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Ricordare Montesquieu

 

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Il Parlamento più delegittimato della storia della Repubblica, l’unico ad essere mai stato eletto grazie ad una legge elettorale che subito dopo è stata dichiarata palesemente e gravemente incostituzionale, con maggioranze incoerenti fra Camera e Senato che riflettono una inedita tripartizione del paese in spicchi di analoga grandezza, imbottito più delle precedenti assemblee di rappresentanti del popolo che hanno praticato con successo il salto della quaglia, sta approvando rapidamente, a colpi di fiducia e con successo, il più ampio processo di riforma che il paese abbia conosciuto negli ultimi 50 anni.

La cosa sembra lievemente paradossale, poiché il fine dichiarato delle riforme, garantire la governabilità del paese, appare del tutto decontestualizzato, vorrei dire superfluo, rispetto ad una evidente capacità di governo che non si vedeva dai tempi d’oro della Democrazia Cristiana: di fatto con un parlamento sgangherato e diviso, e nel più perfetto dei bicameralismi, Renzi governa come se fosse Cameron, ovviamente quello precedente al referendum sulla Brexit.

Con ciò naturalmente non voglio sostenere che il bicameralismo perfetto sia una buona cosa, anzi, penso sia pessima, e neppure che non ci siano problemi di governabilità, che si sono variamente evidenziati nel tempo, ma solo suggerire una più attenta riflessione sulle cause dei problemi, e sull’adeguatezza al fine dei possibili rimedi.

In Italia si è avuta grande stabilità politica ai tempi del sistema proporzionale e della frammentazione dei partiti, che va dagli albori della Repubblica alla fine del craxismo (cambiavano i governi ma non cambiavano le maggioranze, e neppure le politiche), stabilità di gran lunga minore nel periodo del maggioritario spurio seguito ai referendum di Segni, ed una sostanziale instabilità ai tempi del Porcellum, che in realtà funzionava abbastanza bene perché proprio con questo scopo era stato concepito (determinare maggioranze diverse fra Camera e Senato per rendere endemica la crisi istituzionale).

Oggi, a dispetto della sua natura, l’abrogato Porcellum, in presenza di una volontà politica sufficientemente forte e coesa, sia pure formatasi in Parlamento e non nelle urne, che avevano determinato un diverso risultato, ha consentito la nascita e la durata del governo più forte e decisionista della storia repubblicana, che ha cambiato come nessuno dei precedenti e in un lasso di tempo molto breve l’assetto istituzionale e sociale del paese.

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E allora? L’instabilità dipendeva proprio dal sistema istituzionale? I diversi tecnicismi elettorali hanno veramente determinato nel bene e nel male il destino dei governi? L’incapacità di decidere era figlia del bicameralismo e del sistema elettorale di turno, come recita la vulgata prevalente? E poi, incapacità di decidere cosa? A me non pare che in Italia siano mai mancate le capacità decisionali , si è sempre deciso moltissimo, e si sono prese quasi sempre decisioni sbagliate, che è cosa ben diversa e ben più grave della credenza comunemente diffusa.

La politica è essenzialmente mediazione di interessi svolta dentro un sistema di regole condivise che, proprio perché essenziali, non possono e non devono essere approssimative, o peggio, incapaci di determinare le condizioni della mediazione, per colpa o per dolo che sia, perché l’alternativa a questo processo virtuoso non è l’assenza della mediazione, ma la prevaricazione di un interesse sull’altro, e la conseguente radicalizzazione del conflitto, che è a sua volta il più potente generatore di instabilità.

Ricordo sommessamente che anche all’inizio degli anni ’90 abbiamo creduto che un nuovo meccanismo elettorale avrebbe inaugurato una diversa e più illuminata stagione politica, salvo accorgerci in tempi insolitamente brevi che non era affatto vero e che, fatte salve alcune brevi parentesi nelle quali sul ciglio del burrone il paese ha condiviso scelte politiche coraggiose, si è poi di nuovo regrediti alla politiche corporative che non definivano mai la sintesi di un interesse comune.

Ricordo ancora che alla fine degli anni ’90 abbiamo invece pensato che una riforma del Titolo V della Costituzione avrebbe consentito di modernizzare il paese, e poi ci siamo accorti, anche con colpevole ritardo, che avevamo approvato una riforma costituzionale che era sostanzialmente una schifezza, e vorrei vedere che no, visto che si trattava di una riforma ispirata al “federalismo” della Lega, ossia alla quintessenza dell’ignoranza politica, istituzionale e costituzionale; non è un caso, ed è una cosa sicuramente positiva, che la riforma renziana, pur infarcita di difetti, faccia giustizia di questo obbrobrio.

