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TTIPi insieme appassionatamente

 

Come un fiume carsico, periodicamente l’argomento torna alla ribalta delle cronache per suscitare temporanee reazioni che come un fuoco fatuo tendono immancabilmente ad esaurirsi e far tornare il percorso dell’ormai annoso trattato nelle oscurità dell’indifferenza totale.  Accordo transatlantico di libero scambio (TTIP)

Ciò che di nuovo c’è oggi è che le organizzazioni che si interessano della salvaguardia dell’ambiente, sono riuscite faticosamente a venire in possesso di frammenti della discussione in coso fra Stati Uniti d’America e l’Unione Europea. Com’è noto il percorso tortuoso e segreto del trattato è iniziato nel 2013 senza che l’opinione pubblica ne venisse minimamente coinvolta, anzi, nel più totale silenzio degli incaricati a portare avanti le trattative per conto della Commissione Europea.  Accordo transatlantico di libero scambio (TTIP)

 

Fin dall’inizio è stato chiaro che si voleva far passare come semplice trattato commerciale tra Europa e USA (quindi facendo leva sulla prevalenza sovranazionale delle decisioni in sede di Parlamento Europeo di ciò che avrebbe poi dovuto essere oggetto di mera ratifica da parte dei governi nazionali), ciò che in realtà rappresenta ben altro, e che sembra rispondere solamente all’istanza neoliberista di facilitare al massimo i commerci nella nuova area economica unita dalle due sponde dell’Atlantico, facendola prevalere su qualsiasi impedimento nazionale potesse essere frapposto dalla sensibilità dei diversi paesi.           Accordo transatlantico di libero scambio (TTIP)

La ratio di questa forte esigenza sta nella paura delle grosse multinazionali americane di vedere pericolosamente eroso il loro potere lobbistico in un mondo nel quale, dopo decenni di predominio assoluto, il rinnovato asse Cino-Russo rischia di rendere marginali nello scacchiere mondiale quei mercati che, dall’inizio dell’era industriale in poi, l’hanno fatta da padrona.            Accordo transatlantico di libero scambio (TTIP)

 

Quel che è trapelato è ancora ben poco, ma già abbastanza da rendere chiaro ciò che sino ad ora è stato solo un forte timore: se il trattato sarà ratificato nei termini voluti dagli americani si potrebbe determinare una sorta di sovranità limitata in quanto in qualsiasi momento, in forza del mito dell’abbattimento delle barriere, qualsiasi Stato che intendesse frapporre regolamentazioni limitative della libera circolazione di merci e servizi potrebbe essere chiamato a risponderne in sede arbitrale, con l’ovvio obiettivo di neutralizzarne l’ingerenza e realizzare, se non altro nel nuovo mercato che si ipotizza di creare, quelle teorie neo-liberiste che hanno reso famoso Friederic Von Hayeck, la cui parabola è culminata con il premio Nobel nel 1974, e Milton Friedmann, fondatore della scuola di Chicago, che lo seguì a Stoccolma due anni dopo.              Accordo transatlantico di libero scambio (TTIP)

 

Nel momento in cui le destre europee organizzano la paura delle popolazioni con la costruzione di muri, la risposta che il neo-liberismo cerca di opporre è quella solita dell’efficienza del mercato e della sua capacità, se lasciato libero di esprimersi al massimo delle sue potenzialità, di portare in equilibrio tutte quelle situazioni di grave disagio che vediamo diffuse nel mondo occidentale, con incremento di occupazione e maggiore distribuzione delle risorse (cosa, peraltro, mai avvenuta).            Accordo transatlantico di libero scambio (TTIP)

 

