisteva già una legge sulla responsabilità del cattivo giudice, ora togliere la possibilità a un tribunale di valutare la fondatezza delle critiche mosse al giudice, apre la strada a un uso intimidatorio delle cause per responsabilità, che potranno sempre essere minacciate come arma preventiva contro il giudice che sembra poco ben disposto nei nostri confronti.

    • Kokab 26 febbraio, 2015 at 12:56

      caro blue, i giudici sono certamente dei professionisti, come lo sono molti altri nelle diverse professioni che hai indicato, ma nessuno di questi incarna un potere dello stato, e questo fa una grande differenza; il magistrato esercita la sua funzione in nome del popolo italiano, ed è il popolo italino che dovrebbe rispondere di fronte ai singoli cittadini dell’operato del magistrato, salvo che per i casi di dolo e colpa grave.
      chi e come si giudica in cosa si sostanzia il “travisamento dei fatti e delle prove”, oggi inserito fra le colpe gravi? e non ci può essere un travisamento dei fatti e delle prove in questo giudizio?
      sia chiaro, i magistrati hanno gli stessi difetti di tutti gli italiani, e ce ne sarà sicuramente un congruo numero che non esercita correttamente la sua professione, ma la tutela che questi immeritatamente ricevono salvaguarda la funzione che esercitato: spiace che sia così, ma il contrario sarà molto peggio.

  27. Genesis 25 febbraio, 2015 at 21:23

    C’è qualcosa che non mi sconfinfera nei numeri esposti: 7 condanne su 400 ricorsi… Sono andato a vedere sul sito cassazione.it…
    La media annuale è di centomila ricorsi (tra penale e civile). Solo nel primo semestre 2014 vi sono stati trentamila ricorsi e ne rimanevano altrettanti in pendenza. Ogni settimana, sempre in media, ne vengono valutati una manciata di centinaia: tra i quattro e i cinquecento. È chiaro che spesso e volentieri si chiede il ricorso per riuscire ad andare in prescrizione…vedi la vicenda eternit…ed alcuni processi berlusconiani… I giudici divengono effettivamente dei burocrati cercando di smaltire il lavoro nel più breve tempo possibile e, operando in questo modo, è più probabile l’errore…
    Quindi, a mio parere, la ristrutturazione deve necessariamente avvenire sia in materia legislativa che operativa…
    Forse, questo primo non opinabile lavoro sulla “giurisprudenza sul campo” diverrà l’ariete che sfonderà il muro delle nostre costosissime e pericolose lungaggini.

    • Gennaro Olivieri 26 febbraio, 2015 at 08:54

      Le 7 condanne su 400 procedimenti, ovviamente si riferiscono ai soli procedimenti sulla responsabilità dei giudici e non ai ricorsi contro le sentenze civili o penali. Naturalmente è valido il resto del tuo discorso, caro Genesis, sull’inestricabile casino dato da una legiferazione sovrabbondante, caotica e incongruente in tutti i campi dello scibile giuridico. Ma teniamo conto che anche questo caos che non esisteva neanche nell’impero ottomano, è pienamente organico alla nostra società e finalizzato a mantenere una pletora di figure professionali (avvocati dalle più varie specializzazioni, commercialisti, consulenti aziendali, fiscali, del lavoro, ecc. ecc.) che non esisterebbe se avessimo poche leggi, semplici e di facile interpretazione. Più c’è caos più c’è lavoro… capisc’a’mmè!

      • Genesis 26 febbraio, 2015 at 12:31

        Sì, Gennaro, alla fine sono riuscito a non farmi comprendere e, credo, siamo della stessa idea.
        Scrivo che, in buona sostanza, con tutti quei ricorsi da smaltire e mettendo la classica “fretta” a chi deve decidere, è più probabile che avvenga qualche errore del giudice (che posso intendere solo involontario, perchè al contrario cadrebbe il palco) che è sempre una persona con tanto di cellule, vene, cervello, problemi famigliari, tasse da pagare, benzina da fare, figli da accudire, etc… Più probabilità di errore ci sono, più possono gravare, con questa nuova norma, sulle tasche del giudice. Se non si metterà mano al sistema completo, l’effetto che mi immagino è quello di rallentare oltremodo l’iter, facendo finire ancora più spesso in prescrizione i processi…

  28. Genesis 25 febbraio, 2015 at 21:23

    C’è qualcosa che non mi sconfinfera nei numeri esposti: 7 condanne su 400 ricorsi… Sono andato a vedere sul sito cassazione.it…
    La media annuale è di centomila ricorsi (tra penale e civile). Solo nel primo semestre 2014 vi sono stati trentamila ricorsi e ne rimanevano altrettanti in pendenza. Ogni settimana, sempre in media, ne vengono valutati una manciata di centinaia: tra i quattro e i cinquecento. È chiaro che spesso e volentieri si chiede il ricorso per riuscire ad andare in prescrizione…vedi la vicenda eternit…ed alcuni processi berlusconiani… I giudici divengono effettivamente dei burocrati cercando di smaltire il lavoro nel più breve tempo possibile e, operando in questo modo, è più probabile l’errore…
    Quindi, a mio parere, la ristrutturazione deve necessariamente avvenire sia in materia legislativa che operativa…
    Forse, questo primo non opinabile lavoro sulla “giurisprudenza sul campo” diverrà l’ariete che sfonderà il muro delle nostre costosissime e pericolose lungaggini.

