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Saldi di fine stagione; venghino siori, venghino!

Saldi di fine stagione; venghino siori, venghino!
Martedì 8 gennaio scorso, a pagina 8 di Repubblica (coincidenze astrali o volute?) è stata riportata un’analisi approfondita sull’impatto che le promesse elettorali fatte dai vari leader di partito potrebbe avere sulla finanza pubblica.

In linea di principio, chi mai potrebbe avere da obiettare a tutta quella serie di proposte finalizzate a dare reddito e dignità a persone che versano attualmente in grave crisi economica, se non fosse che la maggior parte delle proposte, se applicate, creerebbero una voragine nei conti pubblici difficilmente colmabile?

La perdita o la precarizzazione del posto di lavoro ha portato il nostro Paese ad avere un reddito pro-capite medio al di sotto della soglia esistente negli altri paesi europei. I dati Istat indicano in modo asettico un miglioramento generico di quel dato in quanto negli ultimi anni si sono recuperati posti di lavoro e si è erosa la platea dei disoccupati, ma il problema resta drammatico, di non facile soluzione e comunque con tempistiche che si fa fatica a rapportare all’esigenza quotidiana di molte famiglie di mettere a tavola i figli in modo decoroso.

Usciamo da una crisi devastante che ci ha colpiti in modo particolare perché come sistema paese siamo i meno attrezzati, i più rigidi e lenti a reagire; per questo motivo la nostra ripresa ha scontato una minor velocità che allunga i tempi di un possibile recupero totale. Ci sarebbe casomai da chiedersi se questi risultati, sia pur non del tutto soddisfacenti, sarebbero stati ottenuti senza i provvedimenti adottati e tanto avversati da una parte consistente dell’opinione pubblica; altrettante domande ci si dovrebbe porre sull’opportunità attuale di smontare il Jobs Act e ripristinare l’articolo 18 nella sua interezza, anziché andare a cercare altre forme di incentivazione alla ripresa degli investimenti ed alla creazione di posti di lavoro. Ognuno naturalmente ha la sua risposta.

Sugli interventi in materia fiscale, le direttive sulle quali i vari schieramenti si sono misurati sono sostanzialmente tre; di questi il più importante in termini di cifre in gioco è quello di Berlusconi che, sulla scia di quanto fatto recentemente da Trump, ha proposto una “flat tax”, cioè un’aliquota unica per tutti i contribuenti. Senza soffermarsi su quanto possa essere differente l’applicazione di un simile principio in un paese a bassa imposizione fiscale come gli Stati Uniti, rispetto ad una sua applicazione in uno dei Paesi nel quale il prelievo per imposte dirette è tra i più alti, la questione può essere chiusa in modo, direi tranchant: in Italia una simile riforma non ha alcuna possibilità di essere introdotta se non stravolgendo uno dei principi cardine del nostro sistema fiscale (peraltro inserito in Costituzione) in base al quale si pagano le imposte secondo una progressività legata all’aumento del reddito. Vorrà Berlusconi portare in fondo una simile riforma con la possibile necessità di trovarsi poi a dover sostenere un referendum costituzionale dopo che i precedenti, sia pur in materie diverse, hanno avuto esiti catastrofici? Io non credo e penso anzi che questa proposta andrà ad alimentare la montagna di balle spaziali che il nostro ha elargito a piene mani dal 1994 ad oggi.

Sempre in materia fiscale le altre due proposte sul tappeto sono quelle della sinistra (abolizione delle tasse universitarie) e del PD (abolizione del canone Tv). Entrambe, dal punto di vista del costo hanno pressoché pari dignità (1,9 mld di euro la prima, 1,8 la seconda) e non c’è dubbio che la loro sostenibilità sia assai maggiore rispetto alla proposta (chiamiamola così) berlusconiana; detto questo entrambe prestano il fianco a più di un’obiezione. Per quanto riguarda l’abolizione del canone Tv, l’idea, come è ormai consolidata abitudine dei democratici, nasce da tweet e lanci di agenzia dai quali si percepisce scarso coordinamento e idee tutt’altro che chiare. Sia detto con forza: l’abolizione del canone inserita in contesto di riorganizzazione totale della televisione pubblica potrebbe anche avere una sua logica, ma prima si definisce il progetto complessivo e poi si arriva al taglio fiscale; come al solito si è scelta la strada di fare una pessima figura dando l’impressione di voler solamente correre dietro agli avversari sul terreno abolizionista. Sulla proposta fatta da Grasso mi sentirei di essere anche più duro, e non perché l’ha fatta Grasso, ma perché a me pare priva di ogni logica, anche se essa viene applicata (e con successo) altrove, perché in Italia ben sappiamo a che cosa porterebbe: aule affollate e incremento delle liste dei fuori corso, senza alcun apprezzabile miglioramento di quel deludente numero che indica la percentuale di laureati rispetto agli iscritti, da noi tradizionalmente ben più basso che nel resto d’Europa. Al contrario mi sembra una perfetta operazione di creatività sociale studiata per spostare (come già è accaduto in passato) quote consistenti di disoccupati nelle file degli studenti.

Serietà avrebbe voluto che, di fronte all’evidente insostenibilità delle tasse universitarie da parte di alcune famiglie, si fosse richiesto l’intervento dello Stato a sostegno degli studenti meritevoli, per curriculum scolastico e carriera in corso, al finedi aiutarli a concludere il percorso di studi; purtroppo, detta così, introduce il concetto di meritocrazia con il quale la sinistra, tradizionalmente, ha sempre avuto un rapporto difficile. Meglio seguire l’onda e sparare le proprie cartucce come fanno gli altri.

