le storie

I fantasmi di Santa Croce a Firenze – 1a parte

I fantasmi di Santa Croce a Firenze

Uscendo dal complesso museale della Basilica di Santa Croce per affacciarsi sull’ampia piazza antistante la famosa chiesa di Firenze, non si fatica molto a comprendere lo stordimento che prese lo scrittore Marie-Henri Beyle (meglio noto come Stendhal) durante la tappa fiorentina del suo “Grand Tour” in Italia, perché il numero di opere e la qualità degli autori che si apprezza durante la complessa visita è degna dei più grandi musei del mondo.

 

Piazza Santa Croce

 

Sembra quasi impossibile pensare che cinquant’anni or sono, in quella che è stata l’alluvione più devastante subita da Firenze nella sua lunga storia, Santa Croce sia rimasta in alcune sue parti sommersa da quasi cinque metri d’acqua, visto lo splendore al quale decenni di sapiente restauro hanno restituito il Crocefisso del Cimabue, pur con le evidenti devastazioni dovute all’acqua e al fango, e le numerose altre opere come l’Ultima Cena del Vasari.

 

Recupero Cristo Cimabue

Piazza S.Croce sommersa dall'acqua, il crocefisso del Cimabue appena rialzato
dal fango in basilica, 1966. (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

Ciò che sorprende nel visitarla è la sua storia che abbraccia otto secoli durante i quali la Basilica è stata costantemente al centro della vita della città, a partire dalla sua fondazione la cui scoperta è dovuta proprio alla disastrosa alluvione del 1966 quando, sotto l’enorme peso delle decine di migliaia di metri cubi d’acqua esondati dall’Arno, il pavimento cedette rivelando il luogo ove San Francesco aveva costruito un oratorio durante la sua visita a Firenze nel 1211, su quello che al tempo era un isolotto in mezzo al fiume.

 

Cristo CimabueParticolare Cristo Cimabue

Il Crocefisso del Cimabue, prima e (dettaglio) dopo l'alluvione
         (cliccare le immagini per miglior risoluzione)

 

Sull’oratorio venne poi edificata una chiesa francescana che divenne ben presto il fulcro della vita cittadina, con i migliori artisti che facevano a gara nel lasciarvi testimonianza del loro passaggio e personaggi famosi che ambivano ad esservi sepolti, tant’è che il pavimento della chiesa risultò ad un certo punto composto in buona parte di lapidi (ne sono rimaste 276 dopo che la chiesa ed i locali annessi sono arrivati a contenere più di 15.000 sepolture), alcune delle quali sono ormai illeggibili, tanti sono stati i piedi che le hanno calpestate.

 

Recupero Cristo Cimabue

Trasporto del Crocifisso del Cimabue alla limonaia del Giardino di Boboli, 1966

 

Di fatto, sino all’inizio del XV secolo, quando vennero completati i lavori di costruzione di Santa Maria del Fiore (iniziati nel 1296), la Chiesa più importante di Firenze rimase Santa Croce.

Ma è solo nel diciannovesimo secolo che venne deciso di farne un pantheon delle italiche glorie concentrando in essa le spoglie di molti personaggi che hanno dato lustro all’Italia; di alcune di queste tombe è giusto fare un cenno, per le vicende singolari ad esse collegate.

 

 

Dante Alighieri

 

Monumento Dante

Il Cenotafio a Dante in Santa Croce (cliccare immagine per miglior risoluzione)
da Commons

 

Uno dei monumenti funebri che risaltano lungo le navate è quello di Dante Alighieri, al quale nel 1865 venne dedicata anche la statua posta di lato alla facciata di Santa Croce. Com’è noto il Sommo Poeta venne esiliato da Firenze e nel suo peregrinare lontano dalla città natale finì per morire di malaria a Ravenna, ove le sue spoglie subirono diverse peripezie, prima  a causa dell’incuria nella quale cadde la chiesa di San Francesco, dove vennero deposte dopo la morte, e poi per evitare che venissero trafugate dai fiorentini, i quali, riscoperto Dante e la sua importanza, per secoli hanno cercato inutilmente di indurre Ravenna a restituirle.

