la società

Non esiste un fascismo buono; il fascismo è, o non è!

Non esiste un fascismo buono; il fascismo è, o non è!

Uno dei più grandi imbrogli del fascismo è stato quello di aver convinto a lungo un ammasso eterogeneo di persone, di essere un popolo e di formare una nazione; l’operazione però riuscì e per dare lustro al maquillage in corso all’epoca, Mussolini dovette ripercorrere la storia a ritroso nel tempo, sino ad arrivare alla Roma imperiale, come se quasi duemila anni, nel frattempo, fossero passati invano e senza lasciare traccia. La scarsa considerazione che Mussolini aveva degli italiani è nota e si conferma in questa abile operazione mistificatrice che tutt’oggi affascina eredi, genetici o meno, di tutte quelle persone che credettero veramente di intraprendere, con il duce, un cammino virtuoso che al contrario terminò malamente con la disfatta bellica e l’ingloriosa fine di Mussolini a piazzale Loreto.

 

 

Trascorsi ormai oltre 70 anni da quelle vicende, ottusità ed ignoranza ingabbiano ancora una parte non trascurabile della popolazione italiana in quello che gli psicologi chiamano Bias Cognitivo, sostanzialmente uno o più pregiudizi radicati e non avvalorati da verifiche; se poi ci aggiungiamo gli effetti devastanti di quel fenomeno studiato da David Dunning e Justin Kruger che porta naturalmente ogni individuo a confidare sulle proprie capacità valutative in modo inversamente proporzionale alla propria cultura e, soprattutto, modestia, ecco dimostrato il perché della nostra (italiana intendo) ben poco lusinghiera presenza al primo posto nella graduatoria dell’analfabetismo funzionale che non spiega forse del tutto la rinascita dell’ideologia fascista ma in gran parte si!

 

Manifesto recentemente apparso a Rimini.

 

Il fascismo ha fatto anche buone cose”, si sente ripetere sempre più spesso nelle discussioni di politica; difficile trovare i meriti di un regime condannato inequivocabilmente dalla storia per aver sommato, tra le altre colpe, quella di aver esaltato gli stupidi e represso gli intelligenti: una dittatura non ammette il libero pensiero, men che meno la critica e il dubbio!

Nel 1945 pensavamo di esserci liberati per sempre da questa mistificazione e di essere stati proiettati verso una nuova era, che per certi versi c’è stata, ma nella quale non si è raggiunto il traguardo della consapevolezza di chi siamo e di dove vogliamo andare, ma si sono solamente definite una serie interminabile di inutili tappe intermedie nelle quali abbiamo tirato a campare alla ricerca di facili soluzioni e scorciatoie che hanno finito per aggravare i problemi ormai atavici: la mancanza totale di un vero senso civico e la comprensione della responsabilità individuale che una democrazia impone a tutti di avere.

 

 

Nei racconti delle persone che il ventennio lo hanno vissuto ricorre spesso la constatazione che, salvo poche eccezioni, il fascismo è stato largamente condiviso dalla popolazione italiana e credo che non si debba faticare a crederlo, prima di tutto perché Mussolini prese il potere al culmine di un periodo difficile per il Paese, al tempo martoriato da una profonda crisi economica e dalla disoccupazione, poi perché l’entusiasmo iniziale e le riforme attuate (in effetti qualcosa di buono l’ha anche fatto) portarono ben presto ad un miglioramento della situazione dopo anni difficili; e pazienza che il bastone e l’olio di ricino avessero iniziato prepotentemente a fare bella mostra di se, che si fosse iniziato a gettare i semi di quell’odio cieco che portò alla tranquilla accettazione delle leggi razziali e che si stesse progressivamente tracciando un percorso di guerra e di distruzione!

