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Le olimpiadi del comitato

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La colpa è del CIO, lo sciacallaggio delle sue Olimpiadi non è mai stato caratterizzato da così tanto sfruttamento.

di Marina Hyde
(Traduzione Redazione Modus)

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Ci sono più posti vuoti alle Olimpiadi di Rio di quanti ci sarebbero stati ad una conferenza sul coraggio morale del CIO, tenuta presso il nostro stadio di calcio locale. È tradizione per tutti i giochi olimpici che siano seguiti ad una distanza (temporalmente) decorosa da foto-storie che dettaglino la diapositiva in disuso delle varie sedi architettonicamente istrioniche e costose della città ospitante di turno. Nel caso di Rio questo sembra accadere in concomitanza, in diretta e dal vivo: contemporaneamente alle prestigiose gare di atletica.

Le file su file di posti vuoti sono visibili in ogni sede e per ogni evento. Anche le telecamere strategicamente poste non possono nascondere una realtà sempre evidente. Come la sessione d’apertura delle gare di atletica iniziate venerdì scorso, nello stadio c’erano più operatori dei media che spettatori, dando il sapore di una partita all’ultimo momento trasferita ad Abu Dhabi o Dubai per motivi di squalifiche.

 

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Di chi è la colpa? Contrariamente al titolo di un film notevolmente penoso con Michael Caine del 1980, non posso dar la colpa a “Quel giorno a Rio” (promemoria: quello sì che è un film). Chiamatemi donna vecchio stile, mi hanno chiamato “non di marca”, ma io continuo a pensare a “Rio”, come ad una città di più di sei milioni di persone, fra i quali un numero enorme di indigenti, punto, piuttosto che come all’ultima incarnazione di un brand del comitato organizzatore olimpico. Quest’ultimo è il responsabile, il CIO – come vecchi manovratori in tutte queste iniziative – lo è arrogantemente. Il suo affarismo intorno al mega-evento non è mai stato di peggior gusto o sfruttamento.

 

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Qualsiasi suggerimento pre-giochi di Rio, che grazie a questi si sarebbe potuto accedere ad una leggendaria ‘atmosfera carnevalesca’ si è dimostrato errato. Gli organizzatori non sembrano nemmeno in grado di adempiere alla promessa di dare i posti vuoti alle scolaresche locali. È possibile che biglietti per le Olimpiadi di Rio non riescano ad essere letteralmente dati via? Non è chiaro, ma sembra che sia proprio così. Il problema è variamente negato, ignorato, descritto, diagnosticando cause come l’assenza dei vip che non son andati per motivi di sicurezza, o per gli scomodi ritardi nei punti ristoro, o per la tendenza ad essere presenti per un solo evento della lunga sessione. Più di recente, il comitato organizzatore ha avuto una nuova scusa, dicendo che un sacco di persone hanno comprato biglietti, per poi limitarsi ad usarli solo per dare un’occhiata in giro al Parco Olimpico, lasciandolo prima d’aver visto lo sport.
(Se siete lì e vicino ad una telecamera, rivolgetegli lateralmente, a questo punto, una occhiata del tipo ‘ma che c_ _ _o’ ).

 

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Un collega che è a Rio descrive i bar locali con i televisori tutti volutamente non sintonizzati sulle Olimpiadi, a meno che non sia per la partecipazione del Brasile al torneo di calcio. Una posizione di principio che ammiro enormemente. Nella loro città non potrebbero essere più esasperatamente evidenti i vari gradi di scandalo legati ad ogni grande evento sportivo moderno. Come si estrinseca il complesso industrial-sportivo non è bello da vedere persino nelle città in piena espansione del ‘primo’ mondo.