Oggi abbiamo la nuova legge elettorale con la quale eleggere la Camera, e ci stiamo apprestando a votare la nuova riforma costituzionale, la terza consecutiva che non ha trovato in Parlamento una maggioranza qualificata, per consentire o meno il riassetto della nostra Legge fondamentale.

Siamo proprio convinti che le cose andranno diversamente dagli anni ’90? Pensiamo davvero che avremo un sistema sano e virtuoso nel quale si determinerà il governo nel giorno delle elezioni e dopo 5 anni lo si giudicherà, confermandolo o rispedendolo a casa in base ai risultati? Crediamo davvero che, oltre alla capacità di decidere, peraltro mai mancata, avremo anche la capacità di definire degli interessi comuni che determinano la necessaria mediazione degli interessi sociali?

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Io penso che la risposta sia no. Sia chiaro, ritengo che le riforme siano indispensabili, in questo contesto e in linea di principio, perché il mondo e la società cambino, e le istituzioni, che sono dei mezzi e non dei fini, devono avere la capacità di adeguarsi, ma credo, come ormai hanno detto in tanti, che il combinato disposto di queste due riforme, elettorale e costituzionale, sia concettualmente sbagliato, e che non avrebbe alcun effetto positivo neppure in rapporto al contesto politicamente e istituzionalmente disastro in cui viviamo, e che anzi sarebbe vero l’esatto contrario.

Il bicameralismo perfetto è un problema? Certo che lo è, difatti non ce l’ha nessuno. Cosa facciamo, aboliamo il Senato? Naturalmente no, ne facciamo uno di serie B, composto da politici di seconda schiera, non che la prima fila sia un gran che, con maggioranze indefinibili e imprevedibili, e gli attribuiamo compiti secondari. Salvo uno, fare le riforme costituzionali! Ammetto, questa cosa l’ho dovuta rileggere per crederci. Alla fine, in mancanza di spiegazioni più sensate, mi sono convinto del fatto che il Senato è rimasto nel nostro ordinamento per poter dire che ad un centinaio di persone facciamo fare i senatori senza pagarli, fantasiosa declinazione del concetto “contenere i costi della politica”.

Certo, la riforma costituzionale è di basso profilo, tipica dei dilettanti allo sbaraglio, il classico topolino partorito dalla montagna, coerente al consolidato stile italico di mettere assieme una scarpa e una ciabatta, ma non è certamente questo il problema principale, in sé la riforma non farebbe probabilmente danni irrimediabili, anche se ci sono alcuni aspetti, come quello sopra evidenziato, che appaiono francamente imbarazzanti; il problema vero è la riforma elettorale, che pur senza avere rango costituzionale, ridisegna in modo strutturale l’assetto della Repubblica, prefigurando, lo dico in modo volutamente provocatorio, uno stato bananiero.

Qui sta il vulnus, le liste di nominati determinano un parlamento succube dell’esecutivo, e il parlamento succube dell’esecutivo intacca alla base il principio della separazione dei poteri; come se ciò non bastasse, e avanza, l’Italicum determina, o una vittoria della minoranza, il 40,1 %, essendo inverosimile in un contesto tripolare una maggioranza più significativa, o la vittoria di due minoranze di blocco contro la maggioranza relativa.

In ogni caso sarà una vittoria muscolare, nella quale una maggioranza, figlia di una o due minoranze avrà nelle sue mani tutto il potere, con buona pace del concetto di mediazione degli interessi.

 

I sistemi virtuosi hanno governi e forti e parlamenti altrettanto forti, quelli patologici hanno entrambi i poteri deboli, e quelli autoritari hanno il potere sbilanciato sull’esecutivo unitamente alla debolezza strutturale del legislativo: veramente pensiamo che un paese come il nostro, con scarsa etica pubblica e privo di senso dello stato, adottando un sistema che assomiglia di più alla Russia di Putin che non all’America di Obama, completamente privo di checks and balances (separazione dei poteri), possa educarsi alla sana alternanza fra maggioranza e opposizione, oltre che al rispetto delle regole e dei diritti? Questo ci dice la nostra storia? In un mondo dove il populismo dilaga? In un mondo dove i meccanismi democratici sono sempre di più messi in crisi da poteri economici ed extraterritoriali che hanno già acquisito la capacità di condizionare e determinare la politica? A me pare onestamente una barzelletta.

