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Cos’è che i liberal (ancora) non hanno capito del voto per Trump

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Dopo ogni oltraggio, i progressisti credono che i sostenitori scompariranno. Al contrario: lui sta dando a chi l’ha votato proprio ciò che vuole.

 

di Henry Olsen
(The Guardian)
Traduzione Redazione Modus

 

Liberal e progressisti prevedono continuamente la morte politica di Donald Trump. Dopo ogni presunto oltraggio – Charlottesville, la separazione di bambini dai loro genitori immigrati, ora Helsinki con Putin – confidano con fiducia che questo ultimo evento costringerà finalmente i sostenitori di Trump ad abbandonarlo. Eppure non solo non succede, il sostegno per Trump è aumentato del 6% dalla fine del 2017. Com’è possibile che continuano a sbagliare così tanto e spesso?

Per citare Ronald Reagan: “Il problema con i nostri amici liberal non è che sono ignoranti; è solo che loro sanno moltissimo, ma di ciò che non è reale.”  Presumono che, poiché Trump è così anticonvenzionale nel suo stile, la sua coalizione debba essere ugualmente anticonvenzionale. Ma non lo è.

 

1983, Trump incontra Ronald Reagan alla Casa Bianca

 

I dati mostrano chiaramente che la coalizione politica di Trump è praticamente la tradizionale coalizione repubblicana. E il comportamento spesso virulento dei partigiani anti-Trump ha reso i partigiani repubblicani particolarmente riluttanti ad abbandonare il loro leader anche quando inciampa con l’ennesima gaffe.

La banale ordinarietà della coalizione di Trump è impossibile da esagerare. I dati del Voter Study Group mostrano che oltre l’80% dei suoi voti provenivano da uomini e donne che avevano votato per il candidato repubblicano moderato Mitt Romney solo quattro anni prima. Questo gruppo contiene i soliti sospetti tra i repubblicani americani: sostenitori di tagli alla pressione fiscale, gli evangelici religiosi ed i cattolici, i sostenitori del porto d’armi e figure del business desiderose di deregolamentazione. Trump si è assicurato di dare a ciascuna fazione ciò che desiderava di più, proprio come farebbe ogni buon politico. Questo li mantiene dalla sua parte anche se i media lo criticano aspramente per ogni presunta trasgressione.

 

                       Mitt Romney si congeda da Trump dopo aver
                  rinunciato di far parte della sua amministrazione.

 

Gli evangelici sono un esempio calzante. Il mio lavoro sulle fazioni repubblicane, contenuto nel libro che ho scritto insieme al professor Dante Scala, The Four Faces of the Republican Party (I quattro volti del partito repubblicano), ha rilevato che gli elettori molto conservatori che apprezzano le questioni sociali costituiscono circa il 25% del partito. Questi elettori oggi temono che i giudici liberal e progressisti possano circoscrivere lentamente la loro capacità di praticare nella quotidianità la loro religione. Tendevano, durante le primarie, a non sostenere Trump, sostenendo invece il senatore del Texas Ted Cruz. Il loro supporto per Trump ora è altamente transazionale: finché nomina i giudici che pensano possano proteggere le loro convinzioni e il loro modo di vivere, trascureranno praticamente qualsiasi altra cosa che lui dice o fa.

 

 Il Senatore Ted Cruz e Donald Trump durante la campagna per le primarie repubblicane. 

 

La recente nomina di Brett Kavanaugh alla Corte Suprema ha quindi consolidato il loro supporto, in quanto i conservatori sociali ritengono che sia molto più propenso a sostenere le loro opinioni rispetto all’uomo che dovrebbe andare a sostituire, Anthony Kennedy. Potrebbero essere turbati da altre cose che il nominato possa dire o fare, ma fintanto che manterrà la sua parte dell’accordo sulle loro priorità, inghiottiranno con difficoltà le cose che non vanno loro ma rimarranno con il loro uomo.

