le storie

I fantasmi di Santa Croce a Firenze – 2a parte

 

Per i visitatori che entravano dall’imponente portone della Basilica di Santa Croce a Firenze, il primo monumento funebre che si imponeva all’attenzione sulla navata di destra era quello di Michelangelo, ed anche se oggi il percorso di accesso inizia dalla navata opposta, in prossimità del transetto, la figura del Buonarroti incombe e attira per la ricchezza del monumento e l’importanza del personaggio.

 

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Navata centrale di Santa Croce.       Da WikiCommons.
     (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

Rivolti verso quel busto, in silenziosa meditazione si finisce fatalmente per ignorare del tutto un altro monumento funebre addossato alla colonna dietro le nostre spalle e sovrastato da una raffinata scultura di Antonio Rossellino – La Madonna del Latte –  nel quale sono riposte le spoglie di un personaggio sconosciuto ai più, ma estremamente importante per la storia di Firenze: Francesco Nori.

 

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  Monumento funebre di Francesco Nori,Santa Croce, con scultura La Madonna del
Latte, Antonio Rossellino. WikiCommons(cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

Appartenente ad una nobile famiglia fiorentina, della vita di Francesco Nori non si conosce granché se non relativamente a due vicende: la lunga amicizia che lo legò a Lorenzo de’ Medici, e la morte che lo raggiunse mentre difendeva l’amico dai colpi di pugnale sferrati da Bernardo Bandini, uno dei sicari che tentò di mettere in atto quella che è conosciuta come la “Congiura dei Pazzi”; di quella storia la Basilica di Santa Croce mantiene il ricordo, non solo nella tomba di una delle due vittime (l’altra fu Giuliano De’ Medici, sepolto in San Lorenzo), ma anche nella Cappella dei Pazzi che risalta in uno dei lati del cortile del Brunelleschi (adiacente alla Basilica), oltre che nella memoria di due dei personaggi illustri tumulati all’interno della storica chiesa di Firenze: Niccolò Machiavelli (Le istorie fiorentine – La congiura dei Pazzi e l’età di Lorenzo il Magnifico) e Vittorio Alfieri che basò sull’evento una delle sue tre tragedie cd. “della libertà”.

 

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Lorenzo de'Medici, di G.Macchietti , Giuliano de'Medici, di Sandro Botticelli.
          Da WikiCommons (cliccare immagini per miglior risoluzione)

 

 

La vicenda venne narrata anche da Agnolo Poliziano il quale si trovava insieme a Lorenzo, Giuliano e Francesco Nori in Santa Maria del Fiore al momento in cui, durante la consacrazione, i sicari si scagliarono contro i fratelli Medici, costringendolo a rifugiarsi nella sacrestia insieme a Lorenzo, e molti anni dopo da Francesco Guicciardini, entrambi (Poliziano e Guicciardini) sepolti però in altre chiese di Firenze.

 

 

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L'attentato, in una incisione del XIX sec. - L'impiccaggione Bernardo di Bandino
Baroncelli, di L.da Vinci. Da WikiCommons. (cliccare per miglior risoluzione)

 

In un’epoca nella quale la durata della vita era determinata più da epidemie, guerre ed altri fatti di sangue, che non dal naturale decorso, le congiure, specialmente nei palazzi dei nobili erano all’ordine del giorno, ma poche volte si è assistito, come in questo caso ad una coincidenza di intenti che ha visto convergere con la famiglia Pazzi, un Papa (Sisto IV), l’Arcivescovo di Pisa (Francesco Salviati), il Duca di Urbino (Federico da Montefeltro), il Re di Napoli (Ferdinando I D’Aragona detto anche Ferrante) e la Repubblica di Siena, sempre pronta quando c’era da andare a menare le mani contro Firenze, oltre ad un numero imprecisato di nobili e ecclesiasti e mercenari assoldati allo scopo di porre fine all’imbarazzante prepotenza e potenza economica della famiglia più famosa di Firenze.

 

 

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 Sinistra: Sisto IV, di Tiziano. Destra: Ferdinando I di Napoli. Da WikiCommons.

 

Dato il numero e la qualità dei nemici che i Medici erano riusciti a far coalizzare, resta difficile comprendere come, alla fine, tutta l’operazione sia naufragata e per i congiurati ed i loro sostenitori si sia risolto tutto in un bagno di sangue dei più crudeli con decine e decine di impiccati e decapitati (quest’ultima, sorte riservata a quelli che oggi definiremmo “pentiti”, per abbreviarne la sofferenza); nessuno dubita sul fatto che, se la congiura fosse riuscita, la stessa sorte sarebbe toccata alla famiglia Medici, ma la certosina pazienza con la quale il signore fiorentino dette luogo all’epurazione, fu talmente crudele da divenire uno dei tratti caratterizzanti il personaggio.