Alla fine anche il PD, che fortissimamente ha voluto queste riforme, si sta ponendo il problema della legge elettorale, forse perché ha capito che sta lavorando per il re di Prussia che abita a Genova, ma di nuovo il problema non è neppure questo, perché io non ci vorrei nessuno con in mano il potere che l’italicum consegna al vincitore delle elezioni, Grillo meno degli altri, ma comunque nessuno.

C’è un argomento che a me pare decisivo per ritenere inaccettabile il parente povero del Porcellum, ed è il fatto che le capacità di controllo e di bilanciamento dei poteri, che costituiscono la linfa della democrazia, escono dal Parlamento e si trasferiscono nel corpo elettorale, come se fosse normale che questa funzione essenziale venga esercitata ogni cinque anni, e non nella quotidianità della vita delle istituzioni, come se il controllo elettorale del cittadino sostituisse quello politico delle opposizioni, così come definito del fondamentale dettato della democrazia rappresentativa.

La legittimità del potere sta innanzitutto nel suo limite, e contemporaneamente la sua efficacia non sta nell’assenza del limite, ma nel rafforzamento degli organi che ne sono depositari, e i governi forti con parlamenti deboli non hanno mai portato a nulla di buono, oltre a non aver neppure assicurato nessuna governabilità.

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Credo che sia sempre stata questa la ragione per la quale un corposo gruppo di intellettuali e studiosi si è decisamente opposta all’italicum, il fatto cioè che sia un sistema strutturalmente autoritario e di destra, e credo che il motivo per il quale in tanti da sinistra voteranno no alla riforma costituzionale, se la legge elettorale non cambia prima del referendum, sia legato alla necessità di sterilizzarla con l’unico sistema oggi a disposizione, mantenere in vita il bicameralismo perfetto e il Senato eletto con il Consultellum, come è stato spiritosamente definito.

La governabilità è un bene, ma non è il bene assoluto, che peraltro non esiste, mentre l’autoritarismo e la democrazia limitata, di cui cominciamo ad avere parecchi esempi in giro per l’Europa, pur senza essere il male assoluto, sono delle tragedie politiche, sociali e culturali immense, che rischiano di accelerare il declino del vecchio continente: io sarei molto cauto nel toccare la divisione dei poteri, sempre, e in particolare in questa occasione.

Alla fine, e questa è veramente la fine del ragionamento, non mi sembrano concetti complicati, basta ricordare Montesquieu, e quello Spirito delle leggi che a noi è sempre mancato.

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8 comments

  1. Por Quemada 20 luglio, 2016 at 17:42

    Come al solito si cerca di fare o disfare la legge elettorale sulla base delle presunte convenienze, come hanno insegnato Berlusconi e Calderoli.
    Oggi è spuntato persino il bersanellum, un nome una garanzia, che scopiazza il mattarellum, e proprio non se ne sentiva la mancanza.
    Vedremo se il PD troverà i voti e la faccia per cambiare una legge che ha praticamente imposto solo perchè si è accorto che non gli conviene più, non vediamo l’ora di assistere allo spettacolo.
    Quanto alla divisione dei poteri, con tutto il rispetto per certe dotte disquisizioni che spesso si arrampicano sugli specchi, suggerirei di tenere in minimo conto il volere del popolo italiano, che se darà la maggioranza al Movimento 5 Stelle non farà proprio niente di scandaloso; secondo me è ben più scandaloso votare per un partito che si regge sulle alleanze con Alfano e Verdini. O no?

