le storie

Due diverse ipotesi per un omicidio rimasto irrisolto

 

Il tombolo della Feniglia

Due diverse ipotesi per un omicidio rimasto irrisolto.
Il sole è ormai alto ed un leggero alito di vento a malapena attenua il calore della sabbia rovente della Feniglia. L’uomo che avanza con passo pesante nonostante la giovane età, scruta l’orizzonte alla ricerca di una vela; il mare è calmo e la feluca che poche ore prima lo ha abbandonato dolorante per ripartire con il suo prezioso carico, il prezzo della sua libertà, sicuramente sta tornando verso Napoli, da dove erano partiti pochi giorni prima; non può essere andata lontano in una giornata di scarso vento come quella.

Il piano era stato progettato in modo molto astuto: tornare direttamente da Napoli a Roma avrebbe consentito ai suoi numerosi nemici di intercettarlo facilmente, sia per terra che per mare, e comunque il percorso era notoriamente insicuro per chiunque; troppi i malintenzionati disposti a tagliare una gola per pochi spiccioli lungo la strada. Sbarcare invece a nord di Roma e attendere il segnale che il salvacondotto del Papa fosse stato firmato, avrebbe potuto garantirgli maggiori possibilità di successo, seguendo un percorso inconsueto per chi dalle falde del Vesuvio volesse recarsi nella Città Eterna.

Qualcosa però era andato storto, oppure il capitano della feluca aveva tradito e si era approfittato della situazione; fatto sta che adesso ferito, forse malato e con pochi soldi in tasca, lontano da tutto, e soprattutto da tutti coloro che avrebbero potuto e che sempre lo avevano aiutato nei momenti difficili, il futuro non pareva essere più così roseo.
Della feluca nemmeno l’ombra, e le gambe non ce la facevano più a sorreggere quel corpo malato e appesantito dalla sregolatezza di una vita troppo intensa.

 

La pineta della Feniglia

 

Decide così di allontanarsi dal mare per cercare aiuto, e lo trova in una donna incontrata per caso, la quale, per i pochi spiccioli scampati al furto, gli affitta una stanza e un letto per riposare, in attesa di riprendere il difficile cammino verso un destino sempre più incerto. La donna lo osserva; ne ha visti fin troppi di uomini feriti nelle risse, o con gli occhi velati dalle febbri malariche, per non capire che quell’uomo senza nome non sarebbe riuscito ad andare lontano; e lei non può permettersi la cattiva fama di un morto nella sua locanda. Per questo decide di prepararsi: chiede ad un paio di persone fidate di stare pronte, e quando al calar della sera è evidente che l’uomo steso nel letto non andrà più da nessuna parte, lo caricano su un carretto e lo portano lontano, abbandonandolo vicino ad un ospizio dove qualcuno prima o poi penserà al resto.

400 anni più tardi, in una nota rinvenuta nell’archivio parrocchiale della Chiesa di Sant’Erasmo a Porto Ercole, si leggerà: “A dì. 18 luglio 1609 nel ospitale di S. Maria Ausiliatrice morse Michel Angelo Merisi da Caravaggio dipintore, per malattia” (1).

 

Nei giorni seguenti si intrecciarono alcuni carteggi riguardanti la sua morte, ma il fatto che in essi si facesse continuamente riferimento al prezioso carico che Caravaggio portava con sé (le ultime tre tele da lui dipinte) ed a chi quel carico dovesse essere restituito, indica chiaramente che della morte del pittore a quel punto non interessava più niente a nessuno, almeno non più di quanto invece interessasse il valore delle sue opere.

 

                  I viaggi del Caravaggio
 (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

La mia ricostruzione sulle ultime ore di vita e sulla morte di Caravaggio è di pura fantasia, una delle tante che hanno dato origine a versioni romanzate di una vicenda sulla quale, in realtà, non siamo riusciti a sapere molto nonostante in tempi recenti si sia cercata la verità con notevole dispendio di energie e di denaro. Per secoli la morte di Caravaggio a Porto Ercole è stata data per certa; evidentemente fin da subito si è voluto chiudere una vicenda sulla quale troppi erano gli interessi a non fare chiarezza, anche perché l’uomo Caravaggio forse non era mai piaciuto granché a coloro che ne esaltavo pubblicamente le doti artistiche: troppo anticonformista, troppo poco nobile di modi e di abitudini la sua figura dall’aspetto trasandato e molto discutibili le compagnie delle quali amava contornarsi.