Non è vero che gli elettori di Trump sono uniti dal razzismo e dal sessismo, come molti di sinistra presumono. L’analisi di Emily Ekins, del libertario Cato Institute ** , ha rilevato che il supporto per Trump nelle elezioni generali si è frazionato in cinque gruppi. Solo uno, gli americani conservazionisti, conteneva un gran numero di elettori che potevano essere considerati generalmente ostili alle minoranze etniche e razziali in quanto tali. Sono stati superati in numero da un altro gruppo, i “Free Marketeers” (i pro-mercato libero), i cui atteggiamenti nei confronti delle minoranze etniche e razziali erano più, o altrettanto, tolleranti di quelle dei sostenitori di Hillary Clinton. Il sostegno continuo di ogni fazione per Trump si basa su come agisce sulle loro priorità, non su un singolo tema dominante.

 

 

Ciò non significa che i sostenitori di Trump siano ciechi. I sondaggi mostrano che una percentuale insolitamente alta di repubblicani non dice di approvare “molto” la sua performance; sono ben consapevoli delle sue molte debolezze e difetti. Ma nel sistema bipartisan che vige in America, l’opposizione a Trump significa sostenere i democratici. In assenza di qualsiasi indicazione che i democratici siano aperti alle opinioni dei repubblicani, questi elettori, a volte anche con riluttanza, rimangono nel campo di Trump.

 

Il conteggio finale del voto popolare fu vinto da Clinton, con 2.868.686 voti in più

 

L’intensa opposizione alle opinioni liberal ha chiaramente influenzato le elezioni del 2016. Ekins scoprì che ogni fazione all’interno della coalizione di Trump disapprovava fortemente Hillary Clinton. Per alcuni questa non è stata semplice partigianeria: molti ex democratici che hanno votato per Trump avevano espresso opinioni favorevoli su Clinton nel 2012. Per altri la loro antipatia per Clinton era il fattore più importante dietro il loro voto per Trump. Più della metà dei Free Marketeers, ad esempio, ha dichiarato che il loro voto è stato più contro Clinton che per Trump, l’unica fazione pro Trump a dirlo apertamente. L’avversione verso i democratici e il loro candidato, in quanto tali, è stato un forte stimolo al supporto per Trump anche tra coloro che non gradivano Trump più di tanto.

Il mio lavoro lo conferma. Gli exit poll del 2016 hanno dimostrato che Trump ha vinto perché ha battuto decisamente Clinton tra il 18% degli americani che non amavano nessuno dei due candidati: gli indecisi. Questi elettori erano prevalentemente uomini dei sobborghi, laureati, repubblicani. Questi “elettori riluttanti di Trump” erano indecisi fino alla fine della campagna, ma alla fine decisero che il diavolo le cui politiche apprezzavano era meglio del diavolo le cui politiche disprezzavano.

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  Pur perdendo il voto popolare, Trump fu eletto grazie alle vittorie in alcuni stati
chiave che gli diedero il maggior numero di grandi elettori nel Collegio Elettorale(304).

 

I democratici non hanno fatto nulla dall’elezione di Trump per ridurre questi sentimenti. Su questione dopo questione il partito democratico si è spostato a sinistra, cercando di sedurre una base progressista indignata per l’elezione di Trump e incavolata del fatto che l’establishment democratico abbia imposto a loro un candidata decisamente non gradita. L’ultima causa progressista, in ordine di cronaca, è quella di eliminare l’agenzia americana di controllo delle frontiere, l’Immigration and Customs Enforcement (ICE). Si può essere indignati per come Trump sta applicando le leggi sull’immigrazione dell’America senza però arrivare a pensare che eliminare tutte le forze di frontiera sia poi una buona idea. Una questione come questa mantiene i repubblicani uniti nel loro sostegno per Trump poiché mostra chiaramente quanto sia inaccettabile l’alternativa.

