le storie

Cristoforo Colombo era un sadico che si era perso. Non ci dovrebbe essere una festa in suo nome

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di James Nevius
(blogger americano, collaboratore The Guardian)

 

L’arrivo di Colombo nel nuovo mondo segnò l’inizio del processo di spostamento delle popolazioni indigene; ebbene si dovrebbe smettere di celebrare il Columbus Day ed al suo posto iniziare a celebrare le culture native.

Negli USA il secondo Lunedì nel mese di Ottobre è stato designato, dal 1937, come vacanza federale in onore di Cristoforo Colombo. Negli Stati Uniti questa commemorazione del suo arrivo nel 1492 alle Bahamas per la maggior parte delle persone non ha più molto senso – molti americani al di fuori delle grandi comunità italo-americane sono solo vagamente consapevoli del fatto che si tratta di una festa ufficiale. Molte persone questa giornata non l’hanno nemmeno come festiva, barattando al Columbus Day il giorno dopo la Festa del Ringraziamento (Thanksgiving).

 

La popolarità della celebrazione è in calo da qualche tempo. In città come Seattle e Minneapolis la ricorrenza è stata già rinominata “Giorno dei Popoli Indigeni “, per ricordare che dai viaggi di Colombo partì una catena di eventi che distrussero le popolazioni autoctone del Nuovo Mondo. È ora di rendere ufficiale quella che è una commemorazione frammentaria: iniziare a celebrare le culture native e smettere di celebrare Colombo, dal cui arrivo conseguì il processo di spostamento degli autoctoni.

Per generazioni, i bambini a scuola hanno imparato a recitare, “Nel millequattrocento e novantadue, Colombo salpò l’oceano blu”. Apprendendo poi la storia dell’esploratore coraggioso che navigò in un territorio inesplorato con marinai che avevano paura di cadere dal bordo di una terra piatta. Quel racconto, in gran parte creato da Washington Irving (l’uomo che ci ha dato La leggenda di Sleepy Hollow), è una pura sciocchezza. I marinai d’allora, tra cui Colombo e il suo equipaggio, sapevano benissimo che la terra era rotonda. Colombo pensò semplicemente che la circonferenza della terra fosse inferiore di migliaia e migliaia di chilometri, e quindi che le isole dei Caraibi erano le Indie Orientali. Questa festa celebra un uomo che si era perso.

 

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Perso o meno, al suo arrivo catturò immediatamente alcuni dei nativi incontrati, descrivendoli come i “sette (indigeni) che ho ordinato di prendere e portare in Spagna,” e meditando che “avrei potuto conquistare l’intera zona con 50 uomini, e ivi governarli a mio piacimento “. Nel mese di Dicembre, le sue navi raggiunsero Hispaniola – l’isola che ospita oggi Haiti e la Repubblica Dominicana – dove costrinse i nativi a fornigli l’oro; a coloro che non collaborarono mozzò le mani. Era l’inizio di un rapido declino della popolazione dell’isola; lo storico Laurence Bergreen stima che c’erano 300.000 indigeni a Hispaniola quando arrivò Colombo; nel 1550, ne rimanevano solo 500. Molti morirono per malattie o sotto le armi dei soldati spagnoli; altri furono ridotti alla schiavitù e mandati in Spagna. Un numero enorme semplicemente perse la propria vita piuttosto che vivere sotto il dominio spagnolo. Tutto ciò è davvero degno di una celebrazione e dei saldi di tre giorni presso il grande magazzino locale?

 

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                                  I saldi del Columbus Day

 

Uno degli scopi originali del Columbus Day era quello di celebrare la longevità degli Stati Uniti. C’erano state commemorazioni locali della ricorrenza per tutto il 19° secolo, ma la prima grande spinta per il riconoscimento nazionale di Colombo arrivò nel 1892, al 400° anniversario del suo primo viaggio.  L’America – la sua guerra civile alle spalle e un futuro luminoso davanti – volle riconoscere che il percorso del paese  iniziava quattro secoli prima, anche se lo stesso Colombo non aveva mai messo piede sul suolo di quello che sarebbe diventata la nazione degli Stati Uniti.

