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Il vento sta cambiando!

Il vento sta cambiando
Fare l’elenco delle promesse elettorali già totalmente disattese dal Governo del Cambiamento (in peggio) credo sia ormai esercizio ozioso: salvo pochi e risibili provvedimenti totalmente inutili e inefficaci, il bilancio di questi primi mesi di attività da parte della squinternata squadra di governo messa in piedi da Conte è un bilancio in profondo passivo, sia per i conti dello Stato che per l’isolamento ormai certo dell’Italia all’interno del contesto internazionale, sia nei confronti delle istituzioni europee che di quei paesi che sono sulla stessa linea di profonda critica espressa dal nostro Governo.

Si è scoperto cioè che nel mondo sovranista ognuno fa la sua gara infischiandosene altamente degli altri, e per un paese che basa una fetta consistente del suo Prodotto Interno Lordo sul successo delle esportazioni, questa da sola pare essere una pietra tombale su qualsiasi ipotesi di futuri successi, in un mondo nel quale definirci vasi di coccio mi pare già un gran bel complimento.

Nonostante tutti i ripensamenti sui temi della campagna elettorale, non ultimo quello che vede come ipotesi per dar luogo ai pensionamenti a quota 100 quella di rispolverare la tanto vituperata APE Social, si assiste ad una tenuta in termini di gradimento da parte sia del Governo che dei partiti che lo sostengono; la cosa sorprende non poco in quanto tra brutte figure, sbugiardamenti, palese inadeguatezza di ministri e parlamentari, ci si sarebbe aspettato un calo del consenso ben più eclatante di quello normalmente registrato da un Governo qualsiasi nei primi mesi di vita, nei quali la realtà tende sempre a cancellare molte promesse elettorali. In questo caso, nonostante sia difficile individuare elementi positivi a sostegno della maggioranza, l’elettorato di entrambi i partiti che la compongono regge su percentuali del tutto lusinghiere ma altrettanto incomprensibili.

 

È chiaro che aver creduto a promesse elettorali inattuabili e a figure politiche inadeguate, nonché ad una quantità inconsueta di bugie e fake news, non depone a favore delle capacità di critica di quell’elettorato; forse occorre tenere anche conto del fatto che la sicurezza con la quale Di Maio e Salvini insistono nel mentire, ma in modo evidentemente convincente, tiene ancorato un gran numero di elettori appesi ad un filo di speranze  talmente tenue, che non si comprende come non si sia ancora spezzato.

Fatto è che mentre Di Maio annuncia trionfante di aver disposto la stampa delle “card” che dovrebbero consentire l’utilizzo del reddito di cittadinanza, in assenza totale non solo dei decreti attuativi di una ipotetica legge delega, ma persino della legge stessa, i potenziali destinatari della norma evidentemente ci credono ancora, mentre dovrebbe essere evidente che si tratta di una macroscopica “balla”, di quelle che dovrebbero essere immediatamente sbugiardate su tutti gli organi di informazione e, in un Paese serio, spingere a forza il Ministro che ne è autore alle dimissioni.

Mentre stiamo qui a chiederci come mai le cose non vadano come logica vorrebbe, si assiste però a qualche crepa in quella che appare una macchina invincibile e, come sempre accade in questi casi, prima ancora che l’elettorato ne prenda atto, altri settori iniziano a prendere le distanze da questo Governo.

 

Il primo è stato il Presidente di Confindustria, il quale inizialmente entusiasta del nuovo Governo, con il tempo ha iniziato a prenderne le distanze, persino nei confronti della Lega che in questa compagine copre un ruolo estremamente ambiguo ad essere benevoli. Mentre infatti il Movimento 5 Stelle è notoriamente e prevalentemente espressione di una parte del Paese ben definita (sia in termini sociali che geografici), la Lega con il tempo ha finito per assumere un aspetto camaleontico: Salvini va nelle fabbriche e dice che devono essere dati più soldi agli operai, va in Confindustria e dice che vanno salvaguardate le imprese; nel Nord si esprime in modo storico evidenziando il sacrificio di quella parte del Paese che deve farsi carico di trainare il Paese intero, mentre quando va al Sud se la prende con Roma e gli euroburocrati acquisendo consensi e lisciando il pelo agli alleati di Governo.

Mai il termine cerchiobottismo fu più adeguato di adesso nel qualificare la propaganda di Salvini, che immerso in una perenne campagna elettorale, allunga il brodo il più possibile nella speranza che i nodi non arrivino mai al pettine; ma Boccia (Presidente di Confindustria) ormai ha mangiato la foglia e agli industriali si può rimproverare di tutto, non certo di non sapere cosa a loro conviene e cosa no, e questa manovra economica non può certo piacere loro, perché di soldi per lo sviluppo delle attività economiche non se ne vedono. Inoltre (e direi, finalmente) quel Nord produttivo che ha nel cuore dell’Europa il centro dei suoi interessi commerciali, difficilmente può vedere di buon occhio un’azione di governo che ogni giorno di più ci emargina all’interno del nostro contesto economico di riferimento.

