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Renzi ha perso; attenti a Renzi!

La sensazione più evidente dopo le reazioni a questa tornata elettorale è che si stia perdendo l’ennesima occasione di analizzare con obiettività di giudizio la profonda crisi che la sinistra sta attraversando indipendentemente e ben prima che Matteo Renzi prendesse il potere all’interno del Partito Democratico e del Governo.

Un’analisi attenta degli sviluppi elettorali storici del partito mostra chiaramente come oramai da molti anni si sia sciolto il saldo ancoraggio al tradizionale bacino di utenza nelle fasce più umili e disagiate della popolazione per approdare nei salotti della borghesia e nei quartieri bene delle città: il voto a Roma di domenica ne è l’ennesima dimostrazione.   Renzi ha perso; attenti a Renzi!

La vulgata che sia colpa di Renzi può essere facilmente smentita; è vero, lui non ha chiuso la stalla (forse nemmeno ha pensato di farlo), ma i buoi erano già scappati da tempo ed il risultato della frastagliata galassia di sinistra, anche domenica, l’ha dimostrato senza tema di smentita.    Renzi ha perso; attenti a Renzi!

Detto questo, sembra ormai evidente che anche il tentativo di aggredire un’area nella quale Berlusconi, alla fine, continua a dettare l’agenda politica (non mi si dica che la Lega ha avuto un buon risultato: Forza Italia, l’ha avuto), comincia a mostrare più di un limite e sarà bene che Renzi, con il pragmatismo che sembra contraddistinguere le prime reazioni all’esito del voto, riveda le sue priorità e cominci a ricercare la sintonia con quella parte di elettorato deluso che sembra aver ingrossato le fila dell’astensionismo più di quanto abbia alimentato gli antagonisti del PD (tant’è che molti commentatori avevano previsto quanto una ridotta affluenza avrebbe avvantaggiato il M5S i cui seguaci avrebbero votato in massa sull’onda dell’entusiasmo dei sondaggi degli ultimi mesi.

Se osserviamo i risultati elettorali con la fredda logica matematica, si scoprono anche altre cose che avrebbero dovuto risultare evidenti. Il primo è che, con qualche scostamento in più o meno sulle percentuali, e forse con la sola eccezione di Milano, i sondaggi, questa volta avevano abbastanza inquadrato il probabile esito; gli scostamenti matematici, ovviamente, hanno determinato conseguenze politiche pesanti (maggiori distacchi mancati a Torino e Bologna, per esempio); ma credo che nessuno sano di mente avrebbe preventivato un esito diverso a Roma, dopo mafia capitale ed a Napoli dopo il pasticcio delle primarie sulle quali è opportuno stendere un velo pietoso..

Non possiamo negare che le elezioni amministrative, quando coinvolgono realtà così importanti a livello nazionale, assumono, anche, valenza politica, ma non possiamo neppure ignorare, e l’Istituto Cattaneo lo ha ben evidenziato nella sua analisi del 7 Giugno, come i voti contati dal PD in quelle realtà siano si inferiori alle amministrative del 2011, ma siano anche superiori alle politiche del 2013; insomma, un PD ancora lontano dai fasti del 40% alle europee, ma non così drammaticamente sotto e sicuramente più forte (sia pur di poco) del PD ereditato da Bersani.

La Lega viene ridimensionata ed il M5S (probabile vincitore a Roma e forse anche a Torino) di fatto, altrove non esiste e dove governa continua ad avere grossi problemi; se al referendum passa il SI Renzi potrebbe godere di due anni di vantaggio nei quali, qualora il M5S non riuscisse a decollare come forza di Governo (e a Roma non sarà facile), potrebbe riorganizzare il partito e recuperare consensi, a condizione che sappia comprendere a fondo gli errori sino a qui effettuati, primo tra tutti avere la pretesa di gestire contemporaneamente partito e governo e secondo ignorare completamente il suo elettorato di riferimento.

Per fare questo deve individuare le persone idonee a ricostituire una classe dirigente in grado di esprimere candidature efficaci (cosa che non si è avuta) e soprattutto, prendere le distanze da Verdini e soci i quali, sul palco a Napoli, in chiusura di campagna elettorale, non hanno certo aiutato ad evitare il deludente risultato in quella città.