Morto Caravaggio, anche le sue opere finirono ben presto per subire una sorta di oblio, e la tardiva riscoperta delle sue qualità di artista è andata di pari passo, in tempi abbastanza recenti, con la riapertura delle vicende legate alla sua morte misteriosa e soprattutto al luogo dove essa è avvenuta.

Un giornale ha recentemente pubblicato un articolo nel quale si raccontano le polemiche ancora accese a Porto Ercole in merito ai costi esorbitanti di un’iniziativa volta a valorizzare, in quella cittadina, la figura di Caravaggio ed i suoi mai chiariti trascorsi in quel luogo.

 

Il "monumento" a Caravaggio a Porto Ercole.

 

 

Tutto è iniziato quando, una decina di anni fa, il Comitato Nazionale per la Valorizzazione dei Beni Storici, Culturali ed Ambientali (sul cui operato sono sorti nel tempo autorevoli dubbi), con il patrocinio del Comune di Porto Ercole, decide di dare credito all’ennesimo racconto legato alla misteriosa morte di Caravaggio, fatto dall’archeologa Giovanna Anastasia, un’appassionata studiosa di storia locale che ha sempre vissuto a Porto Ercole. Costei, poco dopo il ritrovamento dell’appunto nella canonica di Sant’Erasmo, dichiarò di ricordare una vicenda della sua infanzia riguardante l’esumazione delle vecchie salme di un cimitero abbandonato, al cui posto doveva sorgere un parco pubblico. La donna aveva dichiarato di ricordare molto bene delle ossa avvolte nei resti di un mantello nero, sul quale si intravedevano ancora i segni di una grande croce bianca (segno inequivocabile dell’appartenenza del defunto ai Cavalieri dell’Ordine di Malta): quella sembrò subito essere la prova dalla quale partire per cercare conferma sulle note leggende relative alla morte di Caravaggio, del quale si sa per certa, appunto, l’appartenenza ai cavalieri gerosolimitani, sia pur per poco tempo.

Una commissione di esperti fu quindi incaricata dal Comitato, la quale partì proprio da questa traccia per sviluppare una lunga e complessa indagine che sarebbe culminata poi nella pubblicazione di un libro [A] nel quale sarebbero stati relazionati i vari aspetti della ricerca.

In assenza di resoconti scritti sulle varie fasi della traslazione delle salme dal vecchio cimitero, si ipotizzò che i resti fossero stati deposti nell’ossario sotto la chiesa di Sant’Erasmo, dove effettivamente furono rinvenute una gran quantità di ossa stranamente suddivise in gruppi separati all’interno del locale interrato.
Per capire se e quale dei mucchi potesse riguardare le ossa del vecchio cimitero si analizzarono i campioni di terra rinvenuti su alcune di esse, e venne quindi effettuato il confronto con quella dei “carotaggi” estratti nel parco pubblico sorto dopo la rimozione degli antichi resti umani; l’operazione ebbe esito positivo e, ristretto l’ambito dell’indagine, non restava che andare a fare successivi approfondimenti alla ricerca delle ossa di un uomo piuttosto alto, dell’età di circa 39 anni, deceduto agli inizi del XVII° secolo. Fu un lavoro meticoloso che portò all’individuazione di alcune ossa sicuramente coerenti con tutti i criteri definiti. La prova del DNA portò alla conclusione che tutte le ossa selezionate erano appartenute allo stesso uomo.

 

Le ossa "di Caravaggio" e il mucchio di ossa dall'ossario della chiesa di Sant’Erasmo.

 

Prima di annunciare il successo dell’operazione si ritenne opportuno verificare che il DNA dei Merisi o Merisio attualmente viventi nel Comune di Caravaggio e comuni limitrofi avesse analogie importanti con quello delle ossa selezionate a Porto Ercole; questo perchè non si è potuto stabilire il luogo di sepoltura di alcuno tra i  discendenti del Caravaggio di cui risulti notizia.