  2. nemo 16 luglio, 2016 at 08:31

    Si potesse in un colpo solo contentare tutti ! Sappiamo che è impossibile, cerchiamo però di non demonizzare il pensiero degli altri, come si vorrebbe che così fosse per il nostro pensiero. La nostra storia, giustamente rileva Kokab, non è mai stata una storia di grande rispetto per le leggi, rammento che perfino la Costituzione paga questo debito culturale quando introduce elementi esasperati di controllo, come la doppia lettura. Ma a sua discolpa dobbiamo ammettere che fu scritta quando ancora nelle strade del paese si respirava il fumo dei cannoni e si raccoglievano le macerie lasciate dai precedenti governanti. Oggi le cose sono, o dovrebbero essere cambiate, dovrebbero perchè ancora si leggono proclami dei nostalgici. Per un attimo andiamo al bel tempo che fu, quello del proporzionale, quando la DC la faceva da padrona, forte del sostegno della maggioranza degli elettori, ha avuto il pregio del primo PdC, a proposito rammento a chi non ricorda che neppure De Gasperi fu eletto tale ma nominato. Si sceglievano i candidati, poi la cosa fu abolita perchè questo si scoprì era la porta di ingresso alla malavita nella politica. Tra alti e bassi, politici, la stabiltà era garantita perchè quel partito aveva alle spalle il blocco sociale, ed i comitati civici, che garantivano questo. Si giunge così agli anni della instabiltà, politcica e sociale, rammento sempre molto sommessamente che in quegli anni vi furono diversi tentativi di colpo di Stato, nessuno riuscito, ma ci furono, rammento sempre sommessamente che in quegli anni vi fu la nascita della cosidetta strategia della tensione, tra neri e rossi, ambedue desiderosi di dare il loro contributo, di sangue, alle idee che portavano avanti. Strategia sulla quale nessuno ha mai potuto, o voluto, indagare a fondo. Non vogliamo dire che anche questo è frutto del proporzionale? Negarlo mi sembra come minimo essere ciechi! Credo,come ho scritto più volte che ogni sistema è perfettibile, credo che anche questo lo sia, ma, ripeto, a chi vorrebbe tornare indietro con l’idea che il passato sia luminoso, ripeto, esso non lo è stato, anzi !

    • Kokab 17 luglio, 2016 at 11:44

      credo di doverti una risposta. io sono contrario al bicameralismo, e sono contrario al proporzionale, per questo mal digerisco le presenti riforme, che un bicameralismo sia pure imperfetto lo lasciano in piedi, e che non ci hanno portato al maggioritario, perchè il premio di maggioranza col maggioritario non c’entra nulla.
      i premi di maggioranza sono utili ai partiti per avere classi dirigenti fedeli, compatte e di basso profilo, sono dannosi per i sistemi politici e per i cittadini, per le stesse identiche ragioni per cui piacciono ai partiti.
      mettiamola così, renzi, se è capace, dia una prova di saggezza e cambi il sistema che ha scelto, prima del referendum, e poi vedremo chi si oppone alla pur scadente riforma costituzionale per ragioni strumentali, e chi per reale e legittima convinzione sull’inaccettabilità dell’italicum.
      è convinto di aver ragione e di aver fatto una buona scelta? liberissimo, ma accetti il voto contrario di chi dissente, senza pretendere di fare la morale a nessuno.
      io non sono disposto a farmi dare de gufo neanche da un’aquila reale, figuriamoci da un volatile di minor lignaggio…