Ciò che il TTIP però sottende (e di questo ci stiamo ormai rendendo conto) è che l’eliminazione di barriere e regolamentazioni rischia di impattare pesantemente sulla salute e sulla qualità della vita della popolazione, giacché è noto quanto lo sviluppo delle normative europee di tutela in tal senso sia stato notevolmente maggiore di quello negli USA; oltre Atlantico le tecniche di agricoltura intensiva mediante utilizzo di OGM hanno portato al monopolio (che è l’esatto contrario di ciò che il liberismo, tra l’altro, vuole ottenere) in materia di commercio delle sementi, nonostante il persistere dei dubbi sulle eventuali conseguenze negative per la salute, e anche perché ciò contrasta completamente con la salvaguardia delle biodiversità e della tipicità delle produzioni locali, sulle quali proprio l’Italia vanta una delle normative più avanzate.          Accordo transatlantico di libero scambio (TTIP)

 

Se il TTIP così come è stato pensato passerà, la Monsanto, per esempio, potrà adire gli organismi internazionali per chiedere che l’Italia venga sanzionata in quanto limita notevolmente la diffusione degli OGM; ma questa è solo la punta dell’Iceberg, perché ben difficilmente si comprende come le varie DOC, DOP, DOCG, potranno essere salvaguardate dall’attacco dei produttori d’oltre oceano, ed i primi ad accorgersene, ça va sans dire, sono stati i francesi, i quali, per bocca del Presidente Hollande hanno ufficializzato il proprio dissenso da un simile trattato.

 

In verità in molti paesi ove inizialmente l’opinione pubblica si stava orientando verso una pacifica accettazione di un accordo, peraltro, sconosciuto ai più ma presentato come una grande opportunità, si stanno verificando progressivi dissensi che a questo punto sembrano minare alle basi l’accordo stesso, giacché mai gli americani accetteranno di aprire il loro mercato ai nostri prodotti (con eliminazione di dazi che li renderanno più economici con un cambio che, sostanzialmente, si sta orientando verso una parità sufficientemente stabile) senza che, nel contempo, venga consentito alle loro multinazionali di farla da padrone nel Vecchio Continente.

 

Il tramonto di questo ultimo tentativo di costruire un mercato competitivo (forte di circa 800 milioni di persone), potrebbe segnare l’inizio della parabola discendente dell’egemonia americana sul mondo, e tutto sta a vedere se questo potrà avvenire in modo indolore, con un ridimensionamento delle ambizioni USA, o se il gigante statunitense vorrà opporsi strenuamente a questa detronizzazione, approfittando anche dei numerosi focolai di incendio del medio oriente sempre disponibili a consentire prove muscolari per chi ha voglia di cimentarsi, e i cui esiti rischiano stavolta  di essere ben più disastrosi e pervasivi di quanto è avvenuto nei lunghi anni della guerra fredda, quando lo scontro tra i due contendenti (USA e URSS) si è svolto sempre altrove e per interposto paese (cosa che sembra accadere anche adesso, ben dopo la caduta del muro di Berlino).

 

In tal senso, qualche idea in più potremo trarla dall’esito delle prossime elezioni americane, nelle quali si contrapporranno presumibilmente l’idea di destra cialtrona di Donald Trump (perfettamente coerente a quella dei vari Orban, Le Pen e Salvini nostrani ) e quella neo-liberista di Hillary Clinton, la quale, sia pur esponente del Partito Democratico USA, è pur sempre moglie di quel Bill Clinton che, più del suo predecessore Reagan e della omologa britannica Tatcher, iniziò quella deregulation finanziaria che ha fatto da premessa allo strapotere delle Company sui Governi. La sensazione è che, comunque vada, se questi saranno i contendenti, difficile pensare che da parte americana ci potrà essere un sostanziale ridimensionamento delle ambizioni USA sul Vecchio Continente.

 

Quindi, se da un lato è forse utopia pensare che Sanders riesca a portare a sinistra la barra della barca americana dopo decenni di deriva liberista, c’è da sperare che il risveglio delle coscienze nel vecchio continente faccia da argine al tentativo scellerato di consegnare definitivamente il potere in mano alle multinazionali, le quali, già adesso, spesso hanno bilanci talmente importanti da rivaleggiare con le economie di molti Stati Nazionali.