    • Gennaro Olivieri 26 febbraio, 2015 at 08:54

      Le 7 condanne su 400 procedimenti, ovviamente si riferiscono ai soli procedimenti sulla responsabilità dei giudici e non ai ricorsi contro le sentenze civili o penali. Naturalmente è valido il resto del tuo discorso, caro Genesis, sull’inestricabile casino dato da una legiferazione sovrabbondante, caotica e incongruente in tutti i campi dello scibile giuridico. Ma teniamo conto che anche questo caos che non esisteva neanche nell’impero ottomano, è pienamente organico alla nostra società e finalizzato a mantenere una pletora di figure professionali (avvocati dalle più varie specializzazioni, commercialisti, consulenti aziendali, fiscali, del lavoro, ecc. ecc.) che non esisterebbe se avessimo poche leggi, semplici e di facile interpretazione. Più c’è caos più c’è lavoro… capisc’a’mmè!

      • Genesis 26 febbraio, 2015 at 12:31

        Sì, Gennaro, alla fine sono riuscito a non farmi comprendere e, credo, siamo della stessa idea.
        Scrivo che, in buona sostanza, con tutti quei ricorsi da smaltire e mettendo la classica “fretta” a chi deve decidere, è più probabile che avvenga qualche errore del giudice (che posso intendere solo involontario, perchè al contrario cadrebbe il palco) che è sempre una persona con tanto di cellule, vene, cervello, problemi famigliari, tasse da pagare, benzina da fare, figli da accudire, etc… Più probabilità di errore ci sono, più possono gravare, con questa nuova norma, sulle tasche del giudice. Se non si metterà mano al sistema completo, l’effetto che mi immagino è quello di rallentare oltremodo l’iter, facendo finire ancora più spesso in prescrizione i processi…

  29. Genesis 25 febbraio, 2015 at 18:57

    L’ho scritto più volte.
    In Italia non si conosce il numero esatto delle leggi esistenti: una stima ne porta il numero a oltre cinquecentomila a differenza di altri stati europei che ne annoverano poco più di una decina di centinaia…
    In questo marasma di cavilli e controcavilli anche se vi fosse una completa colpevolezza penale o civile di qualche maldestro magistrato, si troverebbe il modo di svicolare per la mancina…
    Quello che si dovrebbe riportare all’ordine è appunto il numero di leggi e, soprattutto, rientrare in un’adeguata velocità dei procedimenti…soprattutto quelli di natura civile e/o tecnica. Cosa che non si è ancora dibattuta se non enfatizzandone l’essenza ad ogni sbraito di politico coinvolto…

  30. Genesis 25 febbraio, 2015 at 18:57

    L’ho scritto più volte.
    In Italia non si conosce il numero esatto delle leggi esistenti: una stima ne porta il numero a oltre cinquecentomila a differenza di altri stati europei che ne annoverano poco più di una decina di centinaia…
    In questo marasma di cavilli e controcavilli anche se vi fosse una completa colpevolezza penale o civile di qualche maldestro magistrato, si troverebbe il modo di svicolare per la mancina…
    Quello che si dovrebbe riportare all’ordine è appunto il numero di leggi e, soprattutto, rientrare in un’adeguata velocità dei procedimenti…soprattutto quelli di natura civile e/o tecnica. Cosa che non si è ancora dibattuta se non enfatizzandone l’essenza ad ogni sbraito di politico coinvolto…

  31. Tigra 25 febbraio, 2015 at 18:19

    Volendo, bastava copiare le leggi dei paesi civili, si è invece preferito realizzare alcuni dei “segreti” desideri di un noto pregiudicato.
    Così non si colpisce il giudice che sbaglia, ma l’idea di giurisdizione, e ci si avvicina a paesi dove l’indipendenza della magistratura è sempre stata aria fritta.
    Che sia stato un governo del PD, quello in cui il PD conta come mai era successo in passato, mi sembra proprio un paradosso.

  32. Tigra 25 febbraio, 2015 at 18:19

    Volendo, bastava copiare le leggi dei paesi civili, si è invece preferito realizzare alcuni dei “segreti” desideri di un noto pregiudicato.
    Così non si colpisce il giudice che sbaglia, ma l’idea di giurisdizione, e ci si avvicina a paesi dove l’indipendenza della magistratura è sempre stata aria fritta.
    Che sia stato un governo del PD, quello in cui il PD conta come mai era successo in passato, mi sembra proprio un paradosso.

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