L’impresa non pare impossibile ma resta difficile in un contesto (il PD) nel quale sono poche le figure capaci di coadiuvare un leader il quale a questo punto evidenzia (e penso lo abbia capito), qualche limite. Chiudo dicendo che nella sua storia politica Renzi non è alla sua prima sconfitta, e tutte le altre volte ha ammesso la cosa e si è messo a lavorare per correggere il tiro; sino ad ora c’è riuscito e consiglierei a chi sta già stappando lo champagne, di fare attenzione, qualora dovesse cadergli di mano il bicchiere, di cautelarsi con le spalle al muro prima di chinarsi a raccoglierlo.

 

Comunali ’16,  1°Turno, i blog:

Sinistra che vince, sinistra che perde

La sinistra non dimentichi le città

Renzi ha perso; attenti a Renzi!

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10 comments

  1. Kokab 14 giugno, 2016 at 14:01

    io credo che la nascita del governo monti sostenuto dal pd sia stata sul piano squisitamente politico una sciochezza madornale, non a caso sostenuta e imposta da napolitano, il cui acume e la cui intelligenza mi sono sempre sembrate paragonabili a quelle di speroni, che era scarso anche per la lega.
    credo anche, come sostine tecette, che l’anno di monti abbiano gonfiato a dismisura il movimento di grillo, e trovo sensata l’idea che le successive politiche del pd abbiano contribuito ad alimentarlo dei consensi sufficienti per rimanere competitivo in un quadro di disaffezione al voto.
    credo infine che accettare il governo monti/napolitano sia stata una scelta, oltre che scellerata, di esclusiva responsabilità di bersani, che ha dimostrato di essere, come quasi tutto il gruppo dirigente del pd logorato per vent’anni dallo sterile dualismo d’alema/veltroni, un partito privo di nerbo e di visione politica.
    renzi ha avuto buon gioco a passare su queste macerie come un rullo compressore, ma bisognerà pur dire che è poi diventato solo il curatore fallimentare di uno sfacelo che viene veramente da molto lontano, l’attimo fuggente lo aveva perso bersani, un ottimo ministro e un piccolo leader.

    • M.Ludi 14 giugno, 2016 at 17:38

      di Bersani mi viene sempre da pensare che è un “brav’uomo” e con questo credo si possano riassumere i suoi innegabili pregi ma anche i suoi enormi limiti. Su Reenzi credo che tu abbia fatto una sintesi che riporta il problema alla sua vera natura; tutt’al più potrà amministrare un Concordato Preventivo, ma i cocci sarà dura smaltirli e credo che la misura del problema stia molto nelle patetiche affermazioni post voto di Fassina a Roma e nel risultato catastrofico di Airaudo a Torino.

  2. Tecette 13 giugno, 2016 at 14:40

    Come anche l’istituto Cattaneo riconosce, gli unici confronti statisticamente sensati sono quelli tra elezioni omologhe (comunali con comunali). E quelli sono impietosi, ma siccome sono passati cinque anni, e solo metà di questo periodo sotto la segreteria Renzi, è giusto analizzare il risultato in modo più ampio da un semplice giudizio sulla segreteria Renzi.

    Il 2011 è un confronto difficile, perché in quel momento il centrosinistra vince tutto: regionali, comunali, ovunque la destra è praticamente in rotta. L’inefficacia delle ricette berlusconiane ha portato il paese in una condizione indifendibile anche all’osservatore più fazioso e disattento, e su questo il centrosinistra trionfa come unica alternativa.

    A quel punto però succedono delle cose.

    La prima è la nascita del governo Monti, con un sostegno congiunto centrodestra-centrosinistra. Che porta enormi sacrifici e pochi risultati. Il che rafforza l’opinione che l’errore non fosse nella qualità del condottiero, visto che Monti non è il primo arrivato, ma nelle ricette liberiste stesse, in grossa crisi in tutta Europa. Ricette di cui a quel punto il centrosinistra si assume, col sostegno a Monti e poi con il fiscal compact in Costituzione, la piena corresponsabilità.

    La seconda è la nascita di un movimento che contesta proprio quelle scelte, pescando voti sia a destra che a sinistra, e proponendosi come alternativa numericamente credibile. Se prima l’elettore in fuga aveva come unica scelta possibile l’astensione, o un voto minoritario a sinistra che poi comunque, in un secondo turno delle amministrative, diventava sostegno, ora trova una rappresentanza che compete quasi ad armi pari.