Siamo ora all’epilogo della vicenda: selezionato un numero ritenuto sufficiente di possibili discendenti del Caravaggio che condividessero il DNA in modo abbastanza significativo da poter ritenere possibile l’esistenza di una loro lontana parentela, si è provveduto a confrontarne il risultato con quello dei prelievi fatti sulle ossa dei presunti resti del grande pittore. Giustamente sospesi tra uno speranzoso “si” ed un “no” deludente, gli esperti hanno dovuto convenire però, solo su di un…….”ni”.

Alla fine della lunga ricerca infatti non si comprende quindi che valore attribuire ad un responso della Commissione che sinteticamente individua nell’ 85% la probabilità che le ossa rinvenute appartengano effettivamente a Caravaggio, ma per il Sindaco di Porto Ercole questo è stato più che sufficiente per far costruire una tomba dove alloggiare le ossa rinvenute ed un museo nel quale, in assenza di quadri originali, proiettare le tele dell’artista in alta definizione; insomma, senza alcun bisogno di aggiungere prestigio alla già nota ed esclusiva stazione balneare dell’Argentario, si è voluto dar credito incondizionato a delle conclusioni tutt’altro che definitive, per di più investendo somme consistenti sottratte al bilancio di un piccolo comune.

 

  Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d'Assisi, di data e attribuzione incerte,
trafugato la notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969 dall'Oratorio di San Lorenzo a Palermo.
                       (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

L’indagine del 2010 sembra ignorare totalmente quella pubblicata circa 12 anni prima da Peter Robb [B], uno scrittore australiano che, senza particolari titoli accademici, venne ripetutamente in Italia alla ricerca di documenti inediti che potessero in qualche modo spiegare alcune delle vicende della vita di Caravaggio rimaste completamente oscure, come se ci fosse stata una regia occulta capace di cancellare di volta in volta le tracce significative della sua vita, a partire dalla data di nascita (di fatto definita per esclusione e non perché ne sia stata rinvenuta la registrazione) sino alla morte, sulla quale, come detto, sappiamo ancora ben poco.
Si ipotizza che Caravaggio fosse un uomo dal carattere forte, facilmente portato alla collera ed alle reazioni violente, e questo risulta da numerosi verbali di polizia. Atrettanto documentata è la protezione che Costanza Colonna Sforza, Marchesa di Caravaggio, offrì al pittore per quasi tutta la sua vita (ed il “quasi” è d’obbligo visto che il suo nome è tra quelli dei possibili mandanti dell’assassinio), così come sono noti i suoi numerosi estimatori, nobili, papi e cardinali, sempre in gara per accaparrarsi le opere di quello che all’epoca era considerato il più grande artista vivente: ciò nonostante il fatto che spesso i suoi quadri suscitassero più di una perplessità per lo scarso rispetto dei canoni della Controriforma. Ben noto anche il fatto che Caravaggio subisse il fascino di giovani adolescenti, ragazzi di umili origini e frequentatori delle botteghe degli artisti e delle corti dei personaggi di alto rango, nonché delle prostitute da taverna nella Roma del tempo (2), dove pochi svolgevano un mestiere tradizionalmente inteso e molti campavano di espedienti al soldo dei ricchi e potenti. Una Roma bacchettona nella quale la prostituzione femminile era praticata e tollerata, ma l’omosessualità e la sodomia erano considerati peccati mortali e, in quanto tali, puniti adeguatamente.

 

Salomè con la testa di San Giovanni Battista, 1607, National Gallery, Londra.

 

Nei suoi quadri non v’è viso o personaggio che non sia probabilmente da riferirsi a quella Roma dei bassifondi dove il Caravaggio viveva al di fuori delle frequentazioni altolocate dei ricchi committenti, e quindi ben si comprende come la Chiesa mal tollerasse che la Maria ritratta nei quadri avesse il volto di Fillide Melandroni o di “Lena” Maddalena Antognetti (note cortigiane del tempo), e che Davide fosse raffigurato con le sembianze di Mario Minniti o di “Cecco” Francesco Boneri, due giovani di bottega dei quali si dice avessero appreso molto dal Caravaggio, e non solo nel campo della pittura.

