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Elezioni: larghe intese in spazi terribilmente stretti.

Il 4 marzo si avvicina e finalmente andremo a votare per le elezioni politiche! Finalmente perché non ne possiamo veramente più di una campagna elettorale che, se non fosse in gioco il futuro del nostro paese, sarebbe da liquidare con la definizione di “ridicola”: ridicola perché tutti hanno promesso di tutto e di più, completamente consapevoli del fatto che lo stato disastrato della nostra finanza pubblica non consente voli pindarici.  Ridicola perché le ultime manifestazioni dei leader in campo (almeno alcuni di loro) sono di un comico che rasenta il tragico, visto che sono persone che si candidano a guidare il Governo del Paese e, francamente, che Di Maio si sia sentito in diritto di andare al Quirinale a presentare una lista dei Ministri a 5 stelle, e che Salvini abbia giurato, non più sull’acqua del Po, ma sulla Costituzione e sulla Bibbia (che se anche due libri in vita sua li avesse veramente letti, dubito che siano stati proprio quei due), e con saldamente nell’altra mano una corona del rosario, non può che rappresentare il degno epilogo di una tornata elettorale nella quale troppi clown si sono creduti statisti.

 

 

Ormai da più di una settimana i sondaggi sono vietati e, ammesso e non concesso che ci sia ancora da dar loro credito, resta comunque il fatto che in una campagna elettorale nella quale quasi la metà della popolazione ha dichiarato, o di non voler andare a votare o di essere indecisa sul voto da dare, ipotizzare uno scenario di possibile governo del Paese è veramente arduo. La sondaggista che più di ogni altro si è distinta negli ultimi venti anni di elezioni politiche per una certa capacità di interpretare l’esito delle campagne elettorali è Alessandra Ghisleri (Euromedia Research) e proprio lei, prima del silenzio stampa (ma lo stava ripetendo da diversi mesi), ha dato un suo giudizio in base al quale è possibile che il 5 mattina tutti i maggiori schieramenti in gioco abbiano di che manifestare la loro soddisfazione: il Centro Destra per avere ottenuto il maggior numero di voti come coalizione, il M5S per aver ottenuto il maggior numero dei voti come singolo partito ed il PD per aver ottenuto il maggior numero di parlamentari eletti tra tutti i partiti. Questa apparente contraddizione è determinata da una legge elettorale che consente di competere a partiti singoli e coalizioni, ed in più assegna un terzo dei seggi nei collegi uninominali e due terzi con il proporzionale. Nelle considerazioni largamente diffuse dai media e sui social il M5S è dato sugli scudi ed il PD in tracollo verticale, ma proprio quella moltitudine di indecisi (normalmente riconducibili all’area più moderata dell’elettorato) potrebbe dare sostanza alla previsione della Ghisleri in quanto ad avvantaggiarsi di quei voti potrebbero essere prevalentemente il PD e FI mentre Lega e 5Stelle dovrebbero già aver ricompreso nei sondaggi la loro effettiva forza elettorale.

Quello che sta accadendo negli ultimi giorni di campagna potrà incidere sul voto, o ormai tutto è già scritto e tanto vale mettersi in poltrona con patatine e bibite in attesa che il Burian sia passato e con esso la buriana di questi ultimi mesi? Vediamo di fare un po’ il punto della situazione.

 

 

Innanzitutto c’è da dire che con gli attuali schieramenti, difficilmente una delle forze politiche riuscirà ad avere la maggioranza dei parlamentari alla Camera ed al Senato in modo da poter sostenere autonomamente un Governo; per farlo sarebbe necessario che un/a partito/coalizione riuscisse ad ottenere un risultato elettorale per la quota proporzionale intorno al 37% e, nel contempo, riuscisse a prevalere in tutti i collegi uninominali (questo almeno è ciò che le simulazioni hanno portato a verificare); eventualità questa considerata piuttosto remota. Infatti il Centro Destra, accreditato nei sondaggi di una quota proporzionale vicina a quella critica sopra evidenziata, non sembra in grado di vincere in tutti i collegi uninominali per cui potrebbe avvicinarsi ad avere la maggioranza dei parlamentari ma difficilmente la raggiungerà; in questo caso si aprono scenari piuttosto complicati, in primo luogo in dipendenza dai risultati che le singole forze all’interno della coalizione (che, va detto, tutto è fuorché coesa) riusciranno a raggiungere; se infatti Salvini dovesse prevalere nel Cdx ed il M5S si confermasse primo partito, non è esclusa un’alleanza tutta spostata a destra, tra Lega, M5s, FdI; in quel caso occorrerà vedere se Berlusconi e Forza Italia (che tanto hanno avversato il M5S in campagna elettorale) accetteranno di fare da quarta gamba perché non pare possibile che, senza, la coalizione possa avere comunque la maggioranza dei parlamentari per la debolezza dei 5 stelle nei collegi uninominali. Se, al contrario, sarà FI a prevalere il problema diventa ancora maggiore in quanto Berlusconi non può candidarsi a Palazzo Chigi e non ha sciolto la riserva sul nome di chi potrebbe farlo in sua vece; la cosa non è piaciuta per niente ai suoi alleati di Cdx i quali temono che questo sia il preludio di una sterzata verso il centro che li escluda dai giochi: neglu ultimi giorni si è ipotizzato addirittura che Berlusconi voglia indicare Emma Bonino come collante tra FI e PD nel caso in cui +Europa riesca a raggiungere la soglia di sbarramento del 3%.