    I due eventi sono collegati, ed è a questo, non a un semplice deficit di carisma, che va imputata la “quasi sconfitta” del 2013.

    Ma la cosa non si ferma lì. Perché l’esperienza di governo col centrodestra prosegue, prima con Letta e poi, sostanzialmente senza modifiche, con Renzi. Dando combustibile a quella propaganda del PD-L, visto che l’alleanza con il centrodestra da caso eccezionale sembra diventata questione strutturale. Perché non ci sono sono Alfano, Cicchitto, Verdini: il numero di politici di basso livello che migrano da Forza Italia direttamente nelle braccia del PD è vasto. Tanto che paradossalmente la Lega – che con Berlusconi ci ha governato – viene percepita come più alternativa alle politiche berlusconiane del partito che le ha avversate per tanti anni.

    La storia di questi cinque anni è tutta qui. Ci sarebbe da discutere su che tipo di politica economica vogliamo attuare, sull’adesione o meno ad alcune direttive europee, sull’entusiasmo per la precarizzazione del lavoro. Invece, si dibatte sul livello di simpatia del segretario, e non mi pare un buon segno.

    • M.Ludi 13 giugno, 2016 at 16:07

      L’Italia è un paese strano dove non sempre le regole valgono e si applicano così come avviene in altri paesi; inoltre, la radicalizzazione dello scontro perseguita da Renzi ha, probabilmente, fatto sconfinare in ambiti diversi la valenza data a questo voto giacchè sono convintissimo che, in caso contrario, le varie Raggi e Appendino, avrebbero avuto meno fortuna al primo turno. Di contro pare sostanziale il fatto che, a questo punto, il M5S possa aver già fatto il pieno del suo elettorato di riferimento;resta solo da vedere cosa accadrà con l’astensionismo e dove andrà il voto di chi al ballottaggio non ha più riferimenti precisi.
      Per quanto riguarda la politica economica che vorremo attuare, da tempo penso che i nostri margini di manovra siano piuttosto esigui, almeno sino a quando la ripresa economica globale non consentirà una robusta riduzione del debito pubblico e non credo che l’adesione ai trattati economici (Brexit permettendo) sia un’opzione sulla quale discutere; certo, dare gli 80 euro ad alcuni e ad altri no, è stata una scelta, ma la soluzione dei problemi non passa da questo tipo di manovre e non solo per qualità delle stesse, ma anche per la necessaria, ridotta quantità.
      Stiamo assistendo, da anni, a politica di basso cabotaggio, spinta agli eccessi ai soli fini elettoralistici e questo, concordo, non è affatto un buon segno.

      • Tecette 13 giugno, 2016 at 21:42

        Non posso ovviamente essere sicuro che, se Bersani avesse rifiutato Monti e proposto nuove elezioni, avrebbe vinto (anche se lo credo). E neanche volevo imbastire una discussione su quanto liberismo sia necessario: non ne ho lo spazio, e onestamente, neanche le competenze. Ma da uomo comune, posso provare a farmi un’idea del tutto personale su come certe scelte siano state percepite da altre persone comuni.

        Davvero vogliamo sostenere che sulla non vittoria del 2013 il cattivo slogan dello “smacchiare il giaguaro” abbia pesato più, per fare un esempio, della riforma Fornero? O che sul tracollo di Roma gli errori di immagine di Marino abbiano pesato più di Carminati e Mafia Capitale? E se davvero ci si presenta davanti agli elettori sostenendo che non ci sono margini di manovra, e che le cose da fare sono comunque prefissate, non è forse naturale che quella parte di elettorato a cui quei programmi non danno alcuna risposta si rivolga invece a chi sostiene che – a torto o ragione – dice che un’altra strada è possibile?

        Lo dico perchè, come mi pare giustamente si sostiene nel blog iniziale, le ragioni del declino vengono da lontano. E mi pare che il dibattito politico continui a non spiegare un dato, incontrovertibile ed eclatante: un movimento cinque stelle al 25% nel 2013, e che, nonostante abbia mostrato in tutti i modi possibile la pochezza di larga parte dei suoi rappresentanti, e abbia la quasi totalità dei mezzi d’informazione ferocemente contrari, invece di scendere sale. Magari di poco, ma continua a salire.

