la società

Il tatuaggio dell’Islam: abiurare e migrare

Immaginate con me: vi siete fatti un tatuaggio quando eravate molto molto giovani. Con passare degli anni, vi siete piano piano accorti che non andava più bene o non vi piaceva più o vi causava problemi vari. Ora non lo volete più.
1.  Potete pensare che ormai c’è e ci sarà per sempre. Pazienza.
2. Potete pensare: ok dovrò sopportare il dolore e spendere tanti soldi ma lo toglierò con il laser.

Ora immaginate che questo tatuaggio ve lo abbiano fatto appena nati. Non è un piccolo tatuaggio da nascondere. No. È su tutto il vostro corpo, grande come voi. Le opzioni sono sempre quelle di prima, o lo lasciate o lo togliete. Ok?
Adesso voglio che voi sappiate una cosa.

A me, e a tantissime persone come me, ci hanno fatto un enorme tatuaggio appena nati. Si chiama Islam. Siamo nati da genitori musulmani e loro da genitori musulmani, e così via. Abbiamo tutti questo tatuaggio enorme che ci distingue dal resto del mondo. Le due opzioni che c’erano prima, qui non funzionano più.

Perché o resti musulmano e ti comporti da musulmano, e pazienza se non ti piace e sei infelice, o cambi religione.
In Iran la legge islamica sciita dice: chi cambia religione dall’Islam a un’altra religione principale (religioni di Abramo, Mosè, Gesù) deve essere allontanato dalla società musulmana, cioè non può mangiare con loro, non può sposarsi con loro, non può fare affari con loro, non può essere sepolto nel loro cimitero, ecc.

Invece, dice sempre la legge islamica, chi abbandona l’Islam per diventare ateo o per aderire ad un’altra religione non principale (come il buddismo per esempio), ha il “sangue gratis”, cioè se viene ammazzato da un musulmano, questo non deve rispondere davanti alla legge come un assassino, ma come uno che ha fatto il suo dovere: basta che possa dare le prove della infedeltà religiosa della persona che ha ucciso (quasi sempre è proprio il regime islamico ad arrestarli e poi impiccarli).

Ci sarebbe una via di mezzo: cambiare paese. Andare in un paese dove cambiare religione non vuol dire essere perseguitato dal governo e dai fedeli radicali.
L’unico problema è che questo tatuaggio non va via del tutto. Resta, il segno e l’inchiostro è stato così velenoso che ha danneggiato il tuo essere.

Potresti anche decidere di non essere più musulmano, ma crescere sotto tutta questa pressione per anni ti ha segnato dentro. Non sei come i cittadini di questo nuovo paese. Sei sempre diverso perché l’Islam non è stato solo una religione per te e per il tuo popolo, ma è la tua cultura, il tuo modo di pensare e agire, il tuo stile di vita.
Puoi non essere più musulmano, ma resti sempre un medio orientale con la cultura islamica. A meno che tu non vada a studiare bene per anni te stesso, la tua cultura e tutti i suoi aspetti, non potrai mai essere diverso da tutto gli altri musulmani.

Ecco. Questa parte è quella che manca ai migrati musulmani medio orientali in Italia, “secondo me”. Pensano di essersi liberati da secoli e secoli di discriminazione, dolore e pressione, ma non sanno che loro hanno tutto questo dolore dentro, lo portano sempre in giro e non se ne libereranno cambiando paese o religione, o persino nome e cognome.

E sempre secondo me, che non sono né esperta né saggia, l’unico modo possibile per far integrare i migranti è insegnargli proprio questo. Non con rabbia. Non con umiliazione. Non con odio. Perché a tanti di noi hanno detto come non vivere per non finire all’inferno, ma mai come vivere per entrare in paradiso.

E se volete veramente liberarvi per sempre da tutti i rifugiati e migranti e naufraghi … fate un’unica manifestazione nazionale, tutti uniti, contro una sola cosa: Guerra!
Guerra per il petrolio, guerra per chi deve avere potere assoluto sul medio oriente, guerra per esportare la democrazia, guerra per aiutare chi soffre sotto un regime totalitario e altre mille scuse che le “nazioni forti” hanno usato in tutti questi anni per fare guerre nel mondo.

Tutti questi migranti non sono la causa dei problemi che ci sono ora, loro sono la conseguenza del silenzio che abbiamo mantenuto per anni.

 

 

 

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