 

 

In particolare mio nonno una volta mi raccontò un fatto che spiega l’Italia e gli italiani più di ogni altra descrizione: all’alba della liberazione, quando le truppe alleate entrarono nella città dove ha sempre vissuto, le strade erano lastricate di distintivi colorati con impresso lo stemma del PNF: da quel momento in pochi ammisero orgogliosamente di essere stati fascisti mentre molti rinnegarono l’adesione più o meno convinta a quel sogno scellerato. Successe allora e succederà in seguito quando pochi ammetteranno di aver votato Dc o di essere stati elettori di Craxi, men che meno di Berlusconi; pochi, intendo, rispetto al largo consenso di cui quel partito e quei personaggi politici hanno goduto.

 

 

La memoria storica, che si utilizza solo quando serve (come nel caso delle foibe, stupidamente sbandierate dai nostalgici come simbolo delle persecuzioni comuniste, quando in quegli orrendi buchi ci sono finiti, parimenti trattati, italiani e sloveni, fascisti ed anti fascisti, innocenti e colpevoli), messa nelle mani di chi la storia non la conosce perchè mai l’ha veramente studiata, ma pretende di insegnarla agli altri, diventa un’arma micidiale e porta a conclusioni aberranti: difesa della razza (una sorta di improbabile D.O.C.G. italiana), difesa delle nostre donne (quando i femminicidi avvengono prevalentemente nelle case per colpa di italianissimi mariti), difesa della vita e della proprietà (mentre gli effetti della criminalità sono in costante calo da decenni), difesa del posto di lavoro (con molti lavori che ormai gli italiani non vogliono più fare).

 

 

La propaganda fascista di ieri e di oggi sfrutta una realtà difficile per esasperare gli animi, creare artificiosamente dei nemici per poi proporre soluzioni facili; il tutto avviene con modalità, però nuove, che vanno dal rifiuto apparente della violenza (“in fondo sono bravi ragazzi”, si sente ripetere), all’utilizzo in massa e con tecniche sofisticate dei social media sui quali se pubblichi il seno di una donna vieni bloccato da integerrimi moderatori i quali, però, restano impassibili di fronte alla propaganda apertamente fascista di alcune pagine : un nudo no, braccio teso e fasci littori si!

 

 

Il nuovo fascismo è più scaltro, più subdolo di quello delle origini: abbandonate temporaneamente le vecchie tecniche squadriste, si insinua nella mente dei giovani con messaggi semplici e di immediata comprensione: lotta alla criminalità, alla corruzione, alla droga, al nomadismo ed a tutte quelle manifestazioni di disordine sociale che le nostre città, purtroppo va detto, mostrano in abbondanza. E’ il volto di un fascismo buono, che apparentemente rinuncia alla violenza ma mostra decisione nel difendere gli ideali di chiesa, patria e famiglia, quelli tanto cari alle destre estreme di tutto il mondo, sbandierati alla luce del sole, per poi essere negati nei fatti: sull’odio non si costruisce, ma con l’odio si distrugge!

 

 

Uno dei tanti “regali” dei quali siamo debitori verso Silvio Berlusconi è lo sdoganamento della destra in Italia: per decenni, prima che lui entrasse in politica, emarginata ed ininfluente, uscì dall’isolamento proprio con le elezioni del 1994 quando ben 4 ministri del primo governo di centro destra furono espressione del partito di Gianfranco Fini, erede di Almirante alla guida del MSI. Allo scoramento iniziale di coloro che sempre avevano avversato quella parte politica, seguì una flebile speranza quando, appena un anno dopo lo stesso Fini a Fiuggi fece un’abiura storica del fascismo con l’intento evidente di togliersi dalle spalle un ingombrante passato che doveva essere sembrato assai pesante per i lunghi anni trascorsi sui banchi dell’opposizione. I fatti ci narrano di un clamoroso insuccesso politico il quale, dopo la sconfitta di Fini, da un lato ci riconsegna l’ideale fascista sotto spoglie più o meno mentite, e dall’altro lo proietta addirittura verso un possibile successo elettorale come già è accaduto, per fortuna senza esito, nelle passate elezioni francesi, e con addirittura tre formazioni politiche che in Italia, più o meno apertamente, si rifanno a idee e modalità che francamente avremmo evitato volentieri di rivedere.