Sull’abolizione della legge Fornero dirò ben poco; ho già scritto sull’argomento e l’ho fatto in termini non critici, pur facendo parte di quella schiera di persone le quali si sono trovate, nell’arco di una giornata, a veder spostato di diversi anni l’agognato traguardo della pensione. Salvini l’ha detto chiaramente: se lui va al governo, la Fornero verrà abolita. Quasi quasi lo voto…… poi si vedrà.

Se si cancella, con serietà di intenti ed onestà di scopo, dai programmi dei vari partiti questa serie di immani cazzate dette per riempire d’aria la testa di persone drammaticamente sprovviste di neuroni, di concreto resta ben poco, specialmente per ciò che riguarda idee realizzabili e soluzioni possibili ai problemi impellenti che si prospetteranno nei prossimi mesi.

Manca una manciata di settimane al momento in cui si apriranno le urne e saremo chiamati al voto; quando sono state sciolte le camere sembrava un tempo infinito ed invece ci siamo quasi, e ci arriviamo con ben poche certezze: la prima ci deriva dalla quotidiana consapevolezza che qualcuno si alzerà e ne dirà una nuova. Recentemente ci ha pensato Di Maio sentenziando che “il referendum sull’euro non è più necessario, in quanto si è rotto l’asse franco-tedesco”; su quali basi l’onnisciente Di Maio abbia potuto fare una simile affermazione, come sempre accade quando parla lui, non ci è dato sapere; può darsi che abbia avuto la lucidità di analizzare quanto Chavez e Maduro sono riusciti a fare in Venezuela con il disinvolto utilizzo dello strumento monetario e che sia stato folgorato sulla via di Damasco rispetto alle tradizionali posizioni dei cinque stelle su sovranismo e monetarismo; sarebbe il caso magari di chiedergli se, lui Presidente del Consiglio ed il M5S maggioranza parlamentare, con l’approvazione del reddito di… non so più di che cosa (cittadinanza, inclusione, sostegno, boh…) e le decine di miliardi di buco di bilancio da coprire, sia così tanto sicuro che l’Europa vorrebbe ancora sopportare oltre le nostre intemperanze, ma non diteglielo: potrebbe entrare in confusione più di quanto non sia già, che mi pare fin troppo.

La seconda certezza (almeno secondo i sondaggi) è che nessuno vincerà, fare una maggioranza sarà ben difficile ed è probabile, quindi, che tutti abbiano già pronta la scusa da poter accampare: sempre la stessa, da tempo immemorabile ormai: “non ci hanno consentito di farlo”. E non sarà in ogni caso una bella notizia.

Ci sarebbe poi la questione su chi in passato ha votato che cosa, ed oggi vorrebbe abolire ciò che prima ha votato, come se la legge Fornero, il Jobs Act e tanto altro di ciò che oggi si vorrebbe cancellare con un sol colpo di spugna, fossero piovuti dal cielo: è proprio vero, “un popolo senza memoria è un popolo senza futuro” (cit. Luis Sepulveda).

Se tutto questo può sembrare fin troppo, per non farci mancare niente, il solito ineffabile Di Maio ha annunciato che provvederà ad eliminare 400 leggi inutili proponendo una consultazione popolare con la quale dar modo alle persone di esprimersi su quali possano essere le leggi da abolire. Alla fine, quindi si tratterà solamente di vedere quale categoria di delinquenti è più rappresentata nell’elettorato italiano e sarà quindi in grado di fare strame del codice penale; a me viene il sospetto che in un qualche cortile dei palazzi del potere siano rimasti un po’ di scatoloni accatastati da Calderoli che non sono andati distrutti e restano in attesa del prossimo illustre statista che osi cimentarsi nella difficile revisione del complesso legislativo giuridico che ci sovrasta e, diciamocelo, un po’ ci opprime.

Mi stavo rassegnando a chiudere qui queste brevi riflessioni su una campagna elettorale caratterizzata da idee ridicole destinate a suscitare solo cinico sarcasmo, quando due persone del tutto diverse (un ministro ed un sindacalista), sino ad oggi completamente ai margini della campagna elettorale, apparentemente non intenzionate ad entrare in competizione con una propria lista, Carlo Calenda e Marco Bentivoglio, hanno consegnato a IlSole24Ore una lista di loro riflessioni su ciò che andrebbe fatto e come. Quel programma non è in discontinuità con quanto fatto dagli ultimi due Governi; esso pone priorità sulle quali lavorare ed ipotizza soluzioni possibili. Sulle soluzioni è chiaro che le varie sensibilità politiche possano portare anche a dissenso più o meno marcato, ma sulle priorità non credo dovrebbero esserci grosse divergenze, se si pensasse seriamente a ciò che ci aspetta nei prossimi anni. Dopo giorni e giorni ad ascoltare vaneggiamenti più o meno fantasiosi, finalmente un raggio di luce; qualcuno saprà approfittarne?

 

Nota: “Venghino siori venghino” è libero adattamento dall’originale americano: “Welcome Ladies and gentlemen, boys and girls, children of all ages to The Greatest Show On Earth” (Circo Barnum).

 

 

 

saldi

 

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