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State sereni, arriva il def !

State sereni, arriva il def ! State sereni, arriva il def ! State sereni, arriva il def !

Il veleno nelle pieghe della manovra economica.

 

Commentare una manovra economica in un contesto come quello italiano, nel quale i pozzi sono stati tutti avvelenati, non è affatto cosa semplice, ma qualche considerazione la si può ragionevolmente fare.

 

La prima riguarda l’aspetto scenografico; la sceneggiatura sapientemente costruita a tavolino, che ha portato il Governo ad entrare in trattativa con il deficit all’1,6% sul tavolo, per uscire poi con il 2,4%, fatica a stare in piedi, perché in poche ore non è possibile incrementare del 30% buona parte dei capitoli di spesa del DEF. Se si ha la pazienza di dare un’occhiata al documento del 2018 (146 pagine), ben si comprende come questo processo di aumento della spesa non possa che essere stato ben più lungo, e che solo per esigenze di copione si è voluto dare l’impressione di una battaglia combattuta nelle ultime ore, prima del trionfo di Di Maio a braccia alzate sul balcone di Palazzo Chigi, con la folla ad applaudire come se avessimo vinto i campionati mondiali di calcio: è stata semplicemente una presa per il culo. Sicuramente Tria ha dovuto cedere alle pressioni di Mattarella, ed ha concesso obtorto collo di firmare un documento del quale in qualche modo dovrà assumersi la paternità, ma è altrettanto sicuro il fatto che mentre Di Maio esultava giulivo, lui non fosse affranto in un angolo: aveva già avuto modo di digerire l’amaro boccone da giorni. Che poi il DEF non sia ancora pronto rientra nella normale incompetenza del Governo del cambiamento.

 

Il secondo aspetto che emerge dalla farsa di Palazzo Chigi è l’evidente dissonanza fra quanto è  effettivamente avvenuto, e cioè che il Governo ha deciso di indebitare il paese oltre i limiti previsti, e ciò che ancora deve fare per ottenere i finanziamenti che saranno necessari per passare dalle parole ai fatti. Se dovremo fare debiti, dovremo trovare chi ci presterà i soldi, e non è scontato che sia così facile.

In ultimo, ma non ultimo, con l’aumento dello spread determinato dall’annuncio clamoroso a reti unificate o quasi, ci siamo già mangiati in anticipo una parte dei soldi che pensavamo, con quella manovra, di utilizzare altrove.

 

Riepilogando: avevano deciso da tempo di aumentare il deficit oltre il lecito, lo hanno comunicato in maniera plateale, e prima ancora che qualcuno ci presti i soldi per realizzare il programma, inizieremo a veder lievitare la spesa per interessi, attualmente di circa 80 mld. l’anno, già dalle prossime emissioni; per inciso gli attuali detentori di titoli di Stato italiano hanno già potuto verificare la diminuzione nel valore del loro portafoglio, primi tra tutti le banche che hanno subito pesanti perdite in borsa (ma, che le banche vadano in mona! – come dicono a Venezia).

Queste sono le premesse di un programma che, oltre all’extra deficit, ci vede impegnati mensilmente a reperire circa 30mld. di euro in nuove sottoscrizioni per poter rimborsare i titoli in scadenza, consci che se vi sarà dell’invenduto, le casse dello Stato potrebbero trovarsi pericolosamente a corto di liquidi per pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici e le pensioni.

In caso di bisogno avremmo potuto, anche dopo la fine del Q.E., far ricorso ad un apposito meccanismo mai sino ad ora utilizzato, e studiato appositamente per far fronte alle eventuali crisi; così ne scrive Mario Monti sul Corriere della Sera: “Gli Stati bisognosi di un temporaneo sostegno non verranno lasciati soli dalla Ue. Potranno richiedere alla Bce l’attivazione di uno strumento di finanziamento creato nel 2012 e che nessuno Stato ha finora richiesto, l’Omt (Outright monetary transactions).

Attenzione, però: per potersene avvalere, lo Stato deve essere in regola con le norme e gli impegni europei, che con questa manovra, l’Italia ha scelto di non rispettare. Non so se ne fossero consapevoli, ma i ministri usciti euforici l’altra sera sul balcone di Palazzo Chigi avevano appena tagliato le funi dell’unica rete di sicurezza disponibile per l’Italia in caso di bisogno.”

Mi piacerebbe che le cattive notizie si fermassero qua, ma non è così. Le premesse elettorali che stanno dietro questa manovra economica erano basate sulla possibilità concreta di reperire risorse dalla limitazione degli sprechi e delle inefficienze, nonché dal solo fatto di aver buttato fuori dalle stanze del potere quelli che rubavano. Scopriamo adesso, ma non è una sorpresa, che erano solo parole al vento, come quelle della Raggi, che appena insediata al Campidoglio aveva annunciato di aver recuperato 1 miliardo di euro per migliorare i servizi della città; sappiamo bene che nessuno li ha visti. Assodato che sprechi ed inefficienze restano dove stavano, si faranno invece numerose sforbiciate a deduzioni e detrazioni, togliendo ad alcuni contribuenti per beneficiarne altri: più o meno tutti quelli che fanno la dichiarazione dei redditi potranno verificare facilmente i risultati finali.

 

Sulle manovre in deficit ormai ne sappiamo abbastanza, visto che da molte legislature i Governi che si sono succeduti hanno largamente fatto ricorso a questa possibilità, che solo con il nostro ingresso in Europa, e per effetto degli accordi sottoscritti, è stata in parte limitata. Per giustificare l’inversione di tendenza oggi proposta, si è ricorso al paragone con quanto consentito agli ultimi governi in Italia, nonché alla prossima manovra finanziaria francese; a tale proposito occorre precisare quanto segue:

1) I Governi succeduti a Monti hanno concordato aumenti di deficit con la Commissione Europea; qualche piccola forzatura c’è stata, ma nessuno si è sognato di sfidare apertamente le regole nel cercare sforamenti non negoziati.