 

Tomba Dante

Tomba di Dante a Ravenna, l'ultima parte dell'iscrizione scolpita (in latino) è
l'epitaffio in versi dettato da Bernardo Canaccio nel 1366: 
"... hic claudor Dantes patriis extorris ab oris / quem genuit parvi Florentia
materamoris" da Commons.

(... qui sto racchiuso, (io) Dante, esule dalla patria terra, cui generò Firenze,
madre di poco amore)    (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

Esse sono rimaste all’interno di una cassa di legno spesso nascosta altrove rispetto alla cappella realizzata dall’architetto Morigia in prossimità della Basilica di San Francesco, dove sono tornate in pianta stabile solo dopo la fine della seconda guerra mondiale; a tal proposito fa sorridere l’idea dei solerti frati francescani che al minimo accenno di pericolo (sia di furto che di distruzione per eventi bellici), prendevano quella cassetta di ossa e andavano a nasconderla. A Firenze resta il cenotafio (monumento funebre di persona sepolta altrove) del 1829, uno dei 5 presenti nella Basilica, sicuramente quello riferito ad uno dei personaggi più famosi.

 

 

Gioacchino Rossini

 

Tomba Rossini

La tomba di Gioacchino Rossini. (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

Altra singolare storia è quella di Gioacchino Rossini il quale morì a Passy (nei pressi di Parigi) nel 1868 e venne sepolto nel cimitero parigino di Père Lachaise per volere della seconda moglie Olympe Pélissier.

Per certi versi la storia di Rossini ha delle analogie con quella di Dante: nato a Pesaro da padre simpatizzante della Rivoluzione Francese e per questo perseguitato dallo Stato pontificio, passò la sua esistenza prima con la famiglia paterna, e poi da solo, fuggiasco ogniqualvolta si paventasse il sospetto che il potere papale potesse raggiungerlo, e l’ultima sua residenza italiana prima di emigrare definitivamente in Francia fu proprio a Firenze. La restituzione della salma di Gioacchino Rossini fu un evento piuttosto eclatante, e non solo perché il musicista in Francia era molto amato, ma anche perché i rapporti italo francesi  erano al tempo piuttosto difficili, dopo che i bersaglieri del Generale Cadorna erano entrati a  Roma dalla Breccia di Porta Pia, approfittando del fatto che le truppe transalpine, da decenni dedite alla difesa del Papa, erano state in gran parte ritirate per essere impiegate nella sanguinosa guerra Franco-Prussiana. Dopo che ripetutamente la Francia aveva aiutato l’Italia contro l’Impero austro-ungarico, durante la seconda e la terza Guerra d’Indipendenza, ed aver contribuito in modo determinante all’annessione al Regno d’Italia della Lombardia e del Veneto, quello di Roma fu considerato dai francesi un vero e proprio tradimento che minò per decenni i rapporti tra i due Paesi. La diplomazia italiana dovette faticare non poco per  consentire la traslazione del corpo in Santa Croce nel 1887.

 

 

Vittorio Alfieri e la Contessa d’Albany

 

Tomba Alfieri

La tomba di Vittorio Alfieri. (cliccare immagine per miglior risoluzione)
da Commons

 

Nel transetto destro della Basilica c’è la Cappella Castellani, all’interno della quale si trova il monumento Stolberg, che nasconde i resti mortali di Luisa Stolberg-Gedern, nota come Contessa d’Albany, moglie poi separata di Carlo Edoardo Stuart, pretendente al trono d’Inghilterra.

 

Cappella Castellani

   La Cappella Castellani in Santa Croce, a sinistra il monumento Stolberg,
   dedicato a Luisa di Stolberg-Gedern, Contessa d’Albany.  Da Commons.

