le storie

La carriera di Luigi Acerbo

Un Gerarca fascista insignito della medaglia d’oro della repubblica?

Sembra impossibile, eppure è vero. Brano di storia della nostra repubblica che – di tanto in tanto – dimentica di essere stata fondata sulla resistenza.

Figlio di un’antica famiglia appartenente all’alta nobiltà abruzzese, Giacomo Acerbo (Loreto Aprutino, 25 luglio 1888 – Roma, 9 gennaio 1969) si laurea nel 1912 in Scienze Agrarie a Pisa. Allo scoppio della prima guerra mondiale si mette a capo, insieme al fratello poi morto in battaglia, di un folto gruppo di interventisti e volontari.

Alla fine del conflitto abbraccia gli ideali fascisti e promuove la nascita dell’Associazione degli ex combattenti di Teramo e Chieti. Non avendo la maggioranza dei membri accettato di aderire al fascimo – contrariamente alla quasi totalità delle altre in Italia – Acerbo la lascia per fondare la sezione del ‘Fascio di Combattimento’ locale. Eletto nel 1921 coi Blocchi Nazionali, durante la marcia su Roma si distingue per aver tenuto i contatti con il Quirinale, accompagnando poi Mussolini a ricevere l’incarico di primo ministro dal re. Ottenendo a sua volta la carica di sottosegretario alla presidenza del consiglio.

In questo ruolo si fa promotore, nel novembre del 1923, della nuova legge elettorale – la cosidetta Legge Acerbo – che assegna i due terzi dei seggi alla lista che avesse superato il 25% dei voti, con l’intento di favorire il partito fascista. Vantaggio accresciuto dalle modalità di presentazione dei partiti nelle liste e dalle intimidazioni e alle violenze verso gli elettori sospettati di antifascismo. Nuovamente deputato nel 1924, Mussolini gli ripaga i servigi insignendolo del titolo di barone dell’Aterno. In seguito al coinvolgimento – anche se marginale – nell’inchiesta sul delitto Matteotti, è costretto a lasciare il sottosegretariato alla presidenza del consiglio per non danneggiare l’ascesa al potere del futuro dittatore.

Ministro dell’Agricoltura e delle Foreste dal 1929 al 1935, si dedica ai progetti di bonifica integrale e di raggiungimento dell’autosufficienza cerealicola. Con risultati, nonostante le campagne del grano con partecipazione diretta del duce, piuttosto deludenti. Cionostante, dal 1935 al 1943 ricopre la carica di presidente dell’Istituto internazionale di agricoltura. Membro del Gran Consiglio del Fascismo, nel 1938 è relatore del disegno di legge per la trasformazione della Camera dei deputati in Camera dei Fasci e delle Corporazioni. Nel 1940 viene pubblicato il suo libro ‘I fondamenti della dottrina fascista della razza’, libello oscuro e oscurantista ove la questione razzista e antisemita è trattata in maniera alquanto superficiale e sommaria, ponendo l’enfasi su un nazionalismo di imprecisato carattere ascetico-spirituale.

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Il suo tentativo di moderare la discesa agli inferi dell’Italia con la cosiddetta ‘difesa della razza’ lo rende bersaglio all’interno del partito di razzisti e antisemiti ben peggiori di lui.  Forse per farsi perdonare, all’inizio della guerra decide di  arruolarsi volontario. Pur non avendo alcuna nozione teorica militare, gli viene dato il grado di colonnello. Fortunatamente per le truppe ai suoi comandi, resosi conto che la guerra era una faccenda rischiosa, chiede presto il congedamento.

Il 1943 è un anno cruciale per il gerarca abruzzese, signore e padrone incontrastato della regione. Il 6 febbraio viene nominato ministro delle Finanze, carica che durerà solo fino al 25 luglio, giorno in cui, avendo fiutato come giravano le cose, vota in favore l’ordine del giorno Grandi che mette una pietra tombale sul fascismo. All’armistizio si trova nella condizione di ricercato da parte degli ex camerati della repubblica sociale, nascondendosi in Abruzzo con l’aiuto dei suoi contadini. Alla fine delle ostilità viene catturato, processato e condannato da un tribunale alleato a 48 anni di reclusione come criminale di guerra. Sentenza successivamente ridotta in appello a 30 anni di carcere duro, da scontare nelle prigioni di Procida. Dove  però rimane solamente per un breve periodo. Infatti il 25 luglio 1947, quarto anniversario dell’ultima riunione del Gran Consiglio e giorno del suo 59mo compleanno, riceve come regalo da parte della Cassazione (italiana), l’annullamento della sentenza precedentemente emessa dal tribunale alleato.

Come se non bastassese nel 1951, a 63 anni, nonostante l’età avanzata e il fatto che fosse straricco (o forse proprio per questo) viene riabilitato e riammesso all’insegnamento universitario, usurpando una cattedra che sarebbe potuta (e dovuta) andare ad un giovane ex partigiano. Infine, ciliegina sulla torta, nel 1962 l’ex condannato per alto tradimento della patria, riceve dal PdR Antonio Segni la medaglia d’oro per i benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte. La pubblicazione del suo libro sulla dottrina fascista della razza, precedentemente sottovalutato da colleghi di partito, porta finalmente i frutti sperati.

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