la società

In bilico tra il desiderio di libertà e il bisogno di una guida

Vorrei condividere le riflessioni di Lea Melandri, in un paragrafo del suo Amore e violenza del 2011. Sarà il punto di partenza per una navigazione improvvisata, con i miei poveri neuroni. Vi suggerisco di leggere l’allegato (qui), prima delle mie piccole considerazioni. La Melandri ci parla di una libertà che ha delle caratteristiche tutte particolari. La libertà dei nostri giorni è una “libertà di somigliare”. In altri miei post ho più volte sottolineato la mia allergia all’omologazione forzata a modelli ideali di madre, di donna, di persona. Ho sempre cercato di mantenere le distanze da modelli ideali e corporei preconfezionati e scelti per me da qualcun altro, che per quanto possano sembrare rassicuranti e di più facile utilizzo, nascondono il rischio di una falsa scelta e quindi di una non libertà. Una libertà non piena che investe e può travolgere maggiormente le personalità più fragili o per natura o per contesto temporale/emotivo/sociale. Finché il modello ideale, che ci investe attraverso i media e le sollecitazioni sociali, diventa un obiettivo personale, che investe unicamente il proprio corpo e la propria persona, potrebbe restare un problema circoscritto al singolo individuo. Diventa molto più pericoloso quando il modello che ci viene proposto riguarda i nostri figli. La fabbrica di soggetti perfetti, normali, sulla base di standard decisi altrove, nei quali ciascun genitore viene “invitato” a far rientrare i propri figli. Una macchina che induce a incasellare i nostri figli in modelli estetici, culturali e professionali di successo, con un carico enorme di aspettative assurde. Capite che questo meccanismo di conformismo imperante può produrre solo enormi danni. Come se fossimo tutti ancorati a un percorso tracciato in precedenza altrove, da altri. Tutti durante l’adolescenza ci siamo sentiti inadeguati e per questo ci siamo “omologati”, chi più chi meno, ma questa fase dev’essere transitoria, perché poi deve lasciare spazio a individui adulti, in grado di compiere scelte autonome, giuste o non giuste che siano considerate. Compiere percorsi preordinati e confezionare individui perfetti non è purtroppo un vecchio ricordo di progetti di eugenetica, di società totalitarie, ma rappresenta una ricerca tuttora in atto. Il sogno di un prototipo di un’umanità superiore è sempre latente. Paradossalmente, viviamo la contraddizione di sentirci enormemente liberi, ma siamo anche invasi da un “forte senso di impotenza, di una frenesia del nuovo a tutti i costi, intrisa di ansie conservatrici, di esaltazioni individualistiche, accompagnate da rinascenti voglie comunitarie”. Capite quanto le due “anime” vivano in una permanente lotta? La tensione tra il desiderio di libertà e il bisogno di una guida può nascondere il pericolo dell’affermazione di nuove forme di dispotismo (come Tocqueville stesso aveva previsto). Questo dispotismo non è solo di tipo politico, ma può riguardare anche la sfera delle idee, della maturazione delle personalità, della percezione dei propri diritti e dei propri bisogni. Se la libertà viene svuotata di contenuto e restano solo le sue spoglie, con un simulacro di libertà, si affaccia “una servitù regolata e tranquilla”, che ci culla nell’illusione di godere di ogni libertà. Il nostro senso di inadeguatezza viene placato e nutrito da un Bene supremo, da una personalità carismatica che tutto sa e tutto risolve, per noi.
“Ma perché l’eccezione diventi la norma, in una società che si riconosce sia pure formalmente di eguali, è necessario che il modello vincente a cui si è chiamati a somigliare abbia in sé qualcosa di comune, tratti di una generalità riconoscibile e famigliare a molti”.
A questo punto dobbiamo notare le tracce di questo processo nella realtà. Affinché gli individui si lascino traghettare dal pifferaio di turno, devono in qualche modo ritrovare un pezzo di sé o di un modello ideale a cui si anela. Il gioco è fatto. Fateci caso. Nella società dell’individualismo obbligato, un ruolo preponderante assume il corpo, quell’involucro esterno con leggi e limiti propri, ma che va imbrigliato, levigato, perfezionato, reso giovane e bello per dimostrare il successo del suo proprietario o della sua proprietaria. Vi sembra attinente all’attualità? Il pacchetto giovane e bello/a viene venduto e diventa riferimento generale, con stravolgimento di ciò che è normale, di ciò che è emancipazione, di ciò che significa libertà. Perché risulta più rassicurante assomigliare, rifarsi a, seguire, omologarsi che essere semplicemente se stessi, con i propri punti di forza e le proprie fragilità, uniche, dentro e fuori.

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