2) Tra di essi, i Governi Letta e Renzi hanno prodotto deficit più alti rispetto a quello annunciato dal Governo Conte, ma essi hanno operato in un periodo di recessione dalla quale poi il paese è a malapena uscito. La consolidata teoria economica afferma che Leggi Finanziarie a deficit sono opportune in periodi di recessione, e se finalizzate agli investimenti, ma sono da evitare in periodi di crescita. È lecito dubitare che le manovre passate fossero tutte finalizzate agli investimenti (pensiamo agli 80 euro di Renzi), ma a questo punto è anche lecito pensare che se oggi non siamo in recessione, con questo Governo ci arriveremo presto: di sicuro c’è che la prossima manovra non avrà alcuna voce di spesa per investimenti, ma finanzierà solo spesa corrente.

3) La misura del possibile ricorso al deficit è data dalla sostenibilità dello stock del debito esistente che si vuole incrementare; mentre noi abbiamo un rapporto Debito/Pil a 130, la Francia (che per inciso continuerà a pagare tassi di poco superiori a quelli della Germania, e quindi ben inferiori ai nostri) ha un rapporto di circa 100, per di più con una crescita del Pil ben superiore alla nostra. Non è superfluo sottolineare il fatto che se un’Azienda ha uno stock di debito pari al fatturato, non naviga certamente in acque molto tranquille, in nessun caso.

 

Se poi entriamo nel merito di ciò che conosciamo della manovra, il giudizio non può che essere impietoso: l’impossibilità di concentrare in un unico esercizio tutte e tre le misure annunciate in campagna elettorale dai due schieramenti vincitori, è sancita da un documento nel quale il reddito di cittadinanza diviene una blanda implementazione del Reddito di Inclusione varato dal PD, la Flat Tax viene leggermente ampliata rispetto all’attuale platea che ne usufruisce da molti anni, e l’abolizione della Fornero sta creando non pochi grattacapi, in quanto la famosa quota 100 necessita di faticosi equilibrismi per limitare il numero dei possibili beneficiari, in un contesto nel quale moltissime sono le attese, e limitate le risorse.

Mentre la diminuzione degli occupati conferma quanto abbondantemente previsto al momento del varo del Decreto dignità, il piano Calenda sull’Ilva è stato sostanzialmente attuato, ed il Ponte Morandi attende ancora che si arrivi ad una definizione accettabile di chi farà che cosa, ed a quale prezzo, questa manovra mostra la totale inettitudine di un Governo capace solo di fare campagne elettorali.

Alla fine tutta la costruzione ideologica sulla quale si fonda la sostenibilità di un maggior indebitamento italiano, si basa sulla troppo spesso menzionata ricchezza nazionale che, com’è noto, è composta dal patrimonio dello Stato e da quello dei privati. Nel nostro paese si è assistito negli anni ad un travaso di ricchezza dallo Stato ai privati, mediante l’aumento del debito pubblico da una parte, e il lassismo sui controlli fiscali dall’altro, ragione per la quale l’indebitamento privato ha assunto una dimensione assai contenuta rispetto a quello presente negli altri principali paesi occidentali. Nella sostanza oggi il patrimonio privato (beni mobili e immobili) è pari a oltre tre volte il debito pubblico.

Questa situazione viene spesso rimarcata dai sostenitori dell’aumento del deficit, ai quali però credo non sfugga il pericolo implicito in questo tipo di posizione: sarà forse perché molti si ricordano ancora della manovra Amato, e del prelievo forzoso del 6 per mille sui conti correnti? Non potrebbe forse ipotizzarsi che indicare lo stock di ricchezza totale nazionale come garanzia del corretto assolvimento dei debiti dello Stato possa indurre i nostri principali creditori a ritenere di potersi rivalere sui nostri conti correnti, laddove temessero insolvenze dello Stato?

 

Resta ancora da capire quale sarà la non facile decisione che la Commissione Europea sarà chiamata a prendere rispetto alle ipotesi da noi fatte in un recente articolo, alle quali mi pare utile aggiungere una doverosa preoccupazione: tra l’accogliere supinamente ed il respingere in toto le presuntuose richieste del Governo italiano, esiste naturalmente l’ipotesi che si vada incontro ad una contrattazione nella quale si limi qualche spigolo, dando poi a tutti l’impressione che nessuno abbia perso la faccia. Sarebbe difficile per la Commissione rifiutare un parziale accoglimento della manovra di fronte alla prospettiva di andare ad uno scontro muro contro muro con Roma proprio in prossimità delle prossime elezioni europee, ma è altrettanto facile pensare che a Bruxelles delle nostre intemperanze siano ormai stanchi, e possano approfittare dell’occasione per darci tutta la corda che vorremo… per impiccarci. Credo che il finale ormai sia scritto: la troika da tempo ha le valigie pronte per il temporaneo trasferimento a Roma, ma nessuno può permettersi il lusso di soffiare sul fuoco del sovranismo prima delle prossime elezioni europee. Ci lasceranno cuocere a fuoco lento nel nostro brodo, con il debito che aumenterà, il Pil che diminuirà e lo spread che si manterrà sufficientemente alto da prosciugare le nostre casse, ma non abbastanza da determinare un tracollo improvviso. Speriamo che comincino a volare gli ortaggi prima che sia troppo tardi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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