        • M.Ludi 14 giugno, 2016 at 09:51

          Non credo assolutamente che il sistema economico che abbiamo perseguito sia quello che ci consentirà di migliorare le condizioni di vita, banalmente perchè i suoi evidenti limiti (sfruttamento delle risorse umane, energetiche e di materie prime), imporranno un cambiamento drastico di rotta. Ma poichè non siamo usi a fare cambiamenti radicali prima che le circostanze ce lo impongano, dico anche che, nelle condizioni date, se non agevoli la creazione di posti di lavoro semplificando la vita di chi questi posti deve creare, non andiamo da nessuna parte e su questo il liberismo ha sicuramente qualche ricetta in più da proporre.
          Per quanto riguarda il M5S, non vedo la crescita costante che tu indichi, anzi; ha sicuramente riempito spazi lasciati vuoti, ma a me pare che la sua presenza sia enormemente facilitata da situazioni locali (vedi Roma) dove il resto dei partiti hanno dato pessima prova: se i ballottaggi, anche a Roma e Torino, non dovessero dare l’esito atteso da Grillo, staremo ancora a partlare di exploit dei grillini?

    • Remo Inzetta 13 giugno, 2016 at 16:56

      E tu sei sicuro che se non ci fosse stato il Governo Monti, che bene o male ha messo in sicurezza alcuni conti, il PD di Bersani avrebbe vinto le elezioni politiche, che non sono mai, tu mi insegni, come le amministrative?
      E anche se fosse, cosa che non credo, che fine pensi che avrebbe fatto un ipotetico Governo Bersani con Fassina Ministro dell’Economia?
      Non pensi che i tedeschi gli avrebbero fatto fare rapidamente la fine di Berlusconi?
      In realtà il fatto che una certa dosedi liberismo sia necessaria ce lo hanno insegnato Blair e Clinton, che le elezioni le vincevano, mentre il PD le perdeva o le pareggiava proprio perchè si rifiutava di accettare questa evoluzione della dell’economia; facciamocene una ragione, la società moderna non può più essere tarata sullo stato sociale degli anni ’60 e ’70.

  3. Por Quemada 11 giugno, 2016 at 21:37

    I confronti sui dati elettorali sono sempre difficili, alla velocità con cui cambiano le cose ogni 6 mesi ci si trova in un modo diverso, e il mondo di oggi vede in PD in grande difficoltà, la destra che tiene e il Movimento 5 Stelle che dove le cose contano attiene risultati importanti.
    Magari non sarai d’accordo caro Ludi, ma penso di avere qualche ragione in più di te per essere ottimista; quanto al muro da tenere alle spalle mentre si raccoglie il bicchiere, noi abbiamo imparato da molto tempo a diffidare, tant’è che non ci fidiamo di nessuno, Renzi invece, fiducioso e presuntuoso, raccoglie bicchieri (e cocci) da tutte le parti, mi sa che prima o poi finirà col farlo nel posto sbagliato, a cominciare da Roma…

  4. Tigra 11 giugno, 2016 at 19:21

    Che Renzi sia un politico abile e spregiudicato mi pare evidente, ma anche per lui una totale inversione a U mi pare difficile, forse non impossibile, ma veramente molto complicata.
    Tu dici riorganizzare il partito, separandone la gestione dal governo; con chi? Se escludiamo i nani e le ballerine del cerchio magico, tutti chiaramente inadeguati, a chi ci possiamo rivolgere? Provo a a fare dei nomi: Del Rio, Chiamparino, Zingaretti, Rossi potrebbero andar bene, e certamente non ne basterebbe uno solo; ce lo vedi Renzi? Io no.
    Ricostruire la classe dirigente direi che è fondamentale; con chi, dopo aver fatto terra bruciata e tagliato i ponti con tutti quelli che non si sono prontamente allineati e coperti, con le controfigure di Nardella della Boschi? Inefficace direi, ci vorrebbe un minimo di autocritica e di riconoscimento delle ragioni degli altri, ma anche qui non ce lo vedo.
    Prendere le distanze da Verdini…; dopo essere stato utilizzato per approvare le riforme dubito che si faccia mettere tranquillamente da parte, con la maggioranza variabile che c’è al Senato, e si sa, in politica i tradimenti costano sempre cari.
    In realtà io credo che Renzi abbia puntato su un numero solo, prendere i voti della destra senza perderne troppo a sinistra, e ho la sensazione che i primi siano pochi e i secondi parecchi; aspettiamo l’esito dei ballottaggi e ci vedremo un po’ più chiaro.

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