Oggi, noi americani non abbiamo una tale crisi di identità e non han bisogno di questa festa per ricordarci delle nostre origini. Non solo abbiamo il Thanksgiving (Giorno del Ringraziamento), che segna l’inizio della prima grande ondata di immigrazione europea, abbiamo anche l’Independence Day (4 Luglio), che riconosce le origini politiche del paese, così come, in misura minore, il Giorno del Presidente. I sentimenti del Columbus Day sono superflui.

Concentriamoci invece sui popoli indigeni sfollati da Colombo e chi ha seguito un fare egemonico nella sua scia. Dalla tribù Calusa nel sud della Florida ai Duwamish che si stabilirono nell’odierna Seattle, circa 10.000 anni fa, gli Stati Uniti continentali avevano una articolata popolazione pre-colombiana, che si contava in milioni di individui. Secondo alcune stime, quasi il 90% di quelle persone sono morte tra il 1492 e di arrivo dei pellegrini di Plymouth nel 162;, la maggior parte degli autoctoni fu uccisa da malattie europee alle quali non avevano alcuna immunità. Quelli che non morirono videro i loro territori invasi da coloni europei, e man mano che il numero degli abitanti diminuiva, ugualmente fecero le loro lingue, le usanze culturali, le religioni e le loro nobili storie.

 

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                                     I Lenape oggi

 

Al posto di una festività che celebra un uomo, dedichiamo un giorno alla celebrazione delle culture indigene collegate al proprio territorio da parte di ogni comunità locale. A New York, potremmo onorare i Lenape che parlano la lingua algonquina; nello Utah, ci potrebbe essere un festival dedicato agli Utes, da cui deriva il nome ; nel Dakota, una celebrazione dei Sioux, e ovunque riconoscendo la difficile situazione di molti indiani nelle riserve.

Passi positivi sono già stati fatti in questa direzione. Mentre Seattle ospiterà per la seconda volta quest’anno un “Giorno di Popoli Indigeni”, le vicina città di Bellingham sta considerando una proposta per un “Giorno dei Coast Salish”, che onorerebbe gli specifici indigeni di quella zona. Queste iniziative non solo aiuterebbero ad attribuire alla festa un ben maggiore significato per la comunità, ma avrebbe anche il beneficio di erodere il mito del “Grande Uomo” e del progresso storico, favorendo una celebrazione dell’immensa diversità dei popoli indigeni che ancora chiamiamo l’America casa.

 

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                          Manifestazione contro la Festa di Colombo
           (trad. "Nel 1492 i nativi americani scoprirono Colombo perso in mare")

 

Naturalmente non tutti sarebbero contenti. In questi giorni, il più forte argomento a favore della festa viene dagli italo-americani, che hanno contribuito orignalmente alla promozione del Columbus Day come un modo per marcare il loro patrimonio culturale, e per celebrare un eroe cattolico in un paese decisamente anti-cattolico. Ma qualcuno vuole davvero far una parata su di un carro che commemora un mercante di schiavi vizioso che portò 50.000 nativi a suicidarsi? Direi che la comunità italo-americana può ben trovare migliori simboli per rappresentare sè stessa.

Come il grande e compianto italo-americano Lawrence Peter “Yogi” Berra (giocatore e manager degli storici New York Yankees), disse una volta: “Il futuro non è più quello di una volta.”  Aveva ragione. Cominciamo ad immaginare cosa possa essere un futuro che non onora Cristoforo Colombo.

 

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                    Stati in cui è riconosciuto come festivo il Columbus Day

 

