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Referendum o referenzum

Referendum o referenzum

Per la prima volta da molto tempo gli exit poll si sono rivelati esatti, e con il 60% dei no la riforma costituzionale è stata bocciata dalla maggioranza degli italiani, che si sono recati ieri alle urne in una rispettabile percentuale.

Renzi ha annunciato le dimissioni, né avrebbe potuto fare diversamente, visti i numeri, e quello che resta sul terreno sono un cumulo di macerie che possono dare solo agli sciocchi la voglia di festeggiare, quale che sia stato il loro voto.
Lo schieramento vincente non esprime alcuna possibile maggioranza politica, essendo composto per metà dal partito di Grillo, e per l’altra metà da una eterogenea armata Brancaleone che si segmenta in due pezzi principali, Forza Italia e la Lega da un lato, e in alcuni frammenti costituiti da partiti più o meno radicali dall’altro, poco importa se di destra o di sinistra.

Il PD, che è sempre più il partito di Renzi, ha preso esattamente i voti delle trionfali europee, che in questo caso sono stati appena sufficienti per una drammatica sconfitta, e lascia sul terreno in modo definitivo la storia secolare della sinistra, che nella sua tradizionale componente socialdemocratica non è mai stata rappresentata da Renzi, e oggi non è più rappresentata da nessuno, perché Bersani, Speranza o Cuperlo politicamente non sono nessuno.

Le prospettive del paese sono ora incerte; si parla di un reincarico a Renzi o di un Governo comunque sostenuto dal PD, ma io credo che, quale che sia la soluzione finale, il compito del futuro esecutivo sarà quello di risolvere il problema del disallineamento istituzionale creato dalla legge elettorale in vigore, se non sarà cancellata dalla Consulta, e dalla bocciatura della riforma, sulla quale l’italicum era stato tarato; oltre a questo orizzonte è difficile fare previsioni, ma tutto è possibile, dall’uscita dall’Unione Europea, ad un commissariamento di fatto del paese, sul modello del Governo Monti, o peggio.

Può darsi che Renzi, che resta il leader del partito di presumibile maggioranza relativa, possa avere la sua rivincita, ma questo mi sembra oggi il minore dei problemi, e non tanto per il cumulo di macerie sotto le quali siamo tutti sepolti, Grillo e Salvini per primi, anche se forse ne sono inconsapevoli, ma per il percorso che ci ha portati sin qui.

Referendum o referenzum Referendum o referenzum

Renzi a mio parere ha commesso un grave errore, puntando da un lato su riforme divisive e poco efficaci, dal Jobs Act all’abolizione delle province, dalla buona scuola alla riforma della pubblica amministrazione, e dall’altro su riforme istituzionali ancor più divisive, la legge elettorale e la riforma costituzionale, delle quali il meno che si possa dire è che erano fortemente perfettibili, per usare un eufemismo.

La Brexit e l’elezione di Trump ci hanno già testimoniato che la destra populista sta avanzando ovunque perché l’impoverimento coniugato all’ineguaglianza è mortale per qualunque partito riformista, e ad onor del vero anche per quelli moderati; non è colpa di Renzi se il nostro debito pubblico è scandaloso, e non è neppure colpa sua se l’economia va male, ma l’assetto istituzionale non ha mai dato il pane a nessuno, e bisogna onestamente ammettere che la politica economica non è mai sembrata la priorità del governo.

Naturalmente Renzi non poteva obbligare l’Europa a non trattare l’Italia come la Grecia, e neppure a trattarla con il favore che era stato riservato in passato a Germania e Francia, ma questa non è una giustificazione per l’elettore disoccupato, o per quello che teme per il suo futuro, e tanto meno può esserlo per il Governo che si deve far carico di questi drammi, soprattutto se racconta che il problema è quello di un Senato da dimagrire o di un processo legislativo da snellire mentre decide di tutto a tambur battente.

Di certo Renzi non è stato aiutato dal carattere e dal temperamento personale, e neppure da una classe dirigente all’altezza del compito che si era prefissato, ma è un fatto che oggi la sinistra, nel mondo, è ancora in mezzo alla terza via, che è quella che aveva mutuato dalla destra liberista, e oggi l’una e l’altra rischiano di essere spazzate via dalla destra populista, che non ha naturalmente nessuna ricetta per fronteggiare la redistribuzione del reddito in atto fra nord e sud del mondo, ma tanto può arrivare al potere grazie alla paura e allo sconforto, e magari ci arriverà.

Non so se e quando ci sarà un’altra occasione per la sinistra in Italia, indipendentemente dal destino personale di Renzi, e non saprei dire quanto possa pesare il possibile vantaggio legato alla bocciatura di una brutta riforma di fronte ad altri decenni di ingovernabilità o alla possibile vittoria di Grillo, la ritengo una domanda onestamente troppo difficile, ma di una cosa sono personalmente abbastanza sicuro, se oggi il PD ha perso non è per colpa di Bersani, che non conta nulla, e poco ha contato anche quando era il capo del partito, ma per colpa del fatto che gli elettori, la maggioranza degli elettori, di destra in massima parte, ma anche di sinistra e di centro, hanno voluto mandare a casa il Governo, dal quale non si sentivano garantiti e rappresentati.

Referendum o referenzum

Una volta Bill Clinton cominciò a diventare famoso con la battuta “È l’economia, stupido”, ma probabilmente non fece scuola come sarebbe stato giusto, e a 24 anni di distanza rischiamo di dovercene accorgere in modo drammatico; se non si riesce a capire che il problema è il lavoro, che l’ineguaglianza più radicale derivata dalla finanziarizzazione dell’economia è un veleno per la società, per tutte le società, e che la prospettiva di un futuro decente è una molla fondamentale per motivare le persone al voto, oltre che al voto in una certa direzione, allora faremo tutti, politicamente, la fine di Hillary Clinton travolta dal Trump di turno, se ci andrà bene, e se no sarà peggio.

Non doveva essere Bersani a capire queste cose, la vecchia classe dirigente del PD è fallita e impresentabile, e certo ha meno futuro di Renzi, lo doveva capire Renzi, se non altro per le ambizioni che aveva, ma credo che nonostante qualche saggio consiglio non se ne sia reso conto; se posso azzardare un parere, e so che può sembrare paradossale, credo che non sia stato abbastanza ambizioso, che non abbia capito che il suo compito era più grande, e che non aveva senso legare il suo destino ad una riforma costituzionale alla fine brutta e modesta mentre l’economia continuava a regredire.
I cocci oggi sono di tutti.

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