la società

I cinesi cantano l’inno di Mameli

Un breve video apparso su La Repubblica , mostra un coretto di ragazzini cinesi, diretti da un’insegnante, che cantano l’inno di Mameli, in piazza Castello, a Torino. Le comunità cinesi, festeggiano in questi giorni il loro Capodanno .
Definendo il fatto col primo aggettivo che mi viene in mente, il più scontato, forse, è che è stata una bella cosa. Si faranno battute, come immagino, sull’incapacità dei cinesi di pronunciare la erre, battute più o meno simpatiche, come si leggono nei commenti avvenuti per partecipazione degli stessi al voto per le primarie del PD a Milano.

A questo proposito, mi permetto di riportare una precisazione ben dettagliata, che andrebbe smentita se mai , con altrettanta precisione, che ho trovato sul web.

 

“A proposito di primarie e cinesi”

1. No taxation without representation. Nessuna tassazione se non c’è rappresentanza = pago le tasse, devo scegliere come vengono spesi i miei soldi da chi mi rappresenta. È dal 1776 che questo principio regola la più antica democrazia occidentale, gli USA. Dalla rivolta per lo Stamp Act che portò alla Dichiarazione di Philadelphia
2. I cinesi (come i marocchini, gli egiziani, i pakistani, i peruviani eccetera eccetera) residenti pagano le tasse locali (TASI, TARI, addizionale IRPEF, servizi etc) prendono gli autobus, mandano i figli a scuola, usano i parchi pubblici. Vivono e contribuiscono alla vita della comunità dove abitano, esattamente come tutti gli altri cittadini c
3. Le primarie del centro-sinistra prevedono, per fortuna, il voto ai 16 enni e ai residenti di nazionalità straniera. Si chiama partecipazione alla vita politica di una comunità, dovrebbe essere estesa al voto amministrativo tout court
4. Le comunità si organizzano. E’ vero. Come si organizza l’ARCICaccia votando chi gli garantisce la caccia. … E’ l’imperfezione della democrazia: ma è democrazia. Anche quando votano un candidato che io non voterei –
5. A Milano gli “stranieri” (=i milanesi con nazionalità straniera) che hanno votato alle Primarie sono il 4%. (La popolazione milanese non italiana è il 16%) Un po’ pochino per determinare o ubriacare i risultati.”

 

Non credo che il coro dei ragazzini cinesi fosse improvvisato, perché se ne coglie la preparazione. E’stato un modo di dimostrare il desiderio di essere e sentirsi integrati in una nazione in cui vivono E’ stata, secondo me, una risposta involontaria, non prestabilita, alle polemiche di questi giorni, sulla partecipazioni al voto dei cinesi alle primarie. Polemiche che si sono distinte a volte con alti lai , ed anatemi, per la “vergogna” di avere consentito quanto detto sopra.

Sarò un’inguaribile romantica o forse qualcosa di peggio, ma mi sento coinvolta, a volte emozionata, quando sento cantare l’inno italiano. Un po’ meno quando lo vedo cantare dai nostri calciatori alle Europee o ai Mondiali. Almeno fino a poco tempo fa, non lo conoscevano e aprivano la bocca quasi fossero in play back. Ora lo sanno un po’ di più. Forse sono stati necessari studi approfonditi. Emozionata, sì, come quando in un viaggio in Sicilia, per la precisazione a Siracusa,nella grotta denominata “l’orecchio di Dionisio”, la guida, per farci meglio capire lì eccezionale sonorità del sito, ci chiuse di intonare un canto qualsiasi. Dopo un attimo di perplessità , una signora del gruppo, intonò “Fratelli d’Italia”. Lo cantammo tutti, con gran stupore della guida.

Comunque in un periodo in cui non fanno che capitare cose orribili, che neanche nel medioevo accadevano, un canto dimostrativo di appartenenza alla comunità in cui si vive e si cresce, è un piccolo , ma significativo messaggio.
Così come quello del ricco industriale  giapponese che ha elargito fondi per la pulizia per la piramide di Caio Cestio, a Roma.

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