Ad Ottobre dello scorso anno già ci interessammo dell’argomento prendendo a prestito il pensiero di Slavoj Zizek, il quale affrontò l’argomento in modo molto approfondito sotto l’aspetto culturale di un Europa che, ben al di là di quelle che sono le istanze grette ed egoistiche portate avanti dalle numerose destre xenofobe e razziste con le quali conviviamo in questi anni, rischia di perdere una sua identità frutto di secoli di civiltà. Oggi ci compete riflettere seriamente sulla filosofia che sottende questo trattato, il quale, comunque la si pensi, non solamente rischia di svuotare i vari paesi di quel minimo di autodeterminazione che ancora possiedono, ma di essere la pietra tombale persino sulla Comunità Economica Europea così come i padri fondatori la pensarono mentre tentavano faticosamente di ricostruire un continente devastato dagli orrori bellici.

Nel frattempo il nostro governo (come del resto buona parte dei governi europei) si è schierato a favore del trattato e, come detto, al momento solo Hollande si è platealmente dichiarato contrario avendo verificato il cambio di umore dell’opinione pubblica francese; analoga posizione sembra essere in procinto di prendere anche la Germania dove la protesta monta ogni giorno di più; probabilmente Renzi, dopo essersi umidificato un dito in bocca, lo sta esponendo al vento per capire che aria tira.          Accordo transatlantico di libero scambio (TTIP)

BLG 070516-12

Accordo transatlantico di libero scambio (TTIP)

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2 comments

  1. Tigra 10 maggio, 2016 at 00:02

    Detta con parole semplici, mi sembra che il TTIP finirebbe col disegnare il mondo in cui viviamo noi occidentali ad immagine e somiglianza di quello sognato da Milton Fiedman, che sarà sicuramente stato una mente brillante e un innovatore del pensiero economico, ma è anche, dal punto di vista teorico, il padre della crisi con cui conviviamo dal 2008, che pare essere una delle più gravi di sempre.
    Non riesco a comprendere le ragioni per cui i paesi europei si sono, come sembra, pedissequamente adeguati nel buio di qualche trattativa riservata a questo punto di vista iperliberista, ma che l’accordo possa essere fatto fallire, magari sotto la spinta della pubblica opinione, mi sembra assolutamente una buona cosa.
    Noto in via incidentale che le teorie di Friedman sono largamente compatibili, sotto il profilo politico, col Cile di Pinochet e con la moderna Cina comunista, entrambi paesi nei quali lo stato, come piaceve dire a Reagan, è veramente il problema e non la soluzione.
    Tutto ciò senza alcuna venatura di antiamericanismo, e con tutta la stima possibile per Bernie Sanders.

  2. nemo 9 maggio, 2016 at 16:15

    I commerci sono, da sempre, un fatto positivo. Si deve al commercio se tante novità, invenzioni, innovazioni, sono state poi alla portata di tutti, ma, nel nome del commercio non si può abbassare la guardia. Ciò che in un Paese è consentito, e non sempre ciò che è consentito è corretto, ciò che è consentito in un Paese, dicevo, non deve per forza di un accordo sul commercio essere consentito o accettato, forzatamente, da altri. Tanto più quando si parla di pratiche che in un altro Paese sono semplicemente fuori legge!
    Da quì nasce il problema, se la carne, faccio un piccolo esempio, che importo dagli Usa è per la nostra legislazione fuori norma, perchè imbottita di estrogeni, non è un passo avanti un accordo che prevede la sua commercalizzazione in barba alla legislazione nazionale. Gli Usa ci hanno insegnato che quando vogliono bloccano prodotti che, ufficialmente violano le loro regole sugli alimenti, vedi il prosciutto, da quì non si capisce perchè non si possa noi fare altrettanto. Ma, credo che il problema nasca anche da un certo interesse che altri Paesi hanno il altri settori del commercio. Auguriamoci che prevalga il buon senso sugli affari, altrimenti dovremo essere noi, consumatori, a far fallire questo progetto, rammento, sommessamente che quando gli Usa costrinsero il Giappone ad importare il loro riso questo, mal visto da quei consumatori perchè diverso per il loro gusto, restò invenduto nei magazzini.

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