 

 

Anche il comportamento dei mezzi di informazione aiuta i repubblicani a rimanere compatti. È impossibile superare il grado di vituperio quotidiano verificato sul presidente nei media. Comici e attori usano i loro programmi non politici per attaccarlo, spesso con l’applauso implicito della stampa. Praticamente tutta la copertura, al di fuori della tv conservatrice Fox News e dei conservatori isolati, è negativa, spesso formulata in termini altamente ostili. Praticamente tutti gli editorialisti del New York Times e del Washington Post, i due quotidiani più rispettati d’America, disprezzano Trump – e questo include quasi tutti i giornalisti conservatori, libertari e repubblicani. I sostenitori di Trump che seguono le notizie non possono sfuggire all’esplosione quotidiana di negatività a lui rivolta.

Ciò ha, prevedibilmente, sempre più indurito l’atteggiamento di molti sostenitori di Trump. Poiché questioni minori vengono esplose in gravi catastrofi, non sorprende che le questioni potenzialmente importanti come il comportamento imbarazzante e ossequioso di Trump nei confronti del presidente russo Vladimir Putin a Helsinki siano trascurate. È la sindrome del “ragazzo che grida al lupo” ma resa in grande; quando i media urlano ” al lupo” ad ogni ombra passeggera, molti sostenitori di Trump semplicemente non gli credono quando dicono che un lupo potrebbe effettivamente esserci.

Niente di tutto ciò significa che il supporto di Trump è fisso o immutabile. La sua approvazione al lavoro è arrivata ad essere così scarsa, 37% nel 2017,  a causa dei suoi fallimenti nell’abrogazione di Obamacare o nell’equilibrare gli squilibri commerciali. L’attuale livello di approvazione del 43% per Trump si basa su un’economia forte ed un lavorio costante nel corteggiare le priorità dei suoi sostenitori. Se l’economia rallentasse o lui non andasse in fondo su qualcosa che i suoi fan vogliono, il suo supporto potrebbe facilmente cadere. Ma è molto improbabile che cada di molto sulla base del tipo di rivelazioni “feticcio” che i liberal e i progressisti spesso amano.

Nel bene e nel male, gran parte di ciò che Trump dice e fa è già stato messo in conto. E questo potrebbe non solo tenerlo politicamente vivo, ma anche servire a rieleggerlo contro un forte candidato progressista da qui a due anni.

 

 

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Nota **Non esiste un singolo tipo di elettore di Trump che ha votato per lui per una sola ragione“, ha detto Emily Ekins, “Dei cinque gruppi, quello che si adatta al resoconto mediatico dello stereotipo dell’elettore di Trump è quello che io chiamo l’americano conservazionista.

Questo è l’americano della classe operaia, spesso menzionato, che è profondamente preoccupato per l’immigrazione e le minoranze razziali, ma tende ad essere economicamente progressista e a sostenere sia l’innalzamento delle tasse per i ricchi che ad essere favorevole ai grandi programmi di assistenza federale come il Medicare (ass. sanitaria).

Mentre gli americani conservazionisti possono essere stati la parte più rumorosa – e inusuale – della coalizione di Trump, comprendevano solo il 20 %  dell’elettorato del presidente.

Il loro opposto polare, etichettati da Ekins come i Free Marketeers (i pro-mercato libero), costituivano il 25% degli elettori di Trump, mentre i cosiddetti Staunch Conservatives (i conservatori hard) andavano ad essere il 31%. Entrambi i gruppi erano meno entusiasti nel loro supporto per Trump; soprattutto quelli per il mercato libero, secondo Ekins, che hanno votato esplicitamente contro Hillary Clinton invece che a favore di Donald Trump.

 

 

 

Henry Olsen è un ricercatore senior presso il Ethics and Public Policy Center e redattore di UnHerd.com. È l’autore di The Working Class Republican: Ronald Reagan e Il ritorno del conservatore operaio.

 

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