 

 

Tra due settimane si vota e pare possibile che il rafforzamento della destra passi anche attraverso l’ingresso in parlamento di esponenti politici di movimenti ai quali, per giusta norma, non solo dovrebbe essere precluso questo passo, ma persino proseguire nella propaganda di ideali vietati.

Il 30 giugno 1960, durante un comizio a Genova, l’allora deputato Sandro Pertini ebbe a dire:

“Io nego – e tutti voi legittimamente negate – la validità della obiezione secondo la quale il neofascismo avrebbe diritto di svolgere a Genova il suo congresso. Infatti, ogni atto, ogni manifestazione, ogni iniziativa, di quel movimento è una chiara esaltazione del fascismo e poiché il fascismo, in ogni sua forma è considerato reato dalla Carta Costituzionale, l’attività dei missini si traduce in una continua e perseguibile apologia di reato. Si tratta del resto di un congresso che viene qui convocato non per discutere, ma per provocare, per contrapporre un vergognoso passato alla Resistenza, per contrapporre bestemmie ai valori politici e morali affermati dalla Resistenza.

Così come era considerato illegale che l’allora MSI potesse organizzare un congresso, non si comprende come oggi Forza Nuova e Casapound possano essere autorizzati a fare altrettanto; men che meno manifestazioni di piazza.

 

 

Che dire; tutta colpa di Berlusconi? No di certo! La via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni cita un vecchio proverbio pare ripreso anche da Karl Marx in una sua citazione, e di buone intenzioni se ne sono avute tante in questi decenni nei quali si sono sprecate innumerevoli occasioni per far diventare l’Italia un paese più evoluto, e non solo economicamente, ma alla fine gli errori si pagano: speriamo che non ci costino troppo cari!

La democrazia è la forma di governo più difficile da attuare perché è complessa; basa la sua stessa esistenza sulla consapevolezza dei destinatari di avere una grossa responsabilità, prima di tutto verso loro stessi: quella di impegnarsi a comprendere la realtà in cui vivono ed a scegliere la strada da percorrere insieme, pronti ogni volta a ricominciare tutto da capo perché il mondo cambia continuamente. Per fare questo occorre apertura mentale e fiducia nel futuro tutte cose che non si imparano a scuola ma che fanno parte del processo di crescita delle persone per intraprendere il quale una classe politica capace avrebbe dovuto saper indicare possibili percorsi. Il fascismo è il suo esatto contrario; non richiede altro se non una delega in bianco, una volta solamente, perché poi la strada sarà segnata; almeno sino alla prossima catastrofe. La democrazia è imperfetta perché imperfetti sono gli uomini, elettori ed eletti; i suoi difetti diventano sempre maggiori, quanto peggiori sono gli uomini che ne determinano le sorti, ma una democrazia migliore è sempre possibile; il fascismo no e purtroppo uno dei paradossi più noti della democrazia è quello in base al quale, democraticamente, gli elettori potrebbero anche decidere di rinunciarvi.

 

Fotogrammi dal film con Totò "Fermo con le mani", 1937

 

A margine di un discorso fatto alla Camera dei Deputati il 30 maggio 1924, nel quale aveva denunciato brogli elettorali avvenuti durante le ultime elezioni politiche del 06 aprile precedente, Giacomo Matteotti pronunciò una frase che da molti viene considerata uno dei suoi testamenti politici: “Uccidete pure me, ma l’idea che è in me non l’ucciderete mai”. A rileggerla oggi suona quasi beffarda, come se a pronunciarla fosse stato, anziché uno dei martiri del fascismo, quello che ne è stato l’ideatore. E in fondo forse le cose stanno proprio così: le idee, buone o cattive, non muoiono mai perché per quanto assurde, deprecabili e ripugnanti siano alcune di esse, il loro germe riesce sempre ad attecchire laddove l’ignoranza e la disperazione fanno da terreno fertile.

 

 

 

  Confezione di profilattici Il Miliziano (scaduta nel '33), trovata a Casarsa,
   provincia di Pordenone, in una intercapedine di una ex-casa di tolleranza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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