Michelangelo nacque nel settembre (forse il 25) del 1571 a Milano, da una famiglia originaria di Caravaggio, nei pressi di Bergamo, e nel 1592 si recò per la prima volta a Roma dove, salvo brevi parentesi, soggiornò sino al 1604 quando, accusato di aver ucciso un uomo, per di più appartenente alla potente famiglia romana dei Tommasoni, dovette fuggire a Napoli, iniziando quella fase della sua vita nella quale, di pari passo il successo travolgente delle sue opere coincise con l’escalation di torbide vicende che portarono probabilmente al suo assassinio.

Nonostante gli onori ricevuti nella metropoli partenopea (al tempo seconda come grandezza in europa soltanto a Parigi) il Caravaggio tentò in ogni modo di ottenere la grazia dal Papa per l’omicidio, e ad un certo punto, seguendo le indicazioni dei suoi altolocati protettori (tra i quali il cardinale Del Monte), si recò a Malta per chiedere di essere ammesso all’ordine dei Cavalieri di San Giovanni, allora capitanato da Alof de Wignacourt.

In pochi mesi Caravaggio riuscì quindi nella non facile impresa di essere ammesso all’ordine, diventare il preferito di Wignacourt, essere espulso con ignominia, finire in carcere, fuggire (sicuramente con qualche complicità) da una delle prigioni più inviolabili del tempo, ed infine essere condannato a morte in contumacia anche dall’ordine, in aggiunta alla vecchia condanna con taglia sulla sua testa comminata dal Papa.

Le mani che sino a quel momento si erano pazientemente adoperate a insabbiare, cancellare, correggere, annacquare le evidenze delle nefandezze commesse negli anni dal Caravaggio, finirono probabilmente per rivoltarglisi contro, e benchè oggi sia possibile legare le due condanne di morte a fatti di letto prima ancora che di sangue (a Roma per aver difeso Lena dalle avance del Tommasoni, e a Malta per aver violato un paggio del Wignacourt – non un semplice garzone di bottega, ma un giovane appartenente alla nobiltà europea affidato alla protezione del potente Alof), nonostante questo i numerosi depistaggi hanno determinato una confusione tale dei fatti, che ancora oggi si cerca con difficoltà e risultati non sempre apprezzabili, di comprendere ciò che realmente accadde.

A partire dal 6 ottobre del 1608 sino alla sua morte, Caravaggio finisce per essere l’uomo più ricercato d’Europa e per diversi motivi: i suoi mecenati di un tempo lo volevano per poter approfittare ancora della sua opera ed arricchire così le loro collezioni d’arte; il Papa per farlo decapitare e Wignacourt per chiuderlo in un sacco e gettarlo in mare secondo l’usanza dei cavalieri.

 

Il Martirio di sant'Orsola, del 1610, al Palazzo Zevallos (Colonna di Stigliano), Napoli.

 

Per quasi due anni Caravaggio si sposta tra Napoli e la Sicilia cercando inutilmente di far perdere le sue tracce; cosa impossibile, visto che ovunque andasse, c’era sempre qualcuno pronto a coprirlo d’oro per avere un suo quadro, e ben presto anche qualcun altro che, venuto a conoscenza della sua presenza, l’oro sperava di ottenerlo, consegnando la sua testa mozzata. Questo sino al fatidico luglio del 1610, quando si imbarcò da Napoli per avvicinarsi a Roma, dove si dice che il Papa si fosse finalmente deciso a concedergli la grazia e ad accoglierlo nuovamente nella Città Eterna; ma se di questo non esiste alcuna evidenza storica, è certo che Michelangelo, probabilmente su consiglio della Marchesa Costanza Colonna, intraprese il viaggio con tre tele corrispondenti al prezzo dovuto a chi si era adoperato a Roma per muovere il Papa alla clemenza; le ultime tre da lui dipinte.