Dopo gli imprenditori, anche alcuni giornalisti hanno iniziato a recuperare un minimo di dignità professionale persa dopo l’insediamento del Governo Conte. In Italia l’informazione non ha mai brillato per integrità e rettitudine; morti e sepolti alcuni tra i più grandi giornalisti della nostra storia repubblicana, ormai da diversi decenni si assiste ad uno spettacolo deprimente che vede i giornalisti in blocco salire sul carro dei vincitori per poi scenderne alla chetichella man mano che la vittoria appare via via più insicura.

In questi mesi di talk show si sono uditi soliloqui nei quali esponenti della maggioranza potevano impunemente dire le più immani cazzate senza che nessuno osasse contrastarli, mentre le interviste ad esponenti dell’opposizione, in particolare quelle a Renzi, venivano orchestrate come una sorta di tribunale dell’Inquisizione; ultimamente, anche se la cosa non appare ancora così evidente, alcuni giornalisti hanno iniziato a cambiare registro e incalzano nelle interviste Ministri e Parlamentari della maggioranza, quelli che una volta erano oratori solitari; lo si è visto persino a Porta a Porta, ed è tutto dire.

 

Infine, dopo interminabili mesi di silenzio pressochè totale sulla grande stampa, anche Gustavo Zagrebelsky ha preso pesantemente le distanze da questa maggioranza e da questo Governo; lo ha fatto con parole nette, inequivocabili e molto dure; lo ha fatto solo con colpevole ritardo e rimane al momento il solo delle decine di costituzionalisti che avevano tuonato quotidianamente contro la riforma del 2016. Ma meglio tardi che mai.

Una citazione a parte merita Susanna Camusso la quale in rappresentanza della più importante sigla sindacale del Paese ha più volte manifestato in passato le sue simpatie per le istanze portate avanti dal M5S, prima prendendo atto che una significativa parte dei suoi tesserati ormai vota in quella direzione e poi nella constatazione che diversi provvedimenti annunciati dal Movimento rispondono ad istanze ormai note nella sinistra e nel sindacato che essa rappresenta. Sino ad ora l’acritica accettazione delle proposte di abolizione della Fornero, dell’introduzione del reddito di cittadinanza e della revisione del complessivo impianto delle norme sul lavoro (per adesso solamente scalfito dal Decreto Dignità, peraltro con esiti molto negativi) avevano fatto assumere un atteggiamento positivo nei confronti del Governo in carica; poi le cose sono cambiate e anche alla Camusso sono apparsi evidenti i rischi connessi ad una sempre maggiore contrapposizione del nostro governo rispetto alla Commissione europea ed alle norme che regolano la nostra permanenza nella Comunità e nell’euro.

In un recente convegno organizzato dalla CGIL Lombardia la Segretaria ha sostanzialmente mantenuto il suo atteggiamento amletico sia strizzando l’occhio al Governo, che evidenziando le sue perplessità rispetto alla posizione assunta in Europa dal Governo ed allo scontro in atto a Bruxelles, che non lascia presagire niente di buono per il nostro Paese; come lei possa uscire da questa palese contraddizione non è dato sapere e forse dovremo accontentarci di quella che è da tempo una posizione di mera testimonianza da parte del sindacato nel confronto in atto in un momento assai delicato, ove parole chiare andrebbero dette e dubbi dissipati.

Prendendo a prestito una famosa citazione di Virginia Raggi all’indomani della sua improvvida elezione al Campidoglio, sembra veramente che il vento stia cambiando e che le fortune di questa maggioranza stiano per volgere al termine, specialmente quelle del Movimento 5 Stelle, che ha mostrato oltre ogni ragionevole dubbio la totale inconsistenza della sua classe dirigente e la demenzialità delle sue ricette economiche, applicando le quali ci troveremmo immediatamente nel lato sud del Mediterraneo, dopo avere per millenni rappresentato una delle parti più avanzate della civiltà occidentale.

Diverse le sorti della Lega, che con la sua ambiguità riuscirà probabilmente a uscire indenne dai disastri del governo giallo-verde, se non addirittura a rafforzarsi in un bacino di destra, che vede Berlusconi ormai inesorabilmente scivolare verso l’irrilevanza politica, salvo vederlo nuovamente sugli scudi al momento in cui Mattarella si troverà a dover passare la mano, ed una forte coalizione di centro-destra, nella quale si potrebbe sancire la sua indubbia capacità di sopravvivere a tutto, persino a se stesso.

La chiudo qui perché altro non sembra esserci di cui parlare: le interminabili discussioni sulla leadership del PD, l’incognita di Renzi che potrebbe andarsene, ma anche no, la dissoluzione omeopatica della sinistra e cosa faranno in futuro i milioni di elettori i quali al momento non si sentono rappresentati da alcuno dei partiti attuali, francamente mi appaiono questioni di scarso interesse in assenza totale di una qualsiasi proposta alternativa di una parte politica al momento totalmente assente.

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