 

Durante il suo soggiorno italiano, il conte d’Albany ebbe il suo daffare nel tenere a bada l’esuberanza della moglie, tanto da dover lasciare Roma ed i suoi salotti per cercare rifugio nell’apparentemente più tranquilla città di Firenze, nel 1777. Purtroppo il Conte non considerò il fascino che l’Alfieri avrebbe potuto suscitare in uno spirito inquieto come quello della moglie, la quale se ne innamorò perdutamente, passando nel giro di pochi anni da una relazione clandestina alla convivenza, dopo aver lasciato il marito. All’epoca la cosa suscitò uno scandalo notevole che solo il tempo contribuì ad affievolire. Merito indubbio della Stolberg, fu però quello di commissionare al Canova il monumento funebre di Vittorio Alfieri, che si trova poco lontano da quello dove anche lei riposa, all’interno della Basilica.

 

 

Ugo Foscolo

 

Statua Foscolo

     Foscolo di Antonio Berti. (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

Dopo aver passato in rassegna la magnificenza delle tombe di Galileo Galilei, Michelangelo e Machiavelli, si resta francamente delusi nell’osservare la statua posta nella nicchia dove è stato sepolto Ugo Foscolo, non tanto o non solo per la grandezza del poeta, quanto perché è stato proprio lui a decretare l’importanza della Basilica di Santa Croce.

In effetti la storia della sepoltura del Foscolo, e del lungo peregrinare della sua salma, è abbastanza singolare, nonostante egli in vita avesse più volte espresso il desiderio di essere lì sepolto da quando, giunto a Firenze nel 1806 e recatosi in Santa Croce, decise, al cospetto delle tombe di tanti personaggi illustri, che quello sarebbe stato il tempio delle “itale glorie”; abile operazione di marketing quella di promuovere quel luogo in virtù dei grandi in esso raccolti, per poi finirci egli stesso, e automaticamente esserne accomunato.

Inizialmente entusiasta delle gesta napoleoniche, ben presto Foscolo dovette ricredersi ed ammettere che il Bonaparte non era altro se non un avido conquistatore che aveva usato le passioni irredentiste dei patrioti italiani al solo scopo di acquisire potere per sé e per la sua famiglia. Ma fu con l’editto di Saint Cloud, con il quale fu decretato il bando delle sepolture dalle chiese e persino dalla cinta urbana delle città, che Foscolo vide minato alla base il disegno che andava delineando con il suo poema più famoso: I Sepolcri. L’idea che tutte le salme dovessero essere poste in luoghi anonimi, in modo indistinto, mentre si aggirava tra i monumenti di Santa Croce, fece nascere in lui un moto di ribellione, e se da un lato la visita della Basilica lo aveva riavvicinato alla fede, ebbe fin dall’inizio ben chiaro l’intento completamente laico e profondamente patriottico del suo progetto.

 

“Lieta dell’aer tuo veste la Luna
di luce limpidissima i tuoi colli
per vendemmia festanti, e le convalli
popolate di case e d’oliveti
mille di fiori al ciel mandano incensi:
e tu prima, Firenze, udivi il carme
che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco,
e tu i cari parenti e l’idïoma
désti a quel dolce di Calliope labbro
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
d’ un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste;
ma piú beata che in un tempio accolte
serbi l’itale glorie, uniche forse
da che le mal vietate Alpi e l’alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t’invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria, tutto.”

(Da “I Sepolcri”)

 

 

Le vicende della vita lo portarono, alla fine dei suoi giorni, esule, povero e solo, a Londra, dove morì nel 1827; finisce la sua avventura terrena e comincia quella legata alla sua salma, inizialmente tumulata nel cimitero di Chiswick alla periferia di Londra, ove rimane tutt’oggi una lapide in ricordo. Dopo 43 anni dalla morte, Firenze Capitale del Regno non si scorderà dell’amore a lei tributato dal poeta; fu così organizzata una raccolta di denaro per il recupero e successivo rimpatrio della salma. La cosa non fu semplice, perché la raccolta dei fondi procedette a rilento, né breve, in quanto la salma, in quello sperduto cimitero di periferia, non si riusciva a trovarla; alla fine gli ostacoli furono superati ed il corpo di Foscolo arrivò in treno fino a Pistoia dove venne temporaneamente esposto per cinque giorni nel palazzo comunale, in attesa che si arrivasse alla sepoltura definitiva nell’amata Santa Croce; l’insolita sosta fu fortemente voluta dal Senatore del Regno Atto Vannucci, il quale si era molto speso nell’organizzare quello che al tempo era un lungo viaggio. Era il 24 giugno 1871, festa di San Giovanni Battista, Patrono di Firenze, quando finalmente la salma del Foscolo giunse a Firenze.

