le scienze

I prodotti della tecnologia sono per lo più inutili

Ignorate il clamore che proviene dalla grande tecnologia, quei prodotti sono per lo più inutili.
Sono passati anni da quando la Silicon Valley ci ha regalato una svolta. Oggi invece si lanciano in fantasticherie, dal curare tutte le malattie (Zuckerberg), alle colonie su Marte (Musk); siamo riempiti di promesse esagerate.

 

 

di John Harris
(The Guardian)
Traduzione Redazione Modus

 

 

Nel 1999 Google raggiunse 1 miliardo di ricerche all’anno. La connessione Wifi iniziò a produrre un impatto circa due anni dopo. Grazie ai pionieri di Facebook e Twitter, l’era dei social media di massa spuntò tra il 2004 e il 2006 – e l’ininterrotto postare, inviare messaggistica, e ciò che ne seguì, furono presto abilitati dall’iPhone, lanciato nel 2007. Queste cose hanno cambiato il mondo e, con il senno di poi, il modo in cui divennero onnipresenti aveva allora un forte senso di inevitabilità. Ma la rivoluzione che hanno rappresentato ora è vecchia, e nulla di paragonabile è arrivato per più di un decennio.

Nonostante questo, oramai è  normale un rituale di strombazzamento e isteria sulle novità tecnologiche, integrato nel ciclo delle notizie. Di tanto in tanto, in un immenso auditorium, un membro senior di una delle grandi società con sede nel nord della California – di solito un maschio – salirà sul palco vestito con abiti casual stirati di fresco e informerà le moltitudini riunite di un salto in avanti “finora inimmaginabile”, presumibilmente destinato a trasformare milioni di vite. (Ci saranno urla e rantoli in risposta dalla platea, e una sfuriata di copertura mediatica – prima che subentri, nel mondo allargato, la sensazione palpabile dell’ennesimo anticlimax.)

È successo ancora due settimane fa, quando l’amministratore delegato di Google, Sundar Pichai, si è rivolto alla conferenza annuale dei developer della sua azienda. Tra i suoi vari compiti, era lì per parlare degli sviluppi dell’intelligenza artificiale e dell’applicazione in continua evoluzione conosciuta come Google Assistant (creata, ha detto, per “aiutarti a fare le cose“), e una nuova innovazione chiamata Duplex. “Si scopre che una gran parte delle cose da fare includa fare una telefonata“, ha detto. Poi ha detto di aver preso un appuntamento per un taglio di capelli: “Sapete, stiamo lavorando duramente per aiutare gli utenti a gestire quei momenti“.

Gli schermi dietro di lui si sono illuminati, e dall’audio è uscita una voce femminile sintetizzata, le cui parole erano punteggiate da pause colloquiali di umm, ehm e ah che davano l’impressione di una  vulgata autentica. La voce conversava con un essere umano dall’altra parte della linea telefonica, che a quanto pare non aveva idea di parlare con una macchina, e il software confermava rapidamente e senza problemi un appuntamento alle 10:00. Gruppi nella folla sono andati in estasi. “Quella che avete appena sentito è stata una vera chiamata“, ha detto Pichai. “La cosa sorprendente è che il nostro assistente può effettivamente capire le sfumature colloquiali della conversazione.”

Ora, quando è stata l’ultima volta che siete andati a prenotare un taglio di capelli o un tavolo ad un ristorante e avete concluso che il compito fosse così oneroso che lo avreste idealmente delegato ad una macchina? E anche se poteste facilmente pensare ad uno scenario, non ci sarebbe qualcosa di eticamente discutibile nell’usare un simile metodo, se la persona dall’altra parte non avesse idea di chi o con cosa stesse parlando? In realtà, Duplex non potrebbe essere una visuale angosciante di un futuro in cui gli ambiziosi ed arrivati ottengono gli “assistant” digitali per fare le loro faccende, mentre le persone normali e mal pagate devono parlare docilmente ai computer, nel timore costante che stiano per essere automatizzati verso la disoccupazione ?

L’A.D. Pichai ha anche annunciato l’introduzione di una nuova funzionalità di Gmail chiamata Smart Compose: una sorta di testo predittivo sovralimentato che offre frasi estese durante la digitazione, che poi si van costruendo in vere e proprie frasi intere. (Per citare un resoconto, il software “personalizzerà le sue previsioni per ogni singolo utente, basandosi su informazioni che Google già conosce di te“). Pichai ha mostrato uno scambio di email in cui Smart Compose ha capito che la questione era la cena di taco martedì , “E ha suggerito “chips di mais, salsa e guacamole“. Ascoltando più spettatori dal pubblico, ho pensato ad una visione del futuro prossimo in cui metà della razza umana converserà usando cliché preordinati.

