le storie

Lussorio Cau e la battaglia di Morgogliai

Tantissime sono le storie legate al banditismo sardo che sono diventate nell’immaginario popolare vere e proprie leggende. Tra queste un posto d’onore spetta certamente a quella che viene chiamata «la battaglia di Morgogliai». Morgogliai era, alla fine dell’Ottocento, un vasto, fittissimo bosco che ricopriva i monti intorno ad Orgosolo, allora tristemente noto per il notevole numero di banditi e latitanti di cui era rifugio pressoché inespugnabile. In quel lontano 1899 vi si nascondeva la più temuta delle tante bande che infestavano le Barbagie: quella dei nuoresi fratelli «Carta», in realtà Elias e Giacomo Serra Sanna, grassatori, rapinatori e assassini.

Il giovane prefetto di Sassari, il marchese Giovanni Nepomuceno Cassis, studiò una vasta campagna repressiva ordinata dal governo Pelloux, realizzata sul campo dal capitano dei carabinieri Giuseppe Petella e dagli uomini al suo comando, in gran parte sardi e che vide come momento culminante proprio la ‘battaglia di Morgogliai’.
Ma il vero protagonista di quella terribile vicenda fu certamente il brigadiere Lussorio Cau: straordinaria e discussa figura di carabiniere cacciatore di latitanti prima e di giudice implacabile di antifascisti poi. Nato a «Sas Cortes» di Borore nel 1867, è, in ordine di tempo, il sesto uomo dell’arma dei Carabinieri ad essere stato decorato di medaglia d’oro al valor militare. Fra i cinque che lo precedono, altri due sono sardi: Gerolamo Berlinguer, sassarese, e il cagliaritano Agostino Castelli

Nel 1899 Lussorio Cau è comandante della stazione dei carabinieri di Orgosolo. Si è già distinto nella lotta contro i latitanti del Nuorese, ha avuto diversi encomi ed è stato decorato di una medaglia d’argento. Nel momento culminante della lotta contro i banditi, si «traveste» da sardo: cioè, al posto della divisa dell’arma indossa il costume tradizionale d’un paese barbaricino.
Grazie al lavoro sotterraneo di una rete di confidenti, fingendosi un latitante, riesce a conquistare la fiducia dei Serra Sanna e a trascorrere alcuni giorni con i banditi.
Subito dopo essersi allontanato dalla banda organizza la grande battuta a cui parteciperanno carabinieri, uomini della polizia e anche un reparto di soldati, trasferito apposta dal Continente.

La cosiddetta ‘ battaglia’ ha luogo l’11 Luglio e dura diverse ore. Dei cinque latitanti della banda, quattro (e fra essi i due fratelli Serra Sanna) vengono uccisi: un quinto, il tristemente noto Lovicu, riuscirá a fuggire e sarà ucciso in un altro conflitto a fuoco un paio d’anni dopo. Anche le forze dell’ordine hanno i loro morti: il soldato Rosario Amato e il carabiniere Aventino Moretti, che l’anno precedente aveva ucciso, con Lussorio Cau, il più leggendario dei banditi alla macchia, l’olianese Giovanni Battista Salis detto «Corbeddu», azione che procurò ad entrambi la medaglia d’argento al valor militare.

Dopo questa vicenda, che gli valse la medaglia d’oro, anche per evitare più che certe vendette, Cau viene promosso sottotenente e trasferito prima a Roma e in seguito a combattere i banditi siciliani. Partecipa alla prima guerra mondiale, e si guadagna una medaglia d’argento e una di bronzo, finché si congeda col grado di colonnello. Sotto il fascismo, diventato ufficiale della Milizia, viene chiamato a fare da giudice nel Tribunale speciale. Ci sarà anche lui, sul banco dei giudici, quando il Tribunale condannerà a morte l’anarchico di Padria Michele Schirru, accusato di aver organizzato un attentato a Mussolini e sarà anche lui a condannare a venti anni di reclusione il ghilarzese (di Ales) Antonio Gramsci e gli altri dirigenti del Pcd’i. Così, quando finalmente il regime fascista venne abbattuto e il 20 dicembre 1944 l’Alto commissario per le sanzioni contro il fascismo emana un ordine di cattura per tutti i giudici di quel Tribunale, anche Cau è nell’elenco. Egli viveva allora in Sicilia. Numerosi testimoni deporranno sulla prudenza con cui ha esercitato il compito di giudice e verrà assolto ma gli ultimi anni saranno vissuti sotto una nuvola di tristezza e, forse, di rimorso . Morirà il 10 settembre del 1961. Avrà onori solenni.

 

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4 comments

  1. Osita 1 aprile, 2015 at 15:56

    il fallimento delle banche sarde tra il 1887 e il 1891 ,con la conseguenza della rovina dei risparmiatori, fece della Sardegna la regione più povera e i moti ,la crisi agraria, e quella mineraria ,incrementarono il fenomeno del banditismo .Il ruolo del bandito era combattere i soprusi attuati dai potenti e dare dignità a chi aveva poca voce in Sardegna .Il bandito si oppone al potere ,uccide e poi si dà alla macchia e la popolazione lo aiuta secondo i canoni del “Codice Barbaricino ” che prevede la libera proprietà e non quella privata,e che ammette l’abigeato solo in condizioni di necessità e tutela l’onore personale.il fenomeno del banditismo nasce nel Nuorese ,a Orgosolo .

  2. Tigra 1 aprile, 2015 at 12:18

    Un interessante esempio di microstoria che si incrocia con la Storia vera, quella che finisce sui libri.
    Si ricava l’immagine di un uomo non comune, e sarebbe interessante sapere se “la prudenza con cui ha esercitato il ruolo di giudice” corrisponde alla realtà, o è stata in qualche modo pilotata per salvare, come spesso succedeva, uno dei tanti gerarchi fascisti.

  3. Luistella 31 marzo, 2015 at 10:33

    Non gli avrei per nulla, attribuito gli onori solenni. Quando combattè il banditismo fece ciò che la sua divisa di carabinere gli impose come giusto dovere. Quando contribuì a mettere in galera Gramsci e a condannare a morte delle persone, non fu certo un esempio di grand’uomo. Se si pentì o fu circondato da rimorsi, era il minimo che gli potesse capitare.

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