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Referendum, perché No

 

 

Vi sono tantissime ragioni per votare no!
La riforma invero è una controriforma è un attacco alla costituzione nata dalla resistenza, un atto sacrilego posto in essere da barbari invasori che nulla conoscono dei valori e dei principi.

In un crescendo di aggettivi la riforma può essere definita: pericolosa, nociva ed eversiva.

1) Il fronte del no innanzitutto ha seri dubbi sulla legittimità costituzionale dell’iniziativa governativa finalizzata alla riforma, ritenendo che l’iniziativa riformista doveva nascere e liberamente svilupparsi nel seno del parlamento.
In riferimento all’approvazione della costituzione, si debbono tenere a mente le parole accorate pronunziate da Calamandrei, “quando l’assemblea discuterà pubblicamente la nuova costituzione, i banchi del governo dovranno essere vuoti, estraneo del pari deve rimanere il governo alla formulazione del progetto, se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell’assemblea sovrana”.

L’iniziativa governativa anche in materia di leggi di revisione costituzionale determinerebbe un degrado della costituzione al rango inferiore delle leggi ordinarie.

2) La riforma viola il principio della sovranità popolare che si esprime nella elettività diretta delle assemblee legislative.
In tal senso l’assemblea dei cento senatori, come previsto dalla riforma, non trae origine da elezioni dirette, ma si compone di nominati dai consigli regionali che dovrebbero conformarsi al risultato delle elezioni regionali.

Il correttivo peraltro non si applicherebbe ai senatori-sindaci.
Allo stato il procedimento di elezione dei senatori non risulta ancora legislativamente definito, permanendo molti dubbi e incertezze.

3) La riforma Renzi Boschi viola altresì in modo aperto il principio di ragionevolezza e razionalità di cui all’art. 3 Cost. It.
La rilevante differenza numerica tra deputati e Senatori, rende ininfluente nelle sedute congiunte per l’elezione del Presidente della Repubblica e dei componenti laici del CSM l’apporto del senato.
Il principio di uguaglianza risulta disatteso nella parte della riforma secondo la quale i consiglieri regionali dovrebbero eleggere tra loro 74 senatori “in conformità delle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”.

La locuzione “in conformità” potrebbe essere intesa nel senso che i consigli non dispongono di scelta autonoma, dunque l’elezione equivarrebbe ad una sorta ratifica.
A questo punto sarebbe stato più logico ribadire l’elezione diretta dei senatori nel rispetto del principio di rappresentatività.
Ulteriori disposizioni violano il principio di uguaglianza sotto il profilo della proporzionalità e della razionalità in tal senso:
-il Senato con soli 100 membri nomina 2 giudici costituzionali mentre la camera con 630 membri ne nomina 3.

I cinque senatori di nomina presidenziale per alti meriti nel campo sociale artistico… che ci stanno a fare in un organo rappresentativo di istituzioni territoriali?
Pur essendo diminuite, permane la duplicità delle funzioni esercitate dal Senato in molte materie, attraverso l’attribuzione della funzione legislativa ordinaria e costituzionale che superano la stretta rappresentanza delle istituzioni territoriali.
Di fatto, contrariamente a quanto propagandato, il bicameralismo non risulta eliminato.
L’innovazione sul punto risulta peggiorativa poiché potrebbe fare assurgere alla carica di senatore, con tutte le garanzie e le immunità, i personaggi corrotti delle amministrazioni locali.
I 95 senatori continuerebbero a svolgere part-time la funzione di consigliere regionale o di sindaco, dunque il ruolo di senatore sarebbe esercitato male e in modo insufficiente.
In sostanza sarebbe stato meglio e più logico passare al monocameralismo che conservare un senato part-time, adducendo la motivazione falsa della riduzione dei costi della politica.

4) La riforma accentra i poteri incidendo sulla forma di Stato e di Governo
A riguardo devesi premettere come paradossalmente, le regioni a statuto speciale, quelle che hanno dato l’esempio peggiore della degenerazione amministrativa non vengono toccate dalla riforma.

Il disegno accentratore dei poteri in favore dello Stato viene perseguito attraverso l’eliminazione della cd “legislazione concorrente” che purtroppo rimane in favore delle regioni a statuto speciale.
In ogni caso i conflitti di attribuzione legislativa tra Stato e Regioni non sono definitivamente risolti, se non altro in forza dell’inserimento di una clausola residuale secondo la quale spetterebbe alle Regioni e non allo Stato il potere legislativo “in ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato”.
La volontà finalizzata all’accentramento dei poteri nelle mani dello Stato è confermata dall’adozione di una clausola di supremazia, per la quale una legge dello Stato potrebbe sempre intervenire anche in materia di competenza regionale “quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della repubblica ovvero la tutela dell’interesse nazionale”
Lo Stato riserva a se un potere superiore gerarchicamente sovraordinato rispetto alle regioni.