La feluca partì da Napoli e vi fece ritorno probabilmente con i tre quadri dei quali uno è andato perduto, ma gli altri due sono sicuramente finiti nelle mani di chi, per conto del pittore, aveva organizzato quel viaggio che si rivelò essere una tragica messinscena.

Di lui ci resta un numero notevole di opere sparse per le collezioni di tutto il mondo. Caravaggio fu decisamente un innovatore, sia per il metodo (non faceva mai disegni preparatori), che per i soggetti (come detto i volti dei suoi santi e personaggi biblici sono tutti riferibili a persone da lui frequentate nelle lunghe serate in taverna a bere e giocare); la sua eredità artistica, più che in Italia ebbe seguito in Spagna (Velasquez) e nelle Fiandre (Vermeer, Rubens e Rembrandt); molti suoi quadri vennero copiati, e dalle copie altri presero spunto, visto che molte sue opere, salve alcune eccezioni, erano al sicuro in collezioni private anziché esposte al pubblico per la citata avversione ufficiale della Chiesa al modo in cui rappresentava le figure sacre. L’ostracismo ufficiale della Chiesa proprio nella città dove la maggior parte della sua produzione pittorica era concentrata, la cattiva critica che dovette subire (peraltro dopo che aveva pestato molti piedi, alcuni proprio dei suoi critici più avversi), le vicende torbide della sua vita, e persino il mistero della sua scomparsa, fecero ben presto dimenticare il suo nome sino ad una tardiva riscoperta del dopoguerra, quando si seppe che tre suoi quadri erano andati distrutti nel 1945, nell’incendio  della Flakturm Friedrichshain, e successivamente quando una sua Natività esposta in una chiesa di Palermo venne trafugata per ordine della mafia, probabilmente tagliata in più parti e poi fatta sparire definitivamente.

 

   Scoperto nel 2014 Maria Maddalena in estasi, dipinto probabilmente nel periodo del
     soggiorno napoletano, esposto al pubblico per la prima volta a Tokyo 2016.

 

Tra le numerose tele giunte fino a noi (non fece mai affreschi) Il quadro che forse più di ogni altro rappresenta la metafora della sua vita e della sua morte, Caravaggio lo dipinse poco prima della sua misteriosa scomparsa: si tratta di una rappresentazione del Davide con la testa di Golia, e si trova attualmente nella Galleria Borghese a Roma. Facendo raffronti con altre opere del pittore, nelle quali si ipotizza che Caravaggio in epoche diverse della sua vita abbia fatto degli autoritratti, si è concluso che il pittore si sia voluto raffigurare sia nel giovane Davide che nell’adulto Golia. Con questo volendo probabilmente affermare a suo modo di aver causato egli stesso il male che poco dopo lo avrebbe travolto.

 

 

 

 

Note:

  1. La tardiva acquisizione del calendario gregoriano nel possedimento spagnolo di Porto Ercole ha determinato l’equivoco. Oggi registriamo la morte come avvenuta il 18 luglio 1610.
  2. La geniale novità nella pittura del Caravaggio sta nel rappresentare la vita in tutte le sue imperfezioni, dipingendola dal vero, sia che si trattasse delle persone che delle nature morte. Non faceva disegni preparatori dei suoi quadri e fu forse per questo motivo che non dipinse mai affreschi; per lunghi anni questo rappresentò un grosso limite, in quanto era per lui assai difficile dipingere situazioni complesse con molti personaggi in movimento. Col tempo passò a dimensioni sempre maggiori, con scene sempre più affollate per le quali non ebbe più bisogno di modelli, perché quei volti carpiti dalla strada lui li aveva tutti ben scolpiti nella memoria. Superò di slancio il manierismo, ma venne presto offuscato dal barocco; troppo moderna e in anticipo sui tempi la sua tecnica. Non è dunque un caso la sua recente riscoperta.

 

 

Bibliografia:
[A] IL MISTERO CARAVAGGIO – Vinceti/Gruppioni/Garofano (ed. Rizzoli)
[B] L’ENIGMA CARAVAGGIO – Peter Robb (ed. Mondadori)

 

 

 

 

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