 

 

A Rio si sviluppa come una sfida particolarmente allucinogena di Tuttinfamiglia:
“Abbiamo chiesto a 100 persone di Rio di dirci qualcosa che desideravano…”, a cui le risposte sono state, ovviamente, cose tipo “miglior sanità” e “più cibo”; dove però il concorrente imbecille azzarda: “Un percorso artificiale per lo slalom di kayak”.  La natura ricercata di molti sport olimpici e degli impianti specifici che questi richiedono, alla fine risultano come feroci satire sul tardo capitalismo, se si considera la spaventosa privazione con cui confinano.

 

 

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Favela complexo do Alemao

 

Da parte mia, guardare i futuri elefanti bianchi già deserti durante la competizione mi ricorda un po’ le sensazioni provate nel più recente percorso della campagna per il referendum, in cui le parti principali evitarono il contatto con il pubblico reale a favore di “comizi” in spazi non pubblici ed igienizzati, come parchi commerciali, o gli interni di fabbriche private. Tutto mi era sembrato come un pseudo-evento – cioè qualcosa che non accadrebbe se non ci fossero state le telecamere.

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La stragrande maggioranza degli esseri umani che non viaggiano per assistere ad una Coppa del Mondo e alle Olimpiadi, ma che li guardano in tv, ti dirà sempre: questi eventi potrebbero realmente accadere ovunque. Oltre alle bellissime e ampie inquadrature panoramiche delle varie città utilizzate nelle trasmissioni, cosa è tangibilmente locale delle Olimpiadi? Certamente non l’audience, il pubblico.

 

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La soluzione più ovvia sarebbe così dannosa per il vero business delle Olimpiadi – imboscare denaro – che non ci si arriverà mai. Tuttavia, in questo periodo, le Olimpiadi in tournée, on the road, rimangono permanentemente disfunzionali. Non vi è alcun argomento morale decente o realistico per non ubicare in modo permanente i Giochi estivi in ​​Grecia (e quelli invernali da qualche parte clamorosamente ricca e alpina). I vincitori sarebbero i greci e tutte le città non ospitanti del futuro, che andrebbero a risparmiare miliardi. Il pubblico televisivo a malapena noterebbe differenze sostanziali.

Ahimè, i principali perdenti di una tale soluzione sarebbero una cricca troppo potente. Essa comprende il CIO esentasse, e i politici locali con vario grado di corruzione e megalomania, che utilizzano le Olimpiadi per arrampicarsi all’interno di un simulatore di dittatura, ed essere in quel caso per il loro paese ciò che sarebbero in generale se non fossero limitati da gravami quotidiani come ad esempio una costituzione (tradizionalmente ignorata per Giochi). O, addirittura, quei politici che usano i gochi come scena iniziale per annettere la Crimea.

Sulla lista ci sono anche  le imprese di costruzione con i loro opachi incentivi contrattuali, e la classe globale di funzionari corrotti che fanno uso di questi eventi d’ospitalità a cinque stelle per fare i loro loschi affari. Da ricordare, dal caso dell’FBI contro la FIFA, che una grande quantità di prove schiaccianti fu registrata con l’aiuto di un portachiavi-cimice, che il loro informatore Chuck Blazer lasciò sul tavolo nei suoi diversi incontri durante i Giochi di Londra nel 2012 .

Riusciremo mai a dir addio a questa versione di sport olimpico? Sembra assai improbabile, anche se in un universo sano – cioè non questo – Rio ha fatto più di tutti i giochi precedenti per renderlo un imperativo.

 

 

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2 comments

  1. Jair 19 agosto, 2016 at 16:29

    A questo punto, quello che mi preoccupa non è tanto la convinzione del nostro premier che Roma debba ospitare le Olimpiadi del 2024, pur con tutti i problemi con cui la nostra Capitale deve già convivere, ma i commenti entusiasticamente favorevoli a Roma ’24 del presidente del CIO…

  2. Por Quemada 19 agosto, 2016 at 12:36

    L’idea di fare le olimpiadi in un’unica sede è assolutamente sensata, fin troppo, si risparmierebbero un mucchio di soldi e un sacco di corruzione, mi sa che è un po’ troppo grillina per essere presa seriamente in considerazione da qualcuno.

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