La definitiva sistemazione del sepolcro venne decisa però molti anni dopo, nel 1910, quando venne indetto un concorso del quale risultò vincitore lo scultore Zulimo Rossellini: 24 anni, fiorentino, Zulimo era considerato un astro nascente del panorama artistico italiano e non ebbe alcuna difficoltà a sbaragliare la concorrenza con un’opera di stile neo-classico che ben si adattava, sia al luogo, che alla figura rappresentata. Ma quell’opera in Santa Croce non entrò mai; terminata nel 1927, in pieno “ventennio”, venne scartata perché Zulimo si era sempre rifiutato di prendere la tessera del partito fascista.

Il pesante blocco di marmo finemente scolpito finì in una rimessa, e Rossellini se ne tornò nell’amata isola d’Elba, quello che lui considerava il suo “luogo dell’anima”, nel quale trasse ispirazione per le sue opere successive. Caduto il fascismo, nessuno pensò a restituirgli il merito dovuto, e così lo scultore morì nel 1965 mentre il suo sarcofago si trovava ancora sommerso dalla polvere in quel garage di Firenze.

 

Zulimo Rossellini

  Il Sepolcro del Foscolo di Zulimo Rossellini, 1927, Cortile della Magnolia,
  Università di Pavia, Pavia. (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

 

Fu nel 1990, quando il poeta Franco Fortini scrisse su La Repubblica dell’opera d’arte dimenticata, che la questione tornò alla ribalta, ma la lodevole iniziativa non suscitò le reazioni volute e la statua scolpita da Antonio Berti rimase dove abusivamente era stata posta nel 1934 e dove tuttora si trova.

Così il nipote di Rossellini, Paolo, volle in quell’anno chiudere la triste vicenda donando l’opera all’Università di Pavia, dove Ugo Foscolo aveva insegnato per due anni, e dove adesso studenti e visitatori possono ammirarla nel cortile della Magnolia, vicino al cortile delle Statue, dove già nel 1864 era stata deposta una lapide dedicata all’illustre Professore.

 

 

Giovan Battista Niccolini

 

Libertà dalla poesia

“Libertà dalla poesia”, tomba di Giovan Battista Niccolini di Pio Fedi.
          (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

La cosa curiosa non riguarda le spoglie del drammaturgo figlio adottivo di Firenze e membro dell’Accademia della Crusca, nonché amico di Ugo Foscolo, ma la statua che sovrasta il monumento funebre adiacente all’enorme portone d’ingresso alla Basilica, che rischia di passare quasi inosservato tra quello di Galileo sulla navata di sinistra, e quello di Michelangelo sul lato opposto.

Autore dell’opera è stato lo scultore viterbese Pio Fedi, noto anche per essere l’unico artista moderno ad aver meritato un posto, con il suo Ratto di Polissena, nella Loggia dei Lanzi in Piazza della Signoria a Firenze (in compagnia di autori quali il Cellini e il Giambologna).

La statua intitolata “Libertà dalla poesia” vuole essere un’allegoria dello spirito libero del Niccolini il quale espresse per tutta la vita idee a quel tempo rivoluzionarie, peraltro sempre perdonate dal permissivo e illuminato Granduca di Toscana.

 

Libertà della poeasia

 

Dettaglio de “Libertà dalla poesia”, di Pio Fedi.