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5 comments

  1. M.Ludi 17 ottobre, 2015 at 19:03

    Scoprire, significa essere i primi ad accorgersi di un qualcosa che in natura esiste già ma di cui, fino a quel momento, si ignorava completamente l’esistenza, oppure se ne sospettava l’esistenza senza avere la prova empirica di questa.
    Sulla questione relativa alla scoperta del nuovo continente ormai si ha pressochè la certezza che altri, prima di Colombo, fossero arrivati su quelle terre (tribù asiatiche attraverso lo stretto di Bering e i Vichinghi navigando le gelide acque sub polari) ma è probabile che i primi non ne abbiano avuta cognizione, o meglio, vivendo in epoche in cui le conoscenze dell’uomo erano assai limitate, le scoperte erano troppo frequenti per essere un’eccezione, ed i secondi non hanno tramandato fonti scritte da cui verificare ciò che fortemente si sospetta.
    Se ci si attiene alla regola, persino Colombo non ha scoperto le Americhe in quanto non aveva anch’egli cognizione di averlo fatto, ma solo di essere approdato sulle coste di un continente di cui altri prima di lui avevano parlato (tra gli altri, Marco Polo) e la realtà la si desume dal nome dato al nuovo mondo da Amerigo Vespucci il quale, dopo Colombo, navigò lungo quelle coste accorgendosi dell’epocale equivoco.
    Di Colombo, quindi, non resta che l’abilità marinara di aver attraversato un oceano assai insidioso su navi sulle quali avremmo una qualche ragionevole difficoltà ad attraversare un breve tratto di mare oggi che ne conosciamo le astruse caratteristiche costruttive a l’assoluta pericolosità in navigazione. Esse infatti erano concepite in modo tale da avere una massa esterna all’acqua ingente, esposta al vento e senza essere adeguatamente controbilanciata da pesi sommersi, tant’è che in caso di tempesta le condizioni stesse di galleggiamento erano spesso compromesse. Inoltre le velature di quei tempi consentivano una assai limitata manovrabilità; di fatto si poteva sfruttare quasi esclusivamente il vento che spirava da poppa della nave mentre oggi, un’imbarcazione a vela normalissima, riesce adeguatamente a sfruttare anche venti contrari per mantenere la direzione di navigazione.
    E fu questa una delle intuizioni di Colombo: comprendere che i venti sull’Atlantico formano un enorme vortice che copre il tratto di mare compreso tra Europa ed America, consentendo a quelle instabili navi di sfruttare, all’andata le stesse rotte che, presumibilmente avevano spinto i Vichinghi sino in America, ed al ritorno le correnti inverse spiranti a latitudini assai inferiori. Una domanda: chi si sarebbe avventurato in una simile impresa sapendo che sarebbe partito, ma tutt’altro che sicuro di ritornare?
    Da tutto questo ne traggo almeno tre conseguenze:
    1) Dove sarebbe arrivato oggi il progresso se solo negli ultimi 3000 anni gli uomini avessero messo a fattor comune tutte le conoscenze senza essere influenzati da rivalità economico, sociali, religiose? In tal senso, anziché essere euforici per una scoperta, dovremmo ragionare seriamente sul perché essa è avvenuta con così colpevole ritardo, proprio per causa nostra.
    2) Le scoperte finalizzate allo sfruttamento economico (come anche quella di Colombo fu), hanno determinato dolore e distruzione i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti in un pianeta sempre più povero di risorse e sempre più ricco di rifiuti.
    3) Di molti scienziati dovremmo esaltare il coraggio del percorso scelto, l’aver immaginato qualcosa che nessuno prima aveva osato, aver speso la loro vita per capire (cosa che pochi fanno) e non il traguardo raggiunto.
    Alla fine di quel 10 ottobre, non dovrebbe interessare granchè a nessuno, men che meno agli americani (i quali, in verità, in larga parte sono disinteressati); che la cosa riempia il nostro fragile orgoglio di esaltazione è comprensibile alla luce delle numerose umiliazioni patite nel corso dei secoli; ma sarebbe anche giunta l’ora di crescere.

    • Kokab 17 ottobre, 2015 at 21:24

      è con perfida soddisfazione che mi accingo a correggere un evidente erroe dell’amico ludi, che ha invertito il senso degli alisei nell’emisfero nord, i quali spirano da levante a ponente nella parte sud, e da ponente a levante nella parte nord. ne consegue che il viaggio di andata più agevole è quello che parte dalla latitudine delle canarie per arrivare ai caraibi, mentre quello di ritorno prevede una rotta che punta inizialmente verso nord, per poi piegare a ovest sfiorando le azzorre, come hanno fatto colombo e migliaia di marinai dopo di lui.
      i vichinghi, che non amavano la vita comoda e navigavano ad alte latitudini, sono andati e tornati sfiorando la groenlandia.
      infine sulle scoperte, non essendo una gara a chi arriva primo, penso che il senso esatto da dare alla parola sia quello che lega l’evento alla sua conoscibilità e conservazione, almeno nella memoria, e quindi alla fine colombo è quello che ha “scoperto” in senso proprio il continente americano; che sia stato un bene o un male è tutt’altra questione.