5) La riforma Renzi-Boschi abbinata alla nuova legge elettorale (Italicum) determina una inaccettabile mutazione nella forma di governo.
In sostanza, per effetto dell’Italicum il voto al partito del leader che vince le elezioni determinerebbe l’investitura diretta del capo del Governo.

Se consideriamo che l’attuale premier è anche segretario nazionale del partito di maggioranza relativa, tenendo presente l’eliminazione del Senato come effettivo contro potere nonché l’assenza di ulteriori bilanciamenti, la forma di governo risulta orientata verso “un premierato assoluto”.
In molti parlano di svolta ovvero di deriva autoritaria, determinata dallo squilibrio nella rappresentanza, dalla concentrazione dei poteri nelle mani del premier, capace di condizionare il Presidente della Repubblica sia in riferimento alla nomina del Premier che in ordine al potere di scioglimento delle camere.
Peraltro con la riforma il Governo riserva a se il potere di di fare approvare dalla camera dei deputati entro 70 giorni dalla deliberazione d’urgenza dell’assemblea i disegni di legge ritenuti essenziali per l’attuazione del programma di governo, in tal guisa il Governo sicuramente restringerà ulteriormente il già ristretto spazio per le iniziative legislative parlamentari, comprimendo i poteri dell’assemblea elettiva.
Trattasi di un vero e proprio attentato alla democrazia popolare rappresentativa per come è stata conosciuta e vissuta a tutt’oggi.

6) Altro “punctum pruriens” è la riforma dell’art. 70, con il quale la riforma si è posto l’obiettivo di semplificare il procedimento di formazione delle leggi come disciplinato nel sistema del bicameralismo perfetto.

Invece di semplificare la riforma ha complicato il meccanismo di formazione delle leggi, passando da uno a ben otto iter procedimentali, rendendo quasi inevitabile l’insorgere di conflitti.

7) Per ciò che concerne gli istituti di democrazia diretta la riforma Boschi rende più gravosa l’iniziativa legislativa popolare elevando il numero minimo di sottoscrittori da 50.000 a 150.000.

8) La riforma riduce il potere d’inchiesta del Senato limitandolo alle sole materie di pubblico interesse concernenti le autonomie territoriali.

9) L’asserita diminuzione dei costi della politica ottenuta indirettamente con la soppressione del Senato, con la soppressione del CNEL e con la riduzione dei rimborsi per i Consiglieri regionali è argomento specioso, non decisivo di chiara matrice populista- propagandista.

In tal senso la riduzione dei costi della politica poteva e doveva essere realizzata con leggi ordinarie attraverso la riforma della pubblica amministrazione ed il procedimento di revisione della spesa.
Non può non rilevarsi come il procedimento di revisione della spesa mai iniziato sia stato di fatto abbandonato.

 

Considerazioni conclusive
Il governo fortemente impegnato è sceso in campo con tutta la propria forza per alimentare una campagna di disinformazione a favore del SI.
La riforma non reca un vantaggio evidente sul procedimento di formazione delle leggi sotto il profilo della sua speditezza, i poteri della camera elettiva risultano affievoliti mentre vengono rafforzati i poteri del governo.
Il Governo rischia di divenire “padrone della rappresentanza parlamentare”, rappresentanza quest’ultima non rispondente a quella reale.

La sovranità popolare si restringe con l’accentramento del potere nelle mani dell’esecutivo
Tutta l’iniziativa costituisce attacco alla costituzione, che è la carta di tutti la Grundnorm regolante il patto di civile convivenza non modificabile per iniziativa della maggioranza governativa.
La riforma costituzionale sottoposta a referendum è la più vasta mai realizzata che prevede la modifica di oltre 40 articoli, sarebbe stata necessaria una informazione dettagliata che avrebbe fatto acquisire consapevolezze ai fini di una scelta libera e informata da parte dei cittadini, purtroppo la campagna referendaria dai toni aspri, condotta con spregiudicatezza, ha trasformato deviandolo l’obiettivo del voto.
Non è corretto dire che è meglio cambiare qualcosa che lasciare tutto come prima, poiché è importante, determinante e quindi non indifferente, come si cambia la struttura costituzionale e quali risultati si conseguono.
La vittoria del no consentirà di eliminare una riforma fatta in fretta e male.
Dopo il 4 Dicembre non ci sarà la fine del mondo, non si apriranno trent’anni di solitudine e di immobilismo, non saremo oppressi dal “ mai più riforme ”.
Con la consapevolezza di aver protetto e salvaguardato il bene di tutti, ci sarà spazio per un futuro di riforme giuste e condivise.

 

Per confronto: referendum; perchè SI!

 

Referendum, perché NO

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