 

 "Una visione del futuro prossimo in cui metà della razza umana converserà usando cliché
   preordinati." Sundar Pichai A.D. di Gooogle alla conferenza Google I/O 2018.

 

Il rumore infinito proveniente dalla Silicon Valley ha essenzialmente due elementi complementari. Si tratta di sogni così improbabili da rasentare l’incredibile: l’idea che il CEO di Tesla, Elon Musk, un giorno organizzerà una colonia su Marte; o che Mark Zuckerberg di Facebook può organizzare con successo un tentativo di “curare, prevenire e gestire” tutte le malattie in una singola generazione. Qualunque sia la sua base nei fatti, questa roba assegna alle persone ed alle corporazioni ruoli di veggenti visionari, e poi fornisce un contesto gonfiato per le cose che le grandi aziende tech vanno gridando di settimana in settimana: cose di cui non abbiamo bisogno o, peggio, che minacciano alcuni aspetti basilari della civiltà quotidiana.

I nostri telefoni sono pieni di app che accumulano polvere digitale, e lo stesso destino si è abbattuto su molte invenzioni apparentemente rivoluzionarie. Sebbene l’idea di occhiali abilitati per internet abbia usi potenzialmente affascinanti in campi come l’autismo, l’istruzione e la produzione di fascia alta, Google Glass non è mai divenuto un prodotto di massa, nel modo in cui i suoi inventori pensavano.

Lo stesso vale per il concetto del “frigo intelligente”, che è stato in circolazione per quasi 20 anni (e, in effetti, altri dispositivi, dalle tapparelle alle cucine, che presumibilmente saranno incorporati nell’internet delle cose) . Ho l’assistente Siri di Apple nel mio telefono, ma lo uso a malapena e così molte altre persone: tra il 2016 e il 2017, si ritiene che il suo utilizzo negli Stati Uniti sia diminuito del 15%.

Eppure alcune persone si innamorano di queste cose. Tra il grande volume di cose scritte sul cosiddetto “techlash” ¹ (contraccolpo avverso alla tecnologia) c’è un grande libro intitolato Radical Technologies, dell’ex insider tecnologico Adam Greenfield. Quando scrive di persone ossessionate dal tipo di dispositivi abilitati ad internet che fan di tutto, che monitorano il sonno, la frequenza cardiaca e i livelli di esercizio, centra il punto di qualcosa che si applica a tutta una serie di innovazioni presumibilmente all’avanguardia. “Una percentuale non trascurabile della popolazione ha interiorizzato così decisamente i valori del mercato per il suo lavoro“, scrive, “che l’atto di scolpirsi, di tonificarsi per meglio soddisfare i bisogni di questo mercato, gli sembra un’espressione autentica del loro io.” Quello che dice riecheggia un passaggio chiave nel testo visionario di Guy Debord, The Society of the Spectacle (La società dello spettacolo), pubblicato 50 anni fa: “Proprio quando la massa delle merci scivola verso la puerilità, il puerile stesso diventa una merce speciale; questo è esemplificato dai gadget … L’unico uso che rimane qui è l’uso fondamentale della sottomissione. ”

Tali parole ornate parlano di una verità duratura. A mio avviso, le innovazioni straordinarie e a volte in grado di migliorare la vita sono oggetti del lavoro di geni tecnologici in tutto il mondo. In campi come il trasporto senza conducente, la realtà virtuale e la tecnologia blockchain, le nuove invenzioni potrebbero alla fine trasformare le nostre vite, e realizzare la promessa clichè del big-tech, di fare del mondo un posto migliore. Ma questa non è la natura della nostra attuale fase della storia, né delle creazioni assurde e spesso pericolose che ci vengono offerte su base quasi mensile.

Ignorate tutte quelle grida eccitate! Se non vogliamo vivere in un mondo in cui gli “assistant” ci ingannino in conversazioni frivole, e il contatto umano diventi una faccenda delegata al fondo del mercato del lavoro, non è mica detto che dobbiamo lasciar che ciò accada. C’è un fatto basilare che i prestanome della grande tecnologia dimenticano troppo spesso quando parlano del futuro : quello che sarà in realtà dipende da noi, non da loro.

 

 

 

¹
Un techlash è un termine moderno coniato da The Economist, che descrive un’ipotetica reazione contro le società tecnologiche “onnipotenti”, come Google o Facebook, una contraccolpo contro la tecnologia. In questo scenario, i giganti della Silicon Valley potrebbero potenzialmente avere messa in discussione la loro autorità. In realtà, è un processo in parte già iniziato, anche se deve ancora entrare nella coscienza delmainstream. Di solito, una rivolta è contro un governo. In questo caso, la rivolta sarebbe contro le potenti corporazioni che opprimono i loro consumatori.

 

 

 

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