 

 

Nel contempo Di Maio ha più volte reclamato per sé il diritto di provare a formare un Governo laddove il M5S riuscisse ad essere il partito più votato ed in quel caso, mentre prima sembrava scontato un asse M5S – Lega, adesso pare che le cose stiano un po’ cambiando e aperture significative fatte al PD, sono state riprese anche da Emiliano il quale dall’interno dei democratici preme per questa soluzione. Il Movimento resta, in questa tornata elettorale il dilemma forse più complicato da interpretare: forte elettoralmente ma estremamente debole, sia per quanto riguarda le candidature (falcidiate dai regolamenti interni) che per le possibili figure da presentare in una compagine governativa, subito dopo le elezioni vedrà i suoi gruppi parlamentari ridotti probabilmente di circa una ventina di parlamentari, attualmente candidati e perfettamente eleggibili ma per i quali è stata preannunciata l’espulsione dal partito; dopo la proclamazione dovrebbero dimettersi e lasciare il posto ad altri in lista: lo faranno? Lecito dubitarne; il che avrà come conseguenza la creazione immediata di un gruppo misto dal quale altri potrebbero attingere, con buona pace delle norme interne al Movimento e delle preannunciate multe le quali hanno un tasso di incostituzionalità tale da renderle probabilmente inapplicabili.

 

 

Il PD è in disparte a giocare una partita che è quasi tutta interna: dato per scontato che da solo non avrà i numeri per governare e dato che nessuno degli avversari sembra disponibile a sorreggerne un governo, ciò che appare di rilievo è il risultato elettorale che il partito otterrà, sia per quanto riguarda la sua spendibilità in una coalizione, ma soprattutto per la sopravvivenza di Renzi alla guida di quel partito. I sondaggi indicano per il PD una tornata senza gloria ma se anche la fatidica soglia del 20% dovesse essere rotta al ribasso, molti dubitano del fatto che Renzi abbandonerebbe il partito ed è stato lo stesso segretario recentemente a sciogliere ogni dubbio in proposito;ma se la fronda interna prendesse forza da un risultato deludente, si aprirebbe forse per lui una nuova prospettiva alla “Macron”, dentro o fuori dal PD, ma con una assoluta necessità di prevalere sulle residue opposizioni interne le quali, anche in caso di sonora sconfitta e con la prospettiva di una legislatura di transizione che potrebbe anche non durare a lungo, non sembrano avere la forza di ribaltare i risultati congressuali. In ogni caso è possibile che il PD sia chiamato a sostenere un Governo di larghe intese nel quale la convivenza tra forze eterogenee sarà difficoltosa e l’individuazione di un programma comune di Governo appare al momento assai ardua; sempre che non ci pensi l’Europa a dettare l’agenda, cosa che appare persino auspicabile dati gli scenari prospettati.

Le ali estreme a sinistra e a destra hanno come unico traguardo raggiungibile l’affermazione di una presenza parlamentare da spendere poi nelle future necessarie alleanze; per quanto riguarda Casapound e Forza Nuova, a dispetto dell’esposizione mediatica di cui hanno goduto in questi ultimi giorni, non sembrano esserci grosse possibilità di eleggere propri candidati in parlamento. Altrettanto dicasi per la maggior parte delle liste che a sinistra sono espressione continua delle divisioni che ne hanno indebolito le potenzialità, ad eccezione di LeU nel quale l’iniziale euforia del possibile traguardo a doppia cifra e la scesa in campo del Presidente del Senato, hanno lasciato il posto ad una preoccupata attesa di un responso che non sembra poter corrispondere alle più ottimistiche previsioni iniziali ed il cui valore sarà non solo in relazione alla forza elettorale e parlamentare raggiunta, ma anche al corrispondente risultato del PD visto che in questa parte del campo, tutto si gioca, come detto, in una partita pro o contro Renzi ed il suo partito.

Se le previsioni della Ghisleri dovessero trovare riscontro nelle urne, il compito di Mattarella non sarà facile; dubito però che tutte le possibili opzioni non siano già state vagliate e che non siano preordinati dei percorsi sui quali persino le forze politiche maggiori potrebbero essersi già accordate in via preventiva. Avremo un Governo più o meno duraturo, forse solo per mettere mano di nuovo alla legge elettorale e tornare poi nuovamente a votare; i tatticismi continueranno all’interno delle segrete stanze mentre i problemi del Paese rimarranno drammaticamente, tutti irrisolti.

 

 

 

 

 

 

 

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