 

Quando Pio Fedi scolpì la statua la sua fama era già diffusa in Europa, in quanto il Ratto di Polissena ormai era situato da tempo in pianta stabile e in bella vista, in una delle piazze più visitate anche a quel  tempo, e numerosi erano gli artisti che venivano a studiare e ammirare la città; in particolare è documentata la predilezione che l’architetto francese Viollet Le Duc, ed il suo allievo Auguste Bartholdi, manifestarono nei confronti della statua in Santa Croce, ove si recarono per fare rilievi e disegni particolareggiati, gli stessi probabilmente utilizzati da Bartholdi pochi anni dopo quando progettò in collaborazione con Gustave Eiffel l’altra Statua della Libertà, quella che la Francia donò agli Stati Uniti D’America in occasione del Centenario della Dichiarazione di Indipendenza, e che si trova tuttora su Liberty Island, alla foce del fiume Hudson, nella baia di New York.

 

 

Michelangelo e Galileo

 

Tomba Michelangelo

Tomba di Michelangelo.

 

Un breve cenno ai due illustri personaggi. Michelangelo morì a Roma ad un’età insolita per quei tempi (89 anni) ed era ormai venerato come un genio, al punto da ritenerlo degno di sepoltura in San Pietro. Firenze chiese invano e ripetutamente che il corpo le fosse restituito, e di fronte alla ferma opposizione del Papa, fu tentato con successo ciò che più volte è stato progettato di fare per Dante: una piccola delegazione condotta dal nipote del Buonarroti si recò in visita alla salma, e con un abile sotterfugio riuscì a trafugarla nottetempo e a portarla a Firenze dopo varie peripezie.

 

Tomba Galileo

La tomba di Galileo Galilei  (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

Diversa la sorte di Galileo il quale morì ad Arcetri sulla collina d’oltrarno e venne tumulato immediatamente in Santa Croce, ma la Chiesa si oppose a celebrazioni solenni, monumenti o targhe che potessero suonare come una sfida al Tribunale della Santa Inquisizione, il quale aveva condannato Galileo ad un lungo periodo di penitenza perdurante al momento della sua morte per la nota accusa di eresia; fu solamente dopo quasi cento anni che finalmente l’illustre defunto ebbe il suo degno riconoscimento.

 

 

Leonardo da Vinci

 

Targa di Leonardo

   La targa dedicata a Leonardo. (cliccare immagine per miglior risoluzione)

 

Di colui il quale, forse, più di altri ha dato lustro alla città di Firenze, in Santa Croce esiste solamente una targa ricordo; fu lo stesso Leonardo in vita a decidere la sorte della sua opera più famosa (la Gioconda, venduta al Re di Francia e non, come comunemente ritenuto, trafugata da Napoleone) e del suo corpo del quale dispose, per testamento, la sepoltura nella Chiesa di San Fiorentino, all’interno del Castello di Amboise in Francia, vicino a dove visse gli ultimi anni della sua vita, venerato alla corte del Re Francesco I.

 

Maniero di Clos-Lucé

 

Il Maniero di Clos-Lucé dove Leonardo visse i suoi ultimi anni, collegato da un
passaggio sotterraneo al Castello di Amboise.
                (cliccare immagini per miglior risoluzione)

 

Amboise

 

Per questo inoppugnabile motivo, nessuno avrebbe mai potuto reclamarne altrove la salma; neppure sarebbe stato possibile tentare ciò che era stato fatto con Michelangelo in quanto, cinquant’anni dopo la morte, in seguito alle guerre di religione tra cattolici e ugonotti, la chiesa venne devastata e la salma dispersa e mai più recuperata.

 

Alla fine di questo breve viaggio in S. Croce non si può non notare con malcelata soddisfazione che la storia ha fatto giustizia di una folla di circa 15.000 infiltrati, e consegnando la chiesa all’idea che Foscolo ha reso immortale, ha creato uno dei luoghi più affascinanti e suggestivi del mondo, che tale non potrebbe essere senza il tasso di genialità che vi si respira.

 

I fantasmi di Santa Croce a Firenze

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