  2. Genesis 17 ottobre, 2015 at 11:37

    Colombo non si fu perso…sbagliò semplicemente i calcoli pensando che la terra fosse solamente quella conosciuta, l’Eurasia. Cercava una più breve via per il commercio con le indie, cosa che lo avrebbe portato immediatamente sugli allori della storia. Era un ottimo marinaio: delle caravelle ottenute, ne fece in viaggio caracche che gli avrebbero consentito un migliore viaggiare per i mari non conosciuti.

    Che la devastazione sociale dei nativi americani sia imputabile a Colombo, lo vedo come un trovare il capro espiatorio nella persona che aprì una nuova via, un italiano, ma ciò non è altro che stravolgere la storia degli attuali possessori delle americhe: spagnoli, portoghesi, inglesi e francesi…gli italiani vennero molto dopo. Malattie, soprusi, vigliaccate, ruberie, stragi…vennero perpetuate da chi, da quei territori, voleva solamente averne reddito.

    Colombo, quindi, è da festeggiare! Forse le varie famiglie reali europee dovrebbero fare ammenda…attenzione, anche il Vaticano, alla fine, è, ed è stato, un Regno.

  3. Kokab 16 ottobre, 2015 at 21:34

    condivido l’idea che si debbano celebrare i milioni di vittime e la cultura dei nativi americani che è stata cancellata dall’uomo bianco, peraltro, negli attuali stati uniti, non da quello di lingua spagnola.
    questa è però una vicenda alla quale colombo è del tutto estraneo, visto che nei suoi cinque viaggi non ha mai messo piede a nord delle isole caraibiche, dedicandosi poi alla parte centromeridionale del continente.
    due affermazioni di james nevius sono assolutamente da confutare, che colombo fosse un sadico, e che fosse una sorta di “marinaio sperduto”.
    colombo era un marinaio moderno e contemporaneamente un uomo del medioevo: perseguiva la gloria e la ricchezza personale, e desiderava portare il maggior numero di anime possibili a dio; come uomo del suo tempo considerava del tutto lecita la schiavitù, in effetti lo era, e non aveva alcun interesse a sterminare i destinatari della sua colonizzazione, non fosse altro per il fatto che li voleva schiavi e/o convertiti.
    questa visione del mondo, in tutto e per tutto figlia della civiltà giudaico cristiana, poteva convivere perfettamente persino con la bontà d’animo fra le persone civili, e anche se non credo che colombo potesse essere definito un uomo buono, ciò non fa di lui un sadico, almeno nel senso tecnico del termine, ossia di persona che trae piacere dal far male agli altri.
    quanto al fatto che si fosse perduto, la considero sostanzialmente una sciocchezza, chi esplora l’ignoto non deve necessariamente sapere con precisione dove va, ma deve saper tornare a casa, e in questo colombo è stato un maestro e uno dei più grandi marinai di sempre.

  4. Bondi James Bondi 16 ottobre, 2015 at 20:26

    ma… avrà ammazzato più indigeni Cristoforo Colombo (che come ricorda l’autore, non mise mai piede sull’America continentale), o avranno ammzzato più pellirosse i pionieri inglesi e poi l’esercito degli Stati Uniti? Mi sembra che l’articolo, col pretesto di difendere la causa dei nativi americani, abbia in realtà lo scopo di attaccare gli italiani e i cattolici. L’autore ricorda che esiste già il Giorno del Ringraziamento: questa è una festa di origine protestante, che non esiste nè ha alcun corrispondente nei Paesi cattolici. Che c’è di male allora se c’è anche una festa più sentita dai cattolici?

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