  3. M.Ludi 15 luglio, 2016 at 14:36

    Nel famoso manifesto dei 56 giurist, i quali hanno argomentato contro la riforma in atto, essi hanno dovuto ammettere, in via prioritaria, di non essere «fra coloro che indicano questa riforma come l’anticamera di uno stravolgimento totale dei principi della nostra Costituzione e di una sorta di nuovo autoritarismo».
    Continuo dicendo che non é esatto affermare che la Camera verrebbe sostanzialmente composta da liste di nominati: solo i 100 capilista sarebbero indicati dalle segreterie mentre i due terzi sarebbero eletti direttamente nei rispettivi collegi; riguardo a ciò che sappiamo per come saranno formate le liste, ogni partito adotta metodologie diverse.
    Termino dicendo che, paradossalmente, ci sono cariche che necessiteranno, per l’elezione, un innalzamento del quorum (es.: Capo dello Stato – il quale, unico, mantiene il potere di scioglimento), quindi un aumento di garanzia.
    E’ una riforma assolutamente perfettibile (p.e. il Senato poteva essere definitivamente abolito) e sussistono diversi problemi che porteranno a possibili conflitti di attribuzione, ma non mi spingerei oltre nella critica (dati i presupposti menzionati). Tra l’altro, buona parte dell’avversione in parlamento deriva da ripicche personali (Berlusconi, che la riforma l’aveva inizialmente votata) o da meri opportunismi del momento (dissidenti PD e fuoriusciti i quali, sostanzialmente, vogliono far fallire la riforma per colpire Renzi), altrimenti la maggioranza in Parlamento avrebbe probabilmente portato al raggiungimento del quorum e si sarebbe evitato il referendum.
    Insomma, comprendo le legittime perplessità ma le ritengo in gran parte prive di reale fondamento o quantomeno superabili a fronte, finalmente, della rottura di un bipartitismo perfetto che da anni rappresenta l’arma utile a bloccare qualsiasi riforma (almeno nella sostanza). E’ vero, anche i Parlamenti passati, quando hanno voluto, hanno deciso, ma spesso lo hanno fatto senza risolvere i problemi e, comunque, senza che mai si riuscisse a comprendere dove stavano le responsabilità delle scelte fatte.
    Ho ormai da decenni la sensazione che nel nostro Paese la democrazia sia diventato un formalismo vuoto di significato e vedo che il potere economico la fa da padrone trincerandosi spesso dietro le molteplici forme di maggioranze raccogliticce capaci di fare quadrato quando serve (a loro), ma del tutto inadeguate a far progredire il Paese e spero che la rottura di questo nodo gordiano porti a decisioni chiare (qualunque esse siano e chiunque le prenda per noi); succederà? Non succederà? Chi può dirlo? Far fallire questa brutta riforma significa, sicuramente, tornare all’antico e dubito che di riforme serie, finita bruscamente questa stagione, se ne potranno fare, ancora per diversi anni a venire.
    Sai perché le decisioni prese in passato sono state sempre sbagliate? Perché, proprio come sottolinei, sono derivate da mediazioni di interessi contrapposti; prova a cucinare un piatto, chessò, spaghetti aglio olio e peperoncino mediando tra chi non vuole l’aglio e chi non vuole il peperoncino e poi vediamo che cosa ne tiri fuori (sperando che non ci sia anche chi contesta gli spaghetti). Ricorda anche che l’artificiosa stabilità ottenuta con le mediazioni avvenuta in passato, la pagheranno i nostri discendenti con l’enorme debito pubblico accumulato per evitare conflitti sociali attuando la soluzione sbagliata: dire di si a tutti (mi riferisco, ovviamente agli anni in cui, come ben evidenzi, i governi cambiavano in una sostanziale stabilità politica).

    • Remo Inzetta 15 luglio, 2016 at 19:26

      Ottimo commento direi, che risponde nel modo dovuto ad un pessimo blog.
      Secondo me le riflessioni troppo sottili su materie che sono già complicate sono solo degli esercizi intellettuali che hanno lo scopo di non cambiare mai nulla: non sono inutili, sono dannosi.
      L’Italicum a me pare un’ottima riforma, che semplifica il panorama politico e costringe gli elettori a prendersi le loro responsabilità, da una parte o dall’altra, e la riforma costituzionale finalmente modernizza un po’ questo paese, le altre mi sembrano chiacchiere.

      • M.Ludi 15 luglio, 2016 at 20:58

        Tacciare di inutili sottigliezze intellettuali le tematiche poste dall’autore lo trovo sbagliato prima ancora che ingeneroso; a novembre decideremo del nostro futuro (costituzionalmente parlando) probabilmente per molti anni a venire in quanto se vincerà il SI volteremo completamente pagina e se vincerà il no il permanere dell’attuale sistema impedirà, probabilmente a lungo, che altri ci mettano mano. In questo contesto e dato l’alto tasso di imbecillità che contraddistingue la gran parte dei commentatori (i quali parlano per slogan ma non sanno esattamente ciò per cui voteremo), proporre il tema ed esporsi con una tesi così indubitabilmente caratterizzata è utile ed arricchisce il dibattito: si impara confrontandosi con chi non la pensa come noi, non con chi ci da sempre ragione.

    • Kokab 31 luglio, 2016 at 01:40

      solo per precisare che la mediazione degli interessi può essere nobile o ignobile a seconda dei contraenti e del contratto; la concertazione di ciampi, l’ingresso nell’unione europea gestito da prodi, o la riforma delle pensioni di dini, tanto per non far torto a nessuno, pur con qualche difetto hanno determinato effetti positivi, quelle operate per anni dal caf neppure uno.
      mediare gli interessi contrapposti in un modo che sia sufficientemente condivisibile e condiviso è esattamente lo scopo della politica, della buona politica, e se non ci si riesce il risutato può essere solo quello di rendere permanente il conflitto o, nel caso del tuo esempio, quello di sommare i privilegi, senza operare nessuna scelta e nessuna sintesi.
      le mediazioni tolgono sempre qualcosa, non conservano e non aggiungono, e le scelte possono essere sbagliate anche nel caso siano operate da una maggioranza, è sempre, e anche, una questione di merito, perchè la politica non è semplicemente metodo.

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