 

video: La congiura dei Pazzi: la preparazione

 

Francesco De’ Pazzi, colui che doveva comandare i congiurati avrebbe dovuto comprendere fin dall’inizio che l’operazione nasceva sotto i peggiori auspici; dopo aver tentato inutilmente di convincere un valente soldato come Giovan Battista da Montesecco (il quale si rifiutò di commettere un simile atto all’interno di una chiesa), dovette ripiegare su due sacerdoti i quali, probabilmente troppo inesperti, misero insieme un’ accozzaglia di congiurati pronti a colpire, ma non altrettanto abili nel farlo. Ciò che rese grottesca la vicenda fu però il seguito: mentre Giuliano giaceva esanime, Lorenzo ed il Poliziano si erano asserragliati nella sacrestia di Santa Maria del Fiore, e nella chiesa regnava il disordine, alcuni membri della famiglia Pazzi insieme al Salviati, tentarono, a capo di un gruppo di mercenari di prendere il Palazzo della Signoria (Palazzo Vecchio). Vi furono momenti di indecisione perché nessuno dei congiurati era a conoscenza dell’esito dell’agguato e l’unico mezzo di comunicazione in funzione erano le campane delle chiese che iniziarono a suonare in segno di pericolo. Ad un certo punto la confusione fu tale da lasciare interdetto persino il popolo il quale non sapendo quale fazione avesse preso il sopravvento, si guardò bene dal prendere posizione: a quel tempo, salire sul carro del vincitore era una necessità “vitale”.    Firenze

 

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    Dettaglio de L'apparizione dell'angelo a Zaccaria, di Domenico Ghirlandaio
(1486–90, Cappella Tornabuoni). Da sinistra Marsilio Ficino, Cristoforo Landino ,
     Angelo Poliziano (terzo), e Demetrio Calcocondilo. Da WikiCommons.
                  (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

Al colmo del caos i gruppi armati che si trovavano in Palazzo Vecchio finirono per restare imprigionati in alcune stanze predisposte, da sempre, in modo tale che vi si potesse liberamente entrare, ma non altrettanto liberamente uscirne; di fatto i Medici ebbero la meglio per l’assoluta impreparazione dei loro avversari i quali, quando fu chiaro chi era in grado di esercitare il comando sulla città, si trovarono improvvisamente a fronteggiare una folla inferocita che fece buona parte del lavoro sporco accanendosi sulla famiglia Pazzi e tutti i loro fiancheggiatori all’interno delle mura cittadine.                           Firenze

 

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   Teschio di Giuliano de'Medici. Da Mediateca di Palazzo Medici Riccardi.

 

Il nome dei Pazzi, secondo l’usanza del tempo, venne cancellato ed i beni messi all’asta; i pochi superstiti dovettero lasciare frettolosamente la città ma ad uno dei congiurati, Jacopo De’ Pazzi, capostipite della famiglia cospiratrice venne comunque consentita la sepoltura all’interno di Santa Croce dopo che la furia vendicativa lo aveva colpito. Fu Poliziano che, nel narrare tutta la vicenda nella quale si era trovato coinvolto, descrisse Jacopo come persona collerica, dedita al bere ed all’adulterio, e, in ultimo, grande bestemmiatore, e di questo si devono essere ricordati i contadini delle vicine campagne quando, a seguito di piogge insistenti, si trovarono con i raccolti distrutti, ed alla ricerca di un’improbabile spiegazione non meteorologica, finirono per dare la colpa di tutto questo all’insana idea di seppellire un tale bestemmiatore (Jacopo De’ Pazzi, appunto), in terra consacrata.           Firenze

 

video: La congiura dei Pazzi: l'attentato

 

Era un’epoca nella quale persino figure autoritarie come i Medici avrebbero avuto una qualche difficoltà a fronteggiare una folla inferocita e fu così che appena alcune settimane dopo la sepoltura i resti decomposti del capo dei congiurati vennero tolti dal sepolcro e dopo essere divenuti oggetto di oltraggi ripetuti, vennero gettati in Arno e portati via dalla corrente, si dice, fino al mare.

La “real politik” di cui Lorenzo era maestro indiscusso, lo portò, dopo alcuni anni, a fare pace con il Papa e gli altri Nobili che avevano fiancheggiato i Pazzi nel tentativo di ucciderlo; forse fu proprio da quell’episodio che Lorenzo acquisì la consapevolezza di sé che lo fece diventare il signore indiscusso di una città la quale visse, con lui, gli anni migliori della sua storia. E forse tutto questo lo dobbiamo al gesto generoso di un oscuro nobile fiorentino che sacrificò la sua vita perché Lorenzo diventasse “il Magnifico”.

 

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       Carta della Catena (di Fiorenza) , dettaglio.  Da WikiCommons.
                    (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

A fare giustizia della vicenda raccontata in modo forse troppo fazioso dal Poliziano, fu diversi anni dopo la penna del Machiavelli il quale ricondusse tutta la storia a più ragionevoli responsabilità.

La famiglia Pazzi era una famiglia ricca e potente, forse quanto se non più dei Medici e questi fecero di tutto, nel corso degli anni, per metterla nelle condizioni di dover scegliere tra l’essere sopraffatta o reagire con forza. Machiavelli, contrario per principio alla congiura come metodo per risolvere i conflitti di potere all’interno di uno Stato, nota come quella orchestrata dai Pazzi sia stata un’operazione complessa, con numerosi protagonisti dietro le quinte, ma forse troppo pochi incaricati di metterla in atto giacché “... se il poco numero è sufficiente al segreto, non basta all’esecuzione”.

In seguito il Guicciardini prenderà posizione ancora più netta a favore degli sconfitti addossando le responsabilità maggiori a Lorenzo il Magnifico, ma così come Poliziano aveva avuto lo scopo di esaltare i suoi mecenati, Guicciardini ha avuto quello contrario di sottolinearne i tratti autoritari.

 

 

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   Francesco Guicciardini, di Antonio Maria Crespi , Niccolò Machiavelli, di
Santi di Tito. Da WikiCommons.(cliccare le immagini per miglior risoluzione)

 

L’ultimo a ricordare la storia sarà Vittorio Alfieri nella Tragedia facente parte della trilogia detta “della libertà”, nella quale racconta la vicenda vissuta dai congiurati. L’opera venne scritta quando ancora la Rivoluzione Francese non era iniziata ma già i semi che l’avrebbero fatta nascere cominciavano a germogliare; in lui l’odio verso la tirannia era tale da aver preso proprio quell’episodio come spunto per esaltare la legittimità degli oppressi a rivoltarsi contro gli oppressori, contribuendo così a gettare le basi letterarie di quelle idee le quali, sfociate poi nella presa della Bastiglia, si propagheranno nel secolo successivo per tutta l’Europa.

 

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Lo stemma dei Pazzi. Da WikiCommons.

 

Nel frattempo Cesare Beccaria nel suo “Dei delitti e delle pene” aveva così commentato la tragica vicenda:

“Lorenzo successo a Piero nel 1469 seppe ben profittare della corruzione morale per estendere, e consolidare il primato della sua famiglia. Ma l’avere spinto il potere a violare gl’ordini della giustizia civile con dettare leggi retroattive a ingiuria, e danno dei Pazzi, e con fargli perseguitare dagli signori otto di guardia e balia senza rispetto alla loro civica condizione, messe in pericolo la vita dei Medici, e suscitò una catastrofe, che potea rompere la catena degli eventi propizi a quella famiglia”

Un anonimo ha detto che la Storia la scrivono i vincitori; in questo caso sono stati i vinti a trovare numerose voci che ne sostenessero le ragioni.

Alla fine di questa lunga visita nella Basilica di Santa Croce, entrando nella Cappella De’ Pazzi, progettata dal Brunelleschi, si notano prevalentemente tre cose: la perfezione della struttura architettonica, le decorazioni delle volte ed il vuoto dovuto all’assenza di sovrastrutture e arredi, come una casa nuova completamente vuota.

 

 

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 La Cappella Pazzi. Da WikiCommons. (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

Tutto il complesso di Santa Croce è un insieme di opere architettoniche il cui sviluppo si è succeduto nel tempo e la Cappella venne costruita nella prima parte del XV secolo dopo che un incendio aveva distrutto dei locali preesistenti. Per riparare al danno i Pazzi concorsero insieme ad altre nobili famiglie fiorentine aggiudicandosi il restauro a condizione che venisse concesso loro di edificare anche la cappella di famiglia.

 

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 La Cappella Pazzi. Da WikiCommons. (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

Il finanziamento dell’opera durò decenni, sino a quando i lavori vennero interrotti perché i committenti erano stati tutti o uccisi o costretti alla fuga; almeno in quella parte del complesso, l’alluvione che devastò Firenze nel novembre del ’66 non fece grandi danni in quanto ciò che di più prezioso si trova in essa, lo si nota piegando la testa e guardando in alto, lassù dove l’acqua non avrebbe mai potuto arrivare.

 

 

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 La Cappella Pazzi. Da WikiCommons. (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

 

I fantasmi di Santa Croce a